Start up, «il vero ostacolo è la paura di non farcela»

La formula della finale potrebbe essere quella di un talent show: tre minuti secchi per incuriosire il potenziale investitore incontrato in ascensore, raccontandogli la propria idea imprenditoriale (il cosiddetto “elevator pitch”, dove “pitch” è il lancio del baseball). Che non sia un gioco o un esercizio accademico lo dimostra il fatto che, ad esempio, il progetto vincitore della scorsa edizione di Start Cup Bergamo – impostosi poi anche ai livelli regionale e nazionale del concorso – si è presto trasformato in un’opportunità per le ideatrici. La loro stampante 3D che permette ai bambini di progettare e realizzare da sé il proprio giocattolo ha infatti raccolto l’interesse di una multinazionale italiana, con la quale la collaborazione continua.
Start Cup Bergamo è una business plan competition che nasce all’interno dell’Università, in particolare nel centro di Ateneo Cyfe – Center for Young and Family Entrerprise, allargandosi agli altri soggetti del territorio interessati alla creazione e allo sviluppo d’impresa (Bergamo Sviluppo, Gruppo Giovani di Confindustria Bergamo, Bergamo Scienza, Ubi Banca Popolare di Bergamo, Talent Garden Bergamo, Jacobacci & partners, Unogas). Coinvolge gli studenti universitari (la facoltà di Ingegneria dedica un corso specifico, in inglese, all’Entrepreneurship and Venture Creation, tenuto dal professor Tommaso Minola) ma anche tutti i bergamaschi che vogliono provare a mettersi in proprio con una nuova idea, opzione sempre più attuale, viste le difficoltà del lavoro dipendente. Il percorso comincia a giugno, con momenti di formazione su come analizzare il mercato e scrivere il business plan, per poi mettere in sfida le proposte e presentarle al pubblico. Anche la finale della quinta edizione (che ha visto in gara ben 17 progetti) è andata in scena nell’ambito di Bergamo Scienza, appuntamento al quale seguirà un camp su come far decollare il business.

Paolo Pressiani è il coordinatore di Start Cup Bergamo.
Una buona idea imprenditoriale è quella che si può raccontare in tre minuti?
«Una buona idea deve essere innovativa, avere un mercato molto molto buono ed essere scalabile, essere cioè in grado di generare clienti e fatturato non solo per reggersi in piedi ma anche continuare crescere. Certo, la capacità di presentarla in modo attraente ha il proprio peso e su questo lavoriamo attentamente nell’ambito di Start Cup, ma al fondo deve sempre esserci un progetto valido. La sfida dei tre minuti può però essere un test: se non si riesce a condensare il proprio progetto, forse le idee non sono così chiare o non si è riusciti ad enucleare gli aspetti salienti».
Come nasce un’idea vincente?
«Dalla voglia di fare e di mettersi in gioco, essenzialmente dalla passione, che fa in modo che ci si dedichi pienamente al proprio progetto. Ma anche dalla capacità di apprendere dai propri errori. Sbagliare è infatti ammesso e “utile”, le stesse storie degli imprenditori di successo mostrano che non è quasi mai la prima iniziativa quella che va a segno. Altro fattore oggi fondamentale è la volontà di creare sinergie, di fare network».
Ci sono sistemi per mettere a punto al meglio il proprio progetto?
«Gli studi permettono di costruirsi un set di strumenti per inquadrare l’idea, ma poi è essenziale confrontarsi direttamente con il mercato, va analizzato sul campo con interviste, dati. Occorre capire se la proposta piacerà ai clienti o cosa chiedono davvero».
In quali settori è più promettente “lanciarsi” oggi?
«Una ricetta non c’è. Creare un’app può essere più facile che avviare un’impresa manifatturiera, non fosse altro per i costi, ma l’industria può essere più duratura di un’applicazione informatica. I macrotemi strategici sono due: o si apre un campo del tutto nuovo proponendo ciò che prima non c’era, penso ai Google glass, o si trasforma un settore tradizionale, come è avvenuto per l’informazione on line. Imprenditore, del resto, è chi coglie un’opportunità nei luoghi più impensati».
Ma imprenditore si nasce o si può diventarlo?
«C’è un intero filone di ricerca su questo argomento… Dal canto nostro, con Start Cup, diamo a tutti la possibilità di mettersi alla prova ed offriamo ai partecipanti gli strumenti per valutare autonomamente il proprio progetto considerandone i diversi aspetti».
Un problema denunciato dagli aspiranti imprenditori è la difficoltà a trovare finanziamenti…  
«Quello delle risorse non è mai il problema principale, se l’idea ha le basi per andare avanti e crescere gli investitori si trovano. L’ostacolo vero è semmai la paura di non farcela o quali confini si hanno. Può darsi infatti che un progetto non vada bene per il mercato italiano, ma in qualche paese estero sì. Le barriere sono molto spesso personali».
Certo che l’Italia non sembra agevolare la voglia di fare impresa, le complicazioni sono sempre dietro l’angolo…
«In effetti l’apparato normativo e burocratico è complesso, ma le soluzioni per l’operatività poi si trovano. Direi che non è mai il caso di generalizzare, anche in Italia ci sono esempi di piccole realtà, di ragazzi che hanno avuto un’idea capace di stare sul mercato e sono riusciti a metterla in atto con successo».
Com’è la voglia di fare impresa a Bergamo?
«Dal nostro osservatorio sicuramente in crescita, siamo passati da sette progetti approdati in finale alla prima Start Cup ai 17 di questa quinta edizione».
Bergamo è un terreno fertile per far crescere le nuove idee?
«È un ecosistema frizzante. Ci sono l’Università con i suoi programmi, i progetti della Camera di Commercio con Bergamo Sviluppo, anche Confindustria ci crede molto, tanto che attraverso il Gruppo Giovani ha messo a disposizione di Start Cup, credo per la prima volta in Italia, alcuni imprenditori associati a fare da tutor dei progetti in gara. Un aspirante imprenditore a Bergamo può trovare percorsi di formazione, tutor accademici e industriali e occasioni per incontrare investitori».

WAW – Wellness at Work
La ginnastica dolce arriva sul posto di lavoro
e previene le assenze per malattia

Con WAW, Wellness at Work non ci sono più alibi per non dedicare un po’ di tempo alla cura della proprio benessere fisico. È un progetto di ginnastica dolce, correttiva e posturale che arriva direttamente sul posto di lavoro, senza la necessità di cambiare tenuta, di spazi ampi o di macchinari. L’idea è di Mauro Ciarciagliani, 26enne, personal trainer, motricista per bambini con corsi in lingua inglese e cinese, nonché campione internazionale di Wushu Kung Fu (per intendersi l’arte marziale che ha lanciato l’attore Giorgio Pasotti). Alla ricerca di un ulteriore sbocco per le sue competenze, il trainer ha messo a fuoco, partecipando alla Start Cup, una proposta mirata per le aziende, con un fine che va ben oltre lo svago per i dipendenti. «I disturbi dell’apparato muscoloscheletrico – spiega – sono un problema crescente e rappresentano il 38% delle cause di assenza dal lavoro. Sono dovuti principalmente a stress mentale e fisico, movimenti ripetitivi, posture errate o eccessive stimolazioni meccaniche. Oltre che sulla salute dei lavoratori hanno ripercussioni sulle economie aziendali e sociali, con perdite che sono state quantificate in milioni di euro». «WAW si propone di fronteggiare questi disturbi con una serie di ginnastiche già esistenti ma poco conosciute – afferma – che ben si adattano ad un ambiente come quello di lavoro. La proposta non affatica, è praticata in piccoli gruppi per circa mezz’ora, due volte a settimana negli orari meno produttivi, come la prima mattina, la pausa pranzo o il tardo pomeriggio. L’intervento permetterà all’azienda di aumentare qualitativamente la produttività, ridurre le assenze per malattia e gli infortuni sul lavoro e aumentare la soddisfazione dei dipendenti».
Una proposta che ha già incontrato il favore delle aziende. «C’è un accordo con la Bellini di Zanica – evidenzia Ciarciaglini – ed ora l’idea andrà valutata con i dipendenti. Anche con lo spazio di co-working tra professionisti Talent Garden è interessato. L’incontro con Marco Bellini, presidente dei Giovani di Confindustria Bergamo, mi ha anche permesso di conoscere il progetto WHP Workplace health promotion per la promozione della salute nei luoghi di lavoro e la possibilità di benefici fiscali per le aziende che adottano buone prassi».

Bambouland 2.0
Lo studente di Agraria
si costruisce un futuro col bambù

Studente della facoltà di Agraria alla Statale di Milano, Mattia Malanchini, 22 anni di Stezzano, è un esempio di come sta cambiando l’approccio al lavoro. Prima ancora di terminare gli studi (e magari entrare nel vortice di curriculum e colloqui) si è voluto costruire da sé un’opportunità, «anche solo per avere una carta in più da giocare». L’idea – diventata business plan partecipando alla Start Cup – è “Bambouland 2.0” ovvero la creazione di una coltivazione di bambù. «È una pianta pochissimo coltivata in Italia – spiega – ma in molti paesi del mondo è una risorsa economica non indifferente, perché ha un’ampia gamma di impieghi. I culmi legnosi possono infatti essere utilizzati nell’edilizia, nell’arredamento, nell’oggettistica, nel tessile, mentre i germogli si prestano ad un uso alimentare. Mi è sembrata una buona idea per dare vita a qualcosa che mi offrisse un’opportunità di reddito e mi appagasse professionalmente».
Il progetto se l’è costruito, in pratica, dal nulla visto che in Italia c’è una sola esperienza già avviata simile a quella che vorrebbe realizzare. Ha letto e cercato in rete e fatto visite sul campo, optando per la varietà di bambù gigante. «In realtà sarei già pronto per partire – annuncia Malanchini -, ma sto avendo difficoltà nel trovare un terreno in affitto. Ho cominciato a cercarlo da circa sei mesi, servirebbero tre ettari o poco meno perché l’attività sia sostenibile, ma pare che i proprietari siano più interessati a vendere che ad affittare ed io non mi potrei permettere un investimento iniziale così impegnativo».
Malanchini ha anche ragionato su come togliere lo zero dalla casella del fatturato nei tre anni che servono perché la pianta di bambù completi l’accrescimento diametrale. «Come business “spalla” – evidenzia – ho pensato alla possibilità di creare nel bambuseto un’area relax e per svolgere attività fisiche come lo yoga. Ma può anche ospitare visite di studenti, dalle università in giù, e diventare un punto di riferimento per l’informazione e la promozione del bambù, magari anche con la collaborazione di designer e architetti».
«Rispetto ad altre iscritte alla Start Cup, la mia non è probabilmente l’idea più innovativa, in fondo ho preso spunto da esperienze già avviate nel mondo – dice con sincerità -. Ci tenevo però a realizzare qualcosa di mio e a mostrare che ci sono ragazzi che hanno voglia di fare e di mettersi in gioco. Comunque andranno le cose, il percorso mi è servito moltissimo. Non avevo idea di cosa significasse scrivere un business plan ed ho imparato anche a dimensionare il progetto nelle diverse fasi. In più mi sono potuto confrontare gli altri partecipanti ed è stato molto costruttivo».

EasyExtra
Lavoro occasionale, il portale
che fa incontrare domanda e offerta

Le idee di business spesso nascono per dare risposta ad una necessità sperimentata in prima persona. È quanto accaduto a Davide Indriolo, studente del corso di laurea magistrale in Ingegneria gestionale all’Università di Bergamo che da dieci anni si guadagna l’argent de poche facendo il cameriere con la formula dei voucher. «Mi è capitato di passare lunghi periodi senza ricevere richieste – racconta – e poi magari di essere contattato per due o tre servizi nello stesso giorno o in un periodo in cui ero impegnato con lo studio. Così ho cominciato a pensare che quelle opportunità potevano essere girate ad altri ragazzi». L’utilità di un sistema che facesse dialogare domanda e offerta di manodopera per lavori occasionali si è fatta ancora più marcata quando da Verbania si è trasferito a Milano ed ha dovuto ricostruire da zero i contatti con i potenziali datori di lavoro.
È da queste premesse che nasce EasyExtra, portale web e mobile messo a punto con i compagni Christian Paltenghi, laureando come lui, e Carlo Emanuele Leggio, già laureato e al lavoro all’Osservatorio sull’innovazione digitale del Politecnico di Milano. «Fa riferimento al lavoro occasionale retribuito con voucher – spiega Indriolo – che è la forma più snella e flessibile messa a disposizione dalle norme e la più tipica per gli studenti». La piattaforma raccoglie le richieste dei datori di lavoro ed i profili dei candidati e li fa incontrare. I ragazzi che si iscrivono scelgono il settore (si è deciso di partire con tutto il mondo dell’ospitalità, dall’alberghiero al bar, alla ristorazione, che registra la più alta percentuale di voucher venduti, e con l’area dei promoter, in espansione), indicano le proprie competenze e l’area entro la quale sono disposti a muoversi e ricevono una notifica nel caso si presenti un’occasione per loro. «A questo punto possono inoltrare la propria proposta – prosegue –. La particolarità che è si chiede indicare anche il compenso richiesto, così che l’esercente possa anche risparmiare scegliendo il profilo adatto per ogni tipo di evento». «Non si tratta di un gioco al ribasso – precisa Indriolo -, ma del tentativo di dare una scala di valori alle diverse esperienze. In questo, il sistema aiuta anche prevedendo un doppio feedback, da parte del committente e del prestatore d’opera, che crea una classifica delle performance di entrambi, dalla quale risulta perciò ancor più facile scegliere». Insomma, un progetto che consente agli imprenditori alle prese con picchi inaspettati di lavoro o sostituzioni dell’ultima ora di risparmiare tempo e magari anche denaro e ai ragazzi di ampliare il campo delle opportunità. Il tutto in una forma che è anche social, empatica ed in continuo aggiornamento. «Il programmatore per lo sviluppo del sito lo abbiamo trovato – dice Indriolo -, ora servono i finanziamenti che non sono poca cosa. Noi però ci crediamo molto, anche perché oggi non c’è in pratica nulla di paragonabile a questa proposta».




“Obiettivo Balcani”, Industriali a confronto

"Obiettivo Balcani: l’Italia al centro della Nuova Europa": è questo il tema dell'incontro in programma il 15 ottobre nella sede di Confindustria Monza e Brianza, in viale Francesco Petrarca, 10, a Monza. Il via ai lavori è previsto alle 16 con i saluti istituzionali dei vertici confindustriali, mentre un quarto d'ora più tardi Luigi Salvadori, presidente Confindustria Balcani, parlerà di "Balcani: numeri, opportunità e criticità dell’area".
Seguirà l' intervento di Matteo Ferrazzi, direttore Strategy and Business Communication UniCredit Bank Austria, in particolare sullo "Scenario macroeconomico e finanziario dell’area". Al termine, la tavola rotonda con le esperienze degli imprenditori. Parleranno Maria Luisa Meroni di MBM Metalwork (Bulgaria); Marco Marchetti di Zucchetti (Romania) e Paolo Bazzoli di Velocar (Serbia). Moderatore sarà Salvatore D’Erasmo, presidente di Confindustria Bosnia Erzegovina.




La recensione / “Confini e Conflitti”, il riscatto identitario degli italiani che non si arresero

Confini e conflitti. Uomini, imperi e sovranità nazionale, di Marco Valle, edito da Eclettica è un libro che merita di essere letto. Questo, innanzitutto, perché l’autore, giornalista e saggista di valore, ha una storia che viene da lontano, da Trieste, figlio di un esule istriano di professione armatore e di una signora di Anversa, e approda a Milano, sua città d’adozione. Valle è, quindi, un uomo dell’alto Adriatico che ha ben presente l’idea del mare e del viaggio ad esso connesso. Ed egli proprio un viaggio offre al lettore per identificare, in primis, alcuni passaggi centrali del nostro passato prossimo. Non a caso, sono analizzate le ragioni della fragilità strutturale della Nazione italiana caratterizzata da un’identità debole e da un continuo oscillare fra velleità generose e subalternità imbarazzanti, fra spinte modernizzatrici e resistenze al cambiamento ancorate al passato. Rispetto a situazioni che evocano una tendenza italiana alla sovranità limitata, Marco Valle propone alcuni esempi di italiani di minoranza, in grado di esprimere forme di riscatto identitario, spesso, in assoluta controtendenza se rapportate ai comportamenti della maggior parte dei connazionali. Fra questi meritano di essere identificati il Verdi politico, del quale pochi sono informati, e gli esploratori italiani dell’Ottocento, considerati oltre la vulgata anticolonialista, fra i quali spicca il nobile friulano Pietro Brazzà, il conquistatore gentile che entrò nel cuore degli indigeni congolesi e dà il nome alla capitale Brazzaville. “Fra gli italiani che non si arresero, quei prigionieri nei campi di concentramento inglese che riuscirono a fuggire”, l’autore presenta Felice Benuzzi, l’alpinista che riuscì a sottrarsi alla prigionia inglese e conquistò la vetta più alta del Kenya dove issò il tricolore ricevendo l’onore delle armi. Marco Valle si dedica, quindi, alla valutazione, senza alcuna retorica, della memoria della Cortina di ferro, passando in analisi gli errori del comunismo reale, quello vero, quello che l’autore ha avuto occasione di conoscere, fin da bambino, nella sua Trieste a cinque chilometri dal confine con la Jugoslavia. Altro importante tema trattato da Valle è quello della decolonizzazione, ritenuta una fase fondamentale che l’Occidente non ha saputo governare e che, a suo parere, è all’origine dell’attuale disastro umanitario nel Mediterraneo. Il volume, a conferma di questo, propone l’analisi di tre casi che hanno un notevole valore paradigmatico: quello dell’Inghilterra con l’India e della Francia con l’Indocina e l’Algeria. La parte conclusiva di questo libro consiste in una bellissima galleria di ritratti fra i quali a chi scrive piace ricordare quello di Ottavio Missoni, lo stilista dalmata morto a 92 anni, nella sua casa di Sumirago, con negli occhi azzurri l’immagine del figlio disperso in mare. Torna, sempre, il mare nella narrazione del nostro autore: forse, perché anche Marco Valle guarda il mondo attraverso i suoi occhi azzurri. 




Attirare il cliente. In otto ore l’Ascom insegna come

Il segreto del successo di un negozio non è solo nel proporre prodotti di qualità, ma anche nel farli conoscere e nel presentarli bene. Le stime dicono che il 52% dei clienti acquista di più se i prodotti sono ben presentati. La vetrina racconta il negozio, le sue scelte, la sua mission, i suoi obiettivi; è il biglietto da visita per eccellenza della propria realtà commerciale.
Lunedì 27 ottobre, a Osio Sotto, Ascom Formazione propone una giornata dedicata al Visual Merchandising, una tecnica di successo che insegna a ottimizzare gli spazi espositivi e a disporre i prodotti nel posto giusto, nella giusta quantità, con messaggi rilevanti e suggestivi in modo da creare un’immagine di identità forte e impattante per il consumatore.
In 8 ore (dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18), con l'aiuto di un esperto, si impara come valorizzare al meglio i propri prodotti e allestire una vetrina che induca il potenziale cliente a fermarsi e ad entrare in negozio. Durante la giornata si parlerà delle regole base e degli errori da evitare, di aggregazioni merceologiche, dell’uso strategico della luce e dei colori  e delle attrezzature più adatte. Il corso è rivolto alle attività no food.
Per maggiori informazioni e per iscriversi si può contattare Ascom Formazione ai numeri: 035/4185706 o 707 o 715 o scrivere a info@ascomformazione.it.



Ambulanti, le procedure per il rilascio della Carta d’esercizio

Scade il prossimo 31 dicembre il rinnovo dell’attestazione per il commercio su aree pubbliche. L’attestazione dovrà essere compilata ed inviata esclusivamente per via telematica.  La Federazione Italiana Venditori su Aree Pubbliche – Fiva aderente all'Ascom presta il servizio di assistenza per il rinnovo. Il mancato assolvimento degli adempimenti in merito al rinnovo e all’aggiornamento della Carta di esercizio ad ogni modifica della stessa comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie da 500 a 3000 euro e la revoca della licenza. Alle imprese associate il servizio (previo appuntamento, contattando la Segreteria provinciale allo 035-4120300) è gratuito, eccezion fatta per il costo della Visura Camerale (8 euro) necessaria per la pratica dell’Attestazione per chi ne fosse sprovvisto. Le imprese che non usufruiscono dei servizi di contabilità Ascom devono presentarsi con la documentazione necessaria. Per l’aggiornamento della carta di esercizio è altresì necessario presentarsi con tutta la documentazione inerente alla variazione intervenuta. Per i non associati il costo del servizio è di 60 euro, Iva inclusa, cui va aggiunto l’eventuale costo della visura.
La documentazione per l'Attestazione – Per provvedere al rinnovo annuale dell’Attestazione si può rivolgere alla Fiva-Ascom, muniti della ricevuta dell’invio telematico dell’ultimo modello Unico, dell’iscrizione all’ Inps (oppure un versamento effettuato nel 2014), del modello di iscrizione  Inail per i collaboratori familiari e per i dipendenti, nonché per i soci in caso di necessità. Per altre forme di collaborazione – prestatori occasionali, associazione in partecipazione ed altre tipologie – sono necessari i documenti comprovanti la regolarità contributiva Inps e Inail. E’ necessaria la fototessera e il documento di identità dei nuovi collaboratori che operano nell’attività. Per attestare l’iscrizione alla Camera di Commercio è necessario presentare visura camerale, che potrà essere effettuata a richiesta direttamente dall’associazione.
Carta d’esercizio – Per l’operatore che inizia l’attività, il rilascio della Carta di esercizio va richiesto entro novanta giorni. Nel documento, oltre ai dati dell’impresa, devono essere indicate le titolarità delle autorizzazioni di tipo A (con concessioni di posteggio nei mercati) e di tipo B (itinerante) e le concessioni nelle Fiere a carattere decennale.
Vanno inoltre indicate le generalità dei soggetti che operano nell’impresa a vario titolo (titolare, soci, coadiuvanti, dipendenti) per i quali è necessario apporre sul documento la/le foto tessera. Per la carta d’esercizio già in possesso all’impresa si procede con l’aggiornamento solo ogni qual volta interviene una variazione nella situazione in essa descritta. La modifica dei luoghi di lavoro (posteggi di mercato e/o fiere-variazione nei titoli autorizzatori) e dei soggetti che vi operano (soci, coadiuvanti, dipendenti) comporta l’obbligo di un suo aggiornamento entro novanta giorni da quando la variazione si è verificata.
I documenti possono essere inviati via mail (fiva@ascombg.it). Per il pagamento del servizio è possibile procedere con il bonifico bancario intestato a Bergamo Terziaria Srl. IBAN: IT 35 C 05428 11111 000000002778 Banca Popolare di Bergamo Filiale della Clementina. 




La Fimaa: «Il governo tagli le tasse sul mattone o si chiude»

“Il mondo cambia a ritmi frenetici: per stare al passo il comparto immobiliare necessita meno tasse sul mattone, maggiori agevolazioni sull’acquisto delle prime case e un fisco equo che non disorienti i cittadini invogliandoli ad evadere. Il Governo deve ascoltare il nostro grido, che è il grido di migliaia di operatori del settore o la stagnazione continuerà a far chiudere centinaia di agenzie immobiliari in tutto il Paese”: è l’allarme lanciato da Valerio Angeletti, presidente nazionale Fimaa-Confcommercio. “Negli ultimi 18 anni – continua Angeletti – il Pil mondiale è sempre cresciuto e il Wto, l’organizzazione mondiale del commercio, anche se ha tagliato le stime di crescita del commercio globale 2014 dal +4,6% al +3,1%, conferma segnali positivi anche per il 2015. Mentre in Italia, in quasi vent’anni, il Pil è diminuito del 25% circa, con la conseguenza che il mercato immobiliare e la concessione del credito sono ormai al palo. Le motivazioni di tale disastro le conosciamo tutti: politiche economiche sbagliate, credit crunch, burocrazia, giustizia incerta e pressione fiscale alle stelle. Il risultato sono paura nell’investimento, fuga di capitali all’estero, delocalizzazione, fallimento delle imprese con centinaia di agenzie immobiliari che chiudono e la stagnazione che impera”. “Ma il mondo, a partire proprio da questi dati – continua Angeletti nella sua riflessione – non sembra essere in crisi, bensì appare ricolmo di energie e possibilità che altri Paesi usano. Pertanto occorre attrarre in Italia tali energie positive, dando senso al presente attraverso la costruzione del futuro. Il mondo è cambiato e anche noi dobbiamo adeguarci al cambiamento. Esso è il nostro futuro, è la parte che genera profitto. Cambiare significa anche comprendere che oggi vendere un immobile vuol dire vendere l’idea stessa di abitare. Un’idea dell’abitare che va oltre il vecchio modo di fare mediazione e che va nella direzione di offrire al potenziale acquirente una proposta che punta sulle sue necessità, una proposta che offra servizi e soluzioni sempre più a sua misura. E per far ciò è di sicuro necessario fare rete in modo da diffondere tra gli operatori conoscenza, esigenze del cliente e know how, ma soprattutto occorrono politiche di diminuzione della pressione fiscale che diano ossigeno alle imprese. Servono tasse eque e certe per dar slancio al settore immobiliare o qui si chiude”.




Optika, dopo lo sbarco in Cina mette radici anche negli USA

nella foto: Pietro Oliveri

Optika è un'azienda leader nel mondo nella produzione e distribuzione di microscopi ottici e strumentazione scientifica per laboratori di chimica, fisica e biologia nelle scuole, oltre che nell'industria, nell'ambito della ricerca e negli ospedali. La società, fondata da Gregorio Oliveri nel 1971, è oggi amministrata dal figlio Pietro insieme alla moglie Simona Grossi. Il boom è avvenuto nei primi Anni Novanta con lo sviluppo della miscroscopica. La produzione e distribuzione avviene a Ponteranica, dove sono impiegati un centinaio di dipendenti.
Sue succursali europee per distribuzione e assistenza tecnica si trovano a Mataro, in Spagna, e a Budapest, in Ungheria, ciascuna con 10 dipendenti. A Long Island, negli Stati Uniti, ha appena aperto una sede commerciale con una dozzina di addetti, centro che si aggiunge a quello già attivo a Shanghai, in Cina. Il fatturato si aggira sui 15 milioni di euro (solo la centrale italiana), a cui si aggiungono i 5 prodotti dalle quattro succursali.
Oliveri, la sua impresa è l'ennesima conferma dell'importanza dei mercati esteri…
“La globalizzazione è una grande opportunità per tutti. Permette di sopravvivere e crescere, espandendo i propri mercati. Oggi ce la fa chi si dà da fare nell'export. Il lato negativo è la conseguente invasione dei prodotti cinesi che hanno stracciato i prezzi”.
Nel caso di Optika, che peso hanno le esportazioni?
“Coprono il 90 per cento del fatturato attuale. All'inizio ci rivolgevamo al solo mercato italiano. Il microscopio allora era un prodotto di nicchia, oggi è un oggetto di consumo dal prezzo molto più basso rispetto al passato. Fino agli Anni Novanta il mercato interno era buono, c'erano ingenti investimenti del governo nei settori della ricerca, della scienza e negli ospedali. Poi, dopo l'inchiesta Mani pulite, c'è stato il blocco dei finanziamenti. Si salvano alcune regioni del Sud, come Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, che hanno ricevuto ingenti fondi comunitari. Il premier Matteo Renzi ha promesso che entro dicembre destinerà 900 milioni di euro per modernizzare le scuole in tutta Italia. Vedremo”.
Dunque, si intravede uno spiraglio.
“Me lo auguro. Da quarant'anni abbiamo a che fare con il mondo scolastico. In Germania, Francia, Svezia e Inghilterra, per citare alcuni esempi, si punta molto sulla formazione che permette di far progredire un Paese. Da noi, al contrario, c'è troppo immobilismo. A mio parere, nella scuola andrebbe limitata l'influenza dei sindacati e dei genitori, eliminati i concorsi e introdotte sponsorizzazioni private. I presidi devono avere libertà di assumere e licenziare e il loro operato deve essere valutato da commissioni ministeriali. Mia cognata, 40 anni, biologa, è precaria al Gaslini di Genova. Il suo stipendio è pagato da Telethon. Un'elemosina raccolta in tv. Questo dimostra quanto poco conti la salute dei nostri figli”.   
Qual è la situazione dei pagamenti?
“Gli enti pubblici, come gli ospedali, faticano a pagare. Altro che  60 giorni, la norma è un anno e mezzo ed è capitato anche quasi il doppio”.
Anche se la crisi economica non ha toccato il suo comparto, come vede il mercato in generale?
“Il settore scientifico e della microscopica è in crescita. Un dato positivo per le pochissime aziende produttrici in Europa. I Paesi con maggiori disponibilità e che richiedono nuove tecnologie? Sono quelli mediorientali.
E l'Italia?
"Anche se l'Istat segnala un miglioramento nel nostro Paese, per me non va bene e peggiorerà perché non esistono risorse, manca il mercato”.
E come lo si può sviluppare?
“I consumi ripartono solo se la gente ha soldi da spendere, dunque se ha un lavoro e magari ben retribuito. Il lavoro, ciò che porta benessere, lo creano le aziende che devono essere considerate un bene da preservare, come accade in Germania, Giappone e Stati Uniti. Non come un limone da spremere, come in Italia, per mantenere le forme parassitarie dello Stato e del parastato”.
Come si possono evitare gli sprechi?
“Nel modo più semplice: evitandoli come fa una normale famiglia.
Eppoi, sprechi è una parola troppo buona. Io dico evitare di rubare, è più chiaro. Nell'apparato statale quando c'è una spesa superflua, è sempre per il tornaconto di qualcuno. Non è uno spreco, è furto di denaro pubblico”.
Un buon manager, quale dote deve possedere?
“La capacità di scegliere validi collaboratori. Se non si delega non si cresce”.
L'imprenditoria resta un mestiere prettamente maschile. Come può far carriera una donna?
“Il nostro caso è in controtendenza. Io e mia moglie, Simona Grossi, siamo soci, con pari poteri e obblighi. O meglio, a me tocca la parte commerciale, a lei la gestione finanziaria. Un po' come succede nelle case”.
Imprenditore di successo si nasce o si diventa?
“Non si impara a scuola a gestire un'azienda, anche se alcune lauree possono affinare le capacità. E' indispensabile avere lungimiranza e capacità di valutare i rischi. E poi tanto buon senso".




Allattare al seno, anche l’Ascom promuove i Baby Pit Stop

nella foto: Claudia Marrone, prima a sinistra, alla presentazione del progetto 

La sala per l’allattamento pronta a fare da modello cittadino è stata inaugurata dall’Asl nella sede di via Galliccioli, arredata grazie al contributo dell’azienda bergamasca Foppapedretti e resa più accogliente e rilassante da colori pastello alle pareti, una comoda poltrona e un morbido cuscino a ciambella per l’allattamento.
Bastano piccoli accorgimenti per accogliere mamme e bambini ed entrare a far parte del circuito Baby Pit Stop. Piccole aree ed ambienti a misura di bimbo possono essere creati oltre che all’interno di strutture materno infantili (ospedali, consultori, nidi) anche in spazi pubblici commerciali e non (bar, ristoranti, negozi, farmacie, supermercati e via dicendo), che per la loro distribuzione territoriale possono costituire un’importante rete di sostegno alla donna che allatta e che si trova fuori casa col proprio figlio. «L’allattamento al seno richiede una “catena calda” di sostegno, entrando a far parte, oltre che nella nostra cultura e società, nelle nostre attività – spiega Claudia Marrone, presidente del Gruppo Terziario Donna dell’Ascom -. Per creare un Baby Pit Stop basta poco: una comoda sedia o poltroncina e un fasciatoio o un tavolo o altra superficie per il cambio del bambino, che non richiedono grandi spazi o investimenti. Chi può contare su ambienti più grandi può dedicare anche un’area al gioco dei più piccoli, andando a caratterizzare ulteriormente la propria attività rendendola davvero a prova di bambino. In ogni Baby Pit Stop saranno presenti anche opuscoli informativi dell’Unicef e materiale utile ad ogni mamma. Ci aspettiamo un buon numero di adesioni ed un’attenzione particolare da parte delle mamme imprenditrici».
Per entrare a far parte del circuito Baby Pit Stop le imprese associate all’Ascom devono fare pervenire la loro adesione compilando l’apposita scheda di iscrizione (scaricabile anche dal sito associativo www.ascombg.it) ed inviandola entro il 31 ottobre via mail o fax (soci@ascombg.it; fax 035 249848). Per maggiori informazioni, tel. 035 4120304.

Allattare un bambino è un gesto semplice e naturale che le mamme dovrebbero poter fare ovunque, anche se a volte in città risulta difficile. Non esistono orari, né un numero definito di poppate nell’arco della giornata ed è impossibile per ogni donna prevedere dove e quando il bambino chiederà di nutrirsi. Il progetto Baby Pit Stop (BPS), che prende il nome dal cambio gomme e pieno di benzina che viene effettuato in tempi rapidissimi durante le gare automobilistiche di Formula Uno, consente alle mamme sempre di corsa di contare su punti di appoggio e luoghi pensati per “fare il pieno di latte e il cambio di pannolino”.
Il progetto vede impegnata in prima fila l’Asl di Bergamo con l’inaugurazione nella sua sede di via Galliccioli di una sala “a prova di neonato” in occasione della settimana mondiale dell’allattamento materno, evento celebrato con la mostra fotografica ospitata nell’atrio “Noi allattiamo!”, che immortala in scatti commoventi un fondamentale momento di contatto tra madre e figlio. Tutte le mamme di Bergamo o di passaggio, oltre ovviamente alle dipendenti dell’azienda sanitaria, possono perciò da oggi contare su uno spazio attrezzato con sedia, fascia allattamento, fasciatoio, mastosuttore e frigorifero per garantire l’estrazione del latte con il massimo comfort a chi deve conciliare poppate e orari di ufficio. La sala è l’archetipo degli altri spazi che nasceranno in città, che vede Bergamo aderire al progetto Unicef “Comunità amica dei bambini” e al Workplace Health Promotion – Whp, promosso dalla Regione. Grazie all’impegno del Gruppo Terziario Donna dell’Ascom saranno messi a disposizione nuovi angoli e ambienti accoglienti – oltre che riservati – con cui negozi e imprese daranno il benvenuto ad ogni madre che allatta il suo bambino.
«Non potevamo non fare noi come Asl un primo passo concreto per incentivare un fondamentale gesto di salute in una provincia che ha particolare bisogno di essere sensibilizzata su questo tema, dato che Bergamo è il territorio in cui si allatta meno in Lombardia – ha spiegato Mara Azzi, direttrice dell’Asl di Bergamo -. L’allattamento è una forma di prevenzione fondamentale per la salute fisica e psichica e non può essere interrotta dal ritorno al lavoro, tra i principali motivi che portano ad abbandonare un gesto che, come raccomandano Unicef e Organizzazione Mondiale della Sanità, andrebbe prolungato ben oltre i primi mesi di vita dei bambini».
L’assessore ai Servizi Sociali del Comune di Bergamo Maria Carolina Marchesi ha sottolineato l’importanza del progetto: «Le immagini della mostra celebrano la gioia dell’allattamento, regalando attraverso immagini scattate nei consultori presenti nel territorio la grande emozione e serenità di questo insostituibile momento che lega madre e figlio – ha affermato -. L’obiettivo ambizioso è quello di dare vita ad una Comunità Amica dei bambini, come dal progetto Unicef, mostrando una particolare attenzione e cura al rapporto madre e figlio e ad uno dei momenti più particolari che ogni donna vive». Per creare ambienti adatti non servono grandi spazi né investimenti: «Bastano una sedia, un tavolo o un fasciatoio – ha ribadito Anna Pagnini, presidente del Comitato provinciale Bergamo dell’Unicef – per concedere alle mamme il comfort e la privacy necessari per nutrire i loro figli. Ci impegneremo personalmente a visitare i Baby Pit Stop, oltre che a continuare a incentivare l’allattamento. Se esistesse un farmaco facilmente trasportabile e sempre disponibile faremmo tutti la coda in farmacia: il latte materno è questo e molto di più e va promosso».
Vedere una donna allattare in pubblico è ancora un tabù, come del resto riportano spesso i media, con casi in cui le madri vengono allontanate dai luoghi in cui stavano allattando i propri bambini. «L’allattamento deve essere accolto nella comunità come pratica naturale oltre che salutare – ha evidenziato Maria Enrica Bettinelli, responsabile Pediatri di famiglia e progetti per la salute materno infantile dell’Asl di Milano, oltre che responsabile dell’iniziativa Comunità Amica dei Bambini per l’allattamento materno di Unicef Italia -. Purtroppo nella nostra società il seno viene rappresentato dalla pubblicità per il suo richiamo erotico e non come prima risorsa di salute per le sue generazioni. Il percorso che porta a diventare Comunità amica dei bambini ci avvicina alle realtà più evolute del Nord Europa e contribuisce ad accogliere nella quotidianità il gesto più naturale del mondo». L’assessore regionale all’Ambiente Claudia Maria Terzi, portando i saluti dell’assessore alla Salute Mario Mantovani, ha invocato una moltiplicazione dei Baby Pit Stop in Bergamasca: «La scelta di allattare o meno è per molti versi obbligata dalla difficoltà di conciliare i tempi di lavoro, oltre che dall’assenza di spazi idonei. I Baby Pit Stop sono fondamentali luoghi di supporto alle mamme e, perché no, anche per i papà, oltre che un ulteriore sostegno che si affianca a quello portato avanti dai consultori nel territorio». Allattare è una pratica sostenibile e che tutela l’ambiente, come ha ricordato il coordinatore ostetrico ginecologico dei consultori Asl Fiorenza Cartellà: «Oltre che dare ai neonati più garanzie di salute e benessere, allattare al seno fa risparmiare carta, vetro ed energia. Bisogna creare e diffondere una maggiore cultura dell’allattamento a partire dagli ospedali, dalla prima poppata che accompagna i primi momenti di vita di ogni neonato».




Negozi e Internet, «rivoluzione inarrestabile»

Un’ampia maggioranza di consumatori (76%) e di imprenditori (66%) ritiene che i negozi tradizionali tra dieci anni avranno ancora un ruolo importante, ma solo se capaci di emozionare e di coinvolgere il cliente, trasformando, a differenza dell’online, in un’esperienza di acquisto quel comportamento che fino a ieri era considerato soltanto un semplice gesto. È il dato che emerge dall’indagine realizzata dalla Confcommercio in collaborazione con Format Ricerche per presentare la nuova guida della collana Le Bussole dedicata a “I negozi nell’era di Internet”. Un tema cruciale secondo la federazione per orientare «i tanti commercianti che ogni giorno alzano la saracinesca in un contesto sempre più competitivo e i giovani che vogliono cimentarsi in questa professione». La strada è tracciata. «Si andrà più verso Internet, e-commerce, mobile, social, e non meno, anche in Italia – afferma la guida -. Internet è una rivoluzione inarrestabile. Restare fuori non è più un’opzione possibile per nessun tipo di attività commerciale, men che meno per un piccolo negozio. Questo non significa necessariamente vendere online, almeno non subito, ma significa essere presenti e giocare la propria partita anche sul web, seguendo regole e consuetudini proprie del nuovo mezzo». Internet e il digitale – se correttamente utilizzati – rappresentano, dunque, strumenti di vantaggio competitivo (e anche di riduzione dei costi) in grado di “arricchire” il negozio fisico, rafforzandone gli elementi chiave e rendendolo più visibile, efficiente, competitivo. I negozi fisici, del resto, hanno alcune caratteristiche distintive che nessun player online potrà mai copiare: il fatto di essere lì, sulla strada, gestiti da persone in carne ed ossa che vivono nella stessa comunità, sullo stesso territorio del cliente. Ecco intanto la fotografia scattata dalla ricerca.

Prezzi e possibilità
di confronto premiano l’on line

Il 55,6% dei consumatori dichiara di aver fatto almeno una volta un’esperienza di acquisto on line. Di questi, oltre la metà (il 51,2%) ha acquistato su siti di e-commerce specializzati, il 21,4% su siti dove si possono comprare o vendere un bene/servizio sia nuovo che usato, il 18,3% su siti di grandi catene commerciali che hanno anche negozi fisici tradizionali, il 9,1% su siti dedicati ai gruppi d’acquisto che consentono, tramite i coupon, di acquistare beni e servizi a prezzi scontati.
Le ragioni dell’acquisto on line sono legate soprattutto ai prezzi inferiori praticati in rete (65,8%), alla possibilità di confrontare i prezzi (50,5%), all’ampia scelta dei prodotti (47,8%). Altri fattori importanti, ma considerati secondari rispetto ai primi, sono la possibilità di acquistare quando e da dove si vuole. Prima di acquistare on line ci si informa soprattutto visitando il sito ufficiale del produttore o leggendo recensioni sui siti specializzati.

I “contro”? Non poter provare il prodotto
né interagire con il venditore

Tra i consumatori che non hanno mai acquistato on line (44,4%), tre su cinque motivano questa scelta in prevalenza con l’impossibilità di provare il prodotto desiderato o la scarsa fiducia nei siti on line. Altre ragioni importanti riguardano l’impossibilità di interagire con una persona fisica (venditore, commesso); l’assenza di una connessione ad Internet; l’impossibilità, una volta effettuato l’acquisto, di portare subito via il prodotto; il timore di lasciare i dati della propria carta di credito; il timore che il prodotto arrivi danneggiato o comunque non conforme alla descrizione presente sul sito, l’idea che possa risultare complicato restituire il prodotto in caso di insoddisfazione.

Forte il ruolo della rete come
guida agli acquisti

In ogni caso il web ha oggi un impatto largo, profondo ed esteso sui comportamenti dei consumatori. Infatti, anche per chi non acquista su Internet, la rete ha assunto un fondamentale ruolo di “guida degli acquisti” che si intendono compiere. Il 54,9% dei consumatori dichiara di aver cercato un prodotto su internet prima dell’acquisto in un negozio tradizionale.
Per quanto riguarda le tipologie di consumatori, l’acquirente tradizionale è soprattutto donna, di età superiore ai 45 anni, coniugata o convivente, residente in comuni superiori ai 40mila abitanti; l’heavy e-shopper è principalmente uomo, sotto i 45 anni, non coniugato e residente in famiglia, residente in comuni con meno di 40mila abitanti.
Le motivazioni per comprare in un negozio fisico cambiano molto tra acquirenti tradizionali (che non hanno mai comprato online, per i quali la fiducia nel venditore e la fedeltà nei confronti di un negozio sono ancora valori importanti, insieme alla verifica dell’oggetto da acquistare e alla relazione con una persona fisica) e gli heavy e-shoppers (coloro che hanno comprato 5 o più beni online negli ultimi 12 mesi, che danno molto valore alla verifica dell’oggetto da acquistare e alla possibilità di averlo subito).

Imprese commerciali,
ancora scarso l’uso dei social network

Passando ad analizzare il rapporto tra commercianti e Internet, il 40,6% delle imprese dichiara di avere un sito web, percentuale che è molto più elevata per le imprese con oltre i cinque addetti (75%). Il 73,7% delle imprese che hanno un sito web dichiara di utilizzarlo esclusivamente come vetrina, mentre il 26,3% lo usa anche per il commercio elettronico, collegato per altro all’attività di vendita del negozio fisico.
Soltanto il 19,3% delle imprese utilizzano i social network per la propria attività aziendale. Tale percentuale sale al 33,3% per le imprese con oltre cinque addetti.
Bassa anche la percentuale delle imprese che partecipano ad iniziative di vendita tramite siti di e-commerce specializzati (15,6%), aggregatori (13%), couponing (5,5%). 




Sci, la rivincita delle piccole stazioni

In un mercato sciistico saturo come quello alpino la concorrenza aumenta e le piccole stazioni si trovano a competere con i grandi comprensori che moltiplicano i servizi per attrarre nuovi clienti. Le piccole località, grazie al web e alla comunicazione, possono però inventarsi nuove stagioni e valorizzare la loro dimensione più autentica. Sulle Alpi, dalla Francia a Livigno fino ai nostri Piani di Bobbio-Valtorta (che molti davano per morti dieci anni fa), non mancano esempi virtuosi. E, per una volta, Svizzera e Trentino non sono da prendere a modello, come mostrano alcuni casi presentati in occasione del Forum Alpinum di Darfo Boario Terme, in occasione del workshop “Piccoli comprensori sciistici: come essere competitivi in un mercato maturo”, moderato dal professore Andrea Macchiavelli, direttore del CeSTIT (Centro Studi per il Turismo e l’Interpretazione del Territorio) dell’Università di Bergamo.

Valtorta – Piani di Bobbio
Bus dal centro di Milano e ski-pass on line, così si conquistano i turisti di giornata
Il comprensorio diffuso dei Piani di Bobbio-Valtorta è la terza stazione sciistica lombarda nonostante la sua capacità ricettiva rasenti lo zero. «Non abbiamo neanche un posto letto, non raggiungiamo alte quote eppure grazie al turismo di giornata e di prossimità registriamo record di presenze, soprattutto nel fine settimana – spiega Massimo Fossati, ad di Itb (Imprese Turistiche Barzesi) Valsassina e presidente Anef Lombardia -. La nostra posizione ci consente di rivolgerci ad un bacino enorme di visitatori come quello lombardo: 10 milioni di persone che possono raggiungere le nostre montagne in poco tempo». In questi anni il comprensorio diffuso Piani di Bobbio- Valtorta ha lanciato un servizio navetta da Piazza Castello nei fine settimana con lo slogan “La neve più vicina a Milano siamo noi!”: «Abbiamo portato sulle nostre piste con pacchetti vantaggiosi e orari comodi, come il rientro a Milano alle 17, oltre 3mila persone lo scorso anno – continua Fossati -. Lavoriamo molto sulla comunicazione in tempo reale del meteo e delle condizioni delle piste, fattori fondamentali per il turista di passaggio. Nonostante le Prealpi siano sempre a rischio per lo stato della neve, in quattro giorni grazie all’investimento in impianti di innevamento siamo in grado di imbiancare la maggior parte del comprensorio. Grazie a Facebook e ai social network siamo in costante contatto con i nostri clienti». Oltre alle rassicurazioni su meteo e neve, il fattore tempo per chi si muove in giornata è fondamentale: «Diamo la possibilità di acquistare ski-pass on-line e di ricaricare le tessere già in possesso, così si evitano code in biglietteria».
Il comprensorio diffuso è a misura di famiglia, cliente-target dei Piani di Bobbio-Valtorta, le cui esigenze hanno ridisegnato impianti e piste: «Tutti si lamentano della scarsità di piste nere, ma in realtà la maggior parte opta per le rosse. Il nostro obiettivo è quello di fare sciare famiglie e bambini senza rischi. Ai Piani di Artavaggio abbiamo sostituito skilift con tappeti che garantiscono anche a chi non abbia mai preso gli impianti di raggiungere la quota. Grazie a questa scelta il sabato e la domenica contiamo su una media di 1.200 presenze. L’area dei Piani di Ernia, vicina al Lago di Lecco, è stata convertita per la sua posizione in un paradiso per gli amanti delle ciaspole. L’integrazione con il lago può rappresentare un atout vincente anche in futuro». Il record di presenze giornaliere rende il comprensorio particolarmente appetibile per le aziende che ruotano attorno allo sci, dall’abbigliamento alle attrezzature: «Realizziamo moltissimi eventi e iniziative promozionali con le più importanti aziende di sci attratte dal forte passaggio che registriamo ogni week-end». E con le loro piste adatte anche ai neofiti i Piani di Bobbio sono diventati il comprensorio di riferimento degli sciatori cinesi, provenienti in gran parte da Milano. «Le presenze a stagione si aggirano attorno alle 5mila unità, con punte di 400 sciatori cinesi a giornata. La nostra stazione ha conquistato anche questa particolare clientela poco avvezza alla neve e con scarsa dimestichezza con sci e scarponi, che si affida ad agenzie cinesi per l’organizzazione delle trasferte. Il cinese è un ottimo cliente: noleggia attrezzature da capo a piedi e non si fa mancare nulla, dal pranzo al ristorante all’assistenza del maestro di sci».

France Montagnes
Valorizzate autenticità e proposte di nicchia
Non esistono solo Chamonix e Courchevel: «Le piccole stazioni sciistiche hanno un ruolo fondamentale perché è proprio qui che si impara a sciare e ci si appassiona o si abbandona presto questo sport, che in Francia si pratica più che in tutto il resto d’Europa, con 53,5 milioni di sciatori siamo secondi solo agli Stati Uniti. La montagna crea economia: 150mila posti di lavoro non delocalizzabili», spiega Jean Marc Silva, direttore di France Montagnes, associazione nata quattro anni fa che raccoglie 350 stazioni sciistiche francesi dall’arco alpino alla Corsica. Fare sistema crea vantaggi per tutti: «La necessità di una promozione turistica forte si fece sentire alla fine del 1989: quell’anno non c’era neve e i comprensori decisero di creare l’agenzia di promozione Pam. Nel 2001 i comprensori fecero un ulteriore passo avanti, siglando un “patto assicurativo”: le stazioni sciistiche che avevano neve in abbondanza aiutano quelle alle prese con cattive condizioni metereologiche». Le piccole località francesi mostrano grandi strategie di marketing, grazie soprattutto al web: «Internet consente a tutti, anche alle località piccole, di esistere e di creare emozioni, eventi, specializzarsi in sport di nicchia, oltre che valorizzare le proprie bellezze paesaggistiche e la loro dimensione più autentica. Non bisogna più comunicare i chilometri di piste, ma la qualità della neve». Con lo slogan “Sainte Foy, J’y crois” e una forte campagna di promozione il piccolo comune della Savoia resiste alla concorrenza delle vicine e più famose Tignes e Val d’Isere: «Ha scelto di restare piccola e di innalzare la qualità del comprensorio sciistico, creando ad esempio molti fuori pista sicuri. Ha fatto della sua dimensione autentica e immersa nella natura una destinazione per una clientela d’alta gamma e prevalentemente straniera, con oltre il 60% di villeggianti dal Regno Unito». Autrans, tra le prime stazioni francesi per gli appassionati di sci di fondo è riuscita ad attrarre un maggior numero di visitatori grazie alla scelta del comprensorio diffuso, esteso all’Altopiano Vercors, alla creazione di eventi e a percorsi per altre attività nordiche. Sainte Pierre de Chartreuse ha invece puntato sulla corsa in montagna, tanto da diventare la prima in Europa per il trail e tra le prime 15 nel mondo.

Mottolino (Livigno)
Divertimento e adrenalina riportano i giovani in quota
Livigno, nel cuore delle Alpi, lontano da grandi centri e autostrade, resta una delle località più apprezzate, in grado di contare un milione di presenze in media ad ogni stagione invernale. In quest’area, dal versante opposto ai grandi alberghi e alle vetrine del centro, il comprensorio di Mottolino è riuscito a diventare, grazie ad un’abile operazione di marketing, una delle destinazioni irrinunciabili per i giovani e gli appassionati di free-style provenienti da ogni angolo del mondo. «Abbiamo creato uno dei principali snow park d’Europa che d’estate si trasforma in un’area per i biker più spericolati – spiega Marco Rocca, amministratore delegato di Mottolino Spa Livigno, mentre scorrono le immagini adrenaliniche del grande castello costruito per essere sfidato da free-styler con acrobazie ed evoluzioni in quota -. Dal 1999 ospitiamo eventi internazionali e non mancano manifestazioni culturali, come l’Ice Party con grandi concerti in quota. Ogni anno nel nostro comprensorio lo Sporting Spirit Ski Team promuove l’attività sciistica con attrezzature speciali per disabili e persone con problemi motori che possono conquistare la neve sugli sci». L’obiettivo di riportare i giovani in montagna con lo slogan Mottolino Fun Mountain si può dire più che mai riuscito: «Dal 1999 ad oggi abbiamo visto crescere le presenze del 20%, con un incremento del 75% degli stranieri, e, nonostante la crisi, negli ultimi quattro anni registriamo un + 10% sulle nostre piste. Il turismo estivo, specialmente legato alle mountain bike, ma anche alle famiglie con il Larix Park, un parco avventura in legno, inizia a farsi avanti. Le presenze fino agli anni scorsi erano davvero risibili, ma grazie alla comunicazione e al marketing siamo riusciti ad inventare una nuova estate per il Mottolino».

Svizzera non sempre felix
«In Ticino un futuro ancora tutto da scrivere»
La Svizzera – per quanto riguarda il cantone italiano del Ticino – non è per una volta da prendere ad esempio nella gestione delle micro-stazioni sciistiche. L’unico modello da seguire in quest’area è Monte Tamaro: «Ha smantellato gli impianti invernali ed è diventata una meta estiva in grado di intercettare molti turisti, attratti anche dalla Chiesa Santa Maria degli Angeli progettata da Mario Botta, oltre che da eventi, percorsi e parchi», spiega Charles Barras, vice direttore Ticino Turismo. Per le altre stazioni, in costante perdita, il futuro è invece tutto da scrivere: «È da diversi anni che si stanno facendo analisi e che Governo e Parlamento discutono progetti. Due studi economici sono giunti alla stessa conclusione: le stazioni lavorano in perdita e i “buchi” pesano sull’intera regione. È difficile pensare ad uno sviluppo delle stazioni: sono in concorrenza tra loro, fanno fatica data la bassa altitudine ad avere neve anche a Natale e hanno un’offerta per il turista davvero limitata». Risanare la situazione richiede un investimento di 56 milioni di franchi, smantellare gli impianti ne costa 11,5 milioni e concentrare gli interventi solo su una stazione 44,5 milioni. «Si è optato per salvare una stazione, ma in questi anni il Parlamento ha allargato ad altre località l’intervento, mentre il Governo invitava a concentrare risorse. In questo continuo braccio di ferro si è arrivati persino a pensare di obbligare le scuole a trascorrere le settimane bianche in Ticino… Il risultato è che non si è deciso nulla e le stazioni continuano a perdere denaro».