Dono degli alimentaristi alla Riabilitazione di Mozzo

Ha scelto il periodo delle Festività per ufficializzare il proprio “regalo”. La Pia Unione San Lucio ha infatti fatto visita lo scorso 10 dicembre al Centro di Riabilitazione degli Ospedali Riuniti, a Mozzo, meglio conosciuto come Casa degli Angeli, per vedere in azione l’apparecchiatura donata grazie ai fondi – 15mila euro -, raccolti attraverso le proprie iniziative. Si tratta di un’apparecchiatura per il cammino in sospensione di pazienti affetti da gravi problemi neurologici e/o gravi politraumatismi scheletrici. «Il Lite gait – treadmill con sistema di sospensione – ha spiegato il dottor Giudo Molinero, direttore della Riabilitazione dei Riuniti -, facilita il recupero motorio in pazienti affetti da patologia spinale con quadro neurologico incompleto, in pazienti affetti da emiparesi in esiti di ictus cerebrale o pazienti con quadro clinico di politrauma scheletrico degli arti inferiori. Tale metodica favorisce la ripresa del carico e l’inizio della deambulazione autonoma riducendo il carico dato dal peso corporeo e assicurando nel contempo la corretta esecuzione dello schema del passo». In pratica, l’apparecchiatura alleggerisce il carico sugli arti inferiori, un po’ come avviene in acqua, e consente di cominciare prima il recupero e in tutta sicurezza. Il risultato ultimo è che si accorciano i tempi di degenza, senza dimenticare il vantaggio anche psicologico per il paziente che ha la prospettiva di recuperare più velocemente la funzionalità. «L’apparecchiatura – ha rilevato ancora Molinero -, rappresenta un importante passo avanti nella dotazione del centro. Già cinque pazienti ricoverati presso la Riabilitazione di Mozzo hanno potuto usufruire della tecnica del cammino in sospensione con evidenza di un recupero della funzionalità più rapido e sicuro».
«La Pia Unione San Lucio ha una lunga storia di solidarietà – ha ricordato il presidente Pierantonio Chiari –. È nata nel 1938 su iniziativa dei lattai di Città alta, San Lucio è infatti il loro patrono, per aiutare i propri dipendenti e i colleghi in difficoltà e non ha mai perso questa vocazione. Col tempo le necessità della categoria si sono fatte meno urgenti e gli obiettivi del sodalizio sono diventati la promozione dell’unità della categoria, attraverso momenti di ritrovo e condivisione, e la crescita spirituale e culturale. L’attenzione a chi ha più bisogno non è mai venuta meno e quando i fondi che raccogliamo attraverso le iniziative rivolte agli associati raggiungono una cifra sufficiente li destiniamo a qualche operazione concreta. Ci piace infatti che l’impegno si traduca in un preciso progetto, in qualcosa che può dare un aiuto immediato, con particolare attenzione al nostro territorio». «Qualche anno fa – ha proseguito – siamo stati in grado di donare un’auto medica alla Croce Bianca di Bergamo, oggi abbiamo raggiunto un altro obiettivo, un’apparecchiatura che potrà aiutare chi ne ha veramente bisogno».
Nella visita al centro di riabilitazione i consiglieri della San Lucio (oltre a Chiari erano presenti Dino Balduzzi, Giuseppe Capurro, Alessandro Donadoni, Franco Meloncelli, Arturo Minuscoli, Enrico Pinti, Lino Ronchi) hanno incontrato e ricevuto il ringraziamento di Alex, il primo paziente che ha potuto utilizzare l’apparecchiatura, e conosciuto più da vicino le attività della struttura, comprese le belle imprese sportive degli atleti disabili. 
 




Un anno col fiato corto, il bilancio e le ricette delle Associazioni di Categoria

Si chiude l’anno che ha messo a più dura prova e sotto stress le imprese di ogni settore. Le principali associazioni di categoria del territorio tracciano un primo bilancio di quest’ultimo scampolo del 2012 e dettano alcune linee per avvicinare l’uscita dalla crisi, all’indomani di una crisi di governo che non contribuisce certo a dare stabilità al Paese. In un momento in cui la tassazione è ai massimi livelli storici e non mancano nuovi sacrifici in termini di adempimenti e nuovi oneri, le associazioni che rappresentano le imprese invitano a reagire e a cogliere nuove possibilità di business tra le pieghe del sistema economico, puntando sull’innovazione e cercando nuovi spazi all’estero in un mercato interno ormai saturo.

Camera di Commercio
Malvestiti: «Aziende e consumatori sfiancati, serve una scossa»

Paolo Malvestiti, presidente  della Camera di Commercio, traccia un quadro pesante di un anno che ha messo a dura prova e sotto stress il tessuto imprenditoriale bergamasco: “Il bilancio è ancora più nero dello scorso anno e porterà alla chiusura di altre imprese del commercio e dell’artigianato. Le prospettive non sono delle migliori, anche se vi sono forti speranze nella ripresa che il presidente della Bce, Mario Draghi, ha annunciato per il 2013. Non aiutano la ripresa gli impegni finanziari, gli oneri e i tributi, l’ultimo gli aumenti Tares, al di sopra di ogni tollerabilità. Tutto si riversa su imprese già all’asfissia ed è bene che chi governa ne tenga conto e ponga fine ad un massacro intollerabile che ha portato all’erosione dei risparmi di una vita le imprese e ha affossato ai minimi storici i consumi, visto che gran parte delle tredicesime, in cui era riposta la speranza di un Natale meno magro, saranno destinate al pagamento dell’Imu e di altre tasse. Lo Stato deve affrontare la situazione perché  quanto sta succedendo è irrimediabile : c’è ormai poco da spremere da un tessuto imprenditoriale allo stremo”. In questo momento così difficile la Camera di Commercio ha rinnovato il proprio impegno nei confronti delle imprese, mantenendo intatte le risorse stanziate al sostegno e allo sviluppo del tessuto imprenditoriale  del nostro territorio. “Il bilancio presentato dalla Camera nei giorni scorsi è in rosso, ma è figlio, oltre che della crisi, della volontà di dimostrare concretamente il supporto alle imprese, senza penalizzare in alcun modo le risorse stanziate in un momento in cui il sostegno è fondamentale”. L’impegno della Camera è costante anche sul fronte del sostegno all’occupazione: “Il dialogo è aperto a tutte le associazioni con tutte le istituzioni e i sindacati. Sul caso Honegger recentemente abbiamo promosso un incontro in Camera per gettare le basi per un confronto che consenta di operare sul territorio mostrando vicinanza a chi ha perso il lavoro. In un momento in cui preoccupa la disoccupazione giovanile, la Camera supporta i giovani e gli aspiranti imprenditori attraverso Bergamo Sviluppo e l’Incubatore d’Impresa. L’intenzione è quella di trasferire le imprese nel polo tecnologico di Dalmine, dove  stiamo studiando soluzioni a supporto dell’imprenditoria sin dalla fase di start-up”. L’invito agli imprenditori è di raccogliere le forze e rimboccarsi le maniche: “Bisogna superare insieme ed unitariamente questa fase problematica, che ormai si trascina da tempo, per accelerare, facendo fronte comune, una ripresa che stiamo attendendo con grandi sacrifici ma anche grande aspettative”.

Ascom
Trigona: «Molti i comparti in difficoltà. È il momento di progettare nuove iniziative»

Il crollo dei consumi sta mettendo a dura prova commercio e servizi. “Il settore dell’abbigliamento e delle calzature sta risentendo pesantemente della crisi, con punte negative nella moda uomo – traccia un primo bilancio di fine 2012 Luigi Trigona, direttore dell’Ascom -. L’alimentare perde ma in modo meno clamoroso, anche se l’impatto sui piccoli negozi familiari, dati i margini bassi, è tutt’altro che indifferente. Molto critica anche la situazione delle concessionarie d’auto  che in questo momento coincide anche con la crisi industriale dell’automotive.  Sta vivendo un momento particolarmente duro anche il comparto immobiliare, che risente delle difficoltà che l’edilizia sta vivendo. Tengono invece hi-tech, comunicazione, telefonia e tecnologie informatiche, ormai irrinunciabili sia per l’azienda che per il privato”. Soffrono anche il franchising e i negozi affiliati alle grandi reti: “Se fino ad ora la rete distributiva di insegne e marchi commerciali ha fatto da attrattore, in questo momento il crollo dei consumi fa emergere tutte le criticità dei sistemi di affiliazione, con clausole-capestro nei confronti degli affiliati. E’ problematica in questo senso anche la situazione dei negozi alimentari affiliati alle grandi reti, che devono sottostare a condizioni contrattuali spesso penalizzanti”. Sarà un Natale all’insegna dell’austerity: “Le tredicesime andranno al pagamento dell’Imu e di altre tasse. I sacrifici cui sono chiamate famiglie e imprese non hanno precedenti, basti pensare alla scure della tassa sui rifiuti che triplica gli oneri da versare, l’ennesima gabella per il settore”. Il 2012 ha messo a dura prova la tenuta occupazionale dei comparti: “Negli  ultimi anni il settore distributivo ha assorbito personale dal manifatturiero rappresentando una nuova  chance e opportunità lavorativa  e di ricollocamento, oggi commercio e servizi non sono più in grado di reggere richieste. Cresce il ricorso alla cassa integrazione e la riorganizzazione riguarda sia i grandi gruppi che le piccole imprese”. Ascom ha deciso di stimolare l’innovazione e la ricerca di nuove soluzioni e nicchie di business lanciando la Bottega delle Idee, vera e propria novità del 2012: “Uno strumento di innovazione e progettazione di iniziative. La bottega delle idee  raccoglie tutte le novità che riguardano il terziario e invita a stimolare la creatività grazie al contributo e al pensiero di ogni imprenditore”. Nel passaggio generazionale o nelle nuove imprese non mancano spunti interessanti: “I giovani, neo-imprenditori che frequentano i nostri corsi o nuove generazioni imprenditoriali che non mancano di aggiornarsi sulle ultime tendenze, stanno mettendo in campo iniziative interessanti sia nella distribuzione che nei servizi. Il settore più vivace in questo senso è  quello dei pubblici esercizi, con la creazione di nuove formule di ristorazione, come i panifici integrati in un veri e propri locali che rispondono a diverse esigenze”. Il bilancio del turismo registra una sostanziale tenuta: “Si sta investendo per rendere più attrattivo  il territorio. La nostra cooperativa di garanzia Fogalco ha contribuito a scongiurare la chiusura della stazione sciistica di Colere e la speranza è, alla vigilia dell’inizio della stagione invernale, che torni in auge con la crisi e il caro carburante il turismo a kilometro zero. E che i bergamaschi tornino a scoprire le nostre montagne”.

Confindustria Bergamo
Viscardi: «Chi ha investito sull’ innovazione di prodotto sta vedendo i primi risultati»

“I dati dell’ultimo trimestre evidenziano un calo della produzione industriale  del 5,8%, percentuale che scende di un punto abbondante nelle aziende più grandi, che segnano un -7%”. Gianluigi Viscardi,  presidente del comitato Piccola Industria e vicepresidente Confindustria Bergamo, tira le somme dell’ultimo scampolo di un anno difficile -. Di contro cresce la produzione delle imprese che operano nell’alta tecnologia e nei sistemi più innovativi ed avanzati, con un + 2,3%”. Il fatturato tiene: “Le aziende con 10-15 dipendenti registrano una crescita del fatturato nell’ultimo trimestre del 3%, mentre le imprese più grandi scontano un calo di business del 3%. I bilanci migliori sono nell’alta tecnologia che vede crescere il fatturato del 4%”. Sostanzialmente stabile il numero degli addetti: “La piccola industria  si attesta su un calo dello 0,3%, contro l’1% delle imprese più strutturate. In crescita l’alta tecnologia che impiega l’1,53% in più degli addetti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”. I dati premiano gli investimenti e l’innovazione: “Il periodo è tra i più difficili, ma chi ha scelto di investire in tecnologia e innovazione di prodotto sta vedendo i primi risultati, dalla meccatronica al tessile ad alta tecnologia, alla robotica. Gli affari vanno meglio anche per chi ha puntato sui mercati esteri, in particolare sui paesi emergenti, dal Marocco alla Turchia, dal Brasile alla Russia all’India”. Le imprese devono reagire e affrontare  le difficoltà allargando i propri orizzonti: “In concerto con le altre associazioni di categoria e con istituzioni come la Camera di Commercio, attraverso Bergamo Sviluppo, abbiamo investito in un percorso di internazionalizzazione che non può che contribuire a rendere più attrattivo il nostro territorio e  tessuto imprenditoriale”.  I contratti di rete rappresentano una scommessa  tutta da cogliere per accelerare la ripresa: “La nostra associazione sta promuovendo  la nascita di nuove reti di impresa, network che, fino a qualche anno fa, sarebbero rimasti solo sulla carta. Oggi le imprese avvertono sempre più l’esigenza di fare fronte comune  e la crisi sta stimolando la voglia di fare squadra e di intraprendere strategie e visioni comuni”. A smorzare lo spirito necessario per superare gli ostacoli, che ogni impresa incontra in questo periodo lungo il suo cammino, la zavorra di tasse e burocrazia: “Ormai ogni imprenditore deve dedicare il 30 per cento del suo lavoro ad affari amministrativi, oneri aggiuntivi e cavilli burocratici, che non fanno che togliere energie e voglia di fare impresa”.  Ma l’industria  trasmette ancora l’entusiasmo di fondatori e  nuove generazioni e coltiva lo spirito d’impresa in erba, attraverso open day ed iniziative di promozione: “E’ importante orientare i ragazzi e avvicinarli al mondo lavorativo, indirizzandoli verso quelle professionalità che il nostro settore richiede, in particolare su professioni tecniche e altamente specializzate come nel settore meccanico. In occasione del Pmi Day 47 aziende bergamasche hanno aperto le porte a 2700 ragazzi della terza media – 80 mila i giovanissimi in visita in Italia – per trasmettere loro l’entusiasmo delle aziende e orientarli a costruire il loro lavoro di domani”.

Associazione Artigiani
Carrara: «Per uscire dall’impasse puntare anche sull’aggregazione fra imprese»

“In questo momento soffrono tutti i settori legati al mercato interno, mentre è decisamente più roseo il bilancio delle imprese che hanno puntato con decisione sull’export – sottolinea Angelo Carrara, presidente dell’Associazione Artigiani di Bergamo – . L’edilizia è un settore tutto da ripensare e la produzione su fornitura affida il suo destino all’industria, cui è legata inevitabilmente. Il clima di instabilità politica non aiuta di certo né lo sviluppo né il consolidamento del nostro tessuto imprenditoriale. La perdita di credibilità a livello internazionale in un momento così delicato come quello che stiamo vivendo non può che creare ulteriore incertezza in uno scenario confuso e contraddittorio”. Per uscire dall’impasse, l’Associazione artigiani sta promuovendo l’aggregazione d’impresa con uno sportello dedicato ai contratti di rete: “La crisi sta facendo riscoprire l’importanza della condivisione di obiettivi e strategie tra imprese che fino ad oggi hanno visto nel vicino un concorrente e non un alleato.  Il contratto di rete offre una chance importante per il posizionamento sul mercato e l’aggregazione sta dando buoni risultati. Lo sportello Conf-Reti, attivato quest’anno, ha portato alla creazione di una rete di imprese di pulizia che grazie al network ha investito nello sviluppo di un sistema di pulizia con impiego di nanotecnologie per impianti fotovoltaici. In un settore in forte crisi come l’edilizia il filone della riqualificazione energetica sta aprendo nuove possibilità”.
Sul fronte dell’occupazione, in un contesto di grave disoccupazione, c’è un disperato bisogno di lavori artigianali che nessuno vuole più fare. “Mancano impiantisti, saldatori, installatori, falegnami ed altre figure professionali specializzate. La Riforma Fornero non aiuta e finora, nonostante le migliori intenzioni, sta frenando anziché incentivando le assunzioni. Ma c’è ancora spazio per i lavori artigianali e per manuali, che stanno riprendendo quota”. Per invitare i giovani a non fare i “choosy”, gli artigiani stanno potenziando il legame con le scuole del territorio e far capire ai giovani, ma soprattutto alle famiglie, che il lavoro manuale non è da snobbare. “La maggior parte degli imprenditori artigiani di seconda e terza generazione ha una laurea in tasca, che non può che rappresentare un valore aggiunto alla visione d’impresa o allo sviluppo di nuovi mercati. Troppi cercano un pezzo di carta che non fa che perdere il contatto con l’economia reale, che invece  ha bisogno, per il futuro del nostro Paese e del territorio, di salvaguardare il patrimonio di conoscenza e l’abilità artigianale e manuale”.

Imprese & Territorio
Guerini: «Gruppi di lavoro per sostenere la competitività del tessuto produttivo»

Si chiude un anno intenso per Imprese & Territorio, il Comitato unitario delle associazioni d’impresa che traccia un primo bilancio attraverso il quadro delineato dal presidente Giuseppe Guerini, alla guida anche di Confcooperative Bergamo: “E’ stato un anno importante, che ha visto il completamento nei termini stabiliti del riordino degli enti camerali e della creazione di un sistema di governance più partecipato. Negli ultimi sei mesi è stato siglato il nuovo patto associativo e sono stati creati dei gruppi di lavoro tematici per affrontare le questioni-chiave di sviluppo e consolidamento delle  80 mila imprese che il comitato rappresenta: credito e finanza, sindacato e politiche del lavoro e rapporti istituzionali”. Sono questi i temi caldi che Imprese & Territorio affronterà da qui ai prossimi mesi: “Il futuro dipende da quanto facciamo oggi e abbiamo fatto ieri, anche se stare sul mercato richiede oggi un impegno straordinario. E’ importante sostenere la competizione delle nostre imprese, attraverso logiche di sistema come il contratto di rete, perché la vera competizione futura sarà tra i sistemi territoriali. Migliorare l’accesso ai finanziamenti è una condizione necessaria per lo sviluppo, l’avvio o la riorganizzazione di ogni impresa. Sul fronte dell’occupazione il tavolo di lavoro oltre a promuovere relazioni sindacali e a valorizzare la bilateralità, intende rilanciare l’apprendistato e il contratto di produttività”.  In chiaro-scuro, anche per il mondo delle cooperative l’anno che si sta per chiudere: “Il 2012 è stato un anno complicato e per certi versi contraddittorio, con realtà che vivono una situazione drammatica e altre che invece non risentono se non in modo marginale della crisi. In questa fase dai confini incerti è fondamentale accompagnare le  imprese  a prepararsi alla ripresa e supportare nella riorganizzazione le realtà che più stanno soffrendo la crisi, in particolare le imprese legate al mondo dell’edilizia e dell’abitazione in generale”. Le cooperative stanno affrontando a testa alta la crisi: “I dati recenti sull’occupazione elaborato dal Censis rilevano una sostanziale tenuta dell’occupazione  nelle cooperative sociali, che fino al 2011 hanno addirittura incrementato del 2,5%  l’occupazione. Un dato positivo, anche se lontano da quel +17% di assunzioni rilevato dal 2007 al 2011”. Non mancano realtà che riescono ad inserirsi tra le pieghe sempre più ristrette del mercato: “In un settore contraddistinto dalla crisi come quello legato alla movimentazione merci, ci sono realtà, è il caso di una cooperativa specializzata nella movimentazione merci negli aeroporti, in grande espansione che stanno allargando i propri confini ben oltre quelli provinciali. Il settore più dinamico è rappresentato dalle cooperative socio-sanitarie, in un sistema come quello regionale in cui il sistema di accreditamento cresce. A soffrire, a causa delle risorse sempre più limitate dei comuni, le coop specializzate nel Welfare”.

Coldiretti
Brivio: «Non è stata un’annata facile, ma c’è un vero e proprio ritorno alla terra»

Il presidente della Coldiretti Alberto Brivio commenta il bilancio stilato dall’ufficio tecnico-economico della Federazione in occasione della ricorrenza di San Martino che chiude tradizionalmente l’annata agraria. “Le prime analisi  indicano che non è stata certamente un’annata facile. Si sono fatti sentire gli effetti delle anomalie climatiche, soprattutto della siccità, il forte aumento dei costi energetici (+25%) e quindi di produzione (il costo dei cereali per l’alimentazione degli animali è lievitato del 40%) praticamente in tutti i settori, la scarsa remunerazione delle produzioni agricole e la contrazione dei consumi per effetto della recessione economica in cui si trova il nostro Paese. Anche le difficoltà di accesso al credito hanno imbrigliato  lo sviluppo di molte aziende”. Per i comparti tradizionali le difficoltà continuano ad essere numerose. Criticità si rilevano negli allevamenti dei bovini da carne e dei suini. Nel settore lattiero caseario la situazione è drammatica. La mancanza di un prezzo di riferimento, (l’ultimo accordo è scaduto alla fine di settembre) sta determinando grande incertezza nei produttori, che devono affrontare un forte aumento dei costi di produzione: “Il prezzo medio pagato agli allevatori dall’industria casearia italiana è stato di 38.75 centesimi di euro al litro, ben al di sotto dei costi di produzione alla stalla. Il paradosso è che per il latte “spot” estero al di fuori dei contratti di riferimento e di provenienza non certa si arrivano a sborsare da 42 a 47 centesimi al litro”. Sull’agricoltura bergamasca gravano i costi di applicazione di provvedimenti come la direttiva nitrati, le norme sul benessere animale e sulle emissioni in atmosfera, che stanno mettendo in ginocchio il reparto suinicolo e avicolo: “Sono settori in crescita ma che devono sostenere costi pesanti. Se gli allevamenti avicoli si sono in larga parte adeguati al benessere animale, le imprese suinicole devono sostenere costi ingenti: le stime parlano di mille euro a scrofa, cifra  che, moltiplicata per i 300 mila capi lombardi , richiede investimenti complessivi di 300 milioni di  euro”.  In crisi anche il florovivaismo, settore  di grande importanza per la Bergamasca “che risente del crollo dei consumi” e il settore orticolo gravato da maggior costi e da consumi stabili. Segnali incoraggianti arrivano dall’agricoltura multifunzionale, con andamenti positivi per  l’agriturismo e l’attività di vendita diretta. “Il mercato richiede nuovi servizi al consumatore, dalla fattoria didattica alla trasformazione dei prodotti, dall’agricampeggio all’adozione di alberi da frutto, che rappresentano la formula innovativa vincente del settore". C'è un vero e proprio ritorno alla terra: "La presenza di 89 nuove aziende agricole in più rispetto all’ultimo anno e l’aumento delle assunzioni testimoniano che la crescente attenzione alla qualità dell’alimentazione e un ruolo sempre più centrale del comparto agricolo ha favorito la nascita di nuove ed importanti opportunità occupazionali". Non mancano giovani laureati che si danno alla campagna e all'agricoltura montana: "C'è chi sceglie l'agricoltura perché si è visto sbarrare le altre strade dalla crisi e si trova impreparato di fronte a un lavoro di sacrificio. Nella maggior parte dei casi la scelta è convinta e i neo-imprenditori affrontano con grande preparazione l'avvio d'attività". Moltissime le imprese al femminile: "E' sempre più rilevante presenza di imprenditrici nel settore, che si distinguono per la capacità di permeare la propria esperienza imprenditoriale con creatività e innovazione. Il 23% dei titolari delle aziende agricole bergamasche è infatti rappresentato da donne. L’agricoltura “rosa” ha toni più intensi nelle zone montane, dove le titolari donne sono il 25 %". In vista dell'Expo, non manca una stilettata: "Si parla pochissimo del tema, che dovrebbe essere centrale. Gli occhi sono tutti puntati sulle infrastrutture e sugli appalti".




Rifiuti, «la nuova tassa è il colpo di grazia alle imprese»

Anziché un alleggerimento della pressione fiscale – indicato come leva fondamentale per il rilancio delle attività economiche, finora rimasto sulla carta – l’anno nuovo porta alle aziende italiane ancora tasse e rincari dei servizi. Dopo Imu, la nuova sigla che i cittadini, ma soprattutto le imprese visto che è su di loro che ricade il maggiore impatto, dovranno inserire nel dizionario delle imposizioni è Res (o Tares). Si tratta di un nuovo tributo per la copertura dei costi per il servizio di smaltimento dei rifiuti e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni (come sicurezza, illuminazione, polizia locale, gestione delle strade) previsto dal decreto “Salva Italia”, convertito con modificazioni nella legge 214/2011, che entrerà in vigore dal primo gennaio 2013. Nonostante manchi ancora l’apposito regolamento ministeriale (che sarebbe dovuto arrivare entro il 31 ottobre scorso), il nuovo regime tariffario potrà comunque essere applicato sulla base dei coefficienti contenuti nel DPR 158/1999, ossia il metodo normalizzato della Tia1.
Il che permette già di fare dei calcoli. Secondo un recente studio della Confcommercio, le tariffe sui rifiuti pagate dalle aziende aumenteranno in media del 290%, con incrementi superiori al 400% per alcune tipologie di attività come la ristorazione e fino al 600% per l’ortofrutta e le discoteche. Il provvedimento nasce in un’ottica di semplificazione normativa, dopo anni di complesse e controverse interpretazioni sulla natura dei prelievi sui rifiuti (si ricordi la battaglia delle associazioni dei consumatori sulla restituzione dell’Iva indebitamente applicata alla Tia). Con la Tares si vuole mettere ordine in una materia che, con il passare degli anni, si è andata sempre più complicando e che, attualmente, vede la coesistenza di tre prelievi relativi alla gestione dei rifiuti: Tarsu (D. Lgs. 507/93), Tia1 (D. Lgs. 22/97) e Tia2 (D. Lgs.152/2006).
Il colpo maggiore lo subiranno le imprese nei Comuni che non sono ancora passati dalla Tarsu alla Tia (che, appunto, rappresenta oggi la base di calcolo anche del nuovo tributo), che sono però la larga maggioranza, ossia l’83%. Anche in Bergamasca la percentuale è alta, con il 70% dei Comuni (138 su 190 Comuni o aggregazioni di Comuni, la città di Bergamo è però già passata alla Tia) che applicano ancora la tassa sui rifiuti (Tarsu).
Una situazione che ha portato l’Ascom di Bergamo, in sintonia con la Confederazione nazionale, a scrivere ai parlamentari bergamaschi chiedendo un loro intervento perché «venga emanato un provvedimento che proroghi l’entrata in vigore del nuovo tributo almeno fino al primo gennaio 2014 e l’apertura di un tavolo tecnico che coinvolga le principali associazioni di categoria, affinché possano essere messe in campo tutte le misure e gli studi per l’individuazione dei criteri che siano maggiormente vicini alla reale produzione di rifiuti».
«Questo è sicuramente il momento peggiore per inasprire la pressione fiscale! – ha scritto il presidente Paolo Malvestiti – La mazzata Tares, dopo il brutale colpo inferto dall’incremento dell’Imu, costituirà il probabile “colpo di grazia” per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi che rappresentiamo». Malvestiti sottolinea anche l’ulteriore aggravio rappresentato dalla componente “servizi indivisibili”, pari a 0,30 euro per metro quadrato, che potrà essere aumentata con delibera del Consiglio comunale, anche in ragione della tipologia dell’immobile e della zona, fino a 0,40. «Se l’introduzione di questo nuovo tributo non fosse un fatto tragico, sarebbe quasi comico l’innesto di una nuova imposta su una tassa. Ma al peggio, a quanto pare, non c’è mai fine», è l’amara constatazione che il presidente sottopone ai parlamentari bergamaschi.
In mancanza di modifiche, il nuovo tributo potrà quindi già essere applicato dall’inizio del nuovo anno, anche se le difficoltà procedurali e tecniche non mancano, soprattutto nei Comuni che non sono ancora passati alla Tia. La riforma non poteva arrivare, secondo Ascom e Confcommercio, in un periodo peggiore. Rappresenta infatti un ulteriore balzello su quelle piccole e medie imprese che formano lo scheletro del sistema economico del Paese e sulle quali andrebbero costruite le premesse per una ripresa, e va inoltre ad appesantire la fiscalità generale (la tassa rifiuti, è stato calcolato, pesa in termini di entrate comunali per 5.759,8 miliardi di euro, collocandosi come seconda dopo l’Imu) lasciando facilmente prevedere come conseguenza un ulteriore riduzione dei consumi. Ma le critiche riguardano anche l’impostazione stessa del tributo. Analizzando cosa è successo nei Comuni che hanno avviato il passaggio da Tarsu a Tia, lo studio della Confcommercio rileva infatti «si è assistito ad aumenti tariffari medi del 200%, incrementi che non sono la conseguenza di un corrispondente incremento della produzione dei rifiuti ma, più semplicemente, sono causati da una non adeguata determinazione dei coefficienti potenziali di produzione previsti dal D.P.R. n. 158/99».
 
IL NUOVO TRIBUTO
Il nuovo tributo Res comprende, oltre alla quota ambientale per lo smaltimento dei rifiuti, anche una quota “servizi” per la sicurezza, l’illuminazione e la gestione delle strade (i cosiddetti servizi indivisibili). Dovrà essere corrisposto da chiunque possegga, occupi o detenga a qualsiasi titolo, locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti.
La componente “rifiuti” si avvicina più alla Tariffa di igiene ambientale (Tia) che alla Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) nonostante entrambe saranno abrogate con l’entrata in vigore del Res. La nuova tariffa sarà proporzionata «alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotte per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte» sulla base dei criteri stabiliti da un apposito regolamento ministeriale che, sebbene dovesse essere promulgato entro il 31 ottobre 2012, non è ancora stato emanato. La mancata adozione del provvedimento non impedisce comunque l'entrata in vigore del nuovo tributo, in quanto sarà possibile applicare provvisoriamente il metodo normalizzato della Tia1. L’obiettivo del nuovo sistema di tariffazione è assicurare da subito la copertura totale dei costi del servizio. I comuni potranno decidere di diminuire la tariffa o di prevedere anche agevolazioni o esenzioni in caso di produzione ridotta di rifiuti e stabilire agevolazioni per situazioni di particolare disagio sociale.
La componente “servizi” sarà calcolata in base al valore dell'immobile attraverso un'aliquota comunale, rappresentata da una maggiorazione pari a 30 centesimi per metro quadrato, che può, con deliberazione del consiglio comunale, aumentare fino ad un importo massimo di 40 centesimi per metro quadro, in ragione della tipologia dell’immobile e della zona.
 




Deotto: “Tripadvisor è utile” I ristoratori: “Troppe penne avvelenate”

Tripadvisor raccoglie 75 milioni di recensioni, 60 milioni di visitatori unici mensili e ogni minuto sono 60 i nuovi contributi che arricchiscono il sito che in 12 anni di storia continua a crescere a ritmi costanti. In Europa il sito si piazza secondo (dopo booking.com) per visite mensili (dati a settembre 2012) con 19 milioni 546 utenti. In Italia il sito è di gran lunga il più visitato, primato raggiunto con 2 milioni 122 visite, con una crescita del 19,1% nel mercato viaggi e del 48,4% in un anno. Dati che definiscono Tripadvisor il portale di viaggi più grande del mondo ed uno strumento fondamentale per conquistare nuove quote di mercato.   Social network e siti dedicati rappresentano un importante passo avanti per riposizionare la propria impresa sul mercato e ristrutturare la propria immagine prestando attenzione alle opinioni di ogni ospite.
Vittorio Deotto, manager di Tripadvisor, ha presentato i dati più recenti rilevati dal sito più amato dai viaggiatori e indicato come sfruttare al meglio l’opportunità offerta dalla rete. Per prima cosa Deotto ha voluto sfatare il luogo comune secondo cui il sito raccolga commenti negativi: “Il 72% degli alloggi italiani ha ottenuto un punteggio, in una scala da 1 a 5, di 3,5 o superiore, a dimostrazione della scarsa incidenza di “critiche gratuite o peggio velenose”.  Quanto alla popolarità di ogni insegna, i parametri in grado di influenzare sono la data delle recensioni, il giudizio medio e il numero delle recensioni.  Per migliorare la propria immagine on-line non mancano una serie di dritte: “Tripadvisor deve essere considerato come il prolungamento dell’ufficio commerciale di ogni attività all’estero ed uno strumento per raggiungere clienti in tutto il mondo” continua Deotto. Il primo passo è registrarsi al Centro Gestione: “Solo così è possibile monitorare costantemente la propria reputazione. Tripadvisor è in costante crescita in Italia, dove nell’ultimo anno sono cresciute del 46% le strutture alberghiere recensite e, visto che il 90% della popolazione ha un dispositivo mobile e la nostra App (la seconda più scaricata nel settore viaggi, con oltre 26 milioni di download) agevola l’accesso dal cellulare, con oltre 50 guide di città disponibili off-line, quindi senza ricorrere a connessione, in 20 lingue, con oltre 35 milioni di utenti unici mensili”. E per amplificare ulteriormente il passa-parola non manca l’integrazione con Facebook  “Trip Friends”, che indica le impressioni di viaggio dei propri amici,  e “Friends of Friends”, che raggiunge gli amici degli amici. Il terzo passo è quello di monitorare ogni notifica (il sistema segnala ogni nuova recensione) e gestire il “rendimento” da una pagina che riporta in modo dettagliato pregi e difetti rilevati dai visitatori. E per sfatare – o confermare – il detto che vuole che l’erba del vicino sia sempre più verde, con relativa invidia da parte di chi lo guarda, magari dalla propria finestra, Tripadvisor dà la possibilità di confrontare – sempre in modo gratuito – il proprio rendimento con quello del concorrente: “Volendo – sottolinea Deotto – è possibile cambiare ogni giorno competitor in modo da avere un quadro preciso della propria impresa”.
Il quarto passo è pubblicare repliche della direzione ad ogni commento: “Nella risposta si possono inserire informazioni nuove, dall’offerta in corso alla ristrutturazione giusto per fare un esempio, che possono incentivare una nuova visita e convincere ulteriormente chi visita il sito”. Pubblicare foto è altrettanto importante, perché rappresentano un vero e proprio biglietto da visita. Tripadvisor offre la possibilità di scaricare gratuitamente widget (interfaccia, ndr) da utilizzare sul proprio sito: “L’hotel può così arricchire il proprio sito riportando il certificato d’eccellenza o le ultime recensioni ricevute. Una scelta – sottolinea Deotto – che si rivela fondamentale per ottimizzare i tempi per effettuare la prenotazione trattenendo il visitatore sul proprio sito, visto che un recente studio Focus Wright evidenzia come per prenotare un hotel si impieghino solo 7-8 minuti al massimo”. Per conquistare definitivamente il cliente e acquisirne nuovi di passaggio è importante pubblicare le offerte e promozioni in corso: “Le offerte diventano visibili su una mappa che ogni utente può interrogare e che ogni turista di passaggio può cogliere”. L’importante è che siano attrattive: “A Milano tanti alberghi continuano a proporre il week-end romantico, in una città che evidentemente è meglio punti su altri argomenti più forti, dalla moda ai musei, al Cenacolo”.
Il 57% è più propenso a prenotare un hotel che replica alle recensioni, rispetto ad un altro hotel che non risponde ai viaggiatori, sulla base di una recente indagine condotta a settembre da PhocusWright’s per TripAdvisor. L’84 % dei turisti afferma di migliorare la propria considerazione di un hotel se è stata pubblicata una replica della direzione appropriata per una recensione negativa. Il 78%  pensa che la risposta di repliche della direzione sia un indice di quanto si tenga ai propri ospiti.

LE REAZIONI

Ristoratori bergamaschi in coro: “serve una migliore selezione delle recensioni”

Taverna del Colleoni Dell’Angelo
Cornaro: “Uno strumento
che offre opportunità di crescita”

“Grazie a Tripadvisor registriamo un incremento della clientela internazionale che sfiora il 30 per cento. E’ uno strumento di grande successo, molto seguito da chi viaggia, anche se non esiste un filtro. Oltre trent’anni fa, quando lavoravo a New York, Zagat muoveva i primi passi nel mondo delle guide, affidando i commenti agli utenti, ed oggi è la guida più importante oltre Oceano. Ma ha sempre fatto da filtro al mare magnum di commenti e recensioni. Resta il fatto che, comunque sia, una guida fatta dalla gente rappresenta una risorsa eccezionale e da cogliere”. Cornaro non solo risponde ad ogni recensione negativa, ma stampa e appende ogni commento non al top nella bacheca del personale: “Chi lavora qui potrebbe lamentarsi, ma invece si limita con grande professionalità a leggere e a prendere atto di ogni critica. Il risultato alla fine è positivo perché non fa che contribuire a migliorare il servizio. Quanto alle critiche, ogni giorno io e mio figlio Nevio seguiamo ogni aggiornamento e rispondiamo alle critiche, mettendo ancora più impegno nel rispondere a quelle più catastrofiche. Del resto internet è nato per scambiarsi idee ed opinioni e non cercare di colloquiare o stabilire i contatti con la propria clientela è un grande sbaglio”. I furbetti della recensione esistono, ma meritano comunque, anzi forse a maggior ragione, una risposta: “Mi è capitato di avere una recensione negativa in cui il turista si lamentava di una polenta e salame, che a onore del vero non ho mai avuto in carta nella mia vita, e del locale deserto. Probabilmente o ha sbagliato locale o ha sbagliato l’orario, ad ogni modo l’ho invitato a venire a cena nel nostro locale quando gli si presenterà l’occasione”. Non mancano alcune pecche: “Il sito non ha previsto una distinzione tra diverse categorie di locali e ristoranti, così accade che si trovi la gelateria come il bar e il ristorante. In questo Tripadvisor non può che migliorare “.

Roof Garden
Ferrari: “Cerco di stare
alla larga da blog e commenti”

“Da tempo immemore evito di leggere blog e commenti e presunte (e sottolineo presunte) visite, ma inevitabilmente con Tripadvisor dobbiamo fare tutti i conti. Io stesso, da utente, lo consulto ogni volta che intraprendo un viaggio, specialmente per vedere quali offerte propongono. Mi è capitato anche di scrivere recentemente una recensione dopo una serata davvero indimenticabile a Il Pellicano (a corte di Antonio Guida, due stelle Michelin conquistate nel Relais a Porto Ercole, ndr)”. Ho letto cose meravigliose e cose terribili. Mi sono giustamente arrabbiato nel leggere recensioni di piatti totalmente inattuali, che proponevo almeno due anni prima. Leggo due o tre recensioni positive ed è possibile che la terza sembri firmata da un esorcista? Probabilmente  su internet c’è chi si dà alla pornografia e anche chi prova piacere nel denigrare il lavoro altrui con cattiverie gratuite. Per questo evito di farmi venire il sangue amaro e non apro la pagina in internet. Sto in cucina dieci ore al giorno almeno sei giorni su sette, senza calcolare il tempo che comunque dedico al ristorante anche lontano dai fornelli e ho deciso di stare alla larga dai commenti allo sbaraglio. Con piacere noto che tanti altri miei colleghi fanno lo stesso, una conferma che ho avuto da grandi chef come Antonino Cannavacciuolo e Chicco Cerea”.

Il Pianone
Panattoni: “Critico verso questo strumento
sia come utente che come ristoratore”

“Sono abbastanza critico nei confronti di Tripadvisor sia da ristoratore che da utente, anche se comunque sia qualche cliente lo porta di sicuro. Mi è capitato di voler rispondere a due recensioni negative autenticandomi nel sito, ma purtroppo non mi è stato permesso. C’è stato perfino un caso eclatante di evidente errore nell’identificazione del locale, dal momento che si parla di un piatto come la pizza che in tanti anni di storia non abbiamo mai servito. Quando ho usato il sito in viaggio o in vacanza per cercare consigli su ristoranti sono rimasto un po’ deluso. Il problema è che chi scrive commenti non ha in larga misura grandi competenze e spesso non riesce a valutare l’effettiva qualità di quanto assaggia. Non mancano poi le recensioni al vetriolo: vuoi per il conto che è per sua definizione sempre troppo salato, vuoi come sfogo personale perché quella serata l’umore non era dei migliori”. Un solo giudizio negativo è in grado di metterne in discussione dieci positivi: “ La gente è più propensa a lamentarsi – a volte purtroppo muovendo critiche distruttive piuttosto che costruttive – che a tessere elogi. Ed anche questo è un aspetto da tenere in considerazione. Ci si scomoda a scrivere più per criticare che per condividere un’esperienza positiva”.  Un caso eclatante o sospetto? “Un paio di mesi fa ho letto una recensione negativa scritta da qualcuno che in quello stesso giorno aveva recensito ben 25 altri locali a Bergamo”. Non mancano i dispensatori di recensioni positive a pagamento: “Ogni giorno via mail ricevo offerte commerciali , tra cui la possibilità di acquistare  recensioni entusiaste su vari siti, tra cui Tripadvisor”. 

Porta Osio
Angeloni: “Pochi filtri e garanzie,
per questo resto scettico”

“Tripadvisor mi ha inviato un certificato di qualità da esporre e non posso che essere soddisfatto dei commenti positivi ricevuti, ma resto molto scettico nei confronti di uno strumento che non prevede filtri e garanzie che attestino l’effettiva visita al ristorante. Ad oggi Tripadvisor, nonostante io abbia ricevuto  recensioni oneste e positive, può essere utilizzato in modo improprio da chiunque, dal commentatore prezzolato al collega scorretto”. Alle critiche Nicholas Angeloni ha scelto di non rispondere: “E’ lecito lamentarsi, ma ho scelto di non dare importanza ad ogni commento. Mi capita di leggere risposte allucinanti da parte dei locali e non me la sento proprio di fare lo stesso, anche perché il cliente ha sempre e comunque ragione. Se il cliente muovesse le critiche di persona anziché sfogarsi poi sul web sarebbe decisamente meglio”. Un commento strano o sospetto? “C’è una donna misteriosa, che frequenta il mio locale in modo assiduo, almeno cinque-sei volte al mese che, pur riconoscendomi ben 4 stelle su 5, dichiara che il pesce da noi non è sempre fresco, cosa che non è assolutamente vera”.

Osteria Al Gigianca
Pesenti: “C’è pure chi ti ricatta
minacciando giudizi negativi”

“Tripadvisor porta senza dubbio tanti clienti. Essere nella top-ten dei locali recensiti in città ci porta un buon 30 per cento di clienti nuovi. Siamo a Loreto, siamo aperti da due anni, eppure tanti stranieri e turisti da fuori provincia decidono di fare un po’ di strada in più per raggiungerci, anche se siamo al di fuori dell’itinerario di visita tradizionale” . Oltre ai commenti positivi, non sono mancate le critiche e nemmeno i ricatti di qualche cliente che prova a mercanteggiare recensioni entusiaste in cambio di uno sconto: “Dopo la nostra segnalazione Tripadvisor ha convenuto con noi di rimuovere una recensione davvero aggressiva ed infamante, dopo un opportuno controllo. Sono capitate anche critiche assurde, come quella mossa ai nostri taglieri di salumi e formaggi tacciati d’essere di scarsa qualità, quando andiamo addirittura negli alpeggi a scegliere i formaggi migliori ed abbiamo produttori rinomati di riferimento per i salumi. Recentemente abbiamo ricevuto una promessa di recensione positiva ed un ricatto per un  commento negativo da un gruppo di ragazzi, che alla fine volevano uno sconto”. Ai commenti Al Gigianca ha scelto di rispondere ogni giorno: “Teniamo d’occhio costantemente il sito e abbiamo scelto di rispondere sia alle recensioni positive che a quelle negative”.




Il pane? Un prodotto anticrisi

Un piacere quotidiano, più che una necessità alimentare, almeno per un terzo degli italiani. Il pane resta un protagonista dei pasti, non importa se si consuma a casa, alla scrivania dell’ufficio o negli spazi del panificio stesso. È un prodotto anti-crisi, perché – dicono i consumatori – nulla è più gustoso e vario del pane artigianale, vincente sul piano della qualità, della varietà e della tradizione. Sono i principali orientamenti che emergono da una ricerca Swg, commissionata da Veronafiere in vista del Siab, il salone dedicato alle tecnologie e ai prodotti legati a pane, pasta, pizza, pasticceria, in programma a Verona dal 25 al 29 maggio 2013.
Lo studio ha coinvolto consumatori, panificatori e imprese della filiera (dai produttori di materie prime ai costruttori di attrezzature, tecnologie, materiali e accessori specifici per l’arte bianca), con l’obiettivo di comprendere le dinamiche di evoluzione del mercato della panificazione e degli spazi di possibile ri-posizionamento, delle priorità e aspettative di settore, delle strategie più utili a consolidare gli spazi di mercato.

Per due italiani su tre è importante
la denominazione “pane fresco”

Il pane mantiene il suo forte appeal e regge alcuni cambiamenti delle abitudini degli italiani, come ad esempio l’aumento dei pasti fuori casa. Il consumo è infatti allineato a quello del 2010, con un aumento – seppure lieve – della quantità media acquistata, passata da 496 grammi a settimana del 2010 ai 500 del 2012.
Le risposte fornite dai consumatori intervistati (un campione di 800 maggiorenni residenti in Italia) indicano chiaramente ai panificatori la strada da seguire per continuare a soddisfare le loro aspettative: specializzarsi e soprattutto differenziarsi da altre tipologie industriali è obbligatorio. Nello specifico, il 63% dei consumatori valuta molto utile l’introduzione della denominazione “pane fresco” per il pane prodotto in giornata e non sottoposto a trattamenti di conservazione; più della metà degli intervistati (52%) vede negativamente l’aggiunta di additivi e di miglioratori nella preparazione di prodotti da forno dolci e salati. Ma anche la parola “panificio” ha un valore importante: per il 60% degli intervistati, è infatti molto utile per caratterizzare quelle imprese che svolgono l’intero ciclo di produzione del pane. Per le medesime ragioni distintive e identitarie, il 70%o dei consumatori crede che sia molto utile introdurre l’obbligo della dicitura “pane conservato” per il pane che ha subito una qualche forma di trattamento per la conservazione.

Qualità e nuovi servizi le leve
per far crescere il settore

Le soluzioni indicate per crescere fanno leva principalmente su due azioni. Da un lato la ricerca della qualità, dell’originalità, della riscoperta di tradizioni e di prodotti ricercati. Dall’altro un percorso di innovazione sia sul piano tecnico-gestionale che nella riorganizzazione degli spazi del forno come un’area dove è possibile mangiare con minori costi. Secondo il campione, infatti, il risparmio medio di chi sceglie il panificio per mangiare sfiora i 3 euro a pasto.
Consumatori, panificatori e filiera evidenziano i cardini attorno ai quali sviluppare il business dell’arte bianca. Innanzitutto, puntare sulla qualità, concetto sposato dal 56% degli artigiani del pane, del 54% dei consumatori e del 31% delle imprese della filiera. Il 26% dei panificatori e il 14% dei consumatori ritiene che un passo importante da compiere sia la trasformazione del panificio in piccole boutique del gusto. Un’altra soluzione all’insegna del rilancio del comparto, riconosciuta dal 16% dei consumatori (e dal 7% dei panificatori) contempla la possibilità di ampliare la gamma di prodotti da forno dolci e salati.
Ma anche l’opportunità offerta dal decreto liberalizzazioni del 2007, che consente ai panifici di offrire pasti veloci e di qualità è una strada individuata dal 12% dei consumatori e dal 7% dei panificatori, più tradizionalisti nel considerare il negozio più come luogo di acquisto che come punto di ristoro di qualità.
Innovazione, nelle aspettative dei consumatori, significa anche nuovi servizi, come la possibilità di ordinativi su misura e on line, la consegna a domicilio. Una modernizzazione a largo raggio, insomma, nella quale gioca un ruolo fondamentale anche tutta la filiera: dalle materie prime alle attrezzature, dall’arredamento fino al packaging, all’abbigliamento ed agli accessori in generale.

La sfida è guadagnare spazio
nei consumi fuori casa

Lo scenario in cui disegnare la ristrutturazione del settore passa attraverso un aumento del consumo alimentare fuori casa nel corso della settimana, elemento che accomuna il 63% degli intervistati. Solo nel 2007 erano il 46%. Si consuma di più, rispetto a cinque anni fa, in pizzeria (passata dal 18 al 21%) e al bar, passato dal 9 al 13%, mentre il ristorante e la trattoria sono sostanzialmente stabili al 21%.
Sale anche la quota del panificio. Il 7% degli italiani lo sceglie abitualmente (mangiano in panificio più o meno spesso) per un pasto rapido ed è una tappa frequente per un rimanente 12% (che sceglie il panificio saltuariamente). I motivi? Un connubio vincente fra qualità e minore spesa, con un risparmio medio a pasto di 2,92 euro. A dare la spinta è la percezione di quello che si acquista. Siano essi prodotti da forno dolci o salati, il panificio artigianale offre prodotti più buoni (40% sui prodotti dolci, 54% sui salati), più freschi (39% se dolci, 44% se salati) e più genuini (29% se dolci, 26% se salati).




A Natale via Quarenghi “apre” quattro negozi

Pur essendo in centro, via Quarenghi viene percepita come un mondo a parte, una zona d’ombra nella mappa della città. Questo, secondo i residenti, avviene non perché la area presenti chissà quali maggiori rischi per la sicurezza, ma per un motivo più semplice, la mancanza di una reale attrattività commerciale. Il moltiplicarsi di supermarket cinesi, phone centre, kebab e ritrovi etnici, tutti concentrati nella parte bassa della via, ha di fatto appiattito l’offerta e ristretto il numero dei potenziali visitatori ai soli interessati a quel tipo di attività. Ora che anche il turn over di locali e negozi gestiti da cittadini extracomunitari sembra rallentare e che nuovi cartelli “affittasi” e “vendesi” compaiono al fianco di saracinesche abbassate da tempo, l’Associazione Quarenghi – la realtà attraverso la quale il Comitato dei residenti realizza le iniziative di animazione e promozione -, lancia un’operazione “dimostrativa” che ha chiamato “Aperti per Natale”.
Dall’8 al 23 dicembre, in pieno clima di scarpinate in lungo e in largo alla ricerca dei regali, ha infatti riaperto quattro negozi sfitti, tutti nella parte bassa della via, quella percepita come off limits, mettendoli a disposizione di artisti e onlus. Al civico 21 si potrà trovare un atelier artistico di fotografia e pittura, con le opere di Ivan Mologni, poeta dell’immagine, e dei maestri d’arte Ivan Colombo, Leonardo Corvino, Elisabetta Mastro e Riccardo Moretti. Nella corte interna al numero 29, l’associazione Donne Internazionali allestirà il proprio mercatino di Natale proponendo decorazioni in cristallo di Boemia e altri oggetti, al 48/d prenderanno posto gli intarsi lignei di Osvaldo Mazzoleni, mentre al 50/a Lorella Brembilla metterà in mostra le proprie creazioni nello spazio “L’arte creativa di Lella: borse… e non solo”.
«Siamo conviti – afferma Giulia Martinelli, presidente del Comitato – che il commercio possa dare un impulso importante alla riqualificazione dell’area, ma deve offrire qualcosa che altrove non si può trovare. Con questa iniziativa ci piacerebbe lanciare questo stimolo, far vedere come la via può cambiare volto grazie all’apertura di attività nuove». «È un’idea – prosegue – sulla quale stavamo lavorando da qualche tempo (annunciata già in un’intervista alla Rassegna ndr.) e siamo davvero contenti di essere riusciti a realizzarla. Ci ha fatto molto piacere, in particolare, l’entusiasmo con il quale i proprietari hanno risposto mettendo a disposizione gratuitamente i loro locali, tra i quali anche spazi suggestivi e dimenticati come quello all’interno della corte. L’Associazione si è poi occupata di rendere nuovamente agibili gli spazi, a cominciare dal ripristino dell’energia elettrica, mentre la scelta di puntare su onlus e artisti è legata sia alla maggiore snellezza burocratica per la collocazione di questo tipo di attività e alla volontà di proporre qualcosa legato all’arte, alla creatività e alla solidarietà. È davvero bello veder tornare a vivere le vetrine e speriamo che la curiosità per questo evento indirizzi i passi dei bergamaschi anche su via Quarenghi e ne faccia percepire le potenzialità». 




Nel Distretto di Zingonia i regali li fanno i commercianti

I negozianti del Distretto del Commercio Area Zingonia – che riunisce i comuni di Boltiere, Ciserano, Osio Sotto, Verdellino e Verdello – hanno deciso di prolungare la stagione dei regali. Hanno infatti dato vita ad un concorso che premia chi fa gli acquisti nei punti vendita aderenti che va oltre il periodo delle Feste. Dall’11 dicembre al 15 febbraio, grazie all’iniziativa chiamata “Premia i tuoi acquisti”, si potrà tentare la sorte in due modi, scoprendo se c’è un premio immediato sotto la striscia argentata “gratta e vinci” o partecipando all’estrazione finale. Per concorrere all’estrazione occorrerà completare con cinque timbri di negozi diversi l’apposita scheda, che sarà consegnata gratuitamente. Si avrà diritto al timbro con un acquisto di almeno 10 euro, secondo le modalità stabilite da ciascuna insegna e indicate chiaramente all’interno dell’esercizio. In palio ci sono buoni spesa del valore complessivo di 1.500 euro. Il primo premio è di 350 euro (due buoni da 100 e tre da 50 euro), il secondo è di 250 euro (un buono da 100 e 3 da 50 euro), il terzo di  150 euro (tre buoni da 50 euro), seguiti da premi di 50 euro cadauno e da ulteriori buoni spesa, buoni sconto e buoni regalo messi in palio direttamente dai commercianti e da utilizzare nei loro negozi. I buoni spesa potranno essere utilizzati nei negozi aderenti all’iniziativa nel periodo 10 marzo – 30 giugno 2013.
Ogni scheda per la partecipazione all’estrazione finale consente di partecipare anche al concorso del tipo “gratta e vinci”. Dopo aver ricevuto la scheda, basta che il cliente rimuova la patina argentata per scoprire subito se ha vinto o meno uno buoni spesa messi in palio (per un valore complessivo di 1.000 euro) da utilizzare presso qualsiasi punto vendita associato al concorso. In caso di vincita, i buoni spesa spendibili solo al completamento della scheda con i cinque timbri apposti da cinque commercianti diversi aderenti all’iniziativa. Anche in questo caso i vincitori potranno usufruire dei buoni spesa entro il 30 giugno 2013.
I punti vendita che partecipano sono più di cento (l’elenco è disponibile sul sito del distretto http://areazingonia.wordpress.com) nei comuni di Boltiere, Osio Sotto, Verdello e Verdellino. La gamma delle merceologie è molto ampia e permette di soddisfare, in pratica, ogni esigenza, dalla spese quotidiana all’abbigliamento per tutta la famiglia, dagli elettrodomestici all’arredamento, dalla cartoleria ai fiori, senza dimenticare parrucchieri, estetiste, negozi di ottica e fotografia, lavasecco, il fuori casa, con bar, pasticcerie, ristoranti e pizzerie e i punti vendita specializzati, ad strumenti in strumenti musicali, filati, cornici, moto, tappezzeria e tanto altro ancora. Con questo progetto il Distretto persegue il proprio obiettivo di accrescere l'interesse, la conoscenza e l’attrattività delle attività commerciali ed artigianali del territorio.




A Natale negozi testimonial di solidarietà

“Mettici il cuore!… per un Natale aperto alla missione” è lo slogan della nuova edizione della tradizionale campagna natalizia che vede l’Ascom affiancare il Centro Missionario della Diocesi di Bergamo e l’associazione “Pro Jesu” onlus nel sostenere alcuni progetti di solidarietà e al contempo richiamare l’attenzione sul significato della Festività. E un cuore – in pannolenci color panna, tempestato da preziose perle ed arricchito con decorazioni in nastro di raso marrone e scozzese con fili d’argento, il tutto guarnito con spilla gioiello in strass e cristalli – è il simbolo dell’iniziativa di quest’anno, il testimonial che si chiede ai commercianti di acquistare ed esporre per sostenere la campagna. Con un contributo di 15 euro, i negozianti possono ritirare un kit che, oltre all’addobbo a forma di cuore, contiene una locandina con la presentazione della campagna, dei calendarietti-segnalibro da omaggiare ai clienti, chiudipacco natalizi per i regali e la spiegazione del progetto. L’operazione non prevede una raccolta fondi nel punto vendita, ma semplicemente di farsi promotori, grazie al materiale fornito, degli obiettivi e del messaggio dell’iniziativa nei confronti dei cittadini che quotidianamente frequentano gli esercizi. L’invito a partecipare è rivolto, in particolare, ai dettaglianti alimentari, agli ambulanti della Fiva in occasione delle bancarelle di Santa Lucia, ai panettieri dell’Aspan, chiamati anche a realizzare per l’occasione un pane a forma di cuore, e agli operatori turistici attraverso il coordinamento del Consorzio di promozione turistica della Città di Bergamo. Anche i pasticceri del Capab e il distretto del commercio Bergamo Centro sono stati coinvolti.
I fondi raccolti quest’anno andranno a sostegno di quattro progetti dedicati al futuro di ragazzi e giovani, in Bolivia, Costa d’Avorio, Terra Santa e Albania. In Bolivia l’intervento si inserisce in una lunga esperienza di sostegno alle famiglie ed ai più piccoli nei “Clubs de Madres” ed è affidato a Suor Giusy Manenti, della comunità delle Suore del Bambino Gesù, nella zona dell’altipiano di Potosì. Qui da qualche anno le suore hanno iniziato ad organizzare brevi corsi di economia domestica, taglio, cucito e confezionamento di abiti tipici della cultura andina con l’obiettivo di offrire un’opportunità di crescita sociale e culturale. In Costa d’ Avorio, invece, il “Centro Sanitario Palazzolo” delle Suore delle Poverelle ha come scopo principale quello di aiutare i poveri e la raccolta fondi vuole sostenere la realizzazione di un laboratorio di analisi ed ottenere il riconoscimento della struttura a “Centro Medico-sociale”, così da avere il diritto ad un medico ed un tecnico superiore per le analisi di laboratorio inviati dal Ministero della Salute. In Terra Santa i cristiani vivono in una situazione di fatica e indigenza, faticano a trovare un posto di lavoro, a sostenere le semplici spese quotidiane, a permettere a ragazzi e giovani di frequentare la scuola e raggiungere un sufficiente livello di preparazione. Per questo motivo la campagna sosterrà percorsi scolastici formativi e professionali, nell’ambito di un progetto affidato a padre Pierbattista Pizzaballa, bergamasco, Custode di Terra Santa. In Albania, infine, l’obiettivo è realizzare una chiesa per la comunità parrocchiale di Shengjin, un paese di circa 5.000 abitanti sulla costa, nella diocesi di Lezhe, a maggioranza cattolica.
La campagna coinvolge ogni anno molte altre realtà territoriali e si articola in numerose iniziative. A cominciare dal Concerto di Natale nella basilica di Sant’Alessandro nell’ambito del quale sarà assegnato il premio “Beato Papa Giovanni XXIII” ai missionari bergamaschi. E ancora: il coinvolgimento delle scuole e degli oratori nel concorso “Mettici il cuore!… anche tu”, la presenza della “Luce di Betlemme”, la capanna con la Natività sul Sentierone, la possibilità di acquistare e donare il “panettone della Solidarietà”, la vendita di presepi e oggetti provenienti dal sud del mondo a Oriocenter, il servizio di confezione dei pacchi all’Iper di Seriate, una serata con le esperienze di giovani impegnati nelle missioni, un concerto del coro Idica, per concludere con la meditazione musicale “Il cuore dei Magi” il 6 gennaio nella Chiesa parrocchiale del Sacro Cuore a Bergamo. Si possono sostenere i progetti anche attraverso il sito www.websolidale.org, che vende i presepi on line e dà la possibilità di inviare gli auguri natalizi via internet tramite la “Cartolina solidale”.
L’Ascom, che sin dall’inizio è stata tra i promotori della campagna, rivolge anche quest’anno l’invito ai propri associati a condividere questo percorso, con l’obiettivo «di far conoscere sempre di più la proposta per una sempre maggiore sensibilizzazione».




Supermercati in franchising, l’allarme dei gestori

I dati lo indicano come una formula che regge davanti al calo dei consumi, un sistema che, pur toccato – come tutti – dalla crisi, ha dalla sua parte elementi capaci di offrire maggiore competitività alle aziende commerciali. In effetti il franchising – con la sua dotazione di esperienza, prodotti, ambiente, immagine e comunicazione già collaudati – rappresenta una strada più semplice rispetto al “fai da te”, sia per i negozianti che vogliono aggiornare la propria offerta in una chiave più moderna sia per chi vuole lanciarsi per la prima volta in un’attività in proprio, prospettiva oggi presa in maggiore considerazione per via delle difficoltà occupazionali.
Secondo il rapporto di Assofranchising, ad esempio, lo scorso anno in Italia il fatturato dei franchisor, ossia le aziende affilianti, è aumentato di 166 milioni di euro (+0,7% rispetto all’anno precedente, +2% nel biennio 2009-11) ed i punti vendita, al netto delle chiusure, sono saliti di 83 unità (+0,2%), una lieve positività che diventa ben più significativa paragonata alla generale flessione del numero di aziende commerciali.
Ma la crisi, se da un lato accende l’interesse sull’affiliazione, dall’altro ne evidenzia i problemi. Per supermercati e market, in particolare, Renato Rodigari, presidente del gruppo gastronomi e salumieri dell’Ascom, oggi parla di vero e proprio allarme, della necessità non più prorogabile di rivedere i rapporti tra le grandi catene ed i gestori, perché è su questi ultimi che finiscono per ricadere le maggiori conseguenze del difficile momento economico. «In Bergamasca – afferma – ormai tutti i supermercati appartengono ad una rete in franchising, indipendentemente dalla superficie. Anche il piccolo market sotto casa si trova a dover affrontare un passaggio, in pratica, obbligato se vuole rimanere sul mercato. Il franchising, in questo settore, non è più un aspetto particolare della distribuzione, ma rappresenta la forma prevalente in cui vengono esercitate le attività, non solo a Bergamo ma in tutta Italia. Questo nuovo scenario fa nascere l’esigenza di maggiore attenzione e supporto alle imprese, che come Ascom ci stiamo impegnando a portare avanti a livello nazionale».
I gestori, o franchisee, lamentano gli eccessivi vincoli imposti dall’azienda madre, che in tempi di crisi arrivano a minacciare la sostenibilità e la sopravvivenza dell’attività. «I contratti sono differenti a seconda del marchio – spiega Rodigari –, in media, comunque, un punto vendita è obbligato ad acquistare il 98% dei prodotti dalla società affiliante, a seguire politiche di prezzo imposte e a partecipare alle promozioni e alle raccolte punti sostenendone le spese. A carico del gestore ci sono poi i costi del personale, delle utenze, l’affitto e la manutenzione ordinaria, solo per citare le principali». L’imprenditore si trova così stretto tra due fuochi che gli lasciano ben poco margine di azione. «In pratica – prosegue il presidente – non ha autonomia nella gestione e, anzi, spesso si trova addirittura costretto ad agire contro la propria scelta imprenditoriale, eppure risponde personalmente dell’andamento dell’attività senza ricevere alcun supporto dal franchisor in caso di difficoltà. Detto fuori dai denti, la catena si prende i vantaggi, mentre se ci sono delle perdite se le accolla tutte il gestore».
Le ragioni di questo squilibrio sono dovute al diverso peso degli attori in campo. L’avvocato Barbara Bari sta seguendo alcune vertenze tra affiliati e franchisor in Bergamasca ed ha avuto modo di approfondire l’argomento analizzando vari contratti relativi ai supermarket. «La legge che ha introdotto in Italia l’istituto giuridico del franchising – spiega – è del 2004. Di per sé contiene regole precise e oggetti specifici che devono essere contenuti nei contratti, nella prassi, però, avviene che i contratti sottoscritti sono quelli predisposti dall’affiliante, ossia dai grandi gruppi della distribuzione organizzata che, naturalmente, li impostano a proprio favore. Ciò capita in primo luogo perché nella maggior parte dei casi si contravviene all’obbligo di trasmissione 30 giorni prima della firma all’affiliato, che non ha quindi la possibilità di approfondire le condizioni né di ottenere modifiche che ristabiliscano l’equilibrio tra le parti». Tra gli aspetti maggiormente fonte di controversie c’è il fatto che «gli affiliati non vengono informati o lo sono in modo parziale degli investimenti iniziali richiesti – prosegue l’avvocato – e che non riescono ad avere un quadro preciso delle potenzialità del punto vendita e dei costi di gestione».
Il nodo sta perciò nell’avvio del rapporto. «Da parte degli imprenditori c’è un po’ di timore reverenziale – ammette Rodigari – nei confronti di questi colossi e non si pensa di poter controbilanciare le loro proposte, spesso presentate quasi come delle concessioni. La prima azione che l’associazione di categoria oggi può fare è migliorare l’informazione, consigliando per lo meno di valutare con un professionista il contratto se non addirittura proponendo un servizio apposito di consulenza». «Oltre a richiedere che vengano riportate nel contratto tutte le informazioni che il franchisor fornisce all’affiliato in tema di investimenti e spese di gestione del punto vendita – dice l’avvocato Bari -, si può consigliare di mettere nero su bianco altri punti importanti come la descrizione del know-how e del tipo di consulenza commerciale che saranno forniti al gestore, gli ambiti e le estensioni della clausola di esclusiva, la durata del contratto e gli obblighi di riservatezza sul know-how acquisito». «Le condizioni – rileva Barbara Bari – possono anche variare in base alla posizione del punto vendita, alla qualità del bacino di utenza o a particolari esigenze. Il momento economico porta inoltre a ipotizzare di prevedere una revisione periodica delle voci, che tenga conto di fattori come il calo dei consumi e l’aumento dei costi». 
Tra gli altri aspetti gravosi e penalizzanti segnalati dagli affiliati ci sono la presenza di una fideiussione “a prima richiesta” che il franchisor può far valere a fronte di un qualsiasi inadempimento, la difficoltà a raggiungere i target fissati e, nel caso il rapporto si incanali verso la conclusione, problemi legati alle modalità e ai tempi di preavviso (che vanno ad investire anche i dipendenti) e a farsi riconoscere l’eventuale incremento di fatturato realizzato durante la gestione. «Le difficoltà, come si vede, sono molte – riassume Rodigari – e la crisi le sta accentuando, per questo crediamo serva un intervento su base nazionale che tuteli gli imprenditori. I vincoli eccessivi stanno mettendo a rischio un importante valore per il sistema commerciale, che è la conoscenza che il gestore ha delle specificità territoriali e la capacità di modulare l’offerta in base a queste». «Il riequilibrio tra le parti è legato al contratto – conclude l’avvocato -, ma anche qualche ritocco alla legge, prevedendo ad esempio sanzioni più immediate e pesanti in caso ci si discosti dalla norma, potrebbe dare una mano».




Consumi, il bar è ancora “re” nel fuoricasa

Nonostante le difficoltà economiche e nonostante la spesa per i consumi alimentari domestici sia in forte calo, gli italiani continuano a spendere nei pubblici esercizi, soprattutto nei bar.
Con 1,5 miliardi di consumazioni all’anno il bar rimane il luogo preferito dagli italiani per fare colazione. Sono almeno 20 milioni gli italiani a cui capita, più o meno saltuariamente, di entrare al mattino in uno dei 172 mila bar dislocati nelle città, nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti e lungo la rete autostradale.
Il profilo del consumatore tipo della colazione fuori casa ha tra i 25 e i 44 anni, un diploma di scuola media superiore ed è lavoratore dipendente. E’ soprattutto per questo, ovvero in conseguenza della contrazione dei livelli di occupazione, che anche la colazione fuori casa ha risentito degli effetti della crisi di questi anni.
Con uno scontrino medio di 2,60 euro la colazione al bar genera un volume d’affari di 3,9 miliardi di euro pari al 21% del valore complessivo delle vendite del canale.
Brioche e cornetti, quasi sempre accompagnati da caffè o cappuccino sono la combinazione preferita per la colazione al bar. In crescita, ma ancora marginale, il consumo di prodotti alternativi come spremute, succhi di frutta, spremute, yogurt e cibi salati.
Il prezzo medio della tazzina di caffè è 0,93 euro mentre quello del cappuccino è di 1,25 euro.
Per il presidente Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani «È encomiabile la capacità con il quale il Pubblico Esercizio italiano riesce a mantenere il prezzo della tazzina a prezzi fortemente inferiori rispetto alla media europea, con costi per il servizio che imporrebbero un pubblico riconoscimento per un servizio che meriterebbe ben altri prezzi».
Nell’ultimo anno la dinamica dei prezzi della caffetteria si è mantenuta costantemente (e largamente) al di sotto dell’inflazione generale. Anche per la pausa di metà mattina o per il break pomeridiano il bar rimane, con oltre il 40% delle occasioni di consumo, il luogo più frequentato dagli italiani.
Con una densità di 2,8 esercizi ogni mille abitanti, un orario medio di apertura giornaliero che supera le dodici ore, il bar è il luogo di prossimità per eccellenza. La Lombardia è la regione con la maggiore presenza di bar. Ve ne sono circa 30mila, pari al 17% del totale. Ma altrettanto importante è la diffusione dei bar in Veneto, Lazio e Campania. La densità aumenta sensibilmente, per diverse ragioni non ultima la vocazione turistica, in Valle d’Aosta (4,6), Liguria (4,4) e Sardegna (3,8).
Nel mondo del bar sono occupate 351mila persone. Degli oltre 200 mila lavoratori dipendenti 122 mila sono donne e 24mila hanno un contratto di apprendistato. I dipendenti stranieri sono il 22% del totale. Ma le donne hanno un ruolo di rilievo anche come imprenditori. Oggi le imprese che hanno almeno una donna con una carica attiva nelle imprese del settore sono il 56,5% del totale. Nel Nord ci sono regioni in cui la quota sfiora il 70%. Al di sotto della media si collocano quasi tutte le regioni del Mezzogiorno, dove nell’immaginario collettivo il bar è ancora vissuto come un luogo a forte caratterizzazione maschile. Al contempo è enormemente cresciuto il numero di imprenditori di origine straniera. La media nazionale è del 10,2%, ma in alcune regioni del nord si supera il 15%. Anche in questo caso l’incidenza più bassa si registra al sud dove il settore è ancora presidiato dall’imprenditoria endogena.