“Brand naming”, quando il successo di un’azienda comincia dal nome

“Cos'è un nome? Ciò che chiamiamo rosa, con qualsiasi altro nome avrebbe lo stesso profumo” faceva bisbigliare Sir  William Shakespeare  nel cuore della notte ad un Romeo innamorato.  E invece per farci conquistare da un prodotto, da un marchio o da un negozio  il nome conta e parecchio. Del resto se la stessa Giulietta non si fosse chiamata Capuleti le cose- forse- sarebbero andate decisamente meglio.
Beatrice Ferrari, massima esperta di brand naming, disciplina che ha il merito di aver importato in Italia dalla Francia negli anni Novanta, sottolinea come il nome giusto possa fare la differenza nel successo di una nuova marca, dalla piccola impresa alla multinazionale. Un percorso di ricerca lungo e delicato per scongiurare il rischio di incappare in  oltraggi alla proprietà intellettuale –  ormai all’ordine del giorno in un mondo invaso di prodotti, nomi e marchi commerciali depositati- ma soprattutto per garantire  un futuro di successo ad ogni nuovo nato in casa. Un investimento necessario da affrontare con la stessa cura nella scelta del nome di un bebè perché  il prodotto sarà sempre legato al brand, di cui dovrà portare con orgoglio il cognome. Tra casi di successo e nomi da dimenticare, Beatrice Ferrari non manca di fornire preziosi consigli per scegliere un nome coerente  con il brand e che sappia accompagnare la fortuna di un prodotto. Non basta il battesimo perfetto per fare vendere e desiderare un brand o un prodotto, anche se può aiutare molto: un’idea vincente potrà sempre farsi strada anche con un nome sbagliato, mentre un prodotto così -così non avrà lunga vita anche se porta un nome azzeccatissimo.  Inutile affidarsi a lampi di genio: scegliere nomi non è una semplice questione di creatività, è un parto a tutti gli effetti.
E’ stata la prima a fondare una società specializzata in questo ambito. Quando nasce l’idea di specializzarsi in questa disciplina?
“Sono approdata a questa disciplina per caso, dopo la laurea in semiotica conseguita a Parigi, lavorando come collaboratrice per una società specializzata in questo campo, della quale ho aperto la filiale italiana nel 1989: di fronte al bivio Londra o Milano, ho deciso di attraversare le Alpi e non la Manica. Quando sono arrivata dalla Francia all’inizio degli anni ’90 la specializzazione in questa nicchia non esisteva ancora in Italia. Pochi ci credevano, ma il mercato non mancava, anzi. Eppure ancora oggi non è entrata in modo significativo nei corsi universitari, nonostante il tema del branding sia prioritario…”
La scelta del nome è ormai entrata nel budget delle imprese anche in Italia?
“Negli anni si sono fatti passi da gigante e il “brand naming” è ormai entrato nei servizi proposti dalle agenzie di comunicazione e marketing.  La presa di coscienza dell’importanza della scelta del nome è stata favorita  dalla questione legale a tutela della proprietà intellettuale. Questo aspetto viene prima di tutto, perché si può lavorare su un nome brutto e impronunciabile purché sia ben protetto a livello legale.  Poi è altrettanto importante verificare che il nome scelto non abbia connotazioni negative oltre i confini nazionali”.
Il brand naming è appannaggio solo dei grandi gruppi o anche delle piccole imprese italiane?
“Sono tantissime le pmi che investono nello studio di un nome e nell’analisi di un marchio. Sono imprese che operano prevalentemente nel settore dell’abbigliamento e pelletteria e in campo alimentare, da sempre i settori di primo piano per l’export e orgoglio del Made in Italy. La nostra identità va custodita e venduta nel migliore dei modi”.
Quanto conta la scelta del nome per il successo di un prodotto?
“Basti la controprova: quale danno può arrecare al brand il lancio di un prodotto con il nome sbagliato? La verità è che il nome giusto non salverà mai un prodotto sbagliato, mentre un nome non pronunciabile o sbagliato dato ad un prodotto che funziona. Il nome giusto ottimizza e valorizza il brand. E’ sempre importante  distinguere tra il nome e la marca, un aspetto delicato perché il nome diventa la marca”.
Se il nome è sbagliato si può correre ai ripari?
“La storia del brand è piena di casi di  re-naming. La Volkswagen, ad esempio,  ebbe difficoltà nel lanciare la sua “Jetta” (da jet) in Italia  dove il nome richiamava senza grande appeal  sia“gettare” che “jettatura”. Le vendite andarono decisamente meglio grazie ad un’operazione di re-naming, con il nome “Vento”. E ancora, la Mitsubishi” Pajero”  nel mercato spagnolo si chiama “Montero2 per ovviare  così alla gaffe linguistica e a porre fine ad un’imbarazzante allusione sessuale. Allo stesso modo  la  Fiat “Ritmo” ha cambiato il suo nome nel mercato anglosassone perché in inglese il termine richiamava il ciclo mestruale.  E’ evidente che nomi sbagliati limitano le vendite e un’analisi linguistica è fondamentale per portare il prodotto nel mercato internazionale”.
Come si arriva alla scelta del nome giusto? Quanto contano creatività, linguistica, semiotica, marketing, aspetti legali?
“Sono tutti aspetti fondamentali, ma il limite è sempre la disponibilità di un nome sul mercato. la metodologia da seguire è il Naming D.e.s.c: si definisce la questione, in primis cosa si intende comunicare con un nome. A differenza del packaging, il nome accompagna il prodotto in tutta la sua vita”.
Un esempio di nome sbagliato?
“Perlana: grande successo per i prodotti e la marca nonostante il nome sia  limitante e poco lungimirante , visto che non sono solo “per- lana”.  Una scelta dispendiosa perché l’evoluzione del prodotto ha comportato investimenti per comunicare che il nome non significava solo “per-lana”. Il nome invece di supportare il brand ha bisogno in casi come questo di essere supportato e per ovviare al problema si lavora sui concetti, associando a marchio e prodotti “benessere”, “delicatezza” e “morbidezza”.
Tornando alla nascita del nome, dopo la D. di Definizione, si inizia con la E. di Elaborazione creativa?
“Sì, la fase creativa avviene solo dopo un primo studio approfondito; la creatività non basta da sola altrimenti è fine a se stessa. Ma in questo passaggio l’elaborazione creativa non ha limiti, specialmente quantitativi”.
Quanti nomi nascono nella tempesta di idee?
“Tantissimi. Per un lavoro molto piccolo si arrivano a formulare tranquillamente mille nomi e più”.
Scegliere diventa difficile….
“L’attività di selezione, la terza fase ‘S’ del Naming D.e.s.c., arriva almeno dopo un il giorno successivo dalla fase creativa. La selezione è un’attività convergente, mentre quella creativa è divergente, per questo, a differenza di quanto si creda, non si può selezionare mentre si crea, ma bisogna lasciare riposare le idee nel cassetto. Il processo di selezione è ad imbuto, da una rosa ampia si scelgono pochi nomi, effettuando poi dei controlli sui consumatori, analizzando tutte le ricorrenze simili da un punto di vista giuridico… Siamo quindi arrivati alla ‘C’ del Naming D.e.s.c., il Controllo”.
I nomi sono delle creature,  a quale è particolarmente affezionata la “mamma” di Yaris, Moramor Horwarth, Bacardi Bay, Espressamente Illy, giusto per citarne alcune?
“A tutti, ovviamente, ma tengo a citare l’operazione di re-naming  di Polimeri Europa effettuata per Eni insieme all’agenzia InArea di Roma per superare i limiti che il nome portava con sé. La scelta, dopo un lungo studio, è stata di “Versalis”, un nome che evoca “versatilità”, “movimento”, “flessibilità”, ma anche “direzione”. Allo stesso tempo Eni-Versalis richiama “universalità”, “globalità”  e infonde sicurezza”.
Esiste una tendenza  o una moda nel brand naming come avviene per i nomi dei bambini?
“Ce ne sono sempre. Il nuovo millennio si è aperto con le “X” per X-perience e via dicendo. Una scelta scontata e super inflazionata, che per anni ha stancato e stufato…”




Alcolici, scatta il divieto di vendita agli under 18

Con la conversione in legge del decreto del decreto Balduzzi – “misure urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute”, che ha tra i punti di maggiore impatto la riforma della medicina territoriale – sono state introdotte anche novità in tema di vendita di alcol e tabacco ai minorenni e di giochi, con l’obiettivo di contrastare fenomeni di abuso e patologie. Alcune sono già entrate in vigore lo scorso 11 novembre, giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione (n. 189/2012). A cominciare dal divieto di vendita di bevande alcoliche ai minori di 18 anni, con il contestuale obbligo di richiesta da parte del venditore di un documento di identità, tranne nel caso in cui la maggiore età sia manifesta. In caso di violazione è prevista una sanzione pecuniaria da 250 a 1.000 euro e, se il fatto è commesso più di una volta, la sanzione aumenta (da 500 a 2.000 euro) con la sospensione dell’attività per tre mesi.
Per quanto riguarda la somministrazione, rimane invece fermo quanto stabilito dall’art. 689, comma 1, del codice penale, che prevede il divieto di somministrazione di bevande alcoliche ai minori di 16 anni o ad infermi di mente. I titolari di pubblici esercizi sono perciò tenuti al rispetto del limite della maggiore età solo nel caso di vendita di bevande alcoliche per asporto, con l’obbligo di richiesta del documento, mentre per il servizio di somministrazione al bancone o al tavolo il limite rimane quello dei 16 anni. L’art. 689 del codice penale viene, però, modificato con l’introduzione di due nuovi commi: il primo estende la sanzione prevista per chi somministra bevande alcoliche ai minori di anni 16 anche a coloro che impiegano distributori automatici di alcolici, che non consentano la rilevazione automatica dei dati anagrafici dell’utilizzatore o che non siano presidiati da personale incaricato di effettuare tale controllo; il secondo aggiunge alle pene già previste una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 25.000 euro e la sospensione dell’attività per tre mesi, in caso di più violazioni del divieto di somministrazione di alcolici ai minori di anni 16.
Passando al contrasto delle ludopatie, sempre dallo scorso 11 novembre, è vietata in qualsiasi pubblico esercizio la messa a disposizione di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco on line. Scatterà invece dal primo gennaio 2013 – ad integrazione della norma che prevede l’applicazione sugli apparecchi “newslot” di formule di avvertimento sul rischio di dipendenza e di informazione sulle probabilità di vincita – l’obbligo per i gestori di sale da gioco e di esercizi in cui vi sia offerta di giochi pubblici, o di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, di esporre, all’ingresso e all’interno dei locali, il materiale informativo predisposto dalle aziende sanitarie, diretto a evidenziare i rischi correlati al gioco e a segnalare la presenza sul territorio dei servizi di assistenza pubblici e del privato sociale dedicati alla cura e al reinserimento delle persone con patologie correlate alla G.A.P. (Gioco d’azzardo patologico). Sul tema del gioco è inoltre previsto un aumento dei controlli (da 5mila ad almeno 10mila su base annua) pianificati dall’Aams, d’intesa con la Siae, la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e il Corpo della guardia di finanza, specificatamente destinati al contrasto del gioco minorile, negli esercizi in cui sono installati apparecchi con vincite in denaro. 
Il primo gennaio 2013 entrerà in vigore anche il divieto di vendita dei prodotti del tabacco ai minori di 18 anni. La sanzione per il tabaccaio va da 250 a 1.000 euro, nel caso di recidiva la sanzione sale da 500 a 2.000 euro, fino alla sospensione, per tre mesi, della licenza.
 
Beltrami (Ascom): «Un’arma in più per contrastare l'abuso»

L’introduzione del divieto di vendita di alcol ai minorenni è salutata con favore da parte dei pubblici esercizi, innanzitutto come il riconoscimento di un’idea sostenuta da tempo. «Bar e discoteche – commenta il presidente del Gruppo caffè e bar dell’Ascom Giorgio Beltrami – sono sempre stati additati come gli unici responsabili dell’abuso di alcol tra i giovani e delle sue conseguenze, a cominciare dagli incidenti stradali. Noi non ci siamo sottratti alle nostre responsabilità, ma abbiamo sempre evidenziato delle falle nel contrasto all’alcolismo giovanile, la principale rappresentata, appunto, dalla possibilità di approvvigionarsi di bevande alcoliche in negozi e supermercati. Abbiamo sempre ricordato che, anche soltanto per un fatto oggettivo che è quello dei prezzi, chi voleva bere trovava nella distribuzione commerciale un canale ben più a portata di mano e accessibile rispetto ai pubblici esercizi. Con l’approvazione di questo emendamento – rileva – si tiene finalmente conto delle considerazioni sollevate da tempo e si aggiunge uno strumento alla prevenzione e alla lotta contro l’alcolismo». Il divieto di vendita ai minori di 18 anni riguarda anche gli esercizi. «Non credo che per noi cambierà molto – aggiunge –, dal momento che, proprio per il motivo del costo, capita raramente la richiesta di bottiglie da portare via. Per quanto riguarda invece la somministrazione, mi sento di dire che il limite dei 16 anni è rispettato e che i locali sono comunque in prima fila nel promuovere un approccio consapevole al bere». Beltrami è d’accordo anche sull’amento delle sanzioni in caso di più violazioni del divieto di somministrazione ai minori di anni 16, «proprio perché siamo noi i primi a credere che l’alcolismo giovanile debba essere fermato» e sulle novità legate ai giochi auspica nei colleghi «sensibilità e rispetto delle norme per tenere sotto controllo una nuova emergenza sociale».      
Il cambiamento più netto è, quindi, per negozi, market e supermercati, dove prima non era espressamente previsto il divieto di vendita, nemmeno per i minori di 16 anni, ma erano intervenuti solo dei pareri ministeriali ad equiparare il concetto di somministrazione con quello di vendita, lasciando, di fatto, maglie abbastanza larghe.
«Ora, come dice il testo della nuova legge – evidenzia l’Ascom –, a meno che la maggiore età sia manifesta, per la vendita di alcolici si deve chiedere il documento d’identità». 

 




Distretto del commercio “525”, urge una promozione più efficace

Il distretto attraverso lo sguardo di chi lo frequenta per gli acquisti o per lavoro e di chi vive ogni giorno il territorio. TradeLab passa ai “raggi x” il distretto del commercio 525 dei comuni di Dalmine, Lallio, Osio Sopra e Treviolo  con un’indagine che raccoglie le valutazioni dei frequentatori dell’isola dello shopping per fornire una valutazione dell’offerta dell’area e individuare possibili aree di miglioramento.  L’indagine prende in considerazione un campione di 300 persone residenti e non nei quattro comuni del distretto.
La  prima criticità è rappresentata dalla conoscenza del distretto, decisamente al di sotto delle aspettative. Solo il 29,3 % degli intervistati (il 26,5% di Dalmine, il 30% di Lallio, il 38,8% di Osio Sopra e il 28 % di Treviolo) sa di passeggiare per le vie del distretto 525, mentre il 70,7 %, nonostante l’apposita segnaletica e la campagna di promozione effettuata in questi anni, ne ignora l’esistenza. L’indagine mostra l’urgenza di una comunicazione mirata in grado di accrescere la conoscenza del distretto e la sua notorietà presso la cittadinanza e al di fuori dei confini. Quanto agli strumenti più efficaci, il passa-parola va per la maggiore: il 27,4% conosce il distretto grazie ad amici e conoscenti, il 22,6% grazie a giornali e riviste locali, il 20,2% dalle comunicazioni delle amministrazioni, il 19 % dai commercianti e il 6% attraverso internet.
I giudizi sull’area sono tendenzialmente positivi. In una scala da 1 a 4, l’accessibilità dell’area riceve in media un bel 2,99, seguita dalla sicurezza, valutata con un 2,80, dall’offerta commerciale, con 2,74, e dal contesto urbano a quota 2,70. Sufficienza risicata agli aspetti legati all’intrattenimento, dall’offerta culturale alle manifestazioni ed eventi. Nel complesso il distretto piace ai frequentatori e riscuote punteggi positivi soprattutto a Lallio (2,96) e Treviolo (2,88). Quanto all’evoluzione del distretto, se il 49% degli intervistati non rileva cambiamenti sostanziali rispetto allo scorso anno un significativo 39,6 % di frequentatori avverte dei miglioramenti.
 
Gli indici di soddisfazione
In cima alla classifica i frequentatori del distretto collocano il costo delle zone di sosta, che soddisfa il 93,9 %. Seguono l’accoglienza dei commercianti (87,8%), l’accesso pedonale e in auto al centro (rispettivamente 85% e 78,2%) e la vicinanza dei parcheggi ai negozi (77,9%). Promossi gli orari di apertura dei negozi (75,9%), l’offerta di bar-ristoranti (74,8%), il senso di sicurezza (73,6%), la pulizia degli spazi pubblici (71,6%) e la qualità complessiva dell’offerta commerciale (67,8%). Le maggiori criticità riguardano i prezzi dei negozi (44,8% di soddisfatti), la varietà dell’offerta commerciale (46,5%), la manutenzione degli spazi pubblici (49%)(, le attività culturali (50,7%) e la manutenzione di insegne e vetrine (50,9%). Se il prezzo per la sosta è più che congruo per chi frequenta il distretto, il numero dei parcheggi a disposizione soddisfa solo  il 64 %.  Senza lode e senza infamia anche il trasporto pubblico, con un indice di soddisfazione pari al 62,3%.

La lista dei desideri
L’offerta commerciale perfetta agli occhi dei frequentatori prevede qualche ritocchino, a partire da una maggiore varietà dei negozi a orari di apertura più estesi a tessere sconto e promozioni. Sul fronte dell’accessibilità, gli intervistati richiedono un aumento del servizio di trasporto pubblico, piste ciclabili e strutture sportive. Da migliorare il calendario degli eventi e la cura nella manutenzione delle aree verdi.

Il comportamento d’acquisto
Sono pochi i consumatori che frequentano per i propri acquisti solo il proprio comune o i comuni del distretto, attratti all’esterno soprattutto dai centri commerciali. L’evasione dei consumi è elevatissima, oltre l’88% per alimentari e prodotti per la casa (percentuale che sale al 94% a Lallio e Treviolo). Non va meglio sul fronte dell’ abbigliamento e calzature: il 93,5% acquista in altri comuni. Dalmine, Osio Sopra e Lallio sono i centri storici più apprezzati per gli acquisti dai residenti (31,5% e 17%). La complementarietà nei luoghi d’acquisto è elevata anche per tutti gli altri prodotti alimentari, con il 79,4% di fughe per gli acquisti.

La prevalenza dei luoghi d’acquisto
Vi è una fortissima evasione dei consumi in particolare verso i centri commerciali di Curno, Orio al Serio, Stezzano e Brembate che si confermano al formula privilegiata per gli acquisti di tutte le categorie di prodotti. L’acquisto di alimentari avviene – in base al sondaggio – per il 98,9% nella Grande Distribuzione; l’acquisto di abbigliamento e calzature per il 90,6% avviene nei centri commerciali; la  quota della Gdo è elevata anche per tutti gli altri acquisti non alimentari, con il 91,4% di preferenze. Dalmine è il comune con maggiore appeal per gli acquisti: trattiene  il 26,5%  degli acquisti dei propri residenti di alimentari e prodotti per la pulizia; il 9,7% di abbigliamento e calzature  e il 29,5% di altri prodotti non alimentari. Segue Osio Sopra: il 10,8 % dei residenti fa acquisti alimentari in paese , il 5,7% si rivolge al negozio di fiducia per abbigliamento e calzature e il 12,1% sceglie il centro storico per tutti gli altri acquisti non alimentari.
Anche chi fa acquisti nel distretto tende a frequentare formule distributive moderne presenti in altri comuni, o i mercati ambulanti. A Dalmine il 76,3% acquista alimentari nei negozi della distribuzione moderna, mentre il 48,2% si affida al negozio sotto casa e il 32,8% ai mercati; per l’abbigliamento e calzature i negozi del centro storico restano di gran lunga i preferiti per gli acquisti, con l’81,1% di preferenze, che, assieme ai mercati ambulanti con il 24,4% di preferenze lasciano alla Gdo un  risicato 1,8%; la riscossa dei negozi di vicinato continua anche per gli altri prodotti non alimentari, con l’84,6% di preferenze (il 22,2% va alla Gdo e il restante 5,1% ai mercati). A Lallio si fanno acquisti nei negozi di alimentari per il 78,9% , mentre il 27,8% nella distribuzione moderna e il 12,9% nei mercati. I negozi tradizionali sono preferiti anche abbigliamento e calzature (59,5%), vanno forte i mercati (32,2%) mentre la distribuzione moderna è scelta dal 15,9%. Tutti acquistano prodotti non alimentari nei negozi del centro (100%), se non al centro commerciale (9,6%). A Treviolo il 78,9% fa spesa alimentare nei negozi di vicinato e per il 39% al centro commerciale e per l’11,4% al mercato. Tutti acquistano abbigliamento e calzature nei negozi del centro storico (100%), ma mercati e distribuzione organizzata attraggono allo stesso modo e pesano il 9,5% degli acquisti. I negozi sono scelti anche per tutti gli altri acquisti non alimentari (100%) assieme alla distribuzione moderna (15,1%). A Osio Sopra il 79,5% acquista alimentari nei negozi sotto casa, per il 39% al centro commerciale e per il 2,9% al mercato. Per l’abbigliamento e calzature si fanno acquisti per l’81,1% nei negozi di fiducia del centro storico, per il 24,4% al mercato e solo per l’1,8% al centro commerciale. Tutti acquistano sotto casa altri prodotti non alimentari (100%) o al centro commerciale (8,7%).




Torna il Salone del Mobile e spegne dieci candeline

Con un layout espositivo elegante e funzionale, torna al Polo fieristico di Bergamo, per due week end lunghi di novembre (dal 17 al 19 e dal 22 al 25), il Salone del Mobile e del complemento d’arredo, l’atteso appuntamento dedicato a uno dei settori merceologici d’eccellenza del nostro territorio.  Lo scorso anno i visitatori della manifestazione si attestarono a 40 mila unità. Gli espositori quest’anno sono una novantina e quasi 400 gli stand, numeri che confermano la validità dell’evento: un palcoscenico esclusivo per gli appassionati e i curiosi, per chi è in cerca di casa e di consigli per l’arredo o per fare un buon affare.
La manifestazione, organizzata da Promoberg, spegne quest’anno le sue prime dieci candeline, presentando come sempre le migliori proposte per arredare la casa. Massima qualità e costanti innovazioni da parte degli espositori per essere competitivi sul mercato e vincere la crisi. Confermati anche gli eventi collaterali, che fanno del Salone del Mobile anche un appuntamento formativo, culturale e artistico. L’appuntamento si ripresenta quale uno degli eventi del settore più importanti del Nord Italia, contraddistinto com’è dall’alta qualità dei prodotti, dall’attenta e accurata selezione espositiva, dalle diverse soluzioni innovative e concept abitativi.
Sui 13mila metri quadrati del Salone, saranno di scena una ventina di categorie merceologiche, che spaziano dalle cucine agli arredi bagno, dalla zona giorno all’illuminazione, dalla zona notte alla domotica, passando per il tessile, gli imbottiti, le opere artistiche e i complementi d’arredo. In un unico spazio moderno e funzionale, i visitatori troveranno il meglio della produzione legata alla casa. Non mancheranno le novità, all’interno di un settore in continuo fermento evolutivo. Inoltre, la presenza di decine di operatori diversi permetterà come sempre alle decine di migliaia di visitatori, di poter valutare e confrontare immediatamente le proposte più ottimali alle esigenze anche più particolari.
Oltre alla ricca parte espositiva, al Salone del Mobile di Bergamo ci sarà spazio, come da tradizione, anche per una serie di eventi collaterali di assoluto livello. Appuntamenti di rilievo che fanno della kermesse anche un appuntamento formativo, culturale e artistico. Tra gli eventi, che non mancheranno di raccogliere consensi tra il pubblico, evidenziamo gli show cooking, e le mostre di designer. Per tutti gli amanti del settore, e per chi è in cerca della soluzione ideale o dell’ultima novità, non resta che annotarsi in agenda già da ora l’appuntamento nel capoluogo orobico.
“Il Salone del Mobile – sottolinea il segretario generale della Promoberg, Luigi Trigona – si muove con novità, anticipazioni, innovazioni, che propone curiosità, nuovi modi per stare insieme, sotto il minimo comun denominatore del piacere di fare casa in una bella casa”. Un concetto, questo, della bellezza, che può essere assunto come slogan del Salone dove “realmente le aziende presenti tendono al raggiungimento di questo obiettivo e dove tutto ciò che è bello intrinsecamente ha anche una sua precisa funzionalità”. “Attento alle esigenze dell’abitare contemporaneo – aggiunge Trigona – il Salone, che dà spazio a soluzioni abitative tra le più raffinate ed esclusive, si pone come obiettivo di soddisfare un pubblico interessato, offrendo ai visitatori un’ampia panoramica sulle ultime tendenze di arredamento e design: un Salone dove tutto “fa casa” e che, di edizione in edizione, ha saputo ritagliarsi uno spazio di rilievo nel panorama fieristico italiano. Il nostro evento, così come tutte le manifestazioni da noi promosse, vuole offrire l’opportunità di poter visionare in un unico grande spazio funzionale, toccando con mano e confrontandosi con i professionisti del settore, proposte di alta qualità presentate in un contesto raffinato. Non a caso lo slogan coniato per questo evento recita: “eleganza e bellezza si fanno casa”, due tratti distintivi dell’assoluta qualità delle proposte. E’ importante – conclude il segretario generale – offrire ai visitatori la possibilità di potersi informare, valutare, confrontare e scegliere le soluzioni qualitativamente più elevate ed economicamente più interessanti. E di farlo in un contesto dove, come ormai sta diventando tradizione, il fattore espositivo si accompagna a quello attrattivo con un corollario qualificato di eventi ed iniziative collaterali, messe in campo anche quest’anno con la funzione di completare e diversificare la visita con un qualificato dentro il Salone”.
Gli orari del Salone del Mobile di Bergamo sono: giorni feriali, 18-23, sabato, 10.30-23: domenica, 10.30-20.




“Promos Bergamo”, in due anni coinvolte oltre 270 imprese

L’economia bergamasca è sempre più a stelle e strisce e si aggiudica la medaglia di bronzo lombarda per  l’interscambio con l’America.  Dopo una fase di stallo, l’export con gli Stati Uniti è cresciuto del 52,5% (Elaborazione Camera di Commercio di Milano su dati Istat) nei primi sei mesi del 2012, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, giusto alla vigilia di caucus, convention e primarie dall’altra parte del mondo.  Ora non resta che vedere se la riconferma di Obama alla Casa Bianca possa consolidare ulteriormente  i rapporti economici con Bergamo e la Lombardia (l’export  regionale sfiora i 3,5 miliardi di euro) e aprire nuovi spazi di crescita. Andrea Bonalumi, dirigente Promos – azienda speciale per le attività internazionali della Camera di Commercio di Milano – fa il punto sull’export del made in Bergamo nel mondo, tra limiti  e opportunità da cogliere  per vincere la sfida dell’internazionalizzazione. 
L’export può salvare l’economia bergamasca?
“Senz’altro, come mostrano i dati orobici, cresciuti nel primo semestre 2012 del 6,3% rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno. Una performance migliore della media regionale  (+4,8%) e nazionale (+4,2%). Una boccata d’aria fresca in particolare per il settore manifatturiero, capace di fatturare da gennaio a giugno 2012 qualcosa come 6,7 miliardi nei mercati oltre confine. Tra i Paesi di maggior successo delle esportazioni orobiche ci sono gli Usa con una crescita del 52%. L’obiettivo per il 2013 è quello di mantenere questo trend positivo e favorire le esportazioni delle imprese di quei settori che ad oggi risultano essere un po’ meno competitivi”.
Il made in Bergamo e in Lombardy in che misura vale e pesa ancora?
“L’eccellenza della nostra produzione rimane un fiore all’occhiello del nostro Paese e questo è testimoniato da alcuni dati significativi, ad esempio, l’interscambio commerciale tra Lombardia e Stati Uniti:  tra i primi sei mesi del 2012 e lo stesso periodo del 2011  si registra una crescita del 13,9%  trainata dall’export, che ha registrato un incremento del 27,2% raggiungendo quasi i 3,5 miliardi di euro. Questi numeri testimoniano come i prodotti italiani, e lombardi in particolare, abbiano ancor un forte appeal negli Stati Uniti, ma io mi sento di dire che questo valga per tutto il mondo. Il Made in Bergamo, in particolare, nel secondo trimestre 2012, è stato esportato negli Stati Uniti per un valore di oltre 400 milioni di euro, e rappresenta l’11,8% del totale dell’export lombardo, al secondo posto dietro solo a Milano, che chiaramente fa gara a sé”.
Gli Usa rappresentano ancora la terra delle opportunità per le nostre imprese?
“Non la definirei più la “terra delle opportunità”, ma un consolidato partner commerciale per le nostre pmi ed un mercato di riferimento. Negli ultimi anni le nostre imprese guardano con crescente interesse ai nuovi mercati, ai paesi Bric (Brasile, Russia, India, Cina), a realtà particolarmente interessanti in Asia, come Malesia, Singapore, Indonesia;  nell’Area del Mediterraneo e Medio Oriente, Turchia, Iraq e Quatar, oltre ai paesi della Sponda Sud del Mar Mediterraneo”.
Gli sguardi sono tutti ad Oriente e a Sud o l’alleanza commerciale con gli  Stati Uniti può fare ancora la differenza?
“Il Medio Oriente rappresenta il “nuovo mondo” per le nostre imprese. Paesi come Turchia, Iraq, Qatar, solo per citarne alcuni, rappresentano mercati nuovi e realtà in forte e rapida ascesa che possono garantire opportunità di business in svariati settori.  Il mercato statunitense mantiene  ancora una posizione prioritaria: i rapporti con gli Usa, a differenza di quelli con i mercati medio-orientali, sono consolidati e questo ha favorito un’alleanza che ha saputo resistere anche alla grave crisi economica. Se in un momento di grave crisi l’export italiano e lombardo verso gli Usa, aumenta anziché diminuire, significa che questa relazione commerciale poggia su basi molto solide e difficili da scalfire”.
Ci sono ancora spazi commerciali di crescita a stelle e strisce?
“Il mercato statunitense è talmente ampio e variegato da non essere ancora stato interamente esplorato dalle nostre imprese. Rappresenta un terreno fertile per sviluppare nuove opportunità di business per i nostri imprenditori e per allargare ancor più una già proficua collaborazione commerciale”.
La rielezione di Obama può  consolidare ulteriormente i rapporti economici?
“Nel corso del primo mandato di Obama i rapporti tra i due paesi sono stati di forte vicinanza, sia in termini politici che economici. La continuità è sicuramente un fattore che gioca a favore del mondo imprenditoriale, perché garantisce la possibilità di proseguire il cammino su un percorso già tracciato, conosciuto e che nel corso di questi ultimi quattro anni ha dato risultati positivi”. 
Quali sono i limiti delle nostre imprese nell’ affrontare i mercati internazionali?
“Il tessuto imprenditoriale italiano, formato da 4,4 milioni di Pmi, di cui 200mila esportatrici, ha mostrato negli ultimi anni notevoli capacità di adattamento, ma il confronto europeo evidenzia un livello di apertura internazionale agli scambi di merci ancora relativamente ridotto, che lascia spazi di miglioramento. Nel 2011 la domanda estera netta, dopo molti anni, ha ripreso il ruolo di principale motore della crescita, e questo testimonia come le opportunità offerte dai mercati esteri siano ancora considerevoli”.
Qual è il gap rispetto agli altri Paesi?
“Nel corso degli ultimi anni si è ridotta l’attivazione della domanda estera sulle produzioni nazionali, a causa del più intenso impiego di beni intermedi esteri in concorrenza con quelli di origine interna. Inoltre, le potenzialità di crescita del sistema produttivo italiano sui mercati esteri, come sul mercato interno, sono ostacolate da fattori strutturali e di sistema. Agli annosi problemi legati a complessi assetti normativi, si aggiungono servizi logistici non allineati con quelli dei principali  Paesi europei. Negli ultimi dieci anni il forte ridimensionamento della crescita si è legato ad una insoddisfacente dinamica della produttività. In Italia, gli investimenti pubblici, importante fattore di crescita economica, sono inferiori alla media europea. Il capitale immateriale che tanto incide sulla produttività è ancora troppo basso: le imprese italiane, a differenza di quelle dei principali paesi europei, non rinnovano abbastanza i propri modelli organizzativi e non investono a sufficienza in nuove tecnologie”.
Cosa possono importare dagli Usa le nostre imprese in termini di innovazione, approccio, visione e strategia?
“L’innovazione e l’adozione di nuove tecnologie e attività di business possono favorire una crescita di produttività. In Italia credo ci siano molte potenzialità di crescita per l’innovazione nell’economia digitale, un’area in cui il resto d’Europa e gran parte del resto del mondo stanno avanzando. Anche se solo la metà degli italiani usa internet, il Paese mostra un crescente uso degli smart-phone ed un alto livello di attività nei social media. Questi trend dimostrano un forte interesse in questi settori, e una grande potenzialità per sviluppare piattaforme per il commercio ed altre attività economiche. In questo gli Stati Uniti non  possono  che essere un esempio da seguire e un modello da importare”.




Malpensata, il Comune “mette in riga” il mercato. La Fiva: una svolta

Non è un restyling o chissà quale progetto innovativo, è semplicemente un riaffermare vecchie regole andate dimenticate, ma il segnale che vuole dare è forte. Il mercato della Malpensata è stato letteralmente “rimesso in riga” dal Comune di Bergamo, che ha recentemente concluso un percorso piuttosto lungo e impegnativo, durato sei mesi, per riportare negli spazi previsti dalle concessioni i banchi che, senza troppi complimenti, avevano col tempo preso l’abitudine di “allargarsi” creando confusione e ostacoli al passaggio, in un contesto già di per sé affollato. L’operazione ha nel contempo consentito di liberare una parte del parco dalle bancarelle, che sono state ricollocate negli spazi del piazzale recuperati riportando alle corrette dimensioni le piazzole.
«I posteggi – ha spiegato l’assessore alle Attività produttive Enrica Foppa Pedretti nel corso della conferenza stampa di presentazione tenuta durante il mercato – sono passati da 251 a 247 per effetto del piano delle aree mercatali, grazie al quale ora è possibile per il Comune decidere di non mettere a disposizione le autorizzazioni che sono state revocate o alle quali gli operatori hanno rinunciato». La riorganizzazione ha fatto scendere da 37 a 26 i posteggi nel parco, tutti collocati sull’asse centrale che da via Mozart arriva al piazzale, mentre è rimasto libero il viale laterale che si apre sulla sinistra. All’interno del piazzale i posti sono saliti da 109 a 113 nella parte sinistra e da 105 a 108 in quella destra. «Dopo vent’anni di “Bronx”, era un’operazione che andava fatta – ha continuato l’assessore –. La nuova definizione degli spazi rende il mercato più ordinato e garantisce un percorso di visita più fluido ed è anche una risposta al quartiere che chiede che il parco possa essere percepito e vissuto in maniera diversa. L’obiettivo finale è liberare completamente il parco dai banchi e restituirlo alla città». «Il lavoro non è stato semplice – ammette – e l’accompagnamento delle associazioni di categoria degli ambulanti è stato importante. Con la collaborazione dell’Atb, i nostri Uffici hanno inventariato tutti i banchi, confrontato le assegnazioni con le posizioni di fatto e provveduto a contattare ogni operatore». Il risultato è una nuova segnaletica orizzontale, di un giallo fresco di vernice, entro la quale oggi ogni banco rientra con precisione.
Con il riordino si vuole anche migliorare la sicurezza. «Quella del mercato è una situazione complessa, che comprende anche problemi come la viabilità e l’abusivismo commerciale – ha ricordato il comandante della Polizia Locale Virgilio Appiani -. Maggiore ordine significa maggiore sicurezza e da parte nostra c’è la massima attenzione nel presidio, realizzato sia con agenti incaricati di controllare le attività commerciali sia con pattuglie di supporto per la viabilità sia con agenti in borghese per contrastare l’abusivismo. Rinnoviamo inoltre l’invito alle associazioni di categoria ad una collaborazione sulla prevenzione».        
«Era un intervento richiesto da tanti anni – ha evidenziato il presidente della Circoscrizione 1, Alessandro Trotta -. C’era l’esigenza di beneficiare di un parco che non fosse sempre riconducibile al mercato, ma che potesse essere riconosciuto come un vero polmone verde del quartiere».
 
Dolci (Fiva): «Verso un mercato moderno e vivibile»
 
La Fiva-Ascom ha promosso e collaborato fattivamente al progetto del Comune. «Dopo l’installazione delle prese per la corrente elettrica di qualche anno fa – evidenzia il presidente degli ambulanti Mauro Dolci – questo è un altro passo nella direzione di un mercato più moderno, che vuole proporsi al cittadino come uno spazio vivibile, in cui girare tranquillamente». «Con la riorganizzazione dei posteggi – rimarca – si sono allargate le corsie e c’è più ordine, ma soprattutto sono state messe ben in chiaro le regole, che tutti gli ambulanti devono rispettare allo stesso modo e che mettono in un angolo senza possibilità di difesa chi vuol fare il furbo. Dietro ad un’operazione che può sembrare semplice, c’è un forte messaggio di legalità, un messaggio che può da solo contribuire a migliorare la sicurezza al mercato». Dolci non si riferisce solo alla maggiore possibilità di controllo, ma anche al fatto che, eliminando l’“anarchia”, si possa scoraggiare in partenza la microcriminalità. «I borseggiatori non sono un fenomeno esclusivo del mercato della Malpensata – tiene a precisare -. Vanno dove c’è gente e, naturalmente, sono più attratti dalle situazioni in cui c’è più caos e assembramento, in questo senso un mercato meglio organizzato può già essere un deterrente».
Non nasconde comunque le difficoltà incontrate nel raggiungere l’obiettivo – a cominciare dalla contrarietà di chi è stato spostato, preoccupato di perdere la clientela abituata “al solito posto” – e la necessità di proseguire l’impegno perché le nuove regole continuino ad essere rispettate. «Come associazioni – annuncia – stiamo pensando di realizzare dei cartelli in più lingue che informino gli operatori della necessità di osservare le regole, non solo per evitare di incorrere nelle sanzioni, ma per far sì che il mercato possa funzionare al meglio. Il cambio di prospettiva deve essere netto: non l’esigenza del singolo operatore ma quelle dei consumatori, che sono i nostri “primi azionisti”. Solo offrendo un ambiente piacevole e sicuro potremo conquistarli». C’è anche la consapevolezza che non si tratta di un punto di arrivo. «Siamo soddisfatti perché è partito con il piede giusto un confronto ed un impegno che dovrà affrontare anche altri problemi, come quello dei parcheggi – ricorda -. Un percorso che non va abbandonato se si vuole riqualificare un appuntamento importante come questo».
 
GLI AMBULANTI
«Ma da troppo tempo l’appuntamento ha perso il suo richiamo»

 
Si dibattono tra crisi e progressiva perdita di appeal dell’appuntamento gli ambulanti dal mercato della Malpensata del lunedì mattina, un momento che con poco meno di 250 attività rappresenta pur sempre un’interessante occasione per trovare tutto e per tutte le tasche. Dai fiori alla frutta, passando da formaggi, salumi e dagli immancabili fritti, dai cappelli agli articoli per la casa, dalla biancheria alla merceria e poi calzature e abbigliamento, nel contesto di un’offerta complessiva che si è però appiattita rispetto ai tempi in cui il mercato era meta ambita di chi cercava qualità e convenienza, con l’avvento di banchetti, per lo più gestiti da extracomunitari (sono circa il 40% del totale degli operatori e si occupano di attività non alimentari), che fanno a gara ad esporre il prezzo più basso. Confusione, microcriminalità e atmosfera “multietnica” hanno fatto il resto nel modificare la platea dei frequentatori. «Era il mercato più bello della Bergamasca – rileva la signora Franca del banco che vende solo calze, presente da 46 anni -. Ora stare qui è desolante. È frequentato solo da stranieri che non sono interessati a questi articoli, cercano solo ciò che costa meno». A poca distanza le fa eco Gianluigi Moretti, commerciante di abbigliamento, da 42 anni alla Malpensata: «È un appuntamento in caduta libera. Noi ci siamo sempre dedicati a prodotti di una certa qualità e oggi ci manca la materia prima, ossia i clienti che sappiano apprezzare la nostra offerta e, di conseguenza, la differenza di prezzo. Purtroppo ora si è perso ogni riferimento – dice -, non si capisce che una scarpa può costare cento e non dieci euro e anche davanti ad un bel banco ordinato ci si avvicina per rovistare e buttare tutto all’aria». Il riordino degli spazi? «Credo sia troppo tardi, ormai si è guastato il rapporto tra gli operatori, tra chi rispetta regole come l’orario e chi fa quello che vuole». Anche sull’effettiva valenza commerciale del mercato ha qualche dubbio: «Più che per fare spese sembra un centro di raccolta per chi vuole passare il tempo», è l’amara constatazione, mentre le ancore di salvataggio «sono la clientela coltivata nel tempo e il fatto che negli altri mercati dove siamo presenti, invece, l’interesse continua ad esserci». Al banco di borse, cappelli e accessori le cose vanno un po’ meglio: «Abbiamo prezzi più alti perché sono prodotti made in Italy, ma è anche un’offerta particolare, che non si trova altrove, e questo ci salva», mentre sulla presenza di extracomunitari, venditori o clienti, il giudizio è equidistante: «È un cambiamento della società in atto e non può essere fermato». Lo conferma Cesare Barbieri che viene da Cremona e vende abbigliamento firmato a prezzi di stock: «Anche in altre città la clientela del mercato è cambiata con l’arrivo degli stranieri – ricorda -. La nostra, tuttavia, è una di quelle offerte che continuano ad attirare la gente, qui a Bergamo siamo in tutto due o tre con questo genere di proposta. Certo la crisi si sente e si cerca di attutire il colpo facendo in primo luogo attenzione agli acquisti». Mostafa Sellami è alla Malpensata dal ’98 con un banco di abbigliamento: «In questi anni il mercato è andato peggiorando. Sono d’accordo sulle regole per i posteggi – afferma –, c’è più spazio, ora però servirebbero anche più controlli perché i clienti non possono rischiare di non trovare più il portafoglio». Più scettici all’autonegozio Maccalli di pane e dolci, anche loro collocati nel parco. «Ora il passaggio è sgombro – constatano i due dipendenti – ma c’è da scommettere che la prossima settimana sarà di nuovo invaso da abusivi con le loro esposizioni improvvisate. Le vendite? Un tempo eravamo in quattro a servire, oggi siamo in due, i nuovi frequentatori del mercato non sono molto interessati alle nostre proposte». Stessa visione condita da una buona dose di crisi dei consumi all’autonegozio di pesce fresco e fritto di Danilo Brusadelli di Lecco, presenza storica sulla piazza. «Ormai non è più questione di fine o inizio mese – dicono Alessia e Sandra, nuora e suocera – non si spende più e basta. Anche nel pesce, per la verità, si possono trovare prodotti poco costosi da portare in tavola, qui però siamo penalizzati dalla clientela, che ormai è quasi tutta composta da extracomunitari e non fa molto uso di pesce». Se le difficoltà aguzzano l’ingegno, a Igor Trocchia, da 16 anni alla Malpensata con macelleria, polleria, salumeria e rosticceria, le idee per attirare l’attenzione non mancano. Cartelli con le offerte speciali e colorate combinazioni di menù sono in bella mostra: «Ormai si vende solo quello che è in offerta – rileva -, ma non manco di esplorare ogni possibilità per farmi conoscere». Ad esempio ha deciso di fare pubblicità sul giornale, cosa piuttosto rara per gli ambulanti, con il gustoso slogan “Trocchia il pollo che scrocchia” «e se capiremo che Internet è un mezzo che ci può aiutare, sfrutteremo anche quello».




La Camera di Commercio premia le aziende “family friendly”

La Camera di Commercio di Bergamo – in collaborazione con la propria azienda speciale “Bergamo Sviluppo”, il Comitato per la Promozione dell'Imprenditorialità Femminile, la Consulta delle Politiche Familiari del Comune di Bergamo, la Provincia (settore Istruzione, Formazione, Lavoro, Sicurezza e Pari Opportunità) la Consigliera di Parità della Provincia e l'Asl – hanno istituito il Premio "Aziende family friendly – Valorizzare e diffondere le azioni di pari opportunità e di conciliazione vita – famiglia – lavoro, svolte dalle imprese bergamasche a favore dei propri dipendenti".
Negli ultimi anni il tema della conciliazione è stato oggetto di numerosi interventi a livello nazionale e regionale ma è risaputo che sono tante le aziende che mettono in atto politiche interne a favore della famiglia, ossia adottano interventi, extra contrattazione obbligatoria, per agevolare l’armonizzazione dei tempi e delle esigenze quotidiane dei propri lavoratori e lavoratrici, siano esse di tipo personale/familiare o di tipo lavorativo, in modo comunque da non trascurare le esigenze dell’impresa.
L’istituzione del Premio mira a far emergere le buone prassi realizzate dalle imprese locali negli ambiti definiti dall’iniziativa, in modo che anche altre aziende ne possano, per così dire, essere “contaminate”, e che permetterebbe di creare, nell’ambito lavorativo, ambienti sempre più “family friendly”, dove la flessibilità del contesto e dell’organizzazione del lavoro  riescono più facilmente a tenere in considerazione le esigenze dei dipendenti in quanto parti di nuclei famigliari. Al Premio, che ha scadenza 31 ottobre prossimo, possono partecipare tutte le imprese private, con sede in provincia di Bergamo, che stiano realizzando esperienze/iniziative a favore dei propri dipendenti in tema di pari opportunità nella gestione/organizzazione del lavoro interno o di welfare aziendale/interaziendale che ne faciliti la conciliazione vita – famiglia – lavoro.
Il Premio prevede 6 categorie: strategie per promuovere la valorizzazione del personale interno e i temi della parità tra i generi e della conciliazione vita- famiglia – lavoro; flessibilità lavorativa e organizzazione del lavoro condivisa; strategie organizzative e/o benefit per conciliare lavoro-famiglia-genitorialità; strumenti e benefit per agevolare/sostenere la gestione domestica; servizi/iniziative integrative per accrescere la qualità della vita dei dipendenti e/o dei loro familiari; partnership con il territorio locale (imprese e istituzioni) per sviluppare servizi comuni o nuovi, fruibili anche dai dipendenti. Le informazioni sull’iniziativa si trovano sul sito www.bergamosviluppo.it




Ict in recessione, ma spicca l’economia del digitale

È recessione anche per l’Information Technology italiana, che chiuderà il 2012 a -3,2%, con 19.006 milioni di euro di risultato complessivo del mercato. Dal  2008 ad oggi si sono persi quasi 3 miliardi di euro e il tasso di decrescita italiano è nettamente peggiore rispetto ai competitor: la media Ue è, infatti, del -0,9%, la Germania segna addirittura un +4,1%, gli Usa fanno segnare un +2,8% e la Cina +16,9%.
Ma se l’It tradizionale sta seguendo il trend recessivo, sta emergendo una “Nuova It” in controtendenza e legata al mondo del web, del social, del mobile, del cloud, che contribuisce allo sviluppo dell’economia del digitale. L’Italia appare una nazione in cui la consumerizzazione della tecnologia – ossia l’influenza sempre maggiore che l’esperienza della tecnologia come persone, come consumatori, esercita sulle aspettative nei confronti della tecnologia che si utilizza per lavoro – diventa una moda e si diffonde a livello sociale e imprenditoriale: la vendita di tablet a +52,1% e il Cloud Computing a +57,8% ne sono la punta di diamante. A mancare sono però le nuove professionalità, che il nostro sistema formativo non è ancora capace di formare.
Sono questi i primi dati e le tendenze più evidenti fotografate dall’Assintel Report 2012, la ricerca annuale sul mercato del software e dei servizi I in Italia effettuata da Nextvalue per conto di Assintel, l’associazione nazionale delle imprese Ict di Confcommercio-Imprese per l’Italia.

Chi sale e chi scende nel mercato It nel 2012
Nel 2012 continua la discesa dell’Hardware verso quota -9,4%: pesante, dopo il -0,8% del 2011 e il -19,1% del 2010. Quest’anno – secondo il Report Assintel – il mercato italiano perderà quindi circa 500 milioni di euro, attestandosi a 5.240 milioni di euro, trascinato dal crollo dei netbook (-59,2%), dei pc desktop (-33,6%) e dei server di fascia alta, Mainframe e Unix (-14,7%).
I Servizi It tornano in rosso a -3,8%, dopo il lieve recupero dello scorso anno (+2,4%), falcidiati dal crollo delle tariffe professionali. Il segmento vale 8.863 milioni di euro, quasi la metà dell’intero mercato. Tra di essi: consulenza -4,4%, system integration -3,3%, servizi di sviluppo e manutenzione software -4,7%. Anche la Formazione, da anni in crisi, segna un -4,2%.
Il Software continua la sua lievissima crescita (+0,8%), attestandosi sui 4.283 milioni di euro, con due note particolarmente positive e che rimandano alla “Nuova It”: la Business intelligence di nuova generazione (+3,7%) e il Process & Content Management (+4,1%). In stagnazione invece i package gestionali (0,0%) e le applicazioni verticali di industry (-0,7%).

La spesa cala soprattutto nel pubblico e nelle pmi
Tre spiragli positivi danno luce all’andamento della spesa It nei mercati verticali: sono il consumer (+1,8%), le Tlc / media (+1,3%) e le assicurazioni (+1,2%).?¢‚Ǩ¬®
I peggiori performer sono quelli falcidiati dalla spending review: Pubblica Amministrazione (-10,8%), Enti locali (-8%), Sanità (-5,8%), che pure dovrebbero avere un ruolo anticiclico di stimolo alla domanda. Male anche Industria (-5,1%), Commercio (-4,5%), Trasporti e Logistica (-5,8%). In territorio lievemente negativo i big spender dell’Ict: le Banche si attestano su un -1,9%, dopo l’incoraggiante +2,9% dello scorso anno. In territorio marcatamente negativo le piccole imprese, in particolare la spesa It nelle micro imprese crolla del -6,4% e nelle piccole imprese del -11,4%: non c’è spazio per investimenti in innovazione nel loro business, che tende ad ottimizzare i costi per una mera sopravvivenza.

Il 42% delle aziende ridurrà il budget
Nonostante l’ottimizzazione dei costi sia ancora al vertice delle priorità strategiche dell’88% delle aziende del panel, si intravede un’evoluzione lenta ma costante della percezione del ruolo strategico dell’It nella gestione dell’attività aziendale, cresciuto dal 28% del 2009 al 57% attuale. I budget per l’It nei prossimi 12 mesi saranno stazionari per il 33% delle aziende utenti (lo erano nel 63% lo scorso anno) e in contrazione nel 42% dei casi (erano solo il 19% nella scorsa edizione), con punte di tagli oltre il 10% per il 17% di esse.
L’allocazione delle risorse è destinata per il 64% alla gestione dell’esistente e all’adeguamento tecnologico programmato, mentre il restante 36% a nuovi progetti e allo sviluppo e trasformazione dell’esistente. Ad alto potenziale Virtualizzazione, Document Management, Mobile & Wireless, Information Security Management e Web Content Management.




Acquari, “tanti buoni motivi per appassionarsi”

teresa_baraldi.jpgLa novità più importante della 34esima Fiera Campionaria è Acquario Natura, più di mille metri quadrati dedicati dell’acquariologia, con aziende che propongono pesci di acqua dolce e marini, mangimi, attrezzature e accessori. «Si tratta della prima fiera nazionale del settore», spiega Teresa Baraldi, segretario generale dell’Aipa, Associazione italiana pesci e acquari, che con Promoberg ha collaborato per realizzare l’evento. Un’occasione per chi è già appassionato, ma soprattutto, considerando la vasta affluenza di pubblico alla Campionaria, per far suscitare nuovi interessi. Non a caso l’Aipa ha scelto di partire dai più piccoli, proponendo laboratori per le scolaresche, con la possibilità di allestire le proprie vaschette e fare delle osservazioni guidate. «È un’attività estremamente educativa – prosegue Baraldi -, i bambini possono avvicinarsi al mondo naturale, apprendere nozioni di biologia, cogliere le dinamiche di socialità. Mettono inoltre in gioco la loro capacità di accudire e gestire».
Ma anche i più grandi possono trarre grandi soddisfazioni dal portarsi in casa angolo di blu. «Non è solo un modo per abbellire la casa. È stato dimostrato da studi psicologici che i colori e ai movimenti dell’acquario hanno effetti rilassanti – evidenzia – ed esistono applicazioni di pet terapy. Curare un acquario permette inoltre di sviluppare conoscenze nel campo della biologia, della chimica, dell’idraulica e dell’elettronica. Occorre però sfatare l’idea che per questo hobby servano grandi investimenti o chissà quali attrezzature. Bastano una presa di corrente e l’acqua del rubinetto ed consigliabile arricchire l’acquario poco alla volta, coltivando nel tempo il proprio interesse». Altra credenza da superare è quella che i pesci soffrano. «Se l’acquario è costruito correttamente, nel rispetto dell’ecosistema di provenienza e del benessere animale – afferma –, questo non capita. Anzi, si è verificato che alcune specie, minacciate da predatori o da cambiamenti ambientali, si sono potute ripopolare grazie all’allevamento in cattività, che non significa costrizione».




Comunicazione digitale, sostegno alle pmi

La Regione Lombardia e le Camere di Commercio lombarde, nell’ambito degli impegni assunti con l’Accordo di Programma per lo sviluppo economico e la competitività del sistema lombardo, puntano a ridurre il gap culturale e strategico delle mpmi lombarde nell’ approcciare e sperimentare la comunicazione digitale. Per raggiungere questo obiettivo hanno stanziato 1,650 milioni per sostenere progetti di investimento in strategie di marketing innovation.
Obiettivo del bando è finanziarie con contributi a fondo perso: 1)nuovi processi comunicativi e modelli di business che utilizzano gli strumenti di web 2.0 per aggiungere valori ai propri prodotti e servizi e trovare nuovi mercati; 2) l’inserimento professionale di giovani e la stabilizzazione di lavoratori per progetti di comunicazione digitale. Le micro, piccole e medie imprese lombarde possono presentare le domande “on-line”, a partire dal 27 novembre 2012 e fino al 24 gennaio 2013, seguendo la procedura descritta sul sito www.bandimpreselombarde.it.
* Innovazione, contributi alle imprese cooperative.  La Camera di Commercio ha messo a disposizione un fondo pari di 50mila euro a sostegno di interventi nel campo dell’ innovazione e della competitività. Il  contributo è riservato alle imprese cooperative che abbiano unità produttive in provincia di Bergamo. Il contributo è concesso a fronte di spese per:  a) l’inserimento di un manager a contratto, in possesso di laurea triennale o specialistica in economia, ingegneria, agraria, scienze della formazione, architettura, lingue e letterature straniere, scienze ambientali, chimica, biologia o scienze naturali per lo sviluppo di processi di innovazione tecnologica, internazionalizzazione e aggregazione di imprese; b) consulenze in materia di innovazione tecnologica, tecnologie informatiche, marketing e comunicazione, sviluppo dell’attività turistica, commercio estero e internazionalizzazione, commercio elettronico e check up aziendale. La domanda di partecipazione al concorso può essere presentata all'indirizzo promozione@bg.legalmail.camcom.it. Il testo integrale del bando e la modulistica possono essere scaricati dal sito camerale www.bg.camcom.gov.it.