Manutenzione industriale, il futuro passa anche dall’Università

Nove master e 12 diplomi executive sono quelli assegnati al termine dell’undicesima edizione del Master universitario in Gestione della Manutenzione Industriale, percorso promosso dal MIP – Politecnico di Milano Graduate School of Business e da SdM – School of Management dell’Università degli Studi di Bergamo, che ha già formato più di 150 professionisti, provenienti da oltre 60 aziende di tutta Italia, sui temi legati alla manutenzione e, in generale, alla gestione degli impianti industriali.

La cerimonia finale, nell’aula magna di Sant’Agostino dell’ateneo cittadino, è stata l’occasione per rilanciare il dialogo tra mondo accademico, aziende e territorio attraverso il convegno “Innovare la manutenzione nell’era dell’industria 4.0” che ha approfondito il ruolo delle applicazioni di automazione e di information technology volte a rendere maggiormente efficienti i processi industriali e manutentivi, per garantire una maggiore sicurezza, una miglior efficienza energetica e un minor impatto ambientale delle attività produttive. Grazie alla presenza di esponenti di rilievo del mondo universitario e di alcune importanti realtà industriali e di servizi a rete – tra cui ABB, Balluff Automation, Cosberg, Italcementi, Tenaris e Uniacque – si è potuto inoltre aprire un tavolo di discussione su temi caldi per l’intero settore produttivo bergamasco e lombardo, che storicamente rappresentano un motore trainante per l’azienda Italiana.

Il Master Executive MeGMI ha durata biennale e si rivolge a responsabili e professionisti già operanti nell’area della manutenzione degli impianti industriali, dei sistemi infrastrutturali e di servizio, fornitori di servizi collegati.Per garantire una piena compatibilità tra attività lavorativa e frequenza alle lezioni, viene erogato con particolari modalità part-time ed è organizzato secondo una struttura modulare che permette alla fine del primo anno di conseguire il Diploma Executive di Gestore della Manutenzione Industriale e, al termine dell’intero percorso formativo, il titolo di Master Universitario in Gestione della Manutenzione Industriale. Il Master può inoltre contare sulla collaborazione da parte dell’Associazione Alumni del Master MeGMI, associazione che riunisce allievi ed ex-allievi del corso fornisce un supporto organizzativo e di docenza. In collaborazione con AICQ-SICEV a partire dal 2015 è stato attivato uno schema di certificazione per il personale di manutenzione in accordo con le linee guida espresse dalla recente norma UNI 11420.

I diplomati dell’11esima edizione

  • II anno

Stefano Baccani, SIAD; Cristiano Belotti, AB Service; Antonio Cascelli, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Alessandro Cazzago, ASO Siderurgica; Domenico Coletta, Ferrero; Gabriele Rino Gusberti,Vettabbia; Marco Maccarinelli, Feralpi Siderurgica; Matteo Rinaldi, ISS Facility Services; Federico Rizza,TenarisDalmine.

  • I anno

Enrico Bonaldi,Tecno Project Industriale; Marco Camarda,Cogne Acciai Speciali; Massimo Cher, Rete Ferroviaria Italiana; Fabio Donati,TenarisDalmine; Nicholas Martello, Cogne Acciai Speciali; Marco Martinelli, Vehicle Engineering and Design; Samuele Mattioli, Cogne Acciai Speciali; Paolo Pedersoli,TenarisDalmine; Salvatore Tassone, Rete Ferroviaria Italiana; Graziano Tresoldi, TenarisDalmine; Margherita Tronca, F.I.S. Fabbrica Italiana Sintetici; Alessandro Villa, Makino Italia.




Buonanno: “Purtroppo la ricerca non è una priorità di questo Paese”

L’intervento del Prorettore delegato alla Ricerca Scientifica dell’Università degli Studi di Bergamo alla conferenza stampa della Primavera dell’Università CRUI del 21 marzo a Palazzo Marino, a Milano.

di Paolo Buonanno*

“L’uomo per sua natura vuole conoscere, esplorare, creare, inventare, spinto dalla curiosità e dal desiderio di migliorare le proprie condizioni spirituali e materiali. La curiosità scaturisce dalla voglia di comprendere le infinite dimensioni dell’universo, mentre le necessità quotidiane spingono l’uomo a fare cose che non poteva fare in precedenza per introdurre innovazioni che gli consentano di dominare la natura e di aumentare il livello di benessere. E la scienza si è dimostrata uno strumento potente in questa continua ricerca”. L’obiettivo principale della ricerca è l’avanzamento della conoscenza e di conseguenza il miglioramento delle condizioni di vita delle persone e delle condizioni della società. Molto spesso quando si parla di ricerca si affronta la discussione pieni di pregiudizi sull’utilità della ricerca e sulla percentuale di successo che le attività di ricerca hanno. Il primo punto è il punto più controverso, soprattutto nel contesto italiano, in cui la distinzione tra ricerca di base e ricerca finalizzata viene affrontata sulla maggiore o minore utilità di queste due “tipologie” di ricerca. Nella realtà affinché la ricerca applicata (o industriale o finalizzata) possa esistere è necessaria la ricerca fondamentale o di base. La ricerca di base ha l’obiettivo di acquisire nuove conoscenze, comprendere processi complessi e per quanto possa molto spesso non portare ad alcun risultato o dare l’impressione di non avere ricadute pratiche concrete nel breve periodo è il reale motore dello sviluppo e consente alla ricerca finalizzata di risolvere le problematiche concrete e specifiche.

univ6723542.jpgSe pensiamo alle più importanti scoperte nella storia moderna: la penicillina e i raggi X, è evidente come queste scoperte siano state determinate solo ed esclusivamente dalla curiosità e dall’interesse dei ricercatori. Nessuno all’epoca della scoperta si sarebbe immaginato l’importanza di tali scoperte sia per il benessere sociale sia per lo sviluppo industriale. Purtroppo la ricerca non sembra essere una priorità per il nostro Paese. I dati più recenti mostrano come l’Italia investa in ricerca solo l’1,2% del PIL, a fronte di una media europea del 2%. Uno dei principali obiettivi della strategia di sviluppo dell’Unione Europea, declinata nel programma Horizon 2020, è l’aumento della spesa per ricerca e sviluppo al 3%.  L’anomalia italiana non è solo di responsabilità del settore pubblico. Infatti, decomponendo l’1,2% di investimenti in ricerca tra spesa pubblica e spesa privata emerge che lo 0,65% di spesa in R&S è sostenuta dal settore pubblico mentre solo lo 0,55% dal settore privato a fronte di una media OECD pari all’1,5%. E’ evidente che il peso attribuito alla ricerca nel nostro Paese è il frutto di una mancata consapevolezza collettiva dell’importanza della ricerca per il futuro del Paese stesso. Lo scarso investimento pubblico in R&S e lo scarso investimento privato in R&S sono due facce della stessa medaglia. L’investimento pubblico attrae investimento privato, come dimostrano i dati internazionali, e quindi intensificare l’investimento pubblico in R&S dovrebbe essere prioritario.

Negli ultimi anni purtroppo non è stato così. Esempio ne è l’ammontare di risorse destinato al PRIN (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale) che è lo strumento con cui il MIUR finanzia la ricerca di base. Nel 2012 il MIUR ha finanziato i PRIN con poco più di 35 mln di euro, nel 2013 e nel 2014 non sono stati finanziati bandi PRIN e solo a distanza di 3 anni nel 2015 il MIUR ha finanziato con 90 mln di euro la ricerca di base. Questi numeri dicono poco se non contestualizzati rispetto al contesto internazionale e alla politica del governo. Prendiamo ad esempio la Spagna e volutamente non Paesi come gli USA o il Giappone, con cui il confronto sarebbe impietoso. Nel marzo 2016, pochi giorni fa, il ministero dell’istruzione e dell’università spagnolo ha finanziato con oltre 370 mln di euro la ricerca di base. Per dare un’importanza (relativa) del finanziamento italiano alla ricerca di base è utile considerare che il bonus di 500 euro per i diciottenni costerà allo Stato italiano oltre 280 milioni di euro (stime della Ragioneria dello Stato) e che il gettito complessivo generato dal bollo auto nell’anno 2014 è stato pari a 6,6 miliardi di euro e in questi mesi si sta parlando di una sua abolizione. Le priorità di un Paese sono molte ed eterogenee, ma sicuramente si può affermare che senza ricerca non c’è sviluppo e senza sviluppo non c’è futuro.

* Prorettore delegato alla Ricerca Scientifica dell’Università degli Studi di Bergamo




Se volete fare i mediatori culturali l’Università ha pensato a voi

Il mediatore culturale e interprete in ambito giudiziario è un professionista in grado aiutare le persone straniere ma anche italiane coinvolte in contesti processuali a meglio interfacciarsi con il sistema giudiziario, la comunità di riferimento ed il contesto sociale e civico del nostro Paese. Per formare questa figura professionale sempre più richiesta, l’Università di Bergamo inaugura il Corso di perfezionamento per mediatore culturale ed interprete in ambito giudiziario: un percorso di specializzazione inserito nell’offerta formativa della SdM School of Management dell’Ateneo, promosso dall’Università e dalla sezione di Bergamo della Camera Penale della Lombardia Orientale. “Il corso si propone di formare una figura specializzata, al momento inesistente, fornendo gli strumenti giuridici e culturali utili alla professionalità del mediatore culturale ed interprete in ambito giudiziario – ha spiegato Letizia Caso, direttrice del corso, esperto di psicologia giuridica -. E’ un progetto interdisciplinare che vuole rispondere sia alle esigenze della giustizia, di un corretto svolgimento del processo attraverso una puntuale traduzione del linguaggio tecnico, sia ad esigenze culturali e sociali di promozione della responsabilità attraverso il lavoro della mediazione. La mediazione culturale, rappresenta, infatti, una delle possibili strade per progettare e migliorare l’integrazione, in linea con i mutamenti sociali e le difficoltà ad interagire con mondi distanti. La mediazione culturale, pur non nascendo necessariamente dal conflitto, può contenerlo come soluzione rischiosa di relazioni intergruppo, per cui il mediatore deve essere in grado di aiutare le persone di culture diverse a confrontarsi, diventando agente di cambiamento attraverso una facilitazione della comunicazione, con la finalità di restituire a ciascuna delle parti la responsabilità della cultura di appartenenza in interazione con le altre”. Questo nuovo percorso di formazione si inserisce nell’offerta di “un Ateneo che è attento i mutamenti della società contemporanea e del mondo del lavoro quindi struttura nuovi percorsi di studio che rispondano alle esigenze di un contesto sempre più multiculturale, attraverso corsi fortemente professionalizzanti” ha aggiunto il Rettore Remo Morzenti Pellegrini.




Si rafforza la collaborazione tra Sacbo e Università di Bergamo

Le tirocinanti Sara Olmi e Sara Livio tra Emilio Bellingardi, direttore Generale SACBO, e il rettore Remo Morzenti Pellegrini
Le tirocinanti Sara Olmi e Sara Livio tra Emilio Bellingardi, direttore Generale SACBO, e il rettore Remo Morzenti Pellegrini

Si rafforza la collaborazione in campo formativo tra SACBO e Università degli Studi di Bergamo, che avrà come terreno d’azione il terminal passeggeri dell’aeroporto di Bergamo. Grazie alla convenzione con il Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere, due studentesse laureande svolgeranno un periodo di tirocinio, fino al 30 giugno 2016, a contatto con lo staff operativo dello scalo con il compito di assistere i passeggeri di lingua russa in partenza e in arrivo del volo tra Mosca e Bergamo, effettuato con frequenza giornaliera dalla compagnia aerea Pobeda. L’opportunità riguarda Sara Olmi, di Genova e iscritta al terzo anno del corso di laurea triennale di lingue e letterature straniere moderne, e Sara Livio, di Gandino, al quinto anno del corso di laurea magistrale un comunicazione e cooperazione internazionale. Entrambe affiancheranno il personale dell’aeroporto nella fase di assistenza al check-in e accompagneranno i passeggeri di lingua russa all’interno del terminal partenze, attendendo quelli in arrivo da Mosca per fornire loro ogni informazione utile, sia a livello di servizi aeroportuali che turistiche e logistiche.

“La collaborazione con SACBO è una prassi consolidata, che coinvolge trasversalmente tutte le componenti dell’Ateneo – spiega Remo Morzenti Pellegrini, rettore dell’Università degli Studi di Bergamo – Il network di collegamenti aerei ha offerto la possibilità di allargare e rafforzare i rapporti a livello internazionale con altri poli accademici, così come consente a un numero crescente di studenti stranieri di frequentare la nostra università. L’apertura del volo tra Bergamo e Mosca rappresenta un’ulteriore opportunità, che trova corrispondenza nel corso di lingua russa del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere e che rappresenta per gli studenti un’occasione concreta di mettere in gioco le conoscenze apprese in Università in un contesto di lavoro”. “Dal momento dell’attivazione del collegamento con Mosca ci siamo preoccupati di adeguare i nostri servizi alle esigenze dei passeggeri di lingua russa, introducendo strumenti idonei a facilitare il transito di quanti utilizzano il volo giornaliero – sottolinea Emilio Bellingardi, direttore generale di SACBO – L’esperienza di cui saranno protagoniste le due tirocinanti rappresenta un ulteriore tassello che compone il quadro dei rapporti sempre più stretti e qualificanti con l’Università di Bergamo”.




Diciotto studenti di Harvard all’Università di Bergamo

UniBg-Harvard GSD 22-02-2016bBergamo come modello di mobilità urbana e di gestione della logistica delle merci. Questo il tema 2016 per il programma di ricerca e scambio “Real cities – Bergamo 2.035”, promosso dall’Università di Bergamo e Fondazione Italcementi con la collaborazione scientifica della Harvard University Graduate School of Design. Il rettore Remo Morzenti Pellegrini, il professor Matteo Kalchschmidt, project manager del progetto e prorettore delegato all’Internazionalizzazione e alle Relazioni Internazionali, insieme ai professori Roberto Pinto, Maria Rosa Ronzoni e Fulvio Adobati (prorettore delegato rapporti con enti e istituzioni territoriali), ieri hanno accolto presso il Rettorato di via Salvecchio in Città Alta i 18 studenti della prestigiosa università americana, arrivati a Bergamo per il workshop 2016 “Bergamo eMotion: ripensare la mobilità urbana”in cui lavoreranno insieme a un gruppo di 12 studenti dell’Università di Bergamo. “Con questo progetto, i giovani sperimentano pratiche di partecipazione e progettazione reali, lavorando in un contesto internazionale, oltre a contribuire all’attualissimo dibattito sulle smart cities presentando Bergamo come case study – commenta il rettore -. Accanto alla missione didattica e di ricerca dell’Ateneo, questo progetto evidenzia un altro aspetto per noi fondamentale: il ruolo dell’Università non solo come realtà in dialogo con il territorio, ma anche come ente di formazione alla cittadinanza attiva e alla partecipazione, offrendo ai ragazzi uno spazio di progettazione attiva nella la città e nel mondo che li accoglierà da adulti”. Prossimo appuntamento in programma il 24 febbraio, alle 9, all’ i.lab Italcementi al Kilometro Rosso, dove gli studenti incontreranno gli attori del territorio, tra cui rappresentanti di Ibm, Aicai (Associazione Italiana dei Corrieri Aerei Internazionali) e i progettisti del Biciplan, alla presenza dell’Assessore alla pianificazione territoriale e mobilità Stefano Zenoni, per un seminario di scambio e di discussione delle idee di progetto per la Bergamo del futuro: un modello d’eccellenza che si proporrà come best practice esportabile anche in altre città.




Il rettore: «Sempre più necessaria la contaminazione tra imprese e Università»

Incontro Imprese & Territorio e Università - ritImprese & Territorio a confronto con l’Università di Bergamo. L’Assemblea plenaria del Comitato Unitario che riunisce le dieci Associazioni imprenditoriali bergamasche (Associazione Artigiani, Ascom, Apindustria, Cia, Coldiretti, Confcooperative, Confesercenti, CNA, FAI e LIA) ha incontrato in via Salvecchio il rettore Remo Morzenti Pellegrini e i pro rettori Matteo Kalchschmid, Sergio Cavalieri e Paolo Buonanno.

L’occasione da parte del mondo accademico di presentare alcuni componenti della nuova squadra e il programma dell’Universita e da parte di Imprese & Territorio di mettere in luce le esigenze delle Pmi bergamasche, emerse durante i lavori dei diversi tavoli di coordinamento del Comitato.

«L’incontro di questa mattina rientra nelle linee programmatiche del Comitato Unitario – ha affermato Giorgio Ambrosioni, presidente di Imprese & Territorio -. Per lo sviluppo della nostra economia e del nostro territorio è fondamentale, secondo noi, la valorizzazione del rapporto con l’Università soprattutto sui temi specifici che riguardano il mondo delle Mpmi che rappresentiamo».

La conoscenza del territorio e delle imprese che ne sviluppano l’economia è un fattore fondamentale anche per il rettore, che ha messo in evidenza come sia sempre più necessaria una contaminazione tra il mondo del sapere e il mondo imprenditoriale: «L’università deve intercettare i bisogni e le esigenze degli imprenditori per poter offrire un contributo importante per lo sviluppo dell’economia e per la salvaguardia del territorio in tutti i suoi aspetti».

Il lavoro dell’assemblea e il confronto con rettore e i prorettori ha portato alla condivisione di alcune linee strategiche da adottare sui temi dell’internazionalizzazione, dell’innovazione e della ricerca.

Nella discussione è emersa l’esigenza, sempre maggiore da parte degli imprenditori, di favorire lo scambio con l’estero, attirando da una parte sul territorio bergamasco studenti stranieri e dall’altra favorendo esperienze all’estero dei nostri studenti. «Il futuro sarà quello di avere un numero sempre maggiore di studenti stranieri che studieranno e poi lavoreranno nelle aziende bergamasche. Questo sarà un elemento essenziale per aprirci al mondo», ha sottolineato il professor Matteo Kalchschmidt, che in Università ha la delega alla Internazionalizzazione e alle relazioni internazionali.

Accanto all’internazionalizzazione serve una forte integrazione tra Università e territorio, come ha sottolineato il professor Sergio Cavalieri, delegato al Trasferimento tecnologico, all’innovazione e alla valorizzazione della ricerca: «Questa delega è fondamentale per integrare il territorio all’Ateneo – ha spiegato Cavalieri – in quanto ha il compito di guardare in avanti valorizzando le risorse che già ci sono per metterle a disposizione del territorio. Fondamentale sarà quindi l’interazione e la collaborazione con le imprese». La prossima partita si giocherà sul polo lombardo dell’innovazione e del trasferimento tecnologico che vede la collaborazione tra diverse università lombarde.

Durante l’incontro è stato sottolineato inoltre il forte legame che si deve creare tra la ricerca e le imprese. «Legare la ricerca alle imprese non è  semplice – ha spiegato Paolo Buonanno, con delega alla Ricerca scientifica dell’Ateneo- perché la ricerca deve essere libera per essere ampia e sostenibile e su questo fronte è necessario uno sforzo reciproco tra università e mondo delle aziende perché la ricaduta sul territorio sia quantificabile».

Soddisfazione per questo momento di lavoro da parte del presidente di Imprese & Territorio e dei presidenti e direttori delle Associazioni aderenti al Comitato: «Questo primo incontro di conoscenza pone le basi per un rapporto che si svilupperà nel tempo, perché con il mondo accademico affronteremo e svilupperemo anche i temi emersi nel rapporto dell’Ocse per una governance del Sistema Bergamo più incisiva» ha sottolineato Ambrosioni.

La sede di via Dei Caniana dell'Università di Bergamo dopo il restyling delle facciate
La sede di via Dei Caniana dell’Università di Bergamo dopo il restyling delle facciate