Qualità della vita, Bergamo scala la classifica. Ma va male l’ordine pubblico

BergamoBolzano sale ancora una volta sul podio nell’edizione 2015 della ricerca del Sole 24 Ore sulla “Qualità della vita nelle province italiane”, accompagnata da Trento che si colloca in terza posizione. Ma la sorpresa di quest’anno è il secondo posto di una grande provincia, Milano, che sale di ben 6 posizioni rispetto allo scorso anno.

Bergamo scala la classifica e raggiunge il 24esimo posto, con un balzo in avanti di ben 17 posizioni. Anche quest’anno l’indagine ha toccato sei aree tematiche (tenore di vita, affari & lavoro, servizi/ambiente/salute, popolazione, ordine pubblico, tempo libero) per un totale di 36 indicatori con relative classifiche parziali, di tappa e finali. Tra le novità metodologiche il fatto che le province considerate siano salite da 107 a 110, vista la disponibilità di dati statistici anche per Bat (Barletta-Andria-Trani), Fermo e Monza Brianza.

Più nel dettaglio, Bergamo si piazza 31esima per la qualità della vita, 12esima per i servizi e l’ambiente, 30esima per affari & lavoro; 80esima per l’ordine pubblico, 63esima per la popolazione e 25esima per il tempo libero. Nelle ultime edizioni alcuni grandi centri, pur non arrivando al primo posto, hanno recuperato posizioni, a dimostrazione di una migliore capacità di reazione alla crisi. Molta parte del Sud, invece, resta spesso nelle parti inferiori della rilevazione, a conferma delle difficoltà segnalate da ultimo anche sul Sole 24 Ore di lunedì 14 dicembre, dove sono stati presentati i numeri dell’emergenza-Sud, quanto a capacità produttiva, occupazione, andamento dei consumi.




Sanità, nominati i nuovi Dg. Le opposizioni: “Solita spartizione”

Regione Lombardia“Sono molto soddisfatto di questa rivoluzione del merito. Abbiamo scelto le persone più competenti e capaci. Tutti selezionati da una commissione esterna, è la prima volta che succede”. Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, rendendo noti i nomi dei nuovi direttori generali della Sanità lombarda. “Io – ha sottolineato il governatore – voglio che ai vertici ci siano solo i migliori, selezionati in base al merito e non all’appartenenza politica. Anche se la legge non mi obbligava a farlo, ho scelto i nuovi Direttori Generali solo all’interno della ‘short list’, stilata da una commissione esterna guidata dal magnifico Rettore dell’università degli Studi di Milano, Gianluca Vago, da Cristina Masella, docente della facoltà di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano e da Francesco Longo, docente dell’Università commerciale Luigi Bocconi di Milano”. La tornata di nomine ha visto le conferme di Mara Azzi all’Ats Bergamo (l’ex Asl) e di Carlo Nicora, direttore generale del Papa Giovanni XXIII. All’esordio invece Elisabetta Fabbrini all’Asst Bergamo ovest (ex Ao Treviglio Caravaggio) e Francesco Locati all’Asst Bergamo est (ex Ao Seriate).

Di altra l’opinione delle opposizioni. “La Sanità lombarda –  hanno commentato Stefano Buffagni, Paola Macchie e Dario Violi del M5S Lombardia – avrebbe bisogno di un taglio netto col passato, invece sono state fatte scelta nel solco formigoniano che non danno garanzie per una gestione totalmente nell’interesse dei lombardi. È evidente la continuità con il passato anche nella lottizzazione politica delle poltrone apicali con una significativa variazione: gli uomini del Celeste si sono solo tinti di verde Lega con CL”. “Grazie alla nostra ostinazione agostana c’è stata un’innovazione importante nella selezione dei direttori generali, però il lupo perde il pelo ma non il vizio: tra i superstiti del quizzone si è svolta la solita spartizione di natura partitica, questo è evidente a tutti. Quasi metà dei nominati sono di area Lega e la restante parte divisa tra Forza Italia ed NCD più uno riconducibile a Fratelli d’Italia. Ancora si fa fatica ad entrare in una logica davvero di selezione dei migliori” ha commentato il capogruppo del Pd in Regione Enrico Brambilla

La scheda / I direttori a Bergamo

 

Mara Azzi

Nata l’8 giugno 1959. Laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Modena, ha frequentato il Corso di Perfezionamento in Diritto Sanitario, ha conseguito la Specializzazione in Disciplina del Lavoro e Sindacale e il Master in Economia sanitaria all’Università degli Studi di RomaTor Vergata. E’ stata confermata direttore generale della Asl diBergamo, mentre in precedenza è stato direttore generale dell’AO Desenzano del Garda, direttore amministrativo dell’ASL dellaprovincia di Mantova e della AO San Carlo di Milano.

Carlo Nicora

Nato il 6 ottobre 1958. Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Pavia, si è specializzato in Igiene e Medicina Preventiva ad orientamento Igiene e Tecnica Ospedaliera all’Università degli Studi di Milano. E’ stato confermato direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII di Bergamo. In precedenza è stato Direttore Sanitario dell’AO Niguarda Ca’ Granda di Milano.

Elisabetta Fabbrini

Nata il 12 febbraio 1963. Laureata in Economia e Commercio all’Università degli Studi di Firenze. Ha conseguito un Executive Master in management delle aziende sanitarie e socio assistenziali presso la Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi. Direttore Amministrativo dell’Azienda Ospedaliera Sant’Antonio Abate di Gallarate dal 2008 al 2011, è stata nominata nel febbraio 2011 direttore amministrativo dell’Ospedale di Circolo di Busto Arsizio.

Francesco Locati

Nato il 3 maggio 1960. Laureato in Medicina e chirurgia all’Università degli Studi di Milano, dove ha conseguito anche la Specializzazione in Dermatologia e Venerologia, in Farmacia e in Igiene e Medicina Preventiva. E’stato direttore sanitario dell’ASL di Varese.




Sanità, con Maroni siamo ormai alla burla

Roberto Maroni
Roberto Maroni

Dicono che la sanità lombarda è la migliore che ci sia. Chissà come son messi gli altri, vien da dire. Soprattutto ora che dalla Regione Lombardia rimbalza la notizia che due su tre dei 49 direttori generali attualmente in carica sono stati bocciati ai test psicoattitudinali promossi per compilare la lista dei 100 manager tra cui il presidente Roberto Maroni sceglierà i nuovi vertici delle strutture sanitarie. Tradotto con il linguaggio dell’uomo della strada, ciò significa che la sanità lombarda funziona, spesso e volentieri, “malgrado” chi la governa. Ma può essere vero? Evidentemente no, e allora forse sarà il caso di sottrarsi alla suggestione del test fintamente meritocratico per andare al cuore della questione. Quel che Maroni sta cercando di fare è semplicemente il gioco delle tre carte: sostituire in buona parte i direttori generali nominati, con rigorosa logica cencelliana, dal suo predecessore Roberto Formigoni con altri di sua osservanza. Cogliendo al balzo una proposta del Pd si è acconciato ad utilizzare il metodo dei test per dare una parvenza di credibilità alle sue scelte. Ma solo gli illusi possono pensare che il responsabile di un ospedale o di un’azienda sanitaria possa essere valutato attraverso quiz poco più complessi di quelli che si devono superare per la patente. E infatti, basta scorrere l’elenco dei bocciati per scorgere anche nomi di professionisti, certamente con targa politica riconoscibile, stimati e apprezzati per il loro lavoro di questi anni.

Quella che si sta consumando, quindi, è nulla più che una presa in giro. Tant’è che, come è già stato osservato su L’eco di Bergamo da un profondo conoscitore di cose sanitarie come Alberto Ceresoli, al Pirellone stanno comunque procedendo nella valutazione delle candidature con il solito bilancino delle appartenenze a partiti, correnti e conventicole. Per cui, per esempio, sull’ospedale Papa Giovanni XXIII è in corso un violentissimo braccio di ferro tra Forza Italia e Lega per accaparrarsene la guida (con il corollario, a cascata, delle caselle da occupare a Seriate e Treviglio). Tutto cambia ma nulla cambia, insomma, anche la Padania perpetua gli usi e costumi gattopardeschi che tanto dovrebbero inorridire gli highlander leghisti.
Del resto, che tutto sia una burla lo dimostra una piccola notizia che è scivolata via nell’indifferenza generale. Un nutrito drappello di manager bocciati ai test maroniani solo sette giorni prima avevano ricevuto dalla medesima Regione un premio di risultato (!) variabile tra un minimo di 17 mila e 500 euro ad un massimo di 29 mila e 400. Prima premiati e poi bocciati: alzi la mano chi ci capisce qualcosa.

Ma probabilmente il bello deve ancora venire perché l’ineffabile Maroni solo pochi mesi fa ha patrocinato una riforma della sanità lombarda che da più parti è vista con timore perché rischia di buttare all’aria un sistema che, con le sue criticità (dovute soprattutto alle commistioni tra politica e affari), ha dimostrato di funzionare. Il nuovo modello è stato varato a fine agosto. Da allora, pensate un po’, dopo le dimissioni dell’assessore Mario Mantovani (che da questa partita era stato esautorato e che nelle settimane successive è finito in carcere con accuse pesanti), la Lombardia non ha un delegato a seguire in prima persona e in via esclusiva questo delicatissimo settore. “Basto io” ha detto il piccolo Napoleone lombardo Maroni.
Ecco perché quello che sembrava un paradosso (la sanità funziona malgrado chi la governa) è un’amara verità. Senza l’impegno di chi sta in prima linea, di chi dedica tutte le sue forze a chi ha bisogno, di chi profonde tutte le sue energie per dare risposte alle esigenze di cura non avremmo la “migliore sanità che ci sia”. Che forse potrebbe essere ancora più efficiente se i politici, quelli ufficiali e quelli mascherati da manager, venissero messi alla porta. Ma questa è l’unica riforma che non vedrà mai la luce.




Avis e Guardia di Finanza rilanciano la collaborazione

Pomponi e Bianchi
Virgilio Pomponi e Oscar Bianchi

Il comandante dell’Accademia della Guardia di Finanza, Virgilio Pomponi, ha visitato il centro Avis del Monterosso: “Sono avisino da tempo a Domodossola – ha spiegato il generale sottoponendosi agli esami di routine per poter continuare l’attività di donazione a Bergamo -. E questo è un modo per donare anche qualcosa di mio, al di là della funzione che svolgo nell’ambito della Guardia di Finanza, che è un’istituzione a servizio della comunità”.

Accompagnato durante la visita dal presidente di Avis provinciale Bergamo, Oscar Bianchi, Pomponi ha rilanciato l’intesa tra Avis e Fiamme Gialle: “L’obiettivo è di instillare anche nei “miei ragazzi” questa sensibilità. Saranno loro poi a scegliere volontariamente se aderire o meno all’associazione dei donatori di sangue, ma conoscendo lo spirito di servizio e la solidarietà da cui sono animati, credo proprio che nascerà una bella intesa”. Soddisfatto il presidente Bianchi: “Ci unisce il desiderio di un impegno per il bene della comunità, e mi fa ancora più piacere avvicinare alla nostra famiglia tanti nuovi giovani”.




Ospedale, la sala consiliare intitolata ai coniugi Spajani

La famiglia Spajani con Carlo Nicora
La famiglia Spajani con Carlo Nicora

E’ stata ufficializzata nei giorni scorsi l’intitolazione a Gianfranco e Luigia Spajani della sala riunioni della Direzione generale dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII. A loro si deve infatti la donazione al Comune di parte dei terreni su cui sorge il nuovo ospedale di Bergamo. Per ricordare la loro generosità è stata apposta una targa all’ingresso della sala consiliare che ospita le riunioni del Collegio di Direzione, le delegazioni italiane e straniere che vengono a visitare il Papa Giovanni XXIII, riunioni operative, conferenze stampa e incontri istituzionali.

L’aula è collocata all’interno del percorso artistico che ospita i ritratti dei benefattori che hanno segnato la storia dell’ospedale di Bergamo e che testimoniano l’affetto dei bergamaschi verso il loro ospedale. Un affetto, che ieri come oggi, ha reso possibile una lunga storia di cura e assistenza di qualità. “Oggi anche i coniugi Spajani hanno trovato il posto che meritano in questa storia e in quest’area dove sono esposti i ritratti dei nostri benefattori – ha commentato il direttore generale dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII Carlo Nicora durante la cerimonia alla presenza della famiglia Spajani -. In questa sala vengono prese le decisioni strategiche per la nostra azienda e qui incontriamo i ospiti e visitatori provenienti da tutto il mondo. È quindi uno dei centri nevralgici del nostro lavoro”. “Ci fa molto piacere che la nostra famiglia, come altre in passato per i Riuniti, abbia potuto contribuire alla nascita dell’ospedale Papa Giovanni XXIII – ha commentato la famiglia Spajani -. Ringraziamo Nicora e i suoi collaboratori per la professionalità, l’impegno e la costante dedizione. Grazie al loro sforzo quotidiano possiamo tutti godere di un’eccellente servizio sanitario”.




Dalla “Popolare” un social bond a favore dell’Associazione Disabili Bergamaschi

Da sinistra: Luca Gotti, direttore Territoriale della Banca Popolare di Bergamo, il presidente Giorgio Frigeri, Guido Molinero, Responsabile USC Mozzo e Claudio Tombolini, presidente dell'A.D.B.
Da sinistra: Luca Gotti, direttore Territoriale della Banca Popolare di Bergamo, il presidente Giorgio Frigeri, Guido Molinero, responsabile USC Mozzo e Claudio Tombolini, presidente dell’A.D.B.

La Popolare di Bergamo (Gruppo UBI Banca), ha annunciato l’emissione del prestito obbligazionario “solidale” “UBI Comunità per Associazione Disabili Bergamaschi A.D.B.” per un ammontare complessivo di 5 milioni di euro destinato a nuovi risparmi, i cui proventi saranno in parte devoluti a titolo di liberalità all’Associazione Disabili Bergamaschi, a sostegnodella realizzazione dello Spazio Eventi Formativi all’interno della nuova sede nell’ex locale falegnameria dell’ospedale psichiatrico di Bergamo. L’Associazione si è costituita nel 1988 su iniziativa di alcuni pazienti e operatori sanitari del Centro Fisioterapico di Mozzo, con lo scopo di creare un luogo di riferimento per le persone con lesione midollare ed i familiari, favorire la miglior autonomia possibile, condividere momenti di sport e scambiarsi consigli pratici e gestire meglio gli ostacoli della vita quotidiana. La mission dell’Associazione è

quella di sostenere le persone che si trovano a vivere una condizione di disabilità permanente, collaborare con il Centro di Riabilitazione di Mozzo, struttura sanitaria permanente ad alta specialità per la cura e la riabilitazione delle mielolesioni (Unità Spinale) ed operare in ambito pubblico e privato per ampliare una cultura della disabilità. Le obbligazioni, emesse dalla Popolare, hanno taglio minimo di sottoscrizione pari a 1.000 euro, durata 3 anni, cedola semestrale, tasso fisso lordo annuo pari a 0,60% per il primo anno, 0,80% per il secondo anno e 1,00% per il terzo anno; possono essere sottoscritte dal 24 novembre 2015 al 31 dicembre 2015, salvo chiusura anticipata o estensione del periodo di offerta. L’offerta è riservata a chi apporta nuove disponibilità durante il periodo di collocamento. Le obbligazioni non sono destinate alla quotazione in nessun mercato regolamentato o sistema multilaterale di negoziazione: saranno negoziate in contropartita diretta nell’ambito del servizio di negoziazione per conto proprio. L’importo devoluto da Banca Popolare di Bergamo all’Associazione Disabili Bergamaschi, a titolo di liberalità, può arrivare fino a 25mila euro in caso di sottoscrizione dell’intero ammontare nominale delle obbligazioni oggetto dell’offerta. “Banca Popolare di Bergamo e il Gruppo UBI Banca sono molto sensibili alle tematiche sociali e lo strumento del Social Bond è un’ottima soluzione per sostenere concretamente tanti progetti meritevoli – afferma Giorgio Frigeri, presidente di Banca Popolare di Bergamo -. Molto volentieri quindi abbiamo accolto la proposta dell’Associazione Disabili Bergamaschi perché essere Banca del territorio vuol dire essere attenti e partecipi verso ogni aspetto della realtà in cui operiamo”. Claudio Tombolini, presidente dell’ A.D.B. puntualizza che “i proventi dei Social Bond sono destinati alla costruzione dello Spazio Eventi Formativi che permetterà all’Associazione di completare il percorso iniziato nell’ U.S.C di medicina specialistica dell’ Ospedale Papa Giovanni XXIII sede di Mozzo, dove l’Associazione opera in stretta collaborazione con il personale medico, infermieristico e riabilitativo nel recupero della massima autonomia possibile, favorendo il reinserimento familiare sociale e lavorativo delle persone con lesione midollare. Confidiamo nell’esito positivo della sottoscrizione dell’intero ammontare delle obbligazioni, così da poter completare il nostro progetto che ci vede impegnati in un grande sforza organizzativo ed economico”.




Slot machine, in Lombardia sono 8mila in meno

Nel 2014, secondo l’elaborazione dalla Regione sui dati dei Monopoli, in Lombardia le slot machine sono calate dell’11,2% sul 2013, contro la media nazionale dell’8%: un valore che si traduce in 8.000 macchinette in meno. Anche il numero di esercizi commerciali dotato di slot è passato da 16.004 a 14.700, vale a dire 1.300 in meno. «Sono i primi risultati concreti ottenuti grazie alle nuove norme e alla loro applicazione da parte dei Comuni, che hanno condiviso lo spirito di questa battaglia contro una vera e propria piaga sociale – ha evidenziato l’assessore al Territorio, Urbanistica e Difesa del suolo di Regione Lombardia Viviana Beccalossi, team leader della giunta in tema di ludopatia -. Questi dati confermano che la Legge regionale sulla ludopatia è giusta, etica e, soprattutto, funziona».

Un ruolo fondamentale viene riconosciuto ai progetti “No slot” dei territori, finanziati grazie al bando regionale “Azioni di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico”. «Con questo bando – ha proseguito Viviana Beccalossi – Regione Lombardia ha investito tre milioni di euro per sostenere 68 progetti in tutte le province. Siamo riusciti a creare una rete “No slot” che vede impegnati oltre 1.400 soggetti pubblici e privati, coinvolgendo 700 Comuni, 293 tra istituti scolastici, parrocchie, associazioni sportive e oltre 250 associazioni del Terzo Settore. E a chi pretestuosamente e da finto ignorante ci ricorda che il numero dei ludopatici in Lombardia è aumentato, rispondo che è vero. Nel senso che fino all’entrata in vigore della nostra legge questi soggetti venivano quasi ignorati, mentre ora sono riconosciuti come persone affette da una grave patologia e quindi presi in carico dal servizio sanitario».




“Medichesse”, presentato il libro sulle donne curatrici

Medichesse libroSe nel corso della storia gli uomini hanno dominato l’universo delle parole, le donne hanno avuto potere sul mondo delle cose. Dagli intrugli più oscuri delle dee mitologiche alle erbe benefiche di sacerdotesse guaritrici, la lista di personaggi femminili che in epoche passate hanno custodito i segreti di medicine e piante officinali è assai lunga. Ed è proprio partendo da questi antefatti che la scrittrice Erika Maderna ha tratto ispirazione per la stesura del suo saggio “Medichesse. La vocazione femminile alla cura”. Pubblicato dal centro studi di Aboca Museum, il libro è stato presentato per la prima volta a Bergamo il 4 novembre scorso al Centro congressi Giovanni XXIII in occasione di un evento culturale realizzato in collaborazione con “EDN for Culture”, Associazione culturale “Orbiter” e Lions Club “Colleoni”. È stato un momento in cui il pubblico presente in sala Alabastro è rimasto rapito da queste pagine avvincenti. Il testo, infatti, non è una semplice opera didascalica dedicata agli appassionati di medicina naturale ma un viaggio affascinante nel variegato mondo delle dee madri, delle sciamane, delle levatrici, delle maghe. Durante l’incontro alcuni stralci del libro sono stati letti con enfasi dall’attrice Silvia Barbieri e commentati dai giornalisti Antonella di Tommaso, Roberto Messina e Eugenio Sorrentino, da Catia Giorni del centro studi di Aboca Museum e da alcune medichesse moderne come Laura Baldini, odontoiatra della Clinica EDN di Bergamo, e Annapaola Callegaro, presidente del Lions Club “Colleoni” di Bergamo.

“Nei secoli l’universo femminile ha sempre assunto un ruolo prioritario nella terapia dei malati – ha spiegato l’autrice Erika Maderna, laureata in Etruscologia e Archeologia italica all’Università degli Studi di Pavia –. Le donne avevano un approccio empirico, fatto di conoscenze tramandate e tradizioni popolari, in contrapposizione con i metodi scientifici e accademici utilizzati invece dagli uomini depositari di cultura”.

La forza curativa femminile si sprigionava nei filtri amorosi delle fattucchiere, nelle manovre proibite dell’aborto applicate dalle ostetriche, nei medicamenti curativi che diventavano panacea di ogni male. Ma la cura, in epoche passate, era anche un mezzo di emancipazione. Basti pensare alla maga Circe e alla sua bella nipotina Medea, due simboli della cultura ellenica che lo stesso Omero aveva definito polifarmacos proprio perché cresciute a pane e pozioni magiche per sciogliere i cuori impavidi di eroici guerrieri. Per non parlare dell’ostetrica bizantina Metrodora che, nel suo trattato Sulle malattie delle donne, risolse non solo i delicati problemi dell’apparato riproduttivo femminile, ma anche disturbi legati a stomaco, malaria, traumi, reumatismi e cosmetica.

“Nel mio libro ho tradotto anche antiche ricette legate alla cosmesi – ha precisato la scrittrice che è anche esperta di archeologia classica e cosmesi nelle civiltà mediterranee antiche – Igea, per esempio, ci parla di una salute che passa attraverso igiene e pratica cosmetica. Sua sorella Panacea era colei che guariva tutti i mali. Le medichesse sapevano anche praticare l’aborto, conoscevano le erbe contraccettive. Le donne per tradizione dovevano essere assistite da altre donne per non morire di parto. Insomma, si occupavano di una sfera che, per tradizione, era inaccessibile all’uomo e le loro esperienze venivano poi tramandate alle sacerdotesse”.

In bilico tra pratica infermieristica e medica, anche  Radegonda, che scelse di dedicarsi alla vita monastica per emanciparsi da un matrimonio imposto, non esitava a sporcarsi le mani pur di rifocillare i poveri e curare le piaghe dei malati. Stessa cosa dicasi per Santa Fabiola: “Erano due donne benestanti che presero i voti, rinunciando alla vita familiare di moglie e madre e, per questo, godevano di grande rispetto nella comunità – racconta Maderna -. Nel primo cristianesimo la malattia era raffigurata come uno spirito del male che Radegonda riusciva a debellare con le erbe, la preghiera e l’esorcismo. La magia era un elemento forte che affondava le proprie radici nel sacro. Se non fossero state monache, Radegonda e Santa Fabiola sarebbero probabilmente finite bruciate al rogo. C’era poi Santa Ildegarda, la medichessa mistica e visionaria, che già in passato parlava del male oscuro, della malinconia, della depressione. Secondo lei era necessario creare equilibrio tra salute fisica, psichica e spirituale. E infine ho riportato le ricette di Caterina Sforza. A partire dal 1700 è cominciato un lungo processo, molto complesso e difficile, che ha portato le medichesse del passato a diventare le donne medico di oggi. Ma questa è un’altra storia che sicuramente merita di essere approfondita. Magari nel mio prossimo libro…”.

 

 

 




Sanità, la denuncia dell’Adiconsum: “Nelle strutture bergamasche situazione inaccettabile”

medico lastra rxTempi di attesa biblici e situazioni kafkiane: dall’Osservatorio di CISL FP emerge che per una visita cardiologica, chi prenota oggi trova il primo posto libero nel 2017, così come per dermatologia. “Meglio” diabetologia (4-5 mesi di attesa) e ortopedia (“solo” 4 mesi). Così gli ospedali della Provincia rispondono all’emergenza del personale sollevata da Fp Cisl e oggi denunciata da ADICONSUM Bergamo che, in risposta alla lettera che Mara Azzi, direttore generale dell’ASL di Bergamo, ha dato all’esposto Cisl, porta l’esperienza di una signora, Donatella Rosati di Valbrembo, che , dice Eddy Locati, segretario generale dell’associazione dei consumatori della Cisl, “denota una volta di più come la Sanità pubblica si stia deteriorando dal punto di vista dei tempi d’attesa, raggiungendo livelli insopportabili e creando non poco disagio a chi li deve subire”. La situazione è stata sollevata, un mese fa, da un esposto di Cisl fp, che ha denunciato i turni massacranti cui sono sottoposti medici e infermieri per la cronica mancanza di personale.

“Operatori sanitari con centinaia di ore di straordinario non recuperabile sulle spalle; specialisti che lavorano ininterrottamente per 28 ore; reparti che non sono in grado di rispettare le linee guida regionali sulla presenza continua del medico; 120.000 ore di arretrati accumulati in un solo Ospedale. E questo non ha impedito di compilare liste di attesa per alcune prestazioni che vanno dai 6 ai 10 mesi”.  Questa è la situazione denunciata dalla Funzione Pubblica della Cisl di Bergamo nelle aziende ospedaliere provinciali: Papa Giovanni, Bolognini, Treviglio non riescono da tempo a far diga contro il continuo diminuire del personale, l’aumento delle richieste e la scarsità delle risorse. E tutto questo a poco meno di un mese dall’ultimatum dell’Unione Europea: il 25 novembre, infatti, entrerà inderogabilmente in vigore la Direttiva dell’Ue che impone orari rigidi e trasparenti per ogni lavoratore, riposi obbligatori e certificati…insomma una pianificazione degna di strutture all’altezza della tanto conclamata qualità della vita.

A questo esposto, indirizzato anche all’Asl, responsabile territoriale della salute pubblica, di utenti e lavoratori, Mara Azzi ha risposto che “l’Azienda non ha mai ricevuto segnalazioni in merito all’esistenza di queste situazioni” e dei problemi che ne conseguono. “Una cosa ridicola, se non fosse drammatica – tuona Locati -. Ai nostri uffici giungono decine di segnalazioni e all’ASL non ne sanno niente? La storia della signora Rosati è solo una, ma ben esplicativa della qualità dell’offerta sanitaria in provincia”.

Alla signora di Valbrembo, nell’agosto del 2014, venne prenotato un intervento per togliere dei calcoli alla cistifellea, presso l’ospedale Papa Giovanni XXIII. Ad aprile 2015 viene finalmente invitata a recarsi in ospedale per gli esami pre-operatori di routine. Viene ricoverata il 7 luglio 2015, alle 11 della mattina presso il reparto di chirurgia. Dopo una visita e un esame del sangue, gli viene assegnato il posto letto. Verso le 17 un medico le comunica che ci sono stati dei ritardi, ma che l’intervento sarebbe stato effettuato (era la terza paziente del pomeriggio). Alle 18 gli viene invece consegnata la lettera di dimissioni, con l’impegno di richiamarla il prima possibile, addirittura dopo qualche giorno, senza particolari motivazioni. Dopo 20 ore di digiuno totale, la paziente si riveste e torna a casa. Passano circa 10 giorni, e con una telefonata le viene comunicato di ripresentarsi in ospedale; peccato che due ore dopo la telefonata viene comunicato all’interessata  che il tutto è stato sospeso, a causa di una urgenza. Dopo ben 114 giorni, finalmente, viene fissato il secondo ricovero. Alle 7 del 30 ottobre 2015 la paziente viene ricoverata non più nel reparto di chirurgia, ma in day surgery. Viene prelevato il sangue, viene assegnato il posto letto e viene comunicato che sarebbe stata la seconda ad essere operata.

Dopo le  ore 14, al cambio turno, un infermiera chiama la sala operatoria per chiedere informazioni sull’intervento programmato, ma alle ore 17.15 si presenta il chirurgo in camera comunicando le dimissioni della paziente (tra l’altro offendendosi per le proteste dell’interessata e di suo marito). “In sostanza – racconta Locati -, ancora una volta, probabilmente per casi più gravi, il previsto intervento è saltato e la signora è tornata a casa con i suoi calcoli, dopo altre 21 ore di digiuno totale e, ovviamente, con tanta rabbia. La paziente sa benissimo che ci sono persone con problemi più gravi delle sue coliche, ma ritiene anche che quello a lei successo sia assurdo, così come l’atteggiamento del chirurgo. Adiconsum, insieme alla Funzione Pubblica della CISL di Bergamo, monitorerà la situazione, soprattutto in vista dell’entrata in vigore della direttiva UE, aiutando così l’ASL a avere una visione più reale di quanto succede nella sanità bergamasca”.




Safe driver, torna il progetto dell’Asl che premia chi guida senza aver bevuto

Safe Driver (2)Riparte per “Notti in Sicurezza” il progetto “Safe driver” promosso dall’Asl di Bergamo in collaborazione con Polizia Stradale, Croce Rossa, Cooperativa  Itaca, Associazione Genitori Atena, Rotary Club Centenario Dalmine, Rotaract Club Città Alta Bergamo e Discoteca “Bolgia. L’intervento mira a prevenire gli incidenti stradali alcolcorrelati nei locali e discoteche della provincia. L’obiettivo specifico è quello di diminuire il numero di guidatori che lascia il locale con alcolemia al di sopra  di zero. A quei guidatori che si sottoporranno all’alcoltest con risultato “zero”, verrà consegnato un buono valido per l’ingresso gratuito nello stesso locale (discoteca) o consumazione analcolica gratuita (pub). Per quanti ottenessero risultati diversi, sarà consigliato di non mettersi alla guida e saranno presentate le strategie alternative alla guida in stato di ebbrezza (far guidare un amico sobrio, prendere un taxi o un bus, attendere fino a che l’alcolemia non fosse scesa…). Verranno consegnati opuscoli informativi, gadget ed etilometri alle persone che accederanno al locale. Il progetto sarà presente il 31 ottobre, il 14 novembre e il 12 dicembre alla discoteca Bolgia di Osio Sopra.

Info: 3466114707/ 035-2270391 (Asl Bergamo)