La promessa di Maroni: “Aboliremo il bollo auto”

bollo-auto“All’abolizione del bollo auto stiamo lavorando: significa entrate per un miliardo di euro, che va trovato, perché è spesa corrente della Regione, che serve a finanziare le mille attività che facciamo. Stiamo comunque lavorando su questo, perché è una promessa che ho fatto e intendo mantenerla”. Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, questo pomeriggio, conversando con la stampa a margine dell’insediamento del Consiglio generale di Fondazione Fiera Milano. “Le agevolazioni sul bollo ci sono già – ha puntualizzato il presidente -: per esempio lo abbiamo abolito per chi rottama un vecchio euro diesel inquinante e ne acquista uno meno inquinante”. A proposito della sostituzione di Equitalia, il presidente ha ribadito come questa decisione intenda avvicinare il fisco ai cittadini, attraverso un rapporto più umano, che tenga conto della morosità incolpevole, “siamo la prima Regione a farlo – ha ribadito – e mi auguro che questo modello possa essere esteso”. “Renzi aveva detto che avrebbe abolito Equitalia – ha concluso -, noi lo abbiamo fatto, mentre li’ siamo ancora alle chiacchiere”.




Intraprendo, al via il bando che finanzia le start-up. In Ascom uno Sportello per aiutare le nuove imprese

Paolo Malvestiti
Paolo Malvestiti

Apre domani in Ascom lo sportello Intraprendo, dedicato all’omonimo bando promosso dalla Regione Lombardia. Lo sportello nasce con lo scopo di favorire l’accesso al bando regionale che riserva 15 milioni di euro all’avvio di nuove attività imprenditoriali o attività professionali, con attenzione particolare ai progetti presentati dai giovani e dagli over 55 usciti dal mondo del lavoro; vi sono ammesse le piccole e medie imprese iscritte alla Camera di Commercio da non più di 24 mesi, i liberi professionisti che hanno avviata l’attività da non più di 2 anni, gli aspiranti imprenditori e liberi professionisti.

Una novità importante è stata introdotta da Regione Lombardia: per partecipare al bando è necessario allegare una dichiarazione a supporto dell’idea imprenditoriale o professionale rilasciata e sottoscritta da un soggetto istituzionale riconosciuto, come le Associazioni di categoria. «Il bando Intraprendo incoraggia e sostiene la nascita delle start up, che nei primi anni di vita hanno sempre un momento difficile. È un aiuto alla loro sopravvivenza e uno stimolo per l’economia lombarda – afferma Paolo Malvestiti, presidente Ascom Confcommercio Bergamo -. Lo sportello che apriremo domani ci permetterà di essere di aiuto e di sostegno al neo imprenditore da più punti di vista, in quanto valuterà il progetto e la start up, grazie anche all’aiuto di consulenti, sotto l’aspetto patrimoniale, finanziario, del mercato di riferimento, fino alle strategie da adottare per rendere solida la nuova attività. Invito quindi gli imprenditori bergamaschi a prendere in seria considerazione il bando».

Il bando prevede un intervento finanziario che va da un minimo di 25mila euro ad un massimo di 65mila euro, con una quota di contributo a fondo perduto del 10% e di finanziamento agevolato a tasso zero del 90%. L’erogazione avviene in due tranche: 50% a titolo di anticipo e 50% a saldo a seguito di rendicontazione delle spese di progetto.

Le spese ammissibili sono:

– assunzione di personale,

– acquisto di beni strumentali materiali e immateriali nuovi o usati,

– licenza di software,

– affitto locali,

– acquisto scorte

– spese generali forfettarie.

Il bando, che si apre domani, 15 settembre, alle 12,  rimarrà aperto fino ad esaurimento risorse.

Per appuntamento con lo Sportello Intraprendo è necessario contattare l’area Accoglienza Soci di Ascom Confcommercio Bergamo allo 035 4120304.

 

Il bando INTRAPRENDO 

 

 




Maroni: “Alla Lombardia servono 10 miliardi. Li chiederemo al premier”

“Calcolando che Milano è circa un quarto della Lombardia e che al Comune di Milano con questo accordo vengono destinati 2 miliardi e mezzo di euro, significa che alla Lombardia servono 10 miliardi. Li chiederò al presidente Renzi. In Lombardia c’è Milano ma non solo: ci sono tanti Comuni, tante città che meritano la stessa attenzione che il Governo ha dedicato al Sud, alle Regioni e, al Nord finora solo a Milano. Non ho dubbi che ci sarà anche il Patto per la Lombardia”. Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, oggi, a Palazzo Marino, a margine della presentazione del ‘Patto per Milano”.




Mille apprendisti-studenti ai nastri di partenza. Anche la ristorazione tra i settori coinvolti

“Regione Lombardia contribuisce con 355 milioni di euro alla qualità dell’istruzione e della formazione professionale  lombarde. Mille sono già gli apprendisti che, a giorni, firmeranno un contratto di lavoro, mentre ancora studiano per il conseguimento di qualifiche professionali, nel terzo o quarto anno dei percorsi di istruzione e formazione professionale”. Lo ha detto l’assessore all’Istruzione e Formazione professionale di Regione Lombardia, Valentina Aprea, al termine della seduta di Giunta. “Le aziende che assumeranno i nostri studenti – ha detto l’assessore – si riferiscono ai settori della meccanica, elettrico e elettronico, legno arredo, ristorazione, servizi alle imprese e benessere. Nel corso dell’anno formativo ci aspettiamo che il dato di oggi si arricchisca di altre centinaia di studenti apprendisti. Con uno stanziamento di 7 milioni di euro l’apprendistato di primo livello e’ ormai una realtà in regione e imparare lavorando sta diventando un modello sempre più diffuso e che ci avvicina ancora maggiormente alla Germania, alla Svizzera e all’Austria”. “1135 – ha spiegato l’assessore – è il numero magico dei tecnici superiori specializzati da inserire immediatamente nel mercato del lavoro, pari a circa il 30% del dato nazionale. Grazie alla filiera costruita da Regione Lombardia con un investimento di 6,7 milioni di euro negli ITS vengono formati i tecnici del futuro nei settori produttivi che caratterizzano il made in Italy o nei comparti strategici per la crescita del Paese”.




La Lombardia “licenzia” Equitalia. Dal 15 settembre un nuovo concessionario per le riscossioni

«Oggi la Regione Lombardia ha “licenziato” Equitalia. Come avevamo promesso. Siamo la prima Regione a farlo. Nella seduta odierna la Giunta ha approvato la proposta dell’assessore Garavaglia di affidare (a partire dal 15 settembre) la riscossione dei tributi di competenza regionale ad un nuovo concessionario: ciò significa riduzione dei costi per la Regione, riduzione delle spese per i contribuenti e (soprattutto) un rapporto con i cittadini e le imprese rispettoso e attento alle esigenze individuali».

Lo ha annunciato sul suo profilo Facebook il presiedente della Regione Lombardia Roberto Maroni, a proposito della decisione assunta oggi dalla Giunta regionale.

Il nuovo Concessionario RTI Publiservizi srl e Duomo GPA srl è stato individuato mediante una gara ad evidenza pubblica, su scala europea. «Questo comporterà, per Regione Lombardia, una riduzione dei costi di aggio, che passeranno dall’8% al 5,9%, e per i contribuenti una riduzione delle spese postali – spiega una nota della Regione -. Viene quindi eliminata la cartella esattoriale e introdotta l’ordinanza di ingiunzione di pagamento quale strumento per il recupero coattivo delle somme dovute a Regione Lombardia e risultate inevase anche a seguito di comunicazioni informali finalizzate a regolarizzare la posizione avvalendosi degli istituti giuridici deflattivi del contenzioso (avvisi bonari, ravvedimento operoso)».

«Congiuntamente all’abbandono di Equitalia spa – precisa la nota -, Regione Lombardia ha realizzato una campagna di “regolarizzazione agevolata”, che, anche al fine di creare le condizioni per una efficace riscossione della tassa automobilistica, contemperando le esigenze di tutela dell’Erario con quelle del cittadino incolpevolmente moroso, ha prodotto una significativa riduzione delle posizioni». «La campagna ha, infatti, permesso di regolarizzare circa 1.000.000 di posizioni relative alla tassa automobilistica – evidenzia la Regione -. Con questa iniziativa si è, contestualmente, recuperata base imponibile per le annualità successive, poiché sono stati compiutamente individuati veicoli e contribuenti attraverso l’acquisizione di informazioni mancanti negli archivi della Motorizzazione e del Pubblico Registro Automobilistico. Un’azione, pertanto, che ha coinvolto i cittadini, assicurando la continuità della riscossione per gli anni tributari futuri».
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Rischio sismico, la mappa della Lombardia e le nuove regole regionali

Dopo il terremoto in centro Italia, che ha di nuovo fatto troppe vittime e messo in ginocchio intere comunità, l’attenzione torna sul rischio sismico e gli strumenti di prevenzione. Su questo tema in Lombardia, che non è stata esente da scosse e danni anche in tempi recenti, la Regione ha introdotto alcune novità volte a migliorare e rendere più efficiente il sistema.

Il 10 aprile 2016 è entrata in vigore la nuova zonazione sismica dei Comuni della Regione Lombardia con l’obiettivo di determinare un livello di classificazione maggiormente cautelativo, anche in funzione dell’armonizzazione alle norme tecniche nazionali vigenti e del riordino delle disposizioni della normativa regionale in materia di vigilanza e controllo sulle costruzioni in zona sismica.

In base al nuovo ripartimento, nessun comune lombardo è da ritenersi in zona 1, quella in cui il rischio è più alto, 57 Comuni (16 in più rispetto al passato, tra cui la città di Brescia) sono in zona 2 (nelle province di Brescia e di Mantova), 1.028 Comuni in zona 3 (790 in più), mentre i restanti 446 (-821 rispetto alla precedente classificazione) sono inseriti in zona 4, ovvero con sismicità molto bassa. Si tratta dell’area più occidentale, con l’intera provincia di Varese e parte di Lecco, Como, Milano (ma il capoluogo è passato in zona 3) e Pavia. La provincia di Bergamo è tutta in zona 3.

mappa rischio sismico lombardia

«L’aggiornamento della zonazione sismica – ha spiegato l’assessore regionale alla Sicurezza, Protezione civile e Immigrazione, Simona Bordonali – non rappresenta un indice di aumentata pericolosità del territorio, ma costituisce una svolta verso un sistema di prevenzione dei rischi e dei danni conseguenti ai fenomeni sismici da attuare attraverso procedure tecnico amministrative specifiche»

È stata infatti attivata anche una nuova normativa nel campo delle vigilanza sismica, con nuove procedure cautelative nel campo edilizio per le costruzioni pubbliche e private. Le principali novità immediate introdotte sono:

  • il trasferimento ai Comuni delle competenze in materia di opere o costruzioni e vigilanza in zone sismiche, per le opere ricadenti sul loro territorio;
  • l’individuazione di una Struttura Tecnica Regionale a coordinamento e supporto dei Comuni;
  • l’istituzione del parere tecnico regionale in zona 2, obbligatorio per opere pubbliche di proprietà comunale e facoltativo per gli altri interventi;
  • la realizzazione del Sistema Informativo Integrato per la gestione delle pratiche sismiche;
  • per i comuni in zona sismica 2 vige l’obbligo dell’autorizzazione preventiva all’avvio dei lavori;
  • per i comuni in zona 3 e 4 (sismicità bassa e molto bassa): obbligo del deposito della documentazione relativa al progetto prima dell’avvio dei lavori;
  • attività di controllo sistematico degli interventi relativi a opere o edifici pubblici o, in genere, edifici destinati a servizi pubblici essenziali, ovvero progetti relativi ad opere comunque di particolare rilevanza sociale o destinate allo svolgimento di attività che possono risultare, in caso di evento sismico, pericolose per la collettività;
  • attività di controllo su tutti gli altri tipi di edifici in tutte le zone sismiche.

La Regione ha anche assegnato 5,8 milioni di euro a diversi comuni nelle province di Mantova, Brescia e Bergamo per l’adeguamento strutturale degli edifici strategici e rilevanti, definendo i criteri per la realizzazione degli interventi di prevenzione del rischio simico. Sono stati attivati 16 interventi su strutture pubbliche di proprietà comunale, in particolare 11 municipi, 3 scuole, una Caserma dei Vigili del Fuoco e un Centro Operativo Misto.




Voucher per l’internazionalizzazione, ogni euro speso ne frutta 36

 

seminario internazionalizzazione regione

Ogni mille euro di contributi erogati dalla Regione in forma di voucher alle piccole e medie imprese per la partecipazione alle fiere internazionali ha dato luogo a circa 36mila euro di nuovo fatturato export. Il bilancio della misura regionale parla infatti complessivamente di 250 milioni di nuovo fatturato export contro 7 milioni di spesa erogata, oltre che di un aumento della probabilità che le imprese lombarde esportino (+19%) e di un rafforzamento della presenza sui mercati internazionali attraverso un aumento medio della quota del fatturato export sul fatturato totale dell’1,5.

I dati sono emersi dal seminario “L’apertura internazionale delle imprese: quali soluzioni funzionano?”, promosso dal Comitato Paritetico di Controllo e Valutazione del Consiglio regionale della Lombardia e basato sull’analisi condotta da Antonio Dal Bianco di Éupolis Lombardia e da Laura Resmini dell’Università Bicocca di Milano. «La ricerca ha evidenziato come i benefici maggiori siano stati proprio per le micro-realtà – ha detto il presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo -, aprendo loro possibilità che erano prima impensabili e che saranno un seme per il lavoro futuro. Non è scontato che un Consiglio regionale, organo parlamentare, verifichi l’efficacia delle politiche deliberate: per questo giudico positivo il lavoro svolto in Lombardia, attraverso il Comitato paritetico di controllo e valutazione. Uno sforzo che si è concentrato su una materia particolarmente importante come quella dell’apertura internazionale delle imprese. Grazie a questi policy paper il Consiglio mette a disposizione conoscenze condivise che permettono di perfezionare il nostro lavoro, contribuendo con lo strumento delle missioni valutative ad approfondire e migliorare l’efficacia delle politiche pubbliche, nella logica della trasparenza e nella costruzione di un valore comune».

«Il tessuto economico dei nostri territori si basa su piccole e piccolissime realtà imprenditoriali che chiedono sempre più spesso di essere messe in condizione di competere con le produzioni estere. Per noi – ha dichiarato il presidente del Comitato Riccardo De Corato – promuovere l’internazionalizzazione delle nostre imprese è interesse strategico: significa, infatti, sostenere l’occupazione e promuovere sviluppo economico locale in stretta connessione con le realtà territoriali. Se con il referendum del prossimo autunno verranno confermate le modifiche al Titolo V della Costituzione, il commercio con l’estero diventerà materia di competenza esclusiva dello Stato, mentre alle Regioni spetterà il compito di favorire la loro penetrazione nei circuiti internazionali. Auspico – ha concluso De Corato – che con il ricorso sempre maggiore alle missioni valutative si aprano nuove strade, migliorando le decisioni assunte dal parlamento lombardo».

In quattro anni l’internazionalizzazione delle Pmi lombarde ha beneficiato di circa 58 milioni di euro. I fondi stanziati dalla Regione rappresentano in media il 61% di quelli complessivamente mobilitati a favore dei processi di internazionalizzazione delle imprese. Il 25% delle risorse è servito per attività di promozione. Le imprese che hanno partecipato alle iniziative regionali sono state 7.325. Le medie imprese rappresentano il 20% circa del campione, le piccole il 52% e le microimprese il rimanente 28%. A livello geografico l’80% delle imprese che ha beneficiato delle misure regionali di sostegno ai processi di internazionalizzazione si concentra in 6 province: Milano (28%), seguita da Brescia (14%), Bergamo (12,5%), Monza e Brianza (10,77%), Varese (7.56%) e Como (7,12%).

Aumentare le competenze dei responsabili delle varie agenzie pubbliche e private in tema di internazionalizzazione, la necessità della promozione del sistema produttivo, soprattutto del manifatturiero, e una migliore condivisione delle conoscenza sono stati individuati nel corso del dibattito come temi chiave su cui agire. Anche l’assessore regionale allo Sviluppo economico Mauro Parolini ha sottolineato la necessità di «migliorare l’accesso agli strumenti e creare piattaforme più idonee a rispondere alle esigenze degli operatori. Mettere in comune le competenze e indurre imprese, anche di filiere diverse, a partecipare sinergicamente, è un’ attività non facile, ma che va perseguita». Ed ha annunciato che a fine settembre si aprirà il nuovo bando per i voucher, che prevederà 8mila euro di contributo a fronte di una spesa di almeno 13mila euro.




La Lombardia prima regione d’Italia per numero di apprendisti

Valentina Aprea
Valentina Aprea

La Lombardia continua ad essere la regione in cui si concentra il maggior numero di apprendisti, il 18,3% sul totale nel 2015. E’ quanto emerge dal Rapporto Isfol. Seguono il Veneto, il Lazio e l’Emilia Romagna – con percentuali, rispettivamente, del 12,7%, del 10,8% e del 10,7% – il Piemonte con l’8,8% e la Toscana (8,4%). Valentina Aprea, assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro di Regione Lombardia, commentando i dati ha rimarcato che “il rapporto conferma i positivi risultati già conseguiti da Regione Lombardia nella costruzione del suo sistema duale innestato nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale”. Secondo il rapporto, la Lombardia ha registrato un incremento dei formandi di oltre 2/3 rispetto all’anno precedente, mentre il Piemonte e la Provincia autonoma di Bolzano hanno coinvolto nelle attività formative dedicate il 18,5% di apprendisti in più rispetto al 2013. Buoni livelli di performance si registrano per quanto riguarda la prima annualità del percorso di qualifica (il 94% degli apprendisti iscritti conclude l’anno formativo); i valori scendono al 49,4 % ed al 10% rispettivamente per la seconda e la terza annualità, probabilmente imputabili alla scelta degli apprendisti di abbandonare il percorso.




Il commento / “Troppa spesa improduttiva. E’ l’ora dei tagli, a partire dal fisco”

di Oscar Fusini*

Pur in presenza di qualche timido segnale di ripresa, molti indicatori – dallo scenario internazionale post Brexit alla contrazione dei consumi fino al calo di fiducia dei cittadini – impongono una strategia d’attacco decisiva e in grado di riportare il nostro Paese sulla via della crescita. E’ questo il senso del convegno tenutosi ieri, a Roma, sul tema “Meno tasse meno spesa binomio della crescita”. L’evento, promosso da Confcommercio, e a cui ero presente, ha visto tutta la componente confederale unita al presidente Sangalli nel chiedere un’accelerazione sul versante delle riforme e dei tagli alla spesa. Il nervosismo del ministro Padoan verso le punzecchiature di Tremonti e, soprattutto, la risposta polemica di Anci (che ritiene poco ortodossi i dati di Confcommercio) confermano che probabilmente i numeri, le relative conclusioni e le richieste del nostro sistema associativo un fondo di verità ce l’hanno.Cosa dice di tanto eclatante la ricerca? Orbene, mettendo a confronto le spese pubbliche delle Regioni italiane, emerge che ci sono “governi” che spendono, per abitante, molto più di altri. La Lombardia, per esempio, tocca quota 2.587 euro, meno di tutti, molto al di sotto dei 6.470 euro del Trentino, ma anche dei 3.729 per abitante del Molise. La domanda a questo punto è lecita: perché queste differenze di spesa da una regione all’altra? Ci sono diversi fattori che determinano i divari. In primis, lo statuto speciale, che amplifica la spesa del 39% in più rispetto allo statuto ordinario, ma anche le dimensioni incidono, dal momento che le Regioni più piccole spendono il 12% di più di quelle grandi. Tuttavia, l’importo non sarebbe di per sé così significativo se non si considerassero anche i servizi erogati. Già, perché una spesa maggiore sarebbe anche accettabile se ad essa corrispondessero maggiori e migliori servizi.

Oscar Fusini
Oscar Fusini

Ecco perché il centro studi di Confcommercio ha costruito un indice sintetico di output di servizi considerando nove indici di valutazione, tra cui l’efficienza della distribuzione dell’acqua, della corrente, degli ospedali e via a seguire. Abbiamo così scoperto che la nostra Regione, quella che spende meno, é prima nella quantità e nella qualità di servizi erogati. Portata a 1 la Lombardia, si scopre che l’Emilia Romagna é a 0, 9 il Trentino a 0,83 e via via fino alla Calabria 0,3 e alla Sicilia a 0,27. Una bella soddisfazione per noi bergamaschi, se non fosse che la spesa pubblica nazionale la paghiamo comunque anche noi. Preoccupa, inoltre, il fatto che, confrontando i dati della spesa con quelli dei servizi, ci si ritrovi in quella dimensione duale che avvicina l’Italia più ai Paesi sottosviluppati che a quelli industriali. La verità inoppugnabile dei numeri, infatti, dice che le Regioni che spendono di più per abitante sono quelle che offrono i servizi peggiori. Il Sud, nella sua generalità, conferma questo assioma. Ma anche le Regioni a statuto speciale, al Nord, non sempre spiccano per livelli virtuosi: hanno maggiori mezzi a disposizione, spendono di più ma con risultati peggiori. Se, quindi, i servizi di tutte le Regioni fossero offerti ai livelli di spesa della Lombardia, la spesa pubblica italiana sarebbe più bassa di quasi 75 miliardi di euro. Tuttavia, tagliare gli sprechi, probabilmente, significherebbe comprimere ulteriormente i servizi portandoli a livelli insufficienti. Più realisticamente, adeguando tutta l’Italia al livello di spesa lombardo, senza intaccare i servizi, non risparmieremmo 75 miliardi ma comunque 21,1 miliardi. Una somma ingente, oggi solo spesa improduttiva, che potrebbe essere destinata al taglio delle imposte e al sostegno degli investimenti nel settore pubblico.

ConfcommercioDa qui la nostra proposta, che reputo coraggiosa. Ovvero, porsi l’obiettivo di scendere con la pressione fiscale a quota 40% (per la precisione a 40,8) entro il 2019 e non al 42,9% come prevede il Governo a quella data. Quindi un taglio molto più profondo della tassazione rispetto agli obiettivi fissati dall’Esecutivo. Certo, servirebbe una crescita del Pil di almeno 3 o 4 decimi all’anno, più di quanto stimato dal Governo, ma comunque il taglio è possibile. In parallelo, servirebbe anche una diminuzione della spesa di 32 miliardi (blocco della spesa tra il 2017 e il 2019). Il tutto consentirebbe alle imprese e alle famiglie di respirare e all’economia di centrare la tanto auspicata ripresa. Dimentichiamoci, quindi, il famoso e tanto declamato bonus di 80 euro, e incamminiamoci decisi verso il taglio delle imposte. Il presidente Sangalli ha riconosciuto al Governo l’impegno verso il contenimento della spesa e la scelta di non aver fatto scattare le clausole di salvaguardia legate alle aliquote Iva. Ha riconosciuto a Renzi di aver anche attivato alcuni cambiamenti strutturali, come la riduzione drastica delle stazioni appaltanti da 33mila a 32 (secondo il ministro Padoan), l’introduzione dei livelli standard d’efficienza nella Sanità, l’integrazione tra forze di Polizia (la Forestale nei Carabinieri), la definizione dei costi standard per i budget dei Comuni e, infine, i tagli alle auto blu (meno di 30mila, la metà rispetto a due anni fa). Uno sforzo che secondo Itzhak Yoram Gutgel, commissario per la Spending review della Camera, ha portato la spesa italiana del 2015 a una diminuzione dell’1,3%, pari a 10 miliardi in meno rispetto al 2014. Il tutto senza licenziamenti nel pubblico impiego (in Francia la spesa è invece salita del 1,9% e in Germania del 3,9%). Tanto, forse più dei precedenti Governi – e questo è stato il motivo del battibecco e dell’uscita polemica dalla sala di Giulio Tremonti, mentre il ministro Padoan stava ancora parlando – ma ancora troppo poco rispetto a quello che servirebbe per cambiare passo. Servono infatti cambiamenti più decisi nella riduzione della spesa locale, reinvestendo nell’ottimizzazione della qualità dei servizi, nella riduzione della pressione fiscale e nel rilancio degli investimenti. Occorre quindi una vera riforma fiscale, a partire dall’Irpef, per arrivare a un sistema più semplice, con meno voci di imposta, minori adempimenti e, soprattutto, più leggero e meno impattante sulle tasche degli italiani.

*direttore di Ascom Confcommercio Bergamo

 




Cinque comuni al voto per unirsi. Ecco le denominazioni alternative

Via libera, all’unanimità, da parte del Consiglio regionale, all’indizione di due referendum consultivi per la fusione di Comuni in provincia di Como e in provincia di Bergamo. Nella Bergamasca il referendum consultivo si terrà a Cerete, Fino del Monte, Onore, Rovetta e Songavazzo. Ai circa 8mila cittadini dei cinque Comuni verrà chiesto se vogliono essere unificati e di scegliere tra queste denominazioni per il nuovo Ente: “Borghi Borlezza”, “Borghi Presolana”, “Larna”, “San Narno”, “Verbolezza” oppure “Valleggia”. I cinque comuni fanno parte di un contesto territoriale già omogeneo. Di essi Rovetta è il più popolato (con il 48% della popolazione complessiva), mentre il più “piccolo” è Onore, con soli 867 abitanti, sulle rive del torrente Gera. L’interesse per le fusioni nasce, per i piccoli Comuni, dal bisogno di una rappresentanza politico-amministrativa più incisiva e dalla necessità di realizzare obbligatoriamente la gestione associata di tutte le funzioni  fondamentali nel medio periodo.