L’Università di Bergamo abbatte le tasse agli studenti migliori. “Premiati” in 66  

L’Ateneo di Bergamo azzera le tasse agli studenti migliori. In 66 hanno ricevuto l’attestato, nella sede di Confindustria Bergamo, relativamente all’anno accademico 2013-2014, per aver conseguito lo scorso anno una valutazione al diploma di maturità di almeno 95 su 100. Gli aventi diritto all’esenzione erano 133, ma sono stati esclusi quelli che, per motivi di reddito, già godono delle facilitazioni statali e regionali. Il programma per attrarre i migliori diplomati è stato lanciato nell’anno 2012/13, grazie al finanziamento della Pro Universitate Bergomensi, costituita dalle associazioni imprenditoriali bergamasche, dalla Camera di Commercio e da alcuni istituti di credito, ed  ha consentito di esentare dalle tasse e dai contributi universitari i migliori diplomati immatricolatisi all’Ateneo per gli anni accademici 2012/13 e 2013/14. Conclusa positivamente la fase sperimentale, è stato deciso di dare continuità all’iniziativa, attraverso la garanzia del finanziamento con un impegno diretto da parte dell’Università.
Dal prossimo ottobre il “Top Ten Student Program” a favore degli studenti meritevoli ogni anno premierà, abbattendo le tasse, il 10% degli studenti, selezionati in base al merito. Per i neo-diplomati sarà necessario aver conseguito almeno 96/100 alla maturità, con autocertificazione nella domanda di immatricolazione.
Chi si troverà in questa situazione pagherà solamente la tassa regionale per il diritto allo studio e la marca da bollo. Gli studenti che rinnoveranno l’iscrizione ad anni di corso successivi al 1° e gli iscritti al 1° anno di laurea magistrale pagheranno la prima rata e ci sarà poi l’eventuale rimborso. Per gli iscritti al primo anno di laurea magistrale servirà una votazione di laurea superiore a 105/110, avendo mantenuto il requisito della continuità didattica, per gli studenti che rinnovano l’iscrizione ad anni di corso successivi al 1° sarà indispensabile avere conseguito una media ponderata degli esami sostenuti non inferiore a 28/30. In generale non verranno considerati i beneficiari o idonei alla borsa di studio universitario per i quali è già prevista l’esenzione totale da tasse e contributi, i fruitori di esenzione dal pagamento delle tasse e dei contributi per altro titolo (per esempio studenti con disabilità), matricole con maturità non conseguita nell’anno scolastico immediatamente precedente, iscritti ai corsi di Scienze della sicurezza economico-finanziaria, fuori corso, part-time, iscritti con età superiore ai 30 anni. Le verifiche e l’individuazione dei beneficiari verranno fatte direttamente dagli uffici.
Fra le novità in dirittura d’arrivo anche l’abbattimento del prezzo dell’abbonamento all’ATB a 200 euro annuali uguale per tutti indipendentemente dalla sede che si intende raggiungere, Città Alta, città bassa e Dalmine, che potrebbe ulteriormente ridursi con il contributo comunale.
Rientra nel programma Top Ten anche il nuovo bando sul prestito d’onore, promosso dall’Associazione Pro Universitate Bergomensi in collaborazione con Ubi Banca Popolare di Bergamo, rivolto agli studenti iscritti alla laurea magistrale, inteso a favorire esperienze all’estero strettamente collegate al curriculum di studi. L’importo, fra i 10 mila e i 15 mila euro, viene concesso a tasso zero a studenti con elevato numero di esami sostenuti e votazione superiore a 26/30 e deve essere rimborsato entro 3-4 anni dal completamento degli studi.




Triz, una teoria per essere più competitivi 

Potenziare le competenze delle aziende locali in particolare nelle aree innovazione, internazionalizzazione e aggregazione: questo quanto si prefigge il progetto di Bergamo Sviluppo “Innovation: the profitable implementation of ideas”, iniziativa in fase di realizzazione che mette a disposizione delle imprese interessate attività formative, seminariali e consulenziali, precedute da attenti check-up, nelle 3 citate aree del progetto, con l’obiettivo di mettere a disposizione informazioni e strumenti che possano incidere sulla capacità competitiva aziendale. “Per  accrescere la preparazione delle nostre aziende, anche quelle più piccole, sul tema innovazione – spiega il Presidente di Bergamo Sviluppo, Angelo Carrara -si è svolto nel mese di maggio un corso, molto concentrato e impegnativo, sulla metodologia Triz, la cosiddetta “Teoria per la soluzione dei problemi inventivi”, metodologia che punta ad impostare una strategia di lungo periodo per aiutare le imprese a mantenere un costante vantaggio competitivo grazie a un’innovazione sistematica di prodotto e/o di processo”. Per il secondo anno di seguito l’iniziativa è stata proposta in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bergamo, con lo scopo di diffonderne  la conoscenza anche tra le piccole imprese, “infatti – continua Cristiano Arrigoni, Direttore dell’Azienda Speciale della Camera di Commercio -sono stati 11 i partecipanti all’edizione 2014 del corso, tra i quali, al termine delle 40 ore di svolgimento previste, abbiamo individuato 3 aziende che stanno usufruendo, direttamente nella propria sede aziendale, di ulteriori 16 ore di consulenza, in affiancamento a un esperto Triz dell’Università di Bergamo. Questo ci permette un intervento ancora più mirato e personalizzato che completa la fase di formazione avvenuta in aula, formazione che ha raccolto un’ampia soddisfazione da parte di tutti i partecipanti (93,78% il livello di soddisfazione riscontrato)”. “Iniziative come questa – conclude Gianluigi Viscardi, delegato all’innovazione di Bergamo Sviluppo – bene rappresentano l’idea che per affrontare il futuro bisogna “saper cavalcare e usare tutte le tecnologie e le conoscenze”; per questo stiamo lavorando per permettere, anche attraverso la formazione, che le competenze acquisite rimangano in azienda il più a lungo possibile”.

L’Università
Nella formazione l'Azienda Speciale
ha coinvolto anche il Dipartimento di Ingegneria

Il corso sul metodo Triz, svolto nel mese di maggio, ha avuto, come nel 2013, il supporto del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Bergamo. Un concentrato di lezioni di strategia operativa, tenute a 11 attori del mondo della piccola e media impresa locale. In veste di docente l’ingegnere Davide Russo, affiancato, nella fase di tutoraggio, dal collega Daniele Regazzoni, entrambi appartenenti al dipartimento diretto dalla prof.ssa Caterina Rizzi, docente di disegno e metodi di ingegneria industriale.
E’ lei la più convinta sostenitrice del promuovere una visione diversa dell’approccio al cambiamento, sia che riguardi un’attività produttiva sia la fornitura di servizi.
“Rispetto ai metodi tradizionali il Triz fornisce alle aziende strumenti efficaci per affrontare l’innovazione in modo sistematico – spiega Caterina Rizzi – Nel tempo abbiamo sviluppato, all’interno del Dipartimento di Ingegneria, una nostra metodologia che potesse essere illustrata e proposta ai possibili interessati. Si tratta di un’attività di ricerca ideata per supportare i processi di innovazione, sviluppare nuovi prodotti e migliorare quelli esistenti”.
Ma, come si dice, un conto è seguire un corso, ben altro è metterne in pratica gli insegnamenti. Per questo motivo Bergamo Sviluppo e il Dipartimento di Ingegneria hanno concepito un percorso formativo particolare, rivolto essenzialmente a responsabili tecnici, responsabili dell’area di ricerca e sviluppo, progettisti.
“Le competenze non mancano, ma è necessario adottare strumenti e metodologie che diventino di utilizzo giornaliero e non sporadico – sottolinea Rizzi – Si tratta di adottare una sorta di approccio sistematico all’innovazione. A ciò si aggiunge il discorso su come innovare il proprio prodotto, migliorarlo e svilupparne nuovi. Grazie alla collaborazione con Bergamo Sviluppo abbiniamo anche i metodi per proteggere la Proprietà Industriale e utilizzare i brevetti per recuperare le informazioni necessarie a migliorare il prodotto”.
Emerge che sono ancora poche le aziende che adottano una strategia sistematica per pianificare l’evoluzione di prodotti e processi. Triz permette di avere sotto controllo il livello di competitività del proprio prodotto e induce a ragionare in modo diverso, evitando di avviare la rincorsa allorquando ci si rende conto di essere indietro, ovvero di perdere terreno. E il tutoraggio fornito post corso permette di verificare l’utilizzo della metodologia su casi aziendali specifici. “Triz deve diventare un modo di pensare per approcciare i problemi nel modo più giusto e opportuno, non una semplice via d’uscita – chiosa Caterina Rizzi.

L’azienda / 1
Vin Service vuole spillare idee e innovazione

La spillatura delle bevande è un’arte. E Vin Service ne è un interprete magistrale da un trentennio. L’azienda di Zanica, capace negli ultimi dieci anni di raddoppiare il fatturato con un mercato rivolto per il 95% all’esterno, produce impianti per spillare birra, vino e bevande. Ma il successo conclamato non esime dall’impegno nell’innovazione. Luca Zanga, dopo sei anni nell’ufficio acquisti, nel gennaio scorso è diventato responsabile del settore ricerca e sviluppo dove lavorano dieci persone, quasi tutte laureate. E’ lui che ha partecipato al recente corso Triz di Bergamo Sviluppo per poter combinare il nuovo incarico con un approccio totalmente innovativo, che si ripromette di poter tradurre in un’azienda pure consolidata sul mercato internazionale.
“E’ sembrato interessante poter fare analisi approfondite fin dalla fase iniziale del progetto. Mi sono accorto subito come il Triz combaciasse con le nostre esigenze, che prevedono essenzialmente un approccio valutativo propedeutico al progetto di sviluppo. Pensavo si trattasse di un corso orientato alla organizzazione e programmazione del personale addetto all’ufficio tecnico. Invece si è rivelato altro, ma si è trattato di una sorpresa positiva. Ho potuto acquisire strumenti che, in prospettiva, indurranno a rivedere l’approccio organizzativo del settore che si occupa dello sviluppo dei prodotti”.
“Non conoscevo il metodo Triz – ammette Zanga – ne avevo sentito però parlare da nostri collaboratori, soprattutto neoingegneri. Ci siamo confrontati internamente decidendo di partecipare al corso per verificare se potesse contenere elementi di novità. Prim’ancora che dai contenuti del metodo stesso, sono rimasto colpito dal modo di presentarlo ed esporne le caratteristiche. I relatori hanno una grande capacità di coinvolgere e rendere interessante il confronto, tenendo alta l’attenzione dell’aula”.
Vin Service basa il suo successo sulla capacità di ricercare nuovi prodotti e proprio seguendo questo filone ha deciso di potenziare il settore ricerca e sviluppo. Se la concorrenza cresce, occorre garantire valore aggiunto alla propria produzione.

L’azienda / 2
Bosco si cala in una nuova Ottica

Un’azienda di stampo familiare non tralascia occasione per percorrere strade che permettano di intravedere nuovi sbocchi di mercato. Alessandro Bosco, che si occupa di ricerca e sviluppo e tiene i rapporti con i clienti per conto di Bosco Ottica, ha concluso positivamente la sua esperienza al corso Triz e non nasconde l’entusiasmo.
“Ne avevo sentito parlare durante un corso sulla brevettazione e sulla Proprietà Industriale. Mi è sembrata un’opportunità interessante e appena ho avuto modo di coglierla, mi sono iscritto. Sono un ingegnere costantemente alle prese con le problematiche relative alla ricerca delle soluzioni più idonee e la possibilità di approfondire la conoscenza del metodo Triz mi ha affascinato. Sono rimasto colpito da come fosse facile e naturale insegnare la creatività, la capacità inventiva e a risolvere i problemi di natura tecnica e scientifica”.
Bosco Ottica, azienda con 10 dipendenti, produce accessori, fibre ottiche e manipoli per laser per uso industriale e medicale. Ogni singolo prodotto viene declinato in una cinquantina di soluzioni. I clienti sono localizzati in tutto il nord Italia e a loro volta vendono sul mercato internazionale. In qualità di fornitore, di fatto la Bosco Ottica va in tutto il mondo. Motivo in più per intraprendere l’esperienza del Triz.
“L’aspetto restato maggiormente impresso è la consapevolezza che la soluzione di un problema inventivo può correre su binari chiari e stabiliti, senza affidarsi all’osservazione di casi analoghi. Ciò è estremamente utile a chi, come me, si ritrova ad affrontare queste tematiche – osserva Alessandro Bosco – Ora in ditta ci aspettiamo che la fase di tutoraggio porti alla soluzione di una delle problematiche che sottoporremo. Una volta completato il corso, viene voglia di alzare il livello della sfida, si è indotti a valutare problemi più ad alto livello. Ma soprattutto a prestare attenzione alla visione generale piuttosto che al particolare. E’ un grande stimolo per chi si occupa di progettazione”.
Un giorno non lontano, in un tempo più prossimo di quanto si immagini, Bosco Ottica potrebbe generare brevetti e produrre innovazione.




Maroni e Sangalli: «Secco no al dimezzamento dei contributi» 

nella foto: Carlo Sangalli

“Un aspetto negativo del decreto è il dimezzamento dei contributi alle Camere di Commercio, perché questo si riflette negativamente sugli Accordi di programma che ci sono tra la Regione Lombardia e il Sistema camerale, che finanzia molte attività a sostegno delle imprese”. Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, incontrando i giornalisti al suo arrivo all’Assemblea generale di Confindustria Lecco sul tema “Una nuova Europa per le imprese”. “Questo mi preoccupa – ha spiegato – e spero che in sede di conversione del decreto questa norma venga modificata, perché altrimenti per noi ci sarà una riduzione di risorse a disposizione e di investimenti a sostegno delle imprese. Così verranno penalizzate le piccole imprese, quelle che hanno bisogno di sostegno per la facilitazione all’accesso al credito, all’internazionalizzazione e al sostegno alla ricerca e all’innovazione”. “E’ un peccato – ha concluso il presidente -, perché noi abbiamo qui in Lombardia un sistema che funziona, con l’accordo tra la Regione e il Sistema camerale, un Sistema che ora rischia di essere penalizzato con questo decreto che va modificato”.  D’accordo con Maroni anche il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, presidente anche della Camera di commercio di Milano. “Rendere la Pubblica Amministrazione più efficiente e meno costosa – ha detto – è uno degli obiettivi più rilevanti e condivisibili del Governo Renzi. E in questo contesto è importante anche la riforma delle Camere di commercio soprattutto se in senso migliorativo”. “Proponiamo tuttavia di riconsiderare la decisione, per decreto legge, di tagliare del cinquanta per cento il diritto annuale riconosciuto alle Camere di commercio. Un costo, è bene ricordarlo, che per le imprese si aggira mediamente intorno ai 120 euro all’anno, a fronte di molti servizi resi e investimenti diretti a favore delle imprese e del territorio. Siamo d’accordo, dunque, con il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, che ha espresso la sua preoccupazione per questo intervento lineare che rischia di ripercuotersi pesantemente anche sugli accordi di programma tra Regione e sistema camerale lombardo. Accordi del valore di oltre 90 milioni di euro destinati a sostenere il mondo imprenditoriale in attività strategiche come accesso al credito, innovazione e internazionalizzazione”.




Moneta elettronica, «comoda ma troppo costosa»

Poco o nulla è cambiato con lo slittamento di sei mesi dell’entrata in vigore della legge (n. 221 del 2012) che impone a commercianti, artigiani e professionisti di accettare pagamenti con carte di debito (quindi non carte che finanziano l’acquisto, ma che consentono l’addebito in tempo reale, come il Bancomat o le prepagate). A pochi giorni dalla scadenza non sono infatti ancora intervenuti provvedimenti, pure previsti ma entro fine luglio, per agevolare l’adeguamento assicurando una riduzione delle commissioni a carico degli esercenti o nuovi parametri che esonerino alcune attività dall’obbligo (l’esclusione fino a 200mila euro di fatturato è già scaduta).
Il risultato è che dal 30 giugno imprese e professionisti dovrebbero mettere a disposizione dei clienti l’apparecchio Pos (Point of sale) per il pagamento con moneta elettronica. Il termine è però molto poco perentorio, dal momento che non sono previste sanzioni. Se la situazione resta fluida, di una cosa sono certi i rappresentanti delle imprese: allo stato attuale l’introduzione forzata del Pos è un onere tutt’altro che trascurabile, tra il costo del canone e le commissioni su ogni transazione. La Cgia di Mestre, ad esempio, ha calcolato che per un’attività con un fatturato di 100mila euro il costo annuo oscilli tra i 1.183 e i 1.240 euro. «Per molte aziende – rileva il vicedirettore dell’Ascom Oscar Fusini -, penso ai tabaccai o agli edicolanti che lavorano su margini bassi, accettare pagamenti con le carte è insostenibile per via del peso di ogni singola commissione. Ma anche attività in cui gli scontrini sono numerosi ma di piccola entità hanno lo stesso problema. È giusto cercare di diffondere l’utilizzo della moneta elettronica, per avvicinarsi alla media europea e migliorare tracciabilità e sicurezza, ma non devono essere le imprese a rimetterci. Fondamentale diventa quindi l’abbattimento dei costi per gli esercenti».
Sulla questione i commercianti di Bergamo rivelano un atteggiamento pragmatico. Più delle leggi sembrano infatti le esigenze dei clienti (e la volontà di assecondarle) a dare impulso o meno alla moneta elettronica. Così c’è chi, per non rimanere sguarnito di un servizio richiesto, ha introdotto già da tempo il sistema, mettendo in conto giocoforza anche i costi, e chi non ha avvertito questa necessità, soprattutto perché lavora su importi bassi, che al contrario denuncia la difficoltà di un adeguamento, ma attende di conoscere i contorni precisi del provvedimento per prendere una decisione.

In difficoltà edicolanti e tabaccai
«Non reggeremmo le attuali commissioni»

Ancora sguarnite del terminale per l’accettazione della moneta elettronica sono le attività del commercio più “spicciolo”, quelle in cui gli importi degli acquisti sono generalmente bassi. Qui non solo non è avvertita la necessità di dotarsi del Pos, ma si teme che possa addirittura complicare la gestione del punto vendita, perché i tempi per l’incasso si allungano. Senza dimenticare la preoccupazione per i costi, che accomuna tutti i commercianti.
«Vorrei capire – esordisce Roberto Lecchi, edicolante da trent’anni in largo Cinque vie – quale obiettivo si prefigge l’obbligo del Pos. Se è per la tracciabilità, nel nostro settore non ce n’è bisogno, perché lavoriamo tutto sul fatturato. Se è per la comodità del cliente, bisogna considerare che raramente nei piccoli chioschi la spesa supera i 30 euro. Non sono contrario a priori, potrebbe essere interessante nel momento in cui le edicole dovessero diventare dei punti multiservizio, come per il pagamento delle bollette, ma certo non con margini ridicoli. Per l’installazione non ci sarebbero problemi, dal momento che siamo già dotati della linea telefonica».
All’edicola di fronte alla chiesa delle Grazie, Giuseppe Falco è sulla stessa lunghezza d’onda. «Vendo solo giornali e biglietti degli autobus, difficilmente la spesa supera i 15 euro e si lavora solo sull’aggio, quindi è tutto tracciato – dice -. Sino ad ora un solo cliente mi ha chiesto di pagare con la carta. Era uno straniero e voleva un biglietto da 1,25 euro: avrei speso di più per elettricità e linea di quanto avrei guadagnato con la vendita…». «Se le edicole dovessero dotarsi di più servizi potrebbe essere utile avere anche il Pos – ammette -. È uno strumento da valutare, ma nel mio caso lo spazio è poco e non è possibile pensare a grandi sviluppi».
Nel vicino chiosco dei fiori, da più di mezzo secolo regno di Aquilino Zanchi detto “Barba”, il titolare ha invece una personale avversione a carte di credito e Bancomat. «Non li ho nemmeno per il mio uso personale – afferma netto -, non li ho voluti quando la banca me li ha proposti perché non mi servono e lo stesso vale per il mio lavoro. Qui la spesa arriva ai 20 euro e chi è che non li ha in tasca? E poi, se proprio, qui dietro c’è la banca. Mi sembra che ci sia una corsa a complicare le cose, invece di stare sul semplice». La sua schiettezza si ritrova nei cartelli con cui fa “parlare” le piantine esposte, tornate da poco a dispensare colori e simpatia a chi percorre il viale dopo tre mesi in cui Zanchi è stato lontano dall’attività per un ictus.
Sul lato opposto, anche la gelateria Surya, aperta da più di 15 anni, non vede utilità nell’installazione del Pos. «Adesso l’obbligo scatta sopra i 30 euro, quindi un’evenienza molto rara in un’attività come la nostra che fa solo gelato da asporto. Anche perché, con i tempi che corrono – sottolinea Ornella Ardiani -, chi li compra più due chili di gelato tutti in una volta? Naturalmente terremo d’occhio l’evolversi della normativa e se sarà necessario ci adegueremo». Nonostante il locale sia meta di turisti stranieri la moneta elettronica non è considerata un servizio strategico. «Per importi di due euro o poco più i turisti capiscono che non è il caso – prosegue – e se serve li indirizziamo al Bancomat più vicino. Confesso che se prendesse piede il pagamento elettronico anche per le piccole spese sarei in difficoltà, qui infatti il flusso di gente è continuo e si perderebbe più tempo». Il marito Saverio Florio amplia il discorso. «In ogni caso il Pos – dice – sarà un costo in più, non solo per noi ma per tutte le attività economiche e ciò si ripercuoterà alla lunga sui prezzi. Un aggravio che si aggiunge, nel nostro caso, all’aumento di alcune materie prime. Capirei se il Pos servisse a portare più clientela, invece aggiunge difficoltà e burocrazia. Forse bisognava ragionare meglio su tutti gli effetti prima di varare queste nuove norme».
Per i tabaccai accettare pagamenti con il Pos è addirittura insostenibile. «Con i margini che abbiamo sui genieri di monopolio – evidenzia Letizia Grisa dell’omonima tabaccheria in via Broseta 7 – non possiamo di certo permetterci le commissioni oggi in vigore. Potrebbe essere un discorso percorribile solo a fronte di convenzioni speciali per il nostro settore, altrimenti è più conveniente chiudere l’attività». «Siamo comunque già in grado – precisa – di riceve pagamenti elettronici attraverso un terminale della Fit, mettendo però a carico del cliente un euro per la transazione. In effetti c’è chi trova comodo pagare con le carte, soprattutto se acquista la stecca intera di sigarette. Noi il servizio lo mettiamo a disposizione, chiarendo però che ha un costo e la cosa viene accettata senza problemi».

Nei negozi di alimentari il Pos c’è già
«Oggi non si può fare a meno di averlo»

Dato per assodato che in attività in cui la spesa può anche essere di una certa entità – dai negozi di abbigliamento ai ristoranti – il Pos sia ormai stabilmente presente, abbiamo puntato l’attenzione sui consumi quotidiani, dove la strisciata della card sembrerebbe meno usuale. Ciò che emerge è che per la spesa alimentare (almeno in centro città) le botteghe si sono uniformate alla comodità offerta dal supermercato accettando i pagamenti elettronici. «Se si è in centro non si può fare a meno di avere il Pos – rileva Bruno Stigliano, titolare dell’ortofrutta Donna Giulia, aperto da quattro anni in via Zambonate 97 e sin dall’inizio dotato del sistema –. Qui sono molti infatti i clienti che utilizzano abitualmente carte di credito e Bancomat, non accettarli significherebbe non offrire un servizio. Il problema sono i costi troppo alti, che ricadono tutti sulla gestione. Non si può infatti pensare di variare il prezzo della merce a seconda del tipo di pagamento utilizzato e non vale nemmeno la pena cercare o contrattare canoni e commissioni più convenienti perché, almeno secondo la mia esperienza, non c’è concorrenza in questo settore. In pratica non si può fare altro che sottostare alle condizioni fissate unilaterlamente. Vantaggi? Non ne vedo. Bisogna mettere a disposizione il Pos perché non si può fare diversamente: è un costo, ma non porta più clienti».
La titolare di un piccolo negozio di ortofrutta in via Broseta fornisce un punto di vista un po’ differente. «Il Pos mi è stato proposto dalla banca qualche anno fa a costo zero per un primo periodo – riferisce –, così l’ho installato. Credevo che nessuno avrebbe pagato la frutta con la carta di credito, tanto che non lo tenevo nemmeno in vista. Ma mi sono dovuta ricredere, funziona ed è utile. Oggi molti pagano così, è un servizio ma può anche favorire gli acquisti. Se infatti si ha poco contante nel portafoglio si finisce con il limitare la spesa, mentre se si può pagare con la carta ci si può lasciare attrarre da qualche prodotto in più». E sui costi ha un’opinione meno negativa: «Cero occorre valutarli con attenzione, ma guardandosi un po’ in giro si possono trovare soluzioni diverse».
Anche al panificio Rota Biasetti di via Zambonate 95 si può fare la spesa senza contante. Il punto vendita è aperto da un anno e mezzo ed ha sempre accettato i pagamenti elettronici, ora anche con la tecnologia contactless, ossia per carte di nuova generazione che permettono di ridurre i tempi della procedura perché basta avvicinarle al terminale. «Nonostante in città ci siano sportelli per prelevare ad ogni angolo, si preferisce la carta perché con quella con si hanno pensieri – osserva la titolare Patrizia Rota Biasetti –. Nella nostra attività è comodo perché capita anche di fare spese di un certo importo, ad esempio se si prepara un evento con dolci, pizzette e focacce». I costi restano il punto dolente del Pos. «Fortunatamente le transazioni sono ancora poche – dice – e “chiudiamo un occhio”, ci accolliamo cioè la spesa come per qualsiasi altro servizio, ma sarebbero utili convenzioni o agevolazioni, soprattutto se dovessero aumentare le operazioni». Il negozio, del resto, è attento a coltivare il rapporto con i clienti, ha ad esempio varato una promozione che regalava un caffè ogni dieci euro di spesa ed ora è in vigore quella che, per lo stesso importo, omaggia il quotidiano.
Freschi dell’apertura, tre mesi fa, del loro Spaccio Carni in via Quarenghi 6, i fratelli Andrea (34 anni) e Luca Pedroni (33) sono in fase di installazione del Pos, ma lo vedono come un’imposizione. «Non sono d’accordo con l’obbligo previsto per legge – commenta Andrea Pedroni -. Ogni commerciante dovrebbe essere libero di scegliere come gestire la propria attività e i rapporti con i clienti in modo autonomo, perché deve decidere qualcun altro?». A rasserenarli è il fatto che l’obbligo scatti per importi superiori a 30 euro – «altrimenti i costi sarebbero stati davvero eccessivi» -, il Pos, è però andato a scapito dell’accettazione dei buoni pasto: «Abbiamo dovuto scegliere – spiega -, perché non ce l’avremmo fatta con una doppia commissione sul medesimo scontrino. Non possiamo infatti pensare di riversare sui clienti le maggiori spese, tanto più che il nostro negozio punta con decisione sul rapporto tra qualità e prezzo, grazie al fatto che abbiamo rapporti diretti con gli allevatori». I due fratelli hanno sempre fatto i macellai, si sono trasferiti dalla Malpensata in centro confermando la tendenza al ritorno degli esercizi di vicinato. Attenti anche alla continuità del servizio, sono aperti dalle 8 alle 20 e la domenica mattina.
«Il mio obiettivo è accontentare il cliente, con la mente più aperta possibile», afferma Andrea Ferraguti, 38 anni, titolare del negozio di caramelle e dolciumi Dolci Pensieri in viale Papa Giovanni XXIII, nei pressi della chiesa delle Grazie. «Oggi capita di vedere di  tutto – prosegue -. C’è chi non batte ciglio e spende in dolci anche centinaia di euro e chi, al momento del peso, chiede di togliere una sola caramella per non sforare la cifra che aveva previsto. Ho anche accettato il pagamento elettronico per uno scontrino da un euro perché il nostro lavoro è questo e bisogna cercare di soddisfare tutti». Una filosofia vincente, che lo fa essere soddisfatto, nonostante la crisi e la stagionalità del prodotto, dell’andamento dell’attività, aperta due anni e mezzo fa dopo vent’anni di esperienza nel settore dolciario.




Seminario il 30 giugno / Il “Jobs Act” all’esame di Confcooperative

Il 20 maggio è entrata in vigore la legge 78 del decreto legge 34, più noto come Jobs Act,che contiene misure di semplificazione per i datori di lavoro, in materia di contratto a termine, contratto di apprendistato, Durc. Per un primo esame della normativa, Confcooperative Bergamo organizza per lunedì 30 giugno un seminario con il quale farà una puntuale disamina dei contenuti della legge in materia di riforma del mercato del lavoro. Dopo l’apertura dei lavori, alle 14.30, con Giuseppe Guerini, presidente Confcooperative Bergamo, si entrerà nei dettagli della legge con il coordinamento di Pieralberto Cangelli, direttore Confcooperative Bergamo, e Paola Piazza, consulente del lavoro di Csa Bergamo.
«Con l’entrata in vigore del cosiddetto Jobs Act si preannunciano nuovi scenari nel mondo del lavoro e dei contratti – spiega il direttore Cangelli -. Per venire incontro alle necessità delle nostre associate abbiamo così deciso di organizzare un seminario che possa illustrare punto per punto tutte le novità della nuova legge».
Il seminario sarà infatti l’occasione per fare luce sulle novità inerenti la “semplificazione” dell’apprendistato con Michele Tiraboschi, giuslavorista e docente di Diritto del lavoro all’Università di Modena, e sulla “liberalizzazione” del contratto a termine e le modifiche al D.lgs 368/2001 a cura di Brunello Barontini, consulente del lavoro Csa-Confcooperative Bergamo. Durante il seminario si farà il punto anche sugli ammortizzatori sociali e sulle politiche attive del lavoro.
Alle ore 16.30 la tavola rotonda coordinata da Marco Daniele Ferri, presidente di Federlavoro Lombardia, Michele Tiraboschi e Stefano Malandrini, responsabile Area sindacale di Confindustria Bergamo, su opportunità e criticità nei rapporti tra cooperative e imprese dal titolo “Quale modalità per una migliore collaborazione?”. «Occorre semplificare il lavoro in un’ottica di piena condivisione rispetto a quanto ha espresso il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sulla tolleranza zero verso i corrotti e verso l'illegalità nella politica e nelle imprese», sottolinea il presidente Guerini, che ricorda come «la presenza di cooperative spurie e di cooperative che adottano comportamenti spregiudicati, facendo concorrenza sleale, è una piaga che danneggia tutto il mondo della cooperazione, umilia i lavoratori, espone le imprese e gli enti che affidano commesse a queste realtà, convinti di risparmiare ma che non fanno altro che alimentare forme di malaffare e illegalità. Occorre essere molto netti, l'illegalità e il malaffare in qualsiasi forma si manifestino vanno combattuti. Chi sbaglia, a prescindere da chi sia, deve essere punito anche perché si rischia di mettere ancora di più in fuga i capitali stranieri. A questo proposito, il dato Censis, diffuso oggi, è implacabile: – 57% dal 2007. Non possiamo permettercelo: di investimenti si vive».
Piena sintonia anche con le proposte delle associazioni di imprenditori che chiedono ulteriori misure di semplificazione per il mercato del lavoro. «Se perseguire questo risultato comporta qualche sacrificio anche rispetto ai vecchi riti della rappresentanza, che trova nella formula della "concertazione" un meccanismo che ha avuto qualche risultato negli anni ’90 ma che da tempo non ha mostrato di saper dare impulso alle istanze di cambiamento, ben venga lo stile Renzi – aggiunge il presidente di Confcooperative Bergamo -. Tavoli di confronto con oltre 50 sigle presenti non erano ormai più credibili. È importante che il confronto avvenga tra il governo e le sigle effettivamente rappresentative dell’economia reale del Paese. Molte, purtroppo, sono contenitori che esistono per legittimare una classe dirigente non pezzi dell’economia del Paese».




Scenari e strategie nel workshop dell’Ascom / Auto, rivenditori a lezione di web

Cosa chiede il cliente web, come aumentare l’appeal del sito internet, creare annunci in linea con i clienti e migliorare le vendite on line. E ancora, il confronto tra i mercati web del mondo anglosassone e quello italiano, senza dimenticare test pratici e case history. Con il seminario “Auto in rete” – organizzato dal gruppo Autosalonisti dell’Ascom di Bergamo, il portale Quintaruota e StarSolutions Itconsulting nella sede Ascom di via Borgo Palazzo -, i rivenditori bergamaschi hanno avuto l’opportunità di confrontarsi su numerosi aspetti della sfida digitale, un’evoluzione alla quale non ci si può più sottrarre. Oggi che la rete è il principale strumento di informazione e ricerca di un’auto, nonché il canale che permette l’incontro e la compravendita tra privati, gli operatori sono infatti chiamati a dotarsi degli strumenti più adeguati per farsi conoscere e competere in questo canale.
Il workshop è stato introdotto dal presidente degli Autosalonisti bergamaschi Loreno Epis e del vicedirettore dell’Ascom Oscar Fusini. Ad illustrare scenari e strategie i relatori Davide Pagani di Subito.it, Antonio Core di StarSoluitons e Andrea Contiero di Quintaruota, la piattaforma di vendita d’auto e moto patrocinata dall’Ascom che si pone come obiettivo anche quello di divulgare le regole dettate dal Codice del Consumo. 




Immobiliaristi, la Fimaa-Ascom sigla un protocollo con l’Enasarco

Come è noto, molte agenzie immobiliari sono state oggetto di accertamento ispettivo da parte dell’Enasarco, la Fondazione che gestisce la previdenza integrativa obbligatoria per tutti i soggetti che operano in forza di un contratto di agenzia. I controlli si sono conclusi, nella maggioranza dei casi, con l’applicazione di sanzioni pesantissime. Le sanzioni sono state purtroppo confermate in primo grado dalla Magistratura per la quasi totalità degli immobiliaristi. L’accertamento degli ispettori Enasarco verteva sulla verifica dell’esistenza di un rapporto riconducibile nell’ambito del contratto di agenzia (ex art. 1742 Codice Civile) tra il titolare dell’impresa ed i collaboratori della stessa che svolgevano, con continuità e stabilità, la promozione e gestione di affari fatturando una quota delle provvigioni maturate. Per evitare il rischio di incappare in sanzioni e trovare il giusto inquadramento sotto il profilo giuslavoristico della qualifica giuridica dei collaboratori, Fimaa ha sottoscritto un protocollo con Enasarco che prevede la distinzione tra collaboratori delle imprese in mediazione immobiliare, ossia quelli abilitati all’attività professionale (esclusi cioè dall’obbligo di iscrizione a Enasarco) e quelli non abilitati. Per provvedere a regolarizzare i collaboratori le agenzie devono aderire al protocollo Fimaa-Enasarco entro il 31 luglio 2014 e, entro i 30 giorni successivi iscriversi all’Enasarco pagando il relativo contributo di previdenza integrativa per gli agenti. L’adesione al protocollo è necessaria anche nel caso l’agente immobiliare non avesse collaboratori ma li avesse gestiti nei cinque anni precedenti. Per illustrare i contenuti del protocollo, gli aspetti previdenziali, civilistici e fiscali collegati all’iscrizione a Enasarco, l’Ascom organizza un incontro tecnico che si svolgerà martedì 1° luglio  presso la sede di  via Borgo Palazzo 137, in  sala Villa.  All’incontro parteciperanno  Luciano Patelli,  presidente della Fimaa Bergamo, Daniele Mammani, avvocato e consulente legale di Fimaa Italia e Giuseppe Rosignoli, consulente dell’Ascom per gli agenti di commercio. La partecipazione è libera e gratuita previo accredito: 035-4120135; info@ascombg.it; info@fimaabergamo.it.




Panificatori, «porto a Roma il modello Bergamo»

Il modello lombardo (e bergamasco) si fa largo nella rappresentanza dei panificatori. Roberto Capello, presidente dell’Aspan di Bergamo e dell’Unione regionale dei panificatori, è stato infatti eletto alla presidenza della Federazione italiana panificatori dell’assemblea nazionale, riunita a Roma lo scorso 22 giugno. Succede al tarantino Francesco La Sorsa e rimarrà in carica per il prossimo triennio. Classe 1963, socio e amministratore unico dei panifici che portano il suo nome, Capello guida l’associazione provinciale dal 1996 e quella lombarda dal 2002. Dal 1996 siede nel consiglio nazionale della Federazione, dal 2011 con la carica di vicepresidente. È anche consigliere dell’Ascom e della cooperativa di garanzia Fogalco.
Un bel traguardo, presidente…
«Sarà più che altro un bell’impegno, ma non posso nascondere la soddisfazione per il fatto che questo rinnovo ha riconosciuto il valore del modello che ormai da anni portiamo avanti a livello locale e regionale. È un paradigma che funziona quello che interpreta l’associazione di categoria non solo come una leva di competitività per le imprese, ma come un valore per il cliente stesso».
Ci spieghi.
«È un’organizzazione di categoria che ha potuto portare avanti un progetto di responsabilità sociale come quello della diminuzione del contenuto di sale nel pane. È attraverso la rete associativa che le indicazioni delle istituzioni e degli organi di sorveglianza possono arrivare capillarmente agli operatori. Ancora, è grazie ad un progetto di sistema che si è avviata la filiera del pane con grano bergamasco e ora lombardo. Tutte iniziative che i “cani sciolti”, ovvero chi non riconosce valore all’organizzazione sindacale, non riuscirebbe a realizzare».
Si presenta con un messaggio forte e chiaro alla categoria…
«La scelta dei presidenti provinciali presenti all’assemblea sembra indicare che anche a livello nazionale c’è la volontà di cambiare registro, come abbiamo fatto a Bergamo e in Lombardia. Oggi non si può di certo giocare in difesa, non siamo in un sistema chiuso e pensare solo a tutelare le proprie posizioni significherebbe non avere una visione chiara della realtà. Ci sarà sempre qualcuno che potrà invadere il nostro campo, l’unica soluzione è attaccare. Compito di un’associazione è quindi quello di essere propositiva, individuare dei percorsi, offrire delle opportunità alle imprese, esplorare i cosiddetti oceani blu, spazi di mercato incontaminati».
Nella pratica, in cosa consiste questa svolta nell’approccio sindacale?
«Può essere utile un esempio. Qualche anno fa, quando una legge ha permesso la vendita di pane fresco nei mercati, i panificatori si sono sentiti minacciati. A Bergamo, invece, l’abbiamo presentata come una nuova occasione ed alcune aziende di panificazione si sono dotate di autonegozio ed hanno cominciato a vendere i loro prodotti anche in forma ambulante: sono stati i primi in Italia ed ora rilevano piazze anche in altre province! Ma anche la stessa querelle con l’Unione europea per l’identificazione del pane precotto e surgelato ha tutti i presupposti per trasformarsi da ostacolo ad opportunità. In attesa dell’esito sul versante giuridico, a livello di comunicazione abbiamo sicuramente già vinto, perché siamo riusciti a fare passare la differenza tra il pane fresco e tutto ciò che non lo è».
Quali saranno i primi punti sui quali comincerà a lavorare?
«Se non è più il tempo di leggi ad hoc per la categoria, non è più nemmeno quello della lista di promesse da sciorinare ad inizio mandato, tanto più che risorse economiche non ce ne sono. Abbiamo però un patrimonio da valorizzare che è quello delle idee e lo possiamo fare a costo zero. Credo molto nel fare rete, come del resto dimostra il lavoro in Lombardia con le 11 associazioni provinciali, e l’impegno sarà nel promuovere la conoscenza, l’informazione, la formazione e la condivisione tra gli imprenditori. Nelle organizzazioni territoriali possiamo contare su competenze e professionalità di alto livello per puntare ad un innalzamento complessivo della categoria. Il compito di un’associazione oggi, lo ribadisco, è quello di fornire strumenti ed occasioni alle aziende».
E le aziende come rispondono a questi stimoli?
«Snodo fondamentale resta la cultura del panificatore. Potrà abbracciare nuovi orizzonti quando avrà preso consapevolezza della vera funzione del pane, che nel 2014 non è più il prodotto che riempie la pancia, ma un accompagnamento del cibo. Una volta chiarito questo, si possono disegnare nuove strategie, forti di un prodotto che resta un “vip” nell’opinione pubblica, un prodotto che accende sempre e comunque l’attenzione».
Il modello lombardo può funzionare su tutto il territorio nazionale?
«In Lombardia abbiamo il vantaggio di lavorare in un’economia più pulsante rispetto ad altre zone d’Italia, come il Sud. L’impegno sarà perciò forte proprio nelle aree con più difficoltà, che potranno contare sulla messa a disposizione di esperienze e competenze già consolidati. L’obiettivo non è certo coltivare delle eccellenze, ma innalzare il livello di tutto il comparto perché è da questo che tutti possono trarre beneficio».
Come coniugherà i suoi tre incarichi?
«L’impegno nazionale è possibile perché posso contare sia a Bergamo sia a livello regionale su una squadra di altissimo profilo. Qui è già stato metabolizzato il paradigma “non guerre ma proposte” e continuerà a segnare la linea d’azione. Il confronto e lo scambio con le altre realtà territoriali potrà poi portare ad un nuovo arricchimento reciproco».




«Preoccupati per il futuro della Camera di Commercio» 

«Sono molte le sfide con cui ci dobbiamo confrontare per dare un futuro alle nostre imprese». All’Assemblea annuale dei presidenti di sezione della Coldiretti bergamasca, lunedì scorso all’Agriturismo Sant’Alessandro, ad Albano, il presidente Alberto Brivio ha subito messo in chiaro gli scenari che attendono il mondo agricolo e le incognite più spinose per il settore, dalla tutela del made in Italy al consumo di suolo agricolo, dalla direttiva nitrati alla prossima Pac, toccando nel contempo temi come l'Expo e il ritorno dei giovani alla campagna. La prima riflessione ha riguardato la Pac. «Dopo una “falsa partenza” che ci aveva preoccupato non poco – ha detto Brivio – siamo riusciti a riequilibrare le cose a nostro favore. L’accordo recentemente raggiunto dal ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, e dalle Regioni sull'attuazione in Italia della Politica agricola comune 2014-2020, che vale 52 miliardi di euro, assicura un sostegno ai settori portanti della nostra agricoltura, in particolare per quella lombarda, e garantisce quelle produzioni su cui si fonda lo straordinario successo del made in Italy all’estero, creando occupazione e sviluppo sul territorio».
Con l'approvazione nei giorni scorsi del pacchetto #campolibero è stato compiuto un altro passo in avanti a favore dell'agricoltura. «Il provvedimento – ha commentato il presidente di Coldiretti durante l'assemblea – ha recepito molte delle proposte formulate dalla nostra Organizzazione, come le misure a favore dei giovani. Positivo è anche l'impegno per la tutela della tipicità e della distintività delle produzioni agricole con l’introduzione di sanzioni per chi coltiva Ogm in Italia».
Brivio ha poi auspicato che lo sviluppo del settore possa essere accompagnato da un maggiore impegno sul piano della semplificazione. «Per molti di noi, ormai – ha affermato – la burocrazia può esser considerata un secondo lavoro. Coldiretti ha calcolato che per sbrigare la pletora di adempimenti che ci vengono imposti dobbiamo togliere alla nostra vera attività di impresa ben 100 giorni l’anno.
Nel settore vitivinicolo si contano 70 adempimenti burocratici, nel settore florovivaistico 57, nel settore orticolo 59, nel settore della zootecnia da latte 60, nel settore della zootecnia da carne 59».
Dopo aver ricordato il grande impegno di Coldiretti e i risultati ottenuti in difesa dei prodotti alimentari made in Italy (è stato deciso di togliere il segreto e di rendere pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero), Brivio ha parlato del prossimo obiettivo caro a Coldiretti: l’etichettatura obbligatoria dell’origine delle materie prime. Non di minore importanza la battaglia sul rinnovo del prezzo del latte, alla luce anche dell’imminente fine del regime delle quote latte.
«Dopo la boccata di ossigeno dell’ultimo accordo – ha rimarcato il presidente – i nostri allevatori hanno bisogno di ulteriori certezze per programmare il futuro delle loro imprese. Si è già messa in moto la macchina delle trattative, faremo il possibile affinché si possa arrivare a un traguardo che tenga conto delle reali condizioni del mercato del latte e risponda alle esigenze delle nostre stalle». «Nel 2015 – ha aggiunto Brivio – ci confronteremo con le agricolture di gran parte del mondo che arriveranno nel nostro paese per l’Expo. Sarà una grande occasione per noi, anche se purtroppo finora abbiamo sentito parlare di questa iniziativa soprattutto per gli scandali invece che per i temi che saranno al centro del dialogo e del confronto. Dobbiamo desiderare il massimo della pulizia per quell’infrastruttura, così come desideriamo il massimo di pulizia per il contenuto che ci mettiamo dentro: solo la grande agricoltura distintiva, solo l’industria alimentare pulita e trasparente, solo il vero made in Italy con i suoi prodotti e con i nostri volti».
Poiché in occasione di Expo 2015 numerosissimi visitatori transiteranno nella Bergamasca, al fine di valorizzare la capacità ricettiva del settore agricolo, il patrimonio culturale e le eccellenze agroalimentari, Coldiretti sta mettendo a punto uno strumento di promozione, sfruttando le potenzialità di Internet e le moderne tecnologie informatiche. «Lo abbiamo realizzato anche grazie al contributo della Camera di Commercio e lo presenteremo nei prossimi giorni. Parlando di Ente camerale, voglio esprimere tutta la mia preoccupazione per la situazione che si sta delineando – ha sottolineato Brivio -. La riforma che è stata prospettata per questi enti rischia di creare grossi scompensi per il nostro territorio. Per noi la Camera di Commercio è un interlocutore di rilievo per quanto riguarda la formazione, l’internazionalizzazione, l’assistenza alle imprese e il sostegno ai nostri progetti. A Bergamo poi, con l’azienda speciale Bergamo Sviluppo, ha saputo creare un sistema virtuoso che ha portato benefici importanti al nostro tessuto economico. Sarebbe veramente un peccato se questo patrimonio andasse perso in funzione di tagli generalizzati».
Il presidente ha poi puntato l'attenzione sul consumo di suolo nella Bergamasca. «Negli ultimi 10 anni – ha ricordato – nella nostra provincia abbiamo sprecato il 25% circa della superficie agricola, un vero e proprio scempio! Se continuiamo con questo trend, tra pochi anni non ci sarà più lo spazio neppure per far crescere un filo d’erba.
Ma le strade e le infrastrutture non portano solo asfalto e cementificazione. Molte nostre aziende, 131 per la precisione, interessate dalla realizzazione della Brebemi e della Tav sono ancora in attesa del pagamento degli espropri per un valore di oltre 4.600.000 euro. Per il 22 di luglio è stata annunciata l’inaugurazione in pompa magna delle Brebemi, ma i fondi espropriati per la sua realizzazione risultano essere ancora intestati agli agricoltori. Quando si sbloccherà questa assurda situazione? Siamo stanchi di promesse e vani interessamenti».




Cinque “project work” per dare un impulso al territorio

Un Polo in cui ospitare attività legate al mondo del gelato. Un’aggregazione nella filiera dell’industria estrattiva. Un piano per diffondere progetti aziendali che abbinino obiettivi di  responsabilità sociale a quelli del business. Una rivisitazione, in chiave 2.0, del baratto di beni e servizi, tra imprese. E uno studio degli effetti derivanti dall’applicazione di nuove tecnologie Internet ai processi di automazione di aziende manifatturiere. Sono le linee-guida dei cinque project work che i 43 partecipanti alla seconda annualità del Management Building Workshop (MBW) – il Laboratorio sperimentale di innovazione manageriale avviato da Federmanager Bergamo, Confindustria Bergamo e Fondirigenti nell’ottobre 2012 per formare neo dirigenti, quadri apicali e giovani imprenditori – hanno illustrato lo scorso 18 giugno, nella sede della Brembo al KilometroRosso, durante l’evento conclusivo del percorso di formazione, al termine del quale hanno ricevuto gli attestati di frequenza. “Cinque progetti di cui tutti noi siamo orgogliosi – ha commentato Bambina Colombo, presidente di Federmanager Bergamo – perché hanno messo in luce alcune potenzialità per rilanciare il nostro  territorio”.
“Il senso del ‘fare rete’ – ha puntualizzato Marco Bellini, componente del Comitato di presidenza di Confindustria Bergamo – è l’elemento che accomuna i cinque progetti. E noi lo abbiamo interpretato come un implicito riconoscimento, cioè, che nessuno è così intelligente come tutti messi insieme”.
La Rassegna ha deciso quindi di approfondire le tematiche oggetto delle tesine (da quelle di più facile intuizione fino a quella, l’ultima, decisamente più complessa), per coglierne le reali potenzialità, le tempistiche di effettiva applicazione fino ad immaginarne, in alcuni casi, gli effetti sulla quotidianità di ciascuno di noi.

Gruppo 1 / Polo orobico delle eccellenze
Un network per sviluppare  l'enogastronomia della Bergamasca

Dar vita ad un Polo di imprese bergamasche attive nella gelateria, valorizzandone l’intera filiera, è il primo obiettivo dichiarato; l’individuazione di una sede adeguata (Kilometrorosso e Point sono le due location prese in considerazione), il secondo; l’estensione del raggio d’azione alla pasticceria e alla ristorazione (in stretta relazione con l’agro-alimentare e l’eno-gastronomico del territorio), il terzo; il coinvolgimento di altri erogatori di attività formative, promozionali e culturali, finalizzate sia al business sia alla valorizzazione delle eccellenze bergamasche, il quarto.
Per realizzare questo ambizioso poker, i componenti del Gruppo 1 puntano alla costruzione di un nutritissimo network che, fra gli altri, comprenda: associazioni del settore food e imprese produttrici della tecnologia ad esso collegata; artigiani del gelato; realtà dell’agro-alimentare e dell’eno-gastronomico della provincia; Istituti professionali e Scuole alberghiere; Università, che si assumano il ruolo di supervisori della formazione; referenti regionali, nazionali ed internazionali legati al mondo del gelato artigianale di tradizione italiana; i media locali, nazionali ed internazionali, in un’ottica di continuo aggiornamento e confronto e casse di risonanza per informazione e comunicazione.
“L’attuale quadro socio-economico – spiega Aurora Minetti, project leader del Gruppo 1- chiede all’imprenditore di assumere atteggiamenti nuovi, adattandosi al cambiamento, ideando modelli organizzativi diversi dal passato”.

Gruppo 2 / L'aggregazione
Industria estrattiva, più sinergie per dare impulso al settore 

Un’ipotesi aggregativa, fra 10-15 imprese bergamasche del settore estrattivo, è al centro anche del progetto elaborato dal Gruppo 2. Dopo l’esperienza maturata fra il 2011 e il 2013 – quando alcune aziende  del comparto si misero insieme per definire e divulgare un piano di comunicazione finalizzato a far conoscere le varie tipologie di cave esistenti, i loro prodotti e i relativi utilizzi, proseguito anche nell’ambito dell’ultima edizione di BergamoScienza – il team di cui Matteo Assolari è stato portavoce ha deciso di fare un ulteriore passo in avanti, analizzando tutte le sinergie che si potrebbero realizzare lavorando insieme.
“Innanzitutto – spiega Assolari – si accrescerebbe il livello di managerialità, col passaggio da una gestione (spesso familiare) ad una modalità organizzativa che fruisca maggiormente di competenze specialistiche nelle attività ormai indispensabili per stare sul mercato: controllo di gestione, marketing strategico, politiche di prezzo, comunicazione e promozione”.
Vantaggi arriverebbero anche dalla maggiore massa critica della nuova realtà, le cui dimensioni aggregate la metterebbero nella condizione di diventare un “qualificato interlocutore” delle Pubbliche amministrazioni.
“Ma ci sarebbero anche effetti sui bilanci delle aziende” suggerisce Assolari. “Si potrebbero snellire  le strutture delle aziende, ottimizzando ruoli e mansioni attualmente duplicati, e si potrebbero fare maggiori investimenti in innovazione tecnologica e ricerca e sviluppo, grazie ad un più efficiente utilizzo delle risorse finanziarie ma anche del know how collettivo”. In questo modo, immagina Assolari anche a nome dei suoi colleghi di corso, si potrebbero creare opportunità oggi irraggiungibili da soli: come analizzare mercati esteri, dare vita ad azioni di internazionalizzazione, fare progetti di recupero coordinati e ottenere finanziamenti partecipando insieme a bandi regionali ed europei, oppure ancora mettere in campo una maggiore forza sia economica che produttiva.

Gruppo 3 / Welfare ed etica d’impresa
Responsabilità sociale, un' Officina tra aziende per condividere le esperienze

Il Gruppo 3 si è concentrato sull’analisi di alcuni progetti attuati da imprese bergamasche che hanno aderito alla rete Workplace Health Promotion (WHP), nata dalla collaborazione tra Confindustria Bergamo e l’ASL provinciale (oltre 200 imprese aderenti allo scopo di promuovere salute e benessere dei loro 85 mila dipendenti). “In particolare – spiega Edoardo Locatelli, uno dei due team leader – abbiamo voluto verificare se e come le imprese del nostro territorio si siano distinte per progetti che abbiano coniugato obiettivi aziendali (dalle caratteristiche innovative oltre che sostenibili nel tempo) col concetto di responsabilità sociale”.
“Esemplare – sottolinea Locatelli – quanto fatto a Comun Nuovo dove i vertici dell’Heineken, una volta adottato il programma WHP, hanno collaborato col Comune nella realizzazione di una pista ciclabile che, oltre ad incoraggiare i dipendenti dell’azienda (il 70% dei quali vive in zona) ad un salubre utilizzo della bici per andare  al lavoro, riduce sensibilmente i pericoli lungo la limitrofa arteria stradale”.
Finiti i bilanci, lo sguardo punta deciso al futuro. “Il prossimo passo – spiega Giangi Milesi, project leader in seconda del Gruppo – riguarda la creazione di Orsa, acronimo di Officina (bergamasca permanente) responsabilità sociale d’azienda. Una realtà che realizzi una mappatura di tutte le esperienze in corso e che pubblichi un Quaderno â€ sempre aggiornato ‐ delle migliori pratiche”. Tra gli obiettivi di Orsa c’è la creazione di una ‘rete’ di cui facciano parte ASL, Università e Camera di commercio. Per i componenti del Gruppo 3, l’Officina dovrebbe diventare un luogo reale (oltre che virtuale) in cui gli imprenditori raccontino, in prima persona, ai loro colleghi le esperienze maturate in tema di responsabilità sociale, in modo che le migliori pratiche siano diffuse attraverso processi imitativi. “Abbiamo immaginato l’Orsa come una struttura che accompagni le aziende che vogliono accostarsi alla responsabilità d'impresa, mostrando i vantaggi concreti che questa offre in termini di risultati aziendali oltre che fiscali e contributivi. Suggerendo anche  soluzioni vantaggiose come collaborazioni interaziendali o con organizzazioni no profit o come l'utilizzo dei contratti di rete” conclude Milesi. 

Gruppo 4 / A model for barter: how does it work?
Il baratto tra imprese per scambiarsi beni e servizi

Sulla rivisitazione, in versione 2.0, della datata pratica del  baratto è imperniato invece il progetto su cui si sono concentrati i componenti del Gruppo 4. “Abbiamo provato ad immaginare – spiega il project leader Giancarlo Berno – se, in un contesto di crisi prolungata come quello che stiamo vivendo, si possa immaginare che anche in Italia – così come succede negli Usa, dove le 480mila imprese associate genererebbero circa 12 miliardi di investimenti – il Corporate Barter possa prendere piede, dando vantaggi a chi ne fa uso”.
Ma cos’è il Corporate Barter? “E’uno strumento finanziario a disposizione delle imprese, che prevede uno scambio reciproco di beni o servizi senza la movimentazione di denaro; chi vende assume crediti, chi acquista assume debiti che saranno periodicamente regolati da un circuito (Barter Company) che gestisce la compensazione e da precise norme del codice civile”.
Prodotti, servizi e conoscenze potrebbero rappresentare tre ambiti di applicazione del Corporate Barter. Qualche esempio? “Un’azienda produttrice di bottiglie in vetro – racconta Berno – ha pagato la propria sede corrispondendo un parte del dovuto e saldando il resto con proprie bottiglie. Un piccolo studio di formazione aziendale ha scambiato, con un rivenditore di apparecchi elettronici la realizzazione di un impianto di gestione domotica del proprio ufficio al posto di corsi di formazione ad hoc per alcuni nuovi venditori”.

Gruppo 5 / Internet delle cose
Dal Web applicazioni su macchinari per l'automazione industriale

“Premesso che con l’espressione Internet of Things (IoT), usata per la prima volta nel 1999 al MIT di Boston, si intende il concetto di applicazione, a cose e ad ambienti, di più forme di tecnologie che consentono ad ogni oggetto e luogo concreto di essere connesso alla rete tramite sensori – esordisce Roberto Fustinoni, project leader del Gruppo 5 – studiosi e osservatori ritengono che lo IoT sarà in grado di rivoluzionare la progettazione e l’erogazione di servizi sia ai cittadini sia alle aziende, con le nuove tecnologie internet applicabili anche ai processi di automazione industriale”. Come? “In uno scenario in cui oggetti e persone potranno comunicare tra loro, scambiandosi informazioni in modo diretto e immediato, gli oggetti acquisiranno una sorta di ‘intelligenza’, adattando il loro comportamento, a seconda delle informazioni e delle situazioni che si verificano nel mondo reale” aggiunge Fustinoni.
Insomma, un settore strategico per l’economia (entro l’anno prossimo saranno investiti 800 milioni di dollari) e dalle enormi potenzialità, “tale da farci immaginare di essere all’alba di una rivoluzione dai contorni ad oggi imprevedibili, ma certamente affascinanti” prosegue Fustinoni. Che conclude: “Il risvolto della medaglia è rappresentato dalle potenziali minacce che strumenti così potenti potrebbero generare, soprattutto per ciò che concerne vulnerabilità informatiche e tecnologiche. Ma è indubbio che chi saprà meglio assecondare questi sviluppi avrà vento a favore nel business del futuro”.