Pasqua al ristorante, previsioni al ribasso

pranzo-di-pasquaFlessione in vista per la clientela dei ristoranti nei giorni di Pasqua. È quanto emerge dall’indagine condotta dal Centro Studi della Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi analizzando i risultati dell’indagine promossa sui locali italiani. Nel giorno di Pasqua si prospetta in particolare un calo delle presenze dell’11%, mentre per il giorno successivo, solitamente deputato alle gite fuoriporta, la percentuale sfiora ben il 15%. «In questi giorni si sente parlare di ripartenza, di luce in fondo al tunnel: purtroppo questo clima di fiducia non sembra avere ripercussioni positive nel settore della ristorazione. In occasione delle festività pasquali gli italiani che festeggeranno fuori casa saranno assai meno dello scorso anno – commenta Luciano Sbraga, direttore del Centro Studi Fipe. -. I motivi principali risiedono anche in fattori indipendenti dalla congiuntura economica, in primis le previsioni meteo non favorevoli e il calendario che quest’anno vede la Pasqua agli inizi di aprile, periodo non ancora spiccatamente primaverile. Tutti fattori che concorrono ad alimentare ancora un senso di incertezza e la poca voglia di recarsi fuori casa».

I dati

Analizzando nello specifico i dati della Fipe, è possibile vedere quanto la Pasqua “bassa” incida anche sull’attività dei ristoratori: a fronte di una clientela prevista intorno ai 6,4 milioni per una spesa totale di 264 milioni di euro, i ristoranti in attività saranno il 92% del totale contro il 94% dello scorso anno. Per il 32% dei ristoratori intervistati la clientela da servire per il pranzo di Pasqua sarà inferiore a quella del 2014, con 3,6 milioni di unità previste, ma non manca un 13% che si mostra più ottimista.

La flessione è data sostanzialmente dagli italiani che restano in città, mentre non sembrano diminuire le presenze straniere.

Il menù

Convenienza e qualità sembrano le preferenze quando si parla di menù pasquale. Prevale in particolare il menù “a pacchetto” (scelto dal 59,4%), ad un prezzo medio di 45 euro in lieve aumento sul 2014 per due punti percentuali. La spesa prevista sarà di 162 milioni di euro con una flessione del 9% sul 2014. Le scelte saranno concentrate su proposte tradizionali (65,8%), ma in poco meno di un ristorante su tre si darà spazio alla reintrepretazione creativa della gastronomia locale. La cucina internazionale sarà invece scelta solo da un risicato 6,1% degli avventori.

Tra i piatti in prima linea secondi come agnello e capretto, seguiti da primi come pasta ripiena e risotti; per quanto riguarda i dolci le proposte predilette saranno “classici” come pastiera napoletana, “pupa” molisana, seadas sarde, struffoli e salame di cioccolato. Rispetto alla Pasqua 2014 i menù saranno maggiormente orientati alla presenza di piatti della tradizione gastronomica locale, all’insegna della filiera corta.

Da segnalare l’impegno dei ristoratori nell’intervenire sulla struttura dei menù (per quanto concerne numero di portate, proposte “tutto compreso”), allo scopo di migliorare il rapporto qualità/prezzo per contenere il più possibile i costi. Un ristoratore su tre manterrà invece il menù studiato per lo scorso anno.

La gita di Pasquetta

Il Lunedì dell’Angelo, giorno tradizionalmente dedicato al fuoriporta e al fuori casa, vedrà, secondo i dati Fipe, una flessione di clienti di ben il 15%, in un quadro che vedrà aperti 8 ristoranti su 10, in leggero aumento rispetto allo scorso anno. Il 28% degli esercenti intervistati è meno ottimista rispetto al 2014: la previsione è di 2,8 milioni di clienti con una flessione del 15% sul 2014 come conseguenza di un tasso di riempimento del 65%.

A Pasquetta il ristorante è meta soprattutto di turisti, sia italiani che stranieri, mentre i “locali” rappresenteranno il 40%. Parlando di menù, la proposta “all inclusive” riguarderà solo un ristorante su quattro ad un prezzo medio di 37 euro in crescita dello 0,7% rispetto al 2014. La spesa prevista in questo caso è di circa 102 milioni di euro.




Pasqua, a Bergamo 1.800 gli esercizi coinvolti

colombaSono quasi 16 mila – tra panifici, pasticcerie, macellerie, supermercati e alimentari – le imprese lombarde nei settori interessati dalla festività pasquali. Il peso sul totale nazionale è del 10,5%. Il maggior numero di attività si concentra a Milano (4.507). Seguono Brescia (2.523), Bergamo (1.816), Varese (1.157) e Pavia (1.127). I dati emergono da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati 2014 del registro imprese. Più nel dettaglio, a Bergamo si contano 1.300 imprese attive nel commercio al dettaglio in esercizi non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande, 315 nel dettaglio di carni e di prodotti a base di carne in esercizi specializzati e 201 nel commercio al dettaglio di pane, torte, dolciumi e confetteria in esercizi specializzati.




Bevande e tabacchi, prezzi in crescita a Bergamo

barmanA marzo, l’indice dei prezzi al consumo rimane invariato a Bergamo: la variazione registrata è infatti la stessa rispetto al mese precedente, ovvero dello 0,3%. Il tasso tendenziale (la variazione percentuale rispetto allo stesso mese dell’anno precedente), si attesta a -0,1%, in aumento rispetto al mese scorso (-0,4%). Le variazioni in crescita più marcate si registrano nelle divisioni di spesa: “Trasporti” ove ad incidere sono i rincari per i carburanti per i mezzi di trasporto, lubrificanti e biciclette controbilanciati dai voli aerei e dal trasporto marittimo per acque interne; “Mobili, articoli e servizi per la casa” con aumenti per i mobili del reparto giorno, utensili da cucina non elettrici, biancheria per la casa ed accessori vari, mentre in controtendenza troviamo tessuti, arredi e i prodotti di pulizia per la casa, cristalleria porcellane e stoviglie. Segue la divisione “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” con la crescita dei prezzi per la carne suina e bovina, vegetali freschi e refrigerati escluse le patate, caffè tè e zucchero, salumi, riso, latticini, frutti di mare e la diminuzione per uova, pesce, burro e margarina, piatti pronti e latte fresco. In aumento anche le divisioni di spesa: “Bevande alcoliche e tabacchi” grazie alle birre lager e agli aperitivi alcolici (rispetto al marzo dell’anno scorso la crescita è del 3,5%); “Abbigliamento e calzature” con rincari per le calzature da uomo, indumenti per bambini e i servizi di lavanderia controbilanciati dalle calzature per donna e bambino e gli indumenti per neonati. In lieve aumento anche la divisione “Abitazione, acqua, energia elettrica, gas e altri combustibili” con rincari per il gasolio da riscaldamento ei prodotti per la manutenzione della casa. In diminuzione troviamo: le “Comunicazioni” con ribassi dei prezzi per i servizi postali e gli apparecchi per la telefonia mobile ed aumenti per quella fissa e telefax; “Ricreazione, spettacoli e cultura” con il calo dei prezzi per i pacchetti vacanza nazionali, accessori per gli apparecchi per il trattamento delle informazioni, piante e fiori e i servizi sportivi controbilanciati dai rincari per i supporti audio e video, cinema teatri e concerti, narrativa e riviste e i prodotti per animali. Ed infine, in lieve diminuzione la divisione “Servizi ricettivi e di ristorazione” grazie alle strutture ricettive quali ostelli, campeggi e villaggi vacanze. Invariate nel complesso le divisioni “Altri beni e servizi”, “Servizi sanitari e spese per la salute” e “Istruzione”.




Il cibo “del futuro” sbarca a Milano

seed&chipsVa bene la tradizione, ma al cibo occorre guardare anche con un’ottica rivolta al futuro. Non a caso a Milano, dal 26 al 29 marzo, debutta Seeds&Chips, il primo salone internazionale dedicato alle aziende e startup digitali che stanno innovando nella filiera agroalimentare ed enogastronomica, di scena al MiCo Centro congressi, con il patrocinio di Expo Milano 2015.

Una area espositiva e un calendario di conferenze per presentare, raccontare e discutere sui temi, sui modelli e sulle innovazioni che stanno cambiando il modo in cui il cibo è prodotto, trasformato, distribuito, consumato e raccontato. I primi due giorni sono riservati agli addetti ai lavori (operatori del settore, media, investitori, organizzazioni), per poi aprire le porte (il 28 e il 29) a tutto il pubblico. Ad un mese dall’apertura di Expo Milano 2015, il salone rappresenta una anticipazione ed una focalizzazione sulle soluzioni tecnologiche che stanno rivoluzionando interi processi e settori ma che, soprattutto, sono lo strumento necessario per affrontare i temi della sostenibilità, della lotta agli sprechi, della tracciabilità e sicurezza alimentare così come il mezzo per la sopravvivenza e lo sviluppo di microimprese locali di produzione, vendita e somministrazione. Dall’agricoltura di precisione alle innovazioni ed evoluzioni nel mondo dell’idroponica che arriveranno nelle nostre case, condomini e negozi; dalle stampanti 3d per il cibo ai sensori molecolari portatili che ci indicano il contenuto di un alimento; dai nuovi modelli e piattaforme di e-commerce nel food ai nuovi sistemi di comunicazione, promozione, valorizzazione di prodotti, territori o filiere; dalle etichette intelligenti per la tracciabilità dei prodotti o l’indicazione del loro contenuto alle applicazioni per ridurre gli sprechi in ogni passaggio della filiera; dai sistemi di cognitive cooking alle smart kitchen che renderanno più facile, sicuro e spesso anche più sostenibile il nostro rapporto con i prodotti alimentari che abbiamo in casa.

Importante è la presenza, insieme alle grandi aziende e multinazionali, associazioni di categoria e organizzazioni nazionali e internazionali, delle startup. È da queste nuove realtà e iniziative che sta arrivando la maggior parte dell’innovazione e rivoluzione, in quello che molti definiscono un Rinascimento Digitale nel cibo o New Food Economy. Per questo all’interno di Seeds&Chips ci saranno le Seeding Box, degli spazi dove giovani innovatori e startup potranno incontrare le grandi aziende e potenziali investitori per presentare le proprie offerte e soluzioni con due programmi: “Seeds call Chips” quando è la startup a cercare l’incontro e “Chips call Seeds” quando sono le grandi aziende e investitori che cercano innovazioni che possono efficientare o rivoluzionare determinati modelli di business.

www.seedsandchips.com 




Giorgio Beltrami: «Sta scomparendo il bar all’italiana»

Giorgio BeltramiAvviare un locale non è una cosa da tutti, tiene a precisare Giorgio Beltrami, presidente del Gruppo Bar e Caffetterie Ascom, di fronte alla convinzione dei più di aprire un bar e fare subito cassetto: «Molti si improvvisano imprenditori: aprono tanti locali, ma molti chiudono anche dopo pochi mesi. E’ positiva anche la continua ricerca di nuove formule, ma negli ultimi anni stiamo purtroppo assistendo alla scomparsa del bar all’italiana, di quel format tutto nostro che il mondo ci ha sempre invidiato». Il bar all’italiana va difeso come emblema del Made in Italy: « E’ un locale che cambia durante la giornata, assecondando i ritmi della città e dei suoi frequentatori. E’ importante partire alla grande la mattina con un gran caffè e un gran cappuccino che da soli possono davvero ripagare, se ben fatti, il sacrificio della sveglia puntata all’alba. Poi scatta l’ora dell’aperitivo: un drink preparato a regola d’arte servito al tavolo con stuzzichini e finger food caldi e freddi. Da mezzogiorno ci si prepara ad un pranzo leggero, con una scelta di tre o quattro piatti e nel pomeriggio si servono tè accompagnati da piccola pasticceria, cioccolate calde e gelati».




Commercio cinese, «è vero che c’è il boom ma la crisi colpisce anche noi»

Non conosce sosta l’espansione del commercio cinese in Bergamasca, che non solo vede aumentare il numero di imprese, ma anche modificarsi settore di attività, dimensioni e organizzazione aziendale. E pensare che 15 anni fa (un tempo in fondo non così lontano) le insegne si contavano sulle dita di una mano. Secondo i dati elaborati dall’Ascom, erano infatti cinque le iscrizioni di imprese con titolare cinese attive nel registro della Camera di Commercio, mentre a fine 2014 il saldo è arrivato a quota 288, con un incremento di 84 unità rispetto al 2013, pari ad un sostanzioso 41,2%. Il balzo più ampio è stato per i negozi non alimentari, passati nel giro di un anno da 67 a 119 (+77,6%), seguiti dai ristoranti (da 27 a 39, +44,4%). Meno ampio in percentuale l’incremento dei bar (da 103 a 121, +17,5%), mentre non si è mosso il livello dei negozi alimentari (5). Ancora marginale il peso dell’imprenditoria con gli occhi a mandorla nei tabaccai, che però sta salendo: nell’ultimo anno le gestioni sono raddoppiate, passando da 2 a 4. Nella sola Bergamo è ancor più accentuata la dinamica dei negozi non alimentari, quasi raddoppiati in un anno (da 15 a 29, +93,3%), mentre il dato complessivo che riguarda bar e ristoranti registra 7 attività in più (da 25 a 32, +28%).

Attività in calo nelle Valli

I segni della crisi dei consumi si possono semmai cogliere nella distribuzione geografica. Le uniche due aree in cui c’è stato un calo di imprese nel 2014 sono la Valle Brembana (-22%, con attività scese da 9 a 7) e la Val Seriana (-10%, il totale è passato da 20 a 18), zone in cui le difficoltà del manifatturiero si sono fatte sentire con più intensità. Sono cresciute invece tutte le altre, con un autentico exploit della Bassa (40 imprese in più che portano il totale a 86, +87%) e, pur se su valori assoluti più bassi, della Valle Cavallina (da 10 a 18 imprese in un anno pari all’80% in più). Seguono la Val Calepio (+50%), la città (+46,7%), l’Isola (+35%) e l’hinterland (+16,3%).

Cambiano settori e dimensioni aziendali

Un’analisi a più ampio raggio e di tipo qualitativo, evidenzia anche come il commercio cinese abbia man mano cambiato pelle. «In provincia di Bergamo ha conosciuto tre fasi – sintetizza il vicedirettore dell’Ascom Oscar Fusini -. Fino al 2000 era presente solo nella ristorazione, con offerta esclusiva di cucina cinese. C’è stata poi un’espansione nei mercati ambulanti nel settore non alimentare seguita, tra il 2005 e il 2010, dalla crescita dei negozi, in particolare di abbigliamento, accessori e articoli per la casa. La fase attuale vede uno sviluppo esponenziale dei negozi e una crescita regolare di bar ristoranti e sale gioco». Settore quest’ultimo che è andato al di là della proposta etnica, che pure rimane. «Si tratta di gestori ben integrati – rileva -, con una buona conoscenza dell’italiano. La vocazione prevalente è per il servizio di vicinato e la ristorazione tradizionale o etnica, meno evidente la propensione per i locali serali o la ristorazione creativa. In genere i nuovi ingressi tendono a mantenere le caratteristiche e l’impostazione dei locali che rilevano e non mancano società miste, formate da imprenditori cinesi e italiani».

Per quanto riguarda i negozi, «la maggioranza riguarda l’abbigliamento – spiega Fusini -. Sono in crescita i punti vendita di casalinghi e le aperture di bazar ed empori dove è possibile trovare di tutto, le cosiddette cineserie. Limitata è invece la presenza nella pelletteria e scarpe, mentre il settore emergente è quello dei tabaccai, con numeri per ora contenuti, ma in crescita». Tra gli aspetti più degni di nota, il fenomeno abbigliamento, in netta controtendenza rispetto all’andamento generale, dove prevalgono le chiusure sulle aperture, e il fatto che ora la stessa impresa dà vita a più punti vendita. «L’incremento di negozi cinesi – ricorda Fuisini – è sempre stato legato all’apertura di piccole attività indipendenti o di punti vendita di grandi dimensioni, ora invece alcune imprese cinesi stanno aprendo in più sedi». A caratterizzare tutte le attività «c’è l’attestarsi su prezzi contenuti, che rappresenta per molte persone una risposta alla crisi, ma anche l’ampiezza dell’apertura, 7 giorni su7 e con orari estesi e un percepito spirito di servizio da parte della clientela».

Le testimonianze

Luigi - bar 24 rid   Anica Chirilla - cliente bar 24 rid

Risponde al compito del servizio di vicinato il bar “24”, al numero 24, appunto, di via Mazzini, in città. Ambiente luminoso, tocchi di design e dietro al bancone Luigi, il nome che il titolare Haijie, 25 anni, si è scelto, in assonanza, per facilitare la vita ai clienti. Che sono prevalentemente abituali e scambiano sempre qualche battuta, mentre lui, dal canto suo, cerca di prendere nota delle preferenze di ognuno per non far mancare ogni mattina la brioche preferita o preparare “il solito”. In Italia dal 2008, proveniente da Wen Zhou, da due anni gestisce l’esercizio dopo aver affiancato la cugina a Ponteranica. «La crisi dei consumi si è fatta sentire anche nelle nostre attività – precisa -. In genere, comunque, nei paesi della provincia il lavoro va meglio mentre in città è più difficile. C’è più concorrenza e c’è sempre qualcuno che davanti ad una conduzione cinese cambia strada e cerca un’alternativa. Anche a me capita: persone che aprono la porta e appena vedono che sono cinese fanno marcia indietro. Lo accetto. Ciò che cerco di fare quando entra qualche nuovo cliente è chiedere come si è trovato, se va tutto bene e prendere nota dei suggerimenti». Un aspetto apprezzato da Anica Chirilla, cliente fissa. «Vengo da Solza – dice -. Accompagno mio marito che lavora alla clinica San Francesco e vengo qui apposta perché è un locale tranquillo, c’è una bella atmosfera e Luigi ti mette a proprio agio. Non è invadente ma al tempo stesso attento, i prodotti sono di qualità ed i prezzi concorrenziali». Ciò nonostante Luigi vuole vendere: «Il fatto è che sono solo ed è perciò difficile ampliare la proposta». Ad esempio introducendo gli aperitivi per vivacizzare anche l’offerta serale, come vorrebbe un’altra cliente.




Olio d’oliva, crollano gli acquisti. In calo anche frutta e verdura

OLIO OLIVALa crisi ha tagliato i consumi alimentari ma ha anche profondamente modificato le abitudini degli italiani che sono stati costretti a dire addio ai prodotti base della dieta mediterranea dall’olio al vino, dall’ortofrutta alla pasta fino al pane, sceso al minimo storico dall’unità d’Italia. Per quest’anno comunque è attesa una ripresa dopo che gli acquisti alimentari hanno toccato il fondo nel 2014 tornando indietro di oltre 33 anni sui livelli minimi del 1981. Ad analizzare la spending review degli italiani nel carrello della spesa a partire dal 2008 è la Coldiretti. Il crollo più pesante – sottolinea – si è avuto per l’olio di oliva, con acquisti in calo del 25% e consumi a persona scesi nel 2014 a 9,2 chili all’anno, dietro la Spagna 10,4 chili e la Grecia che con 16,3 chili domina la classifica. Il vino è calato del 19% con consumi che si aggirano attorno ai 20 milioni di ettolitri. Molto preoccupante è la situazione per la frutta e verdura fresca poiché, per effetto di un calo del 7%, i consumi per persona si sono fermati a poco più di 130 chili all’anno, che equivalgono a non più di 360 grammi al giorno rispetto ai 400 grammi consigliati dall’organizzazione mondiale ella Sanità. Ma soprattutto – precisa la Coldiretti – in Italia solo il 18% della popolazione di età superiore a 3 anni consuma almeno 4 porzioni di frutta e verdura al giorno. In calo il consumo di pasta anche se gli italiani restano i maggiori consumatori con circa 26 kg all’anno a persona, che è 3 volte il consumo di uno statunitense, di un greco o di un francese, 5 volte quello di un tedesco o di uno spagnolo e 16 volte quello di un giapponese. Non è però mai stato cosi basso il consumo di pane che, dall’inizio della crisi è praticamente dimezzato, scendendo nel 2014 al minimo storico con circa 90 grammi, pari a meno di due fettine di pane al giorno (o due rosette piccole) a persona

Pane, pasta, pesce, frutta, verdura, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari si sono dimostrati – precisa la Coldiretti – un elisir di lunga vita per gli italiani, che fino ad ora si sono classificati tra i più longevi del mondo con una vita media che ha raggiunto i 79,8 anni per gli uomini e gli 84,8 per le donne. Ma la situazione potrebbe cambiare in futuro anche per colpa del cambiamento degli stili alimentari soprattutto nelle giovani generazioni con quasi 1/3 (30,8%) dei bambini che sono obesi o in sovrappeso. In particolare – sottolinea la Coldiretti – i bambini in sovrappeso sono il 20,9% mentre quelli obesi sono il 9,8% sulla base del campione di età compresa 8-9 anni nelle scuole primarie dell’indagine «Okkio alla Salute» promossa dal ministero della Salute. A pesare sono le cattive abitudini con l’8% dei bambini che salta la prima colazione e il 31% che la fa non adeguata, ma anche con il 41% che assume abitualmente bevande zuccherate e gassate mentre solo il 25% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e verdura. Per «formare dei consumatori consapevoli sui principi della sana alimentazione e della stagionalità dei prodotti e valorizzare i fondamenti della dieta mediterranea, ricostruendo il legame che unisce i prodotti dell’agricoltura con i cibi consumati ogni giorno», la Coldiretti ricorda il proprio impegno nel progetto «Educazione alla Campagna Amica» che coinvolge oltre centomila alunni delle scuole elementari e medie in tutta Italia in oltre tremila lezioni in programma nelle fattorie didattiche e negli oltre cinquemila laboratori del gusto organizzati nelle aziende agricole e in classe.




Chianti e Lambrusco i più venduti nella Gdo

Vino SupermercatoSegnali di miglioramento nel 2014 per le vendite di vino nella Grande Distribuzione, che invertono la tendenza negativa del 2013 e degli ultimi anni e fanno ben sperare per il 2015. Il dato globale del vino confezionato fino a 75cl segna un +1,5% a valore ed un + 0,2% a volume.. Queste le prime anticipazioni della ricerca dell’IRI che verrà presentata a Vinitaly, a Verona dal 22 al 25 marzo. La ricerca indica quali sono i vini più amati dagli italiani nel 2014, grazie alla classifica dei vini più venduti nella Grande Distribuzione. In vetta troviamo Chianti e Lambrusco, che da anni conquistano le prime posizioni del podio, ma che mostrano una flessione delle vendite a volume. Al terzo posto Il Vermentino, un bianco che continua a crescere di anno in anno. Buone le performances del Prosecco, del Nero d’Avola, del Muller Thurgau e del Traminer.

Tra i vini “emergenti”, cioè con maggior tasso di crescita nel corso del 2014, troviamo ai primi posti i vini marchigiani/abruzzesi Pecorino e Passerina, e il siciliano Inzolia. Entra in questa classifica, per la prima volta, il laziale Orvieto.

”La questione fondamentale per il futuro è la difesa del valore da parte delle cantine e della Grande Distribuzione – commenta Virgilio Romano, Client Service Director IRI -. La rincorsa dei volumi come prevalente obiettivo di crescita rischia di rivelarsi controproducente. Quindi sì alle promozioni, ma con intelligenza strategica”.  “La difesa del valore – ha spiegato ancora Romano – passa dalla difesa dei prezzi. Ogni prezzo deve riflettere un sano equilibrio di bilancio, in cui alle principali voci di costo deve aggiungersi sempre più quello della comunicazione, che deve avere tra i suoi obiettivi anche quello di trovare i consumatori di vino del domani”.




Dolci, formaggi e salumi: decolla l’e-commerce enogastronomico

e-commerceUna crescita del 17% nel 2014, con un valore medio d’acquisto pari a 31 euro: le categorie relative ai prodotti enogastronomici su eBay.it lo scorso anno hanno fatto registrare un incremento significativo  e per il 2015 si prospetta un’ulteriore crescita, un segnale di come l’e-commerce si stia sempre più affermando tra i canali preferenziali per vendere online anche prodotti enogastronomici e del Made in Italy. E a confermare i grandi margini di crescita per il settore alimentare online, nel mercato interno e nell’export, ci sono i dati dell’osservatorio del Politecnico di Milano secondo i quali nel 2014 il comparto grocery ha costituito l’1% del totale del commercio elettronico italiano contro il 13% del Regno Unito.

Sulla piattaforma italiana di eBay lo scorso anno sono stati venduti 32.792 prodotti nella sottocategoria “Dolci e Biscotti”, 25.733 prodotti in “Pasta e condimenti” e 8.146 prodotti in “Salumi e Formaggi”. Un segnale che conferma eBay.it come uno tra i principali player italiani e abilitatore di multicanalità per i venditori, sia in Italia che verso l’estero. In tempo reale, invece, sono oltre 265 mila i prodotti enogastronomici in vendita su eBay.it e ogni 73 secondi si registra un acquisto.

Per sostenere i venditori, eBay.it ha annunciato l’azzeramento delle “commissioni sul valore finale” pagate dal venditore professionale sul prezzo del prodotto venduto, a partire dal 2 aprile prossimo. Ogni venditore professionale che opera nelle categorie dedicate all’alimentare (da “dolci e biscotti” a “pasta e condimenti” fino a “salame e formaggi” e a “gastronomia”), dunque, non pagherà alcuna commissione sul valore finale della vendita dei prodotti. Nei fatti, si passa dall’8,7% sul prezzo del prodotto allo 0% di commissione applicata sul valore finale. Inoltre i venditori professionali con un negozio premium su eBay non pagano le tariffe d’inserzione. eBay ha deciso di applicare queste modifiche in modo da permettere ai propri venditori di offrire prodotti a prezzi molto più competitivi, soprattutto in vista dell’EXPO.

L’annuncio è stato dato durante la tavola rotonda organizzata da eBay con la partecipazione del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, di Aicig (Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche) e di Coldiretti per discutere dei trend del mercato food in Italia e dell’opportunità del commercio elettronico.

 




I ristoratori: «Camerieri improvvisati e poco motivati»

Trovare camerieri giovani e adeguati è diventata un’impresa, se non titanica, di quelle che mettono in seria difficoltà. L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi dallo chef Filippo La Mantia. La mancanza di camerieri giovani e motivati avrebbe addirittura rallentato l’apertura del suo nuovo ristorante a Milano, nei locali di quello che un tempo era il Gold. Il problema non è tanto trovare persone che fanno questo lavoro, ma giovani motivati: “I ragazzi che si presentano – denuncia lo chef romano – sono pochi e svogliati”. La notizia lascia l’amaro in bocca, non solo per il problema   lavoro che investe i giovani,   ormai da allarme sociale, ma anche per il fatto – non marginale – che il mestiere è di norma ben retribuito. Si potrebbe pensare che lo chef stellato sia troppo esigente. Non è così. Alla voce di La Mantia si è unita, quasi all’unisono, quella di Parini Durini, panificio di lusso di Milano.  E anche a Bergamo il problema è sentito. I ristoratori lamentano tutti la difficoltà a trovare giovani desiderosi di lavorare in sala. Colpa forse anche della televisione, che proietta sempre programmi sui cuochi e così il cameriere finisce per sentirsi di una classe inferiore. Sottolinea Daniela Nezosi dell’Accademia del Gusto, che “ogni qualvolta affrontiamo con i ristoratori il tema della sala ci diciamo che un buon servizio può salvare un cattivo piatto, ma un buon piatto non riesce a far dimenticare una cattiva accoglienza”. “Se in un locale – aggiunge Nezosi – non viene gestita l’attenzione al cliente in quel locale non ci si torna più, anche se si è mangiato bene, o persino molto bene. Ė bene allora che anche i camerieri, così come è avvenuto per i cuochi, riscoprano l’orgoglio della loro professione”.