Lotta alla ludopatia, Fusini: «Ecco perché riteniamo sbagliata l’ordinanza del Comune»

Lotta alla ludopatia, Fusini: «Ecco perché riteniamo sbagliata l’ordinanza del Comune»

Gratta_e_Vinci

di Oscar Fusini*

La premessa è d’obbligo. Non amo il gioco, ma questo non m’impedisce di condividere il pensiero di quanti ritengono che una società solidale debba fare il possibile affinché esso rimanga nella sfera del ludico allontanando i rischi di uno sconfinamento nel patologico. Il quadro d’insieme non è dei più confortanti, ne siamo ben consapevoli. Complice anche la crisi, che non dà tregua, la spesa in lotterie, gratta e vinci e dintorni continua a crescere e troppo spesso contribuisce a generare drammi e a sottrarre risorse ai consumi primari e al reddito delle famiglie. Il flusso di denaro che il gioco muove è imponente. Ma, va detto, in larghissima parte resta ai gestori nazionali e allo Stato. Ai commercianti – che rischiano di pagare un prezzo anche in termini d’immagine quali “erogatori” del gioco – rimane davvero ben poco, anche se utile al sostegno dell’attività. Oggi, per fortuna, la consapevolezza generale sul fenomeno – che ha assunto dimensioni allarmanti – è diffusa e condivisa. È un primo traguardo, importantissimo, a cui deve tuttavia far seguito un secondo e più delicato passaggio: prevenire il dramma che il gioco spesso porta con sé e contribuire a far tornare la spesa su canali più “sani”.

Già, ma come si può arrivare a questa difficile meta? Qui le differenze di veduta sono purtroppo abissali. Per noi, raggiungere l’obiettivo significa, innanzitutto, porsi una questione fondamentale di approccio al fenomeno: meglio agire sull’offerta di gioco, come ha scelto di fare il Comune di Bergamo, o è preferibile agire sulla domanda, sulle persone più esposte al rischio di sconfinare nell’abuso patologico? Non abbiamo dubbi: molto meglio intervenire là dove il problema ha la sua genesi, lavorare sulle cause che possono aprire la strada al dramma, aiutare le persone più esposte al rischio ludopatia. È un punto cruciale, una scelta metodologica che riteniamo virtuosa. Dobbiamo quindi, in prima battuta, porci degli interrogativi e cercare delle risposte per capire perché un ragazzo, disoccupato o meno, sceglie di passare una serata davanti a una slot; perché un’anziana decide di gettare via la pensione in Gratta e vinci; perché la solitudine, la difficoltà economica, sociale e affettiva agiscono spesso come motivazioni che spingono al gioco compulsivo.Aiutare queste persone “fragili” è decisivo, per noi un passo irrinunciabile nell’ottica di una strategia di contenimento del gioco patologico. Bisogna però essere pronti all’ascolto, confidando in quella “squadra” di medici, psicologici, assistenti sociali, educatori, ma anche volontari (spesso ex giocatori, passati dall’altra parte della barricata) ai quali va la nostra stima per il lavoro che svolgono. Certo, poi servono progetti, risorse finanziarie e organizzazione e, soprattutto, grandi sforzi, non sempre accompagnati da altrettante gratificazioni. Ma tant’è.

Da non esperto, mi vien da dire che la partita da giocare non è molto dissimile da quella di contrasto alla droga (che è illegale, ma circola) e all’alcol (che è legale oltre una certa età, ma è consumato spesso oltremisura, anche da giovanissimi che non potrebbero comprarlo). È vero, bisognerebbe investire in un momento in cui le casse degli Enti pubblici non sono particolarmente ricche. Questo tuttavia non avviene. E allora dovremmo forse avere il coraggio di dircelo che i Comuni preferiscono destinare risorse su altre priorità. E così accade che la risposta al problema del gioco diventa sempre univoca e mirata verso l’offerta, trovando facili ordinanze, grandi proclami e gettando il ruolo di capro espiatorio sulle spalle di chi possiede slot machine o vende i “Gratta e vinci”. Con l’aggravio di cartelli obbligatori da esporre (e che nessuno legge), obblighi, divieti, sanzioni, sanzioni e ancora sanzioni. Questa è l’attuale, diffusa e migliore risposta che la politica sa dare al problema? Solo annunci, leggi ed ordinanze? I risultati? Consensi bipartisan e molti “Mi piace” su Facebook.

Oscar Fusini
Oscar Fusini

La scelta del divieto, che sfocia nel proibizionismo, come unica soluzione al problema non funziona. Lo racconta la storia e la nostra esperienza nelle campagne condivise con l’Ast (ex Asl) sull’alcol. È inutile nascondersi dietro a un dito: chi vuol giocare continuerà a farlo, troverà altre strade per alimentare la sua fame di azzardo, virerà anche sulle piattaforme internet, a volte ai limiti del legale, con tanti saluti ai controlli e alla possibilità di aiuto. Giocherà finché non si sarà rovinato se qualcuno non interverrà prima per fermarlo. E non saranno certo i divieti, in certi orari, a cambiare le sue abitudini. Pura utopia. Chi è sceso nel baratro, è disposto a muoversi, a percorrere chilometri pur di giocare, basta vedere cosa accade addirittura in Autogrill, in autostrada. L’unico limite del giocatore patologico lasciato al suo destino sono i soldi che ha in tasca. Finché riuscirà a trovarne continuerà sulla strada dell’azzardo. Ecco perché, anziché bastonare con obblighi, divieti e multe l’incolpevole barista, dovremmo “sfruttare” la sua sensibilità, perché lui, a volte, è l’unico che conosce e potrebbe fermare il giocatore: non chiudendogli la porta in faccia, ma parlandoci insieme.

Bisogna poi essere credibili nell’azione, e non possiamo esserlo se scegliamo la strada di vietare il gioco quando, contestualmente, è lo stesso Stato che lo alimenta, opera rincari e trae ingenti profitti. Mettere paletti non serve e, alla fine, colpisce anche il gioco non patologico. È giusto questo? Noi crediamo che il gioco, se lecito e responsabile, è anche una forma di svago, oltre che una fonte di guadagno per gli esercenti, per i baristi-tabaccai e per i loro dipendenti. Tanti locali senza slot rischiano di abbassare la serranda e di lasciare senza lavoro i propri collaboratori. È questo che si vuole? Siamo convinti che esista il percorso virtuoso che può salvare il gioco ludico, prevenire le ludopatie e salvaguardare le attività sul territorio. Ma questo percorso non può passare dai divieti, perché allora bisognerebbe dire no anche a chi si batte per la riapertura del Casinò a San Pellegrino (quanta gente si è rovinata al tavolo verde!).

Noi siamo gente concreta, pronta a dare un contributo alla causa. Dove ci sono le condizioni economiche, suggeriamo all’esercente (ma lui già lo sa) di togliere le slot e di investire sull’attività prevalente (servizi per bevande e cibi) e, comunque, su proposte che aumentino la qualità complessiva dell’offerta al cliente. Come associazione offriamo assistenza legale e contrattuale per chi deve risolvere problemi e contratti con i gestori dei giochi. Questo è il nostro lavoro! Garantiamo il credito per gli investimenti necessari a rilanciare i locali, collaboriamo con l’Ast nelle campagne di prevenzione. Eroghiamo in convenzione la formazione agli esercenti per la prevenzione della ludopatia, partecipiamo a convegni, campagne promosse dai consorzi dei Comuni, scriviamo per informare gli esercenti degli obblighi e dei divieti. Pochi “Mi piace”, molta sostanza.

*direttore di Ascom Confcommercio Bergamo