Montichiari, la Regione dà un calcio negli stinchi a Sacbo

Aeroporto_di_Brescia-MontichiariL’altro ieri la lettera d’intenti tra Catullo, Aerogest, Save e Abem che taglia fuori Sacbo, almeno per ora, dalla trattativa per la gestione dell’aeroporto di Montichiari. Ieri  la sorprendente presa di posizione della Regione che, anziché restare neutrale di fronte a un negoziato, seppur difficile, da lasciare alle logiche di mercato, decide di entrare a gamba tesa sposando senza se e senza ma la sponda veneta. E’ l’assessore al Commercio di Palazzo Lombardia, guarda caso bresciano, a scendere in campo e a benedire l’operazione elaborata a Nord-Est mandano all’aria quella neutralità che si confarebbe a chi riveste un ruolo istituzionale. Parolini – che a Brescia è stato a più riprese assessore provinciale ai Lavori Pubblici e alla Viabilità – ha definito la lettera d’intenti un primo passo “molto positivo”, che va “nella giusta direzione” e che “costituisce un’importante novità non solo per l’aspetto gestionale e societario che prospetta, ma anche per il clima di concretezza, collaborazione e condivisione degli obiettivi in cui è stato elaborato”. “Il costo del non fare – rincara la dose Parolini – era troppo elevato e finalmente si è colta in modo positivo l’opportunità di passare ai fatti riaffermando per Montichiari l’importante funzione di scalo cargo per il Nord-Est e rilanciando le sue potenzialità per quella passeggeri per l’incoming turistico e per il business”. Forse in un sussulto istituzionale, forse consapevole di aver fatto troppo il “tifoso”, Parolini ha dato il contentino a Sacbo. “A questo punto – esorta – è auspicabile e opportuno che anche l’aeroporto di Bergamo sia parte della partita, per completare l’integrazione del sistema aeroportuale della Lombardia e del Nord Italia”. Parolini in libertà.




Montichiari, inutile affidarsi alle scorciatoie politiche

Montichiari aeroportoPrima di dare per persa definitivamente la partita per la gestione dell’aeroporto di Montichiari devono essere fatti passi più concreti della sorprendente lettera di intenti con cui Venezia, Verona e Brescia hanno concordato di dare vita ad una partnership finalizzata alla gestione dello scalo. E tuttavia, sarà il caso di cominciare a preoccuparsi perché ostentare eccessive sicurezze di fronte ad interlocutori che non disdegnano la spregiudicatezza, in un Paese abituato a digerir di tutto, rischia di condurre ad amare delusioni. Stupisce, ad essere sinceri, che dalle parti di Sacbo ci sia chi ancora fa affidamento sul ruolo che potrebbe giocare l’Enac e in particolare il suo presidente Vito Riggio, un burosauro sopravvissuto alla Prima Repubblica la cui credibilità è già stata messa a dura prova più volte in passato. Affidarsi a quel che ha detto solo un paio di settimane fa, quando ha partecipato all’inaugurazione della nuova ala dello scalo orobico, e cioè che Bergamo e Verona (controllata da Venezia) devono tornare a trattare per trovare un accordo, era nulla più che un auspicio. Per nulla reso più forte dalla minaccia (da pistola ad acqua) di intervenire “legislativamente” (ma quando mai?). Quanto sia ascoltato Riggio lo vediamo ora, con l’arrembante presidente della Save veneziana, Enrico Marchi, che va avanti per la sua strada, sempre border line anche rispetto alle regole. Perché bisognerà pur ricordare – anche se la materia è complessa e non di semplice comprensione per i non addetti ai lavori – che il suddetto si è “impadronito” prima della società di gestione dell’aeroporto di Treviso e poi quella più importante di Verona (la famosa Catullo) facendo ricorso a spericolati aumenti di capitale che hanno eluso o aggirato, secondo autorevoli giuristi, la procedura che avrebbe dovuto essere adottata a garanzia di tutti: la gara europea. Su questo, per esempio, avrebbe dovuto vigilare l’Enac dell’ex andreottiano Riggio. Ma non c’era, e se c’era stava guardando altrove. Capite bene che dopo aver consentito a Venezia di mettere le mani su Verona (che, fino a diverso avviso del Consiglio di Stato, ha la concessione per gestire Montichiari) risulta risibile ora l’idea che possa in qualche modo limare le unghie a Marchi. Tantomeno ha senso invocare un ruolo da paciere o, peggio, da arbitro. Poiché si sta parlando di società per azioni, per quanto legate ad affidamenti che vengono dall’alto, forse converrà abbandonare illusorie scorciatoie affidate alla politica o a suoi succedanei. Bisogna tornare alle logiche del mercato, che del resto ai vertici di Sacbo conoscono molto bene. Orio ha mezzi, know how, potenzialità per giocarsi la partita a viso aperto. Magari anche ammettendo, come capita a chiunque, di aver commesso qualche errore tattico (anche solo verbale). Proprio perché Marchi ha uno spiccato senso degli affari, non gli sfugge che Montichiari può tentare davvero la via del decollo solo se si affida a mani esperte come quelle bergamasche e non certo ai bresciani che finora han solo combinato disastri. Fatto salvo che in ciascuno c’è un tasso di masochismo che a volte spinge a farsi del male per puro dispetto, una intesa tra Bergamo e Venezia sta scritta nelle cose. Ma, è il caso di dire, non scende dal cielo. Probabilmente va valutata una diversa strategia o altri, ma più credibili, interlocutori. Nella consapevolezza che Orio sta continuando a crescere a ritmi vertiginosi e di tempo per individuare sbocchi per lo sviluppo futuro non ce n’è più molto.




Sacbo rischia di rimanere a terra. “L’Enac intervenga”

Aeroporto_di_Brescia-MontichiariPoco più di due mesi fa erano volati gli stracci. Da una parte le società Catullo (aeroporti di Verona e Brescia) e Save (Venezia e Treviso, dall’altra la Sacbo. I primi netti nel rompere ogni trattativa su Montichiari e pronti ad accusare i bergamaschi – freschi di un rinnovato accordo con la DHL – di “non aver rispettato gli accordi assunti». I secondi, i soci Sacbo, altrettanto netti nel respingere le accuse e ribadire il rispetto tutti gli elementi contenuti nella lettera di intenti a suo tempo sottoscritta. Risultato: il gelo.

Che si è trascinato per settimane e settimane. Fino al colpo di scena che muta le prospettive e che rischia di mettere una pietra tombale sulle chance di Sacbo di entrare nella gestione dell’aeroporto di Montichiari. Una lettera d’intenti è stata infatti appena firmata tra Catullo, Aerogest, Save e ABeM (società partecipata da Camera di Commercio di Brescia, Associazione Industriale Bresciana, Comune di Brescia e altre istituzioni locali) allo scopo di realizzare, entro il 30 settembre, una partnership per la gestione dell’aeroporto di Brescia Montichiari.

La partnership sarà costituita per l’80% da Catullo e per il 20% da ABeM. Quest’ultima, con la sottoscrizione dell’ accordo, si è impegnata a rinunciare immediatamente alle azioni legali intraprese – ed allo stato pendenti avanti il Consiglio di Stato – per ottenere l’annullamento del decreto di affidamento in concessione alla Catullo, della gestione dell’aeroporto di Montichiari.

Con questa iniziativa – si legge in una nota – ABeM punta a tutelare l’interesse del territorio per la dotazione di una struttura aeroportuale funzionante con un programma condiviso. Il presidente di ABeM, Giuliano Campana, esprime quindi soddisfazione “per le prospettive che si stanno aprendo per l’opportunità derivante da tale iniziativa”, mentre il presidente della Catullo, Paolo Arena, ritiene che “l’accordo sia un risultato importante per lo sviluppo dell’aeroporto di Brescia, tracciando un solco netto rispetto al passato e consentendo alla società di concentrarsi solo su progetti di crescita”. Facendo leva anche sul ruolo che l’aeroporto di Brescia può svolgere all’interno del polo aeroportuale del Nord Est, Arena sottolinea come “l’accordo sottoscritto con ABeM dia forza alle prospettive di sviluppo condiviso, consentendo finalmente di guardare a progetti attuativi delle potenzialità che l’infrastruttura può esprimere, attraverso la collaborazione con i key player del territorio”. Per il presidente di Save, Enrico Marchi, la partnership con ABeM “favorirà lo sviluppo sia del traffico cargo che del traffico passeggeri all’aeroporto di Brescia, strategico all’interno del Polo Aeroportuale del Nord Est”. Marchi ritiene che quest’accordo, unitamente alla centralità di Brescia nel sistema produttivo dell’intero Nord Italia e alla disponibilità di infrastrutture strategiche anche al servizio dell’aeroporto,”possa finalmente dare concreto avvio all’attività di Montichiari”.

La reazione di Sacbo non si è fatta attendere. Nel prendere atto della lettera d’intenti, la società sottolinea come ” siano stati elusi i propositi espressi pubblicamente dal presidente di Enac, Vito Riggio, volti a creare le condizioni per una collaborazione che includesse la società di gestione dell’aeroporto di Bergamo nel progetto di sviluppo dello scalo di Montichiari”. Sacbo pertanto auspica che “Enac prenda posizione e proceda alla convocazione dei soggetti territorialmente interessati al futuro dello scalo bresciano, dei quali ritiene di fare parte”. Nel contempo, Sacbo “attende con fiducia il pronunciamento del Consiglio di Stato in merito al ricorso sul decreto di affidamento della concessione alla società Catullo della gestione dell’aeroporto di Montichiari”, e continua ad agire con “la chiarezza di intenti e programmi che rientrano nell’esclusivo interesse del territorio di riferimento e in quadro di visione omogenea dello sviluppo aeroportuale nell’area nord-est”.




Approda al Lazzaretto la lotta contro le false cooperative

Lazzaretto ConfcooperativeAnche Bergamo si mobilita contro Mafia capitale sostenendo «Stop False Cooperative», la campagna di raccolta firme per la legge d’iniziativa popolare contro le false cooperative. L’iniziativa proposta dall’Alleanza delle Cooperative Italiane approda infatti al Lazzaretto di Bergamo dove sabato ha preso il via l’Happening delle cooperative sociali (in programma fino al 14 giugno), la festa della cooperazione bergamasca ricca di musica e spettacoli ma anche occasione di riflessione sul futuro del settore. La raccolta firme è cominciata poco prima del concerto di Eugenio Finardi, alla presenza del presidente di Confcooperative Bergamo, Giuseppe Guerini, e dell’onorevole Elena Carnevali, deputata del Pd, primi firmatari a Bergamo a favore della proposta di legge che l’Alleanza delle Cooperative, cioè la sigla che rappresenta Agci, Confcooperative e Legacoop, nelle scorse settimane ha depositato in Corte Suprema di Cassazione per chiedere misure più severe e più incisive per contrastare il fenomeno delle false cooperative. «La campagna “Stop False Cooperative” si prefigge l’obiettivo di raccogliere, entro i prossimi 3 mesi, almeno 50mila firme per chiedere al Parlamento una legge con misure più severe contro le false cooperative che raggirano regole e lavoratori – spiega Omar Piazza, vicepresidente di Confcooperative Bergamo, e promotore dell’iniziativa sul territorio -. Iniziative come questa sono la conferma che la buona cooperazione e la sana politica hanno tutte l’interesse di contrastare il fenomeno delle false cooperative. L’invito è esteso a tutti i cooperatori ma anche ai cittadini che vogliono dire no a un fenomeno che sta offendendo i princìpi su cui si salda la vera cooperazione: quella che agisce correttamente, tutelando i diritti di chi lavora, il territorio, l’ambiente, e che rispetta i valori di solidarietà, trasparenza, democrazia e partecipazione»

La proposta di legge prevede infatti la perdita della qualifica di cooperativa per le imprese che non siano state sottoposte alle revisioni e ispezioni; la definizione di un programma di revisioni per i settori più a rischio; la tempestiva comunicazione dello scioglimento delle cooperative all’Agenzia delle Entrate; la creazione di una cabina di regia al Ministero dello Sviluppo Economico che coordini i soggetti chiamati a vigilare. Maggiori informazioni su: www.stopfalsecooperative.it.




Negozi storici, la Regione torna in campo per valorizzarli

Palazzo Lombardia“Una misura anti crisi, nata con l’obiettivo preciso di preservare il valore che creano questi esercizi commerciali per i nostri centri urbani, di sostenere la capacità imprenditoriale locale e di favorire continuità e ricambio generazionale alle attività. Ma anche un riconoscimento della capacità di durare nel tempo, preservando la tradizione pur adeguandosi ai cambiamenti richiesti da un mercato in rapida evoluzione”. È quanto ha dichiarato Mauro Parolini, assessore al Commercio, Turismo e Terziario, commentando l’approvazione da parte della Giunta del bando Innovare la tradizione. Il bando mette a disposizione 1 milione di euro per la valorizzare gli esercizi commerciali iscritti nel Registro regionale dei luoghi storici lombardi, che hanno ottenuto il riconoscimento da Regione Lombardia di “insegna storica e di tradizione” o di “negozio-locale storico” e di “storica attività”.

“I negozi storici sono un importate punto di riferimento per le comunità e giocano, al contempo, un ruolo strategico fondamentale per l’attrattività turistica dei centri storici e delle realtà comunali in cui si trovano. Attraverso il bando approvato stamane – ha spiegato Parolini – vogliamo valorizzare e consolidare queste funzioni e dare ai protagonisti di questo patrimonio di tradizioni e professionalità un aiuto necessario ad affrontare le sfide che pone il mercato”.

Beneficiari della misura sono le micro, piccole e medie imprese. Sono finanziabili progetti relativi a interventi di innovazione, riconversione e sviluppo d’impresa, ricambio generazionale, trasmissione d’impresa e rilancio occupazionale. Sono ammissibili spese in conto capitale e spese correnti. Queste ultime possono essere riconosciute nel limite massimo del 30% del contributo concedibile. Il contributo concesso, interamente a fondo perduto, non può superare il 70% del costo totale del progetto e non può eccedere il valore massimo di 20.000 euro. L’investimento complessivo minimo non deve essere inferiore a 8mila euro.

Il soggetto attuatore del bando è Finlombarda che provvederà all’istruttoria e alla valutazione delle spese ammissibili. Sempre su proposta dell’assessore Mauro Parolini, la Giunta ha inoltre approvato, nell’ambito delle azioni per promuovere l’attrattività dei territori, un bando di concorso intitolato “Negozi che creano valore”. “Si tratta di un’iniziativa – sottolinea l’assessore al Commercio – per valorizzare i negozi lombardi, singoli o aggregati, che si distinguono per capacità di generare attrattività, in virtù di iniziative di marketing, organizzazione dell’attività e strategie di vendita innovative”. Ai negozi selezionati, per ciascuna categoria, verrà consegnato un riconoscimento realizzato ad hoc per l’iniziativa. Potranno inoltre usufruire di spazi di visibilità offerti da Regione Lombardia sui propri canali e nelle proprie iniziative di comunicazione.




Balzer, il caso dei tre licenziamenti finisce in tribunale

Un caffè al Balzer, una pausa sul Sentierone
Un caffè al Balzer, una pausa sul Sentierone

La Fisascat Cisl di Bergamo porta Balzer alla sbarra, accusando la società di gestione del locale, la Codesa, di comportamento anti-sindacale e chiedendo ufficialmente il reintegro dei tre lavoratori licenziati meno di due mesi fa. Il prossimo 23 giugno, Monica Bertoncini, della sezione Lavoro del tribunale di Bergamo, dovrà dirimere la questione sull’articolo 28 dello statuto dei lavoratori: la Fisascat, infatti, imputa alla gestione di Barghi, che all’inizio del 2015 riaprì lo storico caffè del Sentierone, un comportamento non rispettoso di quanto stabilito negli accordi sindacali sottoscritti non più di sei mesi fa, “nei quali – ricorda Alberto Citerio, segretario generale della categoria CISL del commercio -, oltre a tutelare il personale, siamo stati attenti anche ai costi di gestione della nuova proprietà”. Infatti, nel contratto firmato tra le parti, Codesa ha ottenuto una riduzione del 10% del costo del personale, “ma con la contropartita che l’azienda aveva l’obbligo di mantenere il personale in forza”. Nel testo dell’accordo, infatti, si fa esplicitamente riferimento alla data del 30 novembre 2015 come primo incontro tra le parti per la valutazione dell’andamento dell’intesa.

Questo atteggiamento, si legge nella nota dell’avvocato Luca Pizzigoni, che assiste la Fisascat, “inadempiente, e addirittura contrario ai principi di correttezza e buona fede, ha posto nel nulla l’operato del sindacato, esposto a notevole pregiudizio e perdita di immagine nei confronti dei propri tutelati”.




Roadshow ICE in fiera. «Export decisivo anche per il terziario»

David Doninotti
David Doninotti

Il roadshow “Italia per le Imprese, con le PMI verso i mercati esteri”, patrocinato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e promosso e sostenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico, prosegue la sua mission di internazionalizzazione dell’export italiano. La sfida per conquistare nuovi mercati e aprire opportunità per le imprese fuori dai confini italiani, fa tappa a Bergamo, domani, giovedì 4 giugno presso la Fiera, a partire dalle 9,45. Una giornata importante, con la presenza di Paolo Gentiloni, Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, proprio nel territorio bergamasco, che si distingue per essere la seconda provincia industriale d’Europa. «La mia partecipazione in questa tappa del roadshow – sottolinea Gentiloni – vuole testimoniare l’assoluta centralità che per il governo riveste il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese italiane. Una centralità dimostrata non solo dal forte coordinamento tra i vari soggetti pubblici e privati stabilito nella Cabina di Regia per l’Internazionalizzazione – copresieduta da Farnesina e MiSE – ma anche dallo stanziamento di risorse per il sostegno alle imprese sui mercati esteri che non hanno precedenti negli ultimi anni, attraverso il Piano straordinario per la promozione del Made in Italy. Di questo sforzo complessivo del Sistema Paese la Farnesina è parte attiva, attraverso l’attività della rete diplomatico-consolare che, sempre più al servizio delle nostre imprese opera sui mercati esteri».
«La tappa lombarda – dichiara Roberto Luongo, direttore generale ICE-Agenzia – è un momento rilevante del roadshow, per la valenza dell’area bergamasca, nonché della Lombardia, regione che è traino importante per l’intero export nazionale. Si conferma pertanto la vicinanza dell’ICE al territorio con la valorizzazione continua delle opportunità d’impresa fuori dai confini italiani».
Nel 2014 la Lombardia ha registrato un aumento delle esportazioni (+1,4%), con le importazioni rimaste pressoché stabili rispetto all’anno precedente. Il dato sulle importazioni è stato in linea con la media nazionale (-0,1%), mentre per le esportazioni si è attestato al di sotto (+2,0%), restando comunque significativo visto il peso della Regione sul totale nazionale (27,9%). Il settore che ha registrato la variazione maggiore per l’export lombardo è l’abbigliamento, con un +7,5%. La meccanica ha consolidato la sua supremazia, con una crescita del 2,2% rispetto al 2013. Le macchine per impiego generale, che rappresentano il secondo prodotto di esportazione, hanno registrato un andamento particolarmente positivo (+6,6%). Anche gli altri settori, che fanno da traino all’export, hanno registrato variazioni positive, seppur contenute. Si segnala in particolare il buon andamento della chimica (+2,6%). Anche nel caso delle importazioni il settore tessile-abbigliamento ha conosciuto un incremento considerevole (+3,9% per il tessile e +8,3% per l’abbigliamento). Tra i settori che hanno un peso maggiore per l’import lombardo, quelli che hanno avuto un andamento positivo sono: i prodotti chimici (+1,2%), la siderurgia, la meccanica, e soprattutto gli autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (+13,1%).
Aice, la storica Associazione Italiana Commercio Estero di Confcommercio  per lo sviluppo delle attività delle pmi del terziario nei mercati internazionali, sottolinea attraverso il segretario generale David Doninotti, l’importanza di allargare gli orizzonti d’impresa: «Affacciarsi sui mercati esteri è una necessità per tutti, anche per le imprese per loro natura meno vocate all’export o meno strutturate. I mercati più interessanti e sempre sotto la lente di ingrandimento restano la Cina e il Far East, ma l’uscita dalla crisi degli Stati Uniti, da sempre mercato importante per l’Italia, sta portando, complice anche il deprezzamento del dollaro, ad una crescita degli interscambi. L’Europa, in particolare Germania, Francia e Regno Unito, continuano ad essere il mercato di riferimento per il 60% dell’export italiano». Continua a crescere l’interesse per l’e-commerce da parte delle imprese del terziario: «Il commercio viaggia sempre più on-line e diverse sono le attività che colgono le sfide del web- continua Doninotti-. Internet non ammette improvvisazione e il commercio elettronico va affrontato con un approccio ragionato e personale dedicato». Gli errori, anche nell’approccio a nuovi mercati, sono sempre dietro l’angolo: «Sono ancora troppe le imprese che aspettano di avere un contatto commerciale all’estero e solo dopo si attrezzano per affrontare il mercato internazionale. E’ un approccio perdente: prima ci si prepara ad affrontare l’internazionalizzazione e poi si sviluppano contatti commerciali. Diversamente il rischio di dipendere dal partner estero, che magari impone pure le proprie condizioni, è molto forte». Le regole fondamentali per allargare il proprio mercato sono semplici: «Bisogna conoscere i fondamentali a livello doganale e avere una precisa idea di come si stipula un contratto internazionale; impossibile prescindere dalla politica fiscale internazionale e da quella dei dazi. Infine la lingua, che resta fondamentale- continua Doninotti-. Purtroppo spesso le imprese che si affidano al fai da te incappano in sanzioni, anche salate, per non aver fatturato in modo corretto».

Il programma

Apre la giornata Giancarlo Losma, vice presidente Confindustria Bergamo, per passare poi la parola a Paolo Gentiloni ministro degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale; segue Mario Melazzini, assessore alle Attività Produttive, Ricerca e Innovazione della Regione Lombardia. Comincia poi la sessione tecnica con un intervento introduttivo di Alessandra Lanza, Partner Prometeia – responsabile strategie industriali e territoriali, ed un panel moderato da Nicola Lener, capo dell’ufficio internazionalizzazione delle imprese del Ministero Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con interventi di Roberto Luongo, direttore Generale ICE-Agenzia, Giammarco Boccia, responsabile area Nord Ovest SACE e Massimo D’Aiuto, amministratore delegato Simest. Dopo una sessione di domande e risposte c’è Enrico Toson, Confindustria digitale. A seguire, success story con Lorenzo Pinetti, Pinetti S.r.l. L’intervento di chiusura è affidato ad Angelo Carrara, presidente Confartigianato Bergamo.
Anche in occasione della tappa di Bergamo, confermata la sessione BtoB: incontri con gli esperti dell’ICE per identificare strategie individuali di internazionalizzazione e incontri con gli esperti delle organizzazioni partecipanti al Roadshow.
Oltre all’ICE-Agenzia, a SACE e a SIMEST, il roadshow si avvale della collaborazione di Rete Imprese Italia, Confindustria, Unioncamere e Alleanze delle Cooperative Italiane.




Traffico merci in ripresa, ma gli autotrasportatori continuano a soffrire

Il traffico merci in Italia è finalmente in ripresa: dopo dieci anni di calo, nel 2014 è tornato il segno più (+0,5%), mentre nel 2015 e nel 2016 la crescita sarà dell’1,6%.

Eppure i problemi del settore continuano ad essere evidenti, anzi c’è addirittura l’imbarazzo della scelta. Tra i tanti salta agli occhi un evidente problema di concorrenza, determinato anche da regole ambigue e da scarsi controlli, a scapito degli autotrasportatori italiani: tra il 2003 e il 2013 la quota delle merci entrate in Italia trasportate da operatori dell’Europa orientale è cresciuta di addirittura il 600% e supera ormai il 47%, mentre era meno del 7% nel 2003.

La quota degli autotrasportatori italiani si avvicina, invece, al 15%, quando nel 2003 era pari a quasi il 33%. Ma non si può certo trascurare altre storture che sanno di autolesionismo, come il fatto che tra il 2000 e il 2012 gli investimenti nei trasporti sono scesi del 47% (da 20 a 10 miliardi) o che nei nostri centri urbani si continui a viaggiare “a passo di lumaca”, con una velocità media è di 15 km/h, la stessa di fine ‘700…

Di tutto questo, e di altro ancora, si è parlato nel corso del quarto convegno annuale sui trasporti organizzato a Roma da Confcommercio, dal titolo “L’Italia disconnessa”, nel corso del quale è stato presentato il rapporto “Analisi e previsioni per il trasporto merci in Italia”, realizzato dall’Ufficio Studi confederale.

Dallo studio, illustrato dal responsabile Mariano Bella, emerge il malessere delle imprese italiane di autotrasporto: se una quota già ridotta di imprese “nostrane” ha mostrato ricavi in crescita negli ultimi sei mesi (6,9%), neppure la metà di questa frazione è espressa dalle imprese di autotrasporto.

Allo stesso tempo, se tra le imprese appartenenti a tutti i settori il 10,1% prevede ricavi in crescita (il 56% invariati, un terzo in riduzione) soltanto il 2% delle imprese di autotrasporto indica la prospettiva di ricavi crescenti nei prossimi sei mesi. Il tutto in una situazione, seppure parziale e ancora insoddisfacente, di ripresa: nel 2014 il settore è, come detto, tornato a crescere (+0,5%) e nel 2015 e nel 2016 è prevista una crescita dell’1,6%.

È finita, insomma, la fase discendente del trasporto merci, ma la strada da recuperare è eccezionalmente lunga. Le perdite in termini di tonnellate-chilometro sono state del 21,6% tra il massimo del 2005 e il minimo del 2013. Rispetto ai massimi, alla fine del 2016 i livelli saranno inferiori ancora del 18,7%.

Male, molto male, anche l’occupazione, se si pensa che il 97% della caduta occupazionale del trasporto merci tra il 2008 e il 2012 è da ascrivere proprio all’autotrasporto (27mila unità su 27mila e 900), soprattutto nelle imprese più piccole.

Ma se si può indicare nell’autotrasporto il “grande malato” del comparto, altrove non è che la situazione sia brillante, tutt’altro. Bastano pochi dati: per esportare un container occorrono 19 giorni e 1.195 dollari in Italia contro i 9 giorni e 1.015 dollari della Germania; il traffico su ferrovia riguarda 19 miliardi di tonnellate-chilometro contro i 122 della stessa Germania; la rete autostradale è pari a 1,81 km ogni 10mila vetture contro i 6,61 della Spagna.

Eppure, i trasporti sarebbero davvero la “chiave” della ripresa: riducendo solo del 10% tempi e costi medi di trasporto, il Pil crescerebbe dello 0,7%. Come se ne esce? Serve una cura drastica che Confcommercio ha declinato in cinque proposte: creazione del Registro internazionale dell’autotrasporto;  individuazione dei porti strategici, sviluppo dell’intermodalità dei collegamenti terrestri e potenziamento delle Autostrade del Mare; apertura di notte dell’Alta Velocità al trasporto merci tramite la realizzazione della “metropolitana italiana delle merci”; trasporto su ferro dei Tir che arrivano via mare nei nostri porti dal Mediterraneo e che trasportano merce destinata all’estero; avvio di una strategia nazionale in favore dell’accessibilità e della mobilità urbana.




Carisma non rinnova l’appalto. Al Gleno in 24 senza lavoro

GlenoVentiquattro persone verranno licenziate dopo 15/20 anni di lavoro: sempre svolto con perizia e attenzione, mai un richiamo, mai una lamentela, tanto che il contratto con la Cooperativa Sociale Monterosso veniva di anno in anno rinnovato senza discussioni. È la situazione in cui si trovano, oggi, i dipendenti della coop in forza alla Casa di riposo del Gleno. È successo infatti che la Fondazione Carisma (che ha la proprietà dell’istituto) ha comunicato la propria intenzione di recedere dal contratto a partire dal prossimo 30 giugno, per dotarsi di proprio personale e di non utilizzare il personale della cooperativa. “Per poter accedere agli sgravi fiscali”, ha dichiarato la Direzione della Fondazione in una riunione sindacale.

Le lettere di licenziamento sono arrivate oggi ai 24 ASA, assunti dalla Monterosso a tempo indeterminato. Sono per la grande maggioranza donne. “Se così fosse davvero saremmo di fronte ad un atto barbaro. Ci troviamo a gestire una situazione drammatica: in molti casi questo era il vero sostentamento della famiglia, e comunque in ogni famiglia una situazione come queste non può non provocare enormi disagi – dice Giovanna Bettoni, che per Fisascat Cisl Bergamo segue la vicenda -. Ci sono carichi familiari gravosi, persone che da 20 anni fanno conto di questo stipendio e su questo hanno acceso un mutuo; ci sono donne sole con figli a carico; mogli con mariti inabili…Insomma, è una questione di dignità delle persone. È vero che non c’è obbligo a riassumere il personale della Cooperativa, è un problema di regole che mancano nel mondo degli appalti, ma la Fondazione Carisma ha rinnovato senza mai discutere un appalto, riconoscendo di fatto la qualità del servizio erogato. C’è poi ad tener conto del rapporto che si è instaurato con i pazienti , che da un giorno all’altro troveranno facce sconosciute. Si tratta in molti casi di persone fragili, indifese, che si erano affezionati a questi lavoratori”. “Ora, preso atto di cosa sta succedendo – dice Alberto Citerio, segretario generale Fisascat Cisl Bergamo -, faremo di tutto per evitare che il Gleno e i propri ospiti perdano di colpo tutta questa professionalità lasciando per strada 28 persone. La salvaguardia di questi lavoratori non è purtroppo un obbligo di Legge, ma è un obbligo morale. Chiediamo che con Carisma si possa instaurare una discussione seria che salvaguardi i posti di lavoro e la qualità del servizio”. Per domani è stata inviata una richiesta di incontro da parte delle Organizzazioni Sindacali. “In base alla risposta che arriverà dalla direzione – conclude Citerio -, valuteremo le iniziative e le eventuali mobilitazioni da mettere in cantiere”.




Arredamento, «il bonus mobili ha dato una svolta»

Il bonus mobili funziona. Lo evidenzia la Federmobili Confcommercio che, insieme a FederlegnoArredo, ha lavorato per ottenere la detrazione fiscale finalizzata al rilancio dei consumi del settore, introdotta nel giugno 2013 e prorogata a tutto il 2015.

L’associazione ha analizzato i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze relativamente a tutti i contribuenti italiani, da quali emerge che oltre 170mila persone fisiche nel solo 2013 (anno in cui il bonus di fatto è stato attivo ​praticamente negli ultimi quattro mesi) hanno fatto acquisti di mobili ed elettrodomestici sfruttando il bonus, con una spesa di quasi 5.000 euro ciascuno per un totale oltre 835 milioni di euro. La Lombardia è stata la regione dove si è perfezionato il maggior numero di acquisti con detrazione. Ne hanno beneficiato 38.500 persone per una spesa di oltre 192 milioni e una detrazione annuale di 9 milioni e 600mila euro. A seguire Emilia Romagna, Piemonte, Veneto e Lazio.

In attesa dei dati sul 2014, che emergeranno dalle dichiarazioni in corso, la Federazione ha già fatto alcune proiezioni, stimando un raddoppio delle cifre. Il trend si è infatti mantenuto anche per tutto l’anno successivo al varo della misura, che nel 2013 aveva coinvolto solo i mesi finali.

Lorenzo Cereda 2013Anche a Bergamo l’andamento è stato in linea con quello generale. «L’impatto è stato positivo – commenta Lorenzo Cereda, presidente del gruppo Mobili e arredamento dell’Ascom -. Il bonus ha agito soprattutto da stimolo psicologico, facendo decidere all’acquisto chi magari era incerto. Anche quest’anno c’è un buon movimento, un po’ limitante è semmai la spesa massima detraibile, fissata a 10mila euro».

«I report del Mef – afferma la Federmobili – ribadiscono che il bonus ha contribuito in maniera decisiva ad arrestare il crollo dei consumi registratosi nel nostro settore a seguito della grave recessione economica. Crollo ancora più pesante se consideriamo che ha investito un mercato la cui domanda interna era in crisi strutturale ormai da oltre 15 anni». «L’utilizzo del bonus si è concentrato principalmente sui contribuenti con reddito compreso tra i 15.000 e i 50.000 euro, confermando la bontà della misura per agevolare la fascia di popolazione maggiormente colpita dalla crisi economica», rileva inoltre la Federazione, che sottolinea anche come si tratti di «acquisti che probabilmente sarebbero stati rimandati in assenza di bonus fiscali e grazie ai quali hanno avuto benefici diretti ed indiretti non solo per il settore dell’arredamento, ma anche per settori ad esso collegati quali ad esempio i trasporti oltre all’edilizia».

E l’intervento non ha portato costi immediati per lo Stato. «Nel solo 2013, infatti, è stato calcolato un maggiore gettito Iva legato al bonus mobili di oltre 150 milioni di euro, che porta a un saldo positivo per i conti pubblici – è la notazione -. Di fatto la misura si sta completamente autofinanziando per i primi anni di vigenza».

mauro_mamoli_w«I dati Mef del 2013 ci permetto di stimare una proiezione per il 2014 di ulteriori 1.500 milioni di euro di acquisti di mobili ed elettrodomestici legati al bonus, che portano così un totale di oltre 2.300 milioni di euro raggiunti – dichiara il presidente di Federmobili Mauro Mamoli -. A fronte di questi risultati ci auguriamo che l’impegno del Governo non venga meno e che le detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici vengano prorogate anche oltre il 31 dicembre 2015».

Sempre insieme a FederlegnoArredo, la Federazione sta proponendo al Governo di mantenere la detrazione del 50% e di farla rientrare all’interno del tetto di 96mila euro di spesa attualmente previsto per interventi di ristrutturazione edilizia.

La guida al bonus mobili dell’Agenzia delle entrate