Diego Rodeschini è il nuovo presidente del Gruppo Bar Caffè e Pasticcerie Ascom

Il titolare della Pasticceria Acquario di Sant’Omobono Terme: “Pronti a rafforzare il legame con le scuole per risolvere il problema della mancanza di personale adeguato”

Cambio al vertice nel Gruppo Bar Caffè e Pasticcerie di Ascom Bergamo Confcommercio: Giorgio Beltrami, titolare del “Bar Centrale” di Lovere, conclude il suo mandato alla guida del gruppo che per il prossimo quinquennio sarà diretto da Diego Rodeschini, 60 anni, titolare della Pasticceria Acquario di Sant’Omobono Terme.

Ad affiancare il neo presidente i nuovi consiglieri Diana Ferreira del “Preda Caffè” di Bergamo, Consuelo Giassi del “Bar Giassi” di Verdellino e Francesca Bassi del Chapeau Milani Caffè (insegna presente a Bergamo e all’interno di Oriocenter e Le Due Torri). Confermati nel direttivo Raffaella Andreini dell’“Half Crown Pub” di Antegnate, Elena Stroppa del “Gino’s Bar” di Bergamo, Francesco Pappi del “Pub Sant’Orsola” di Bergamo e Vincenza Carissimi del “Bar Commercio” di Osio Sotto. Pappi e Bassi sono stati eletti vicepresidenti.

Secondo i dati Ascom (fonte Camera Commercio di Bergamo) negli ultimi cinque anni, bar, caffè e pasticcerie sono calati di 101 unità (-3,7%), di cui 21 solo nel 2021. Trend ben diverso in città dove, dal 2017 al 2021, gli esercizi sono aumentati di 9 unità (+2,2%) con ben 8 nuove imprese avviate nel 2021. “Mai come in questo momento dobbiamo fare squadra e costruire un percorso comune per dare un nuovo slancio alla categoria – sottolinea Diego Rodeschini -. L’aumento dei prezzi delle materie prime continua infatti a mettere a dura prova il settore che ha già dovuto affrontare questi ultimi due anni molto duri sotto il profilo della sostenibilità aziendale e non solo. A questo si aggiunge, infatti, il problema di trovare personale adeguato e per i prossimi anni l’obiettivo è rafforzare il legame con le scuole per invertire gli stereotipi e far capire che lavorare in un bar o una pasticceria può dare tante motivazioni e, quindi, soddisfazioni”.




Farina, cacao e caffè: dopo energia e gas rincarano anche le materie prime. E i bar lanciano l’allarme

Farina e cacao gli aumenti più incisivi, seguiti da latte e caffè. Beltrami: “Con tutti questi rincari si rischia di lavorare solo per coprire le spese”

Non è solo il Covid a spaventare il mondo del terziario in vista delle festività natalizie: l’emergenza sanitaria è infatti anche emergenza economica e alle difficoltà legate alla ripresa si aggiungono le forti tensioni inflattive che riguardano materie prime, energia, utenze e servizi. Una congiuntura in atto che sta già avendo ripercussioni sul listino prezzi di locali, bar, ristoranti, pizzerie e, in generale, sui pubblici esercizi del territorio alle prese con un aumento dei prezzi considerevole. A pesare sui bilanci dei locali sono soprattutto i rincari dei principali generi alimentari che seguono quelli dei consumi energetici: una miscela amarissima per i bar e locali di Bergamo e provincia che alle difficoltà di ripresa dopo oltre un anno di chiusure e sacrifici devono fronteggiare un caro prezzi insostenibile.

“Tra gli aumenti più incisivi ci sono quelli della farina e del cacao, saliti rispettivamente del 38% e del 20% in questi ultimi mesi – conferma Giorgio Beltrami, presidente del Gruppo Bar Caffè di Ascom Confcommercio Bergamo e vicepresidente regionale del coordinamento di Fipe Lombardia -. Anche il latte non è da meno con un rincaro del 4% del prezzo all’acquisto. Tutto questo ricadrà ovviamente sulle tasche dei consumatori: a seguito dei rincari della farina, ad esempio, si prevede un aumento del 20% del prezzo finale di panettoni e lievitati natalizi”.

Anche il caffè rischia di salire: le principali torrefazioni stimano infatti rincari di 2 euro al kg, circa 10% in più per i bar “Oggi un caffè costa un euro o massimo 1,10 euro ma tra non molto il cliente potrebbe arrivare a pagarlo 1 euro e 20 centesimi – sottolinea Beltrami -. Secondo uno studio di Ascom Confcommercio Bergamo che prende in considerazione il prezzo più alto di un caffè al bar (1,10 euro) emerge che il rapporto tra costi e ricavi è sbilanciato. E quest’indagine era stata fatta prima dell’aumento del costo di gas ed energia”.

La componente energetica resta dunque la vera Spada di Damocle a pendere sulla categoria: di prospetta entro questo mese un aumento del 20%, fino a toccare un +40% tra dicembre e gennaio. Il rischio è che il rialzo dell’inflazione anche transitorio diventi strutturale e in una situazione in cui le attività stanno faticosamente cercando di tornare ai livelli di consumi pre-Covid, questi aumenti rischiano di minare la fiducia dei consumatori e ridurre il potere d’acquisto delle famiglie. “È necessario che il Governo attivi presidi di monitoraggio e controllo, oltre a sostenere nuove misure che possano favorire la ripresa, come un alleggerimento del costo del lavoro e una politica di agevolazioni per gli imprenditori che decidono di assumere – conclude Beltrami -. Non vogliamo fare allarmismo ma con tutti questi rincari il rischio oggettivo è che si debba lavorare solo per coprire le spese”.




Costi e ricavi del caffè: per i bar è una gestione insostenibile

A Bergamo costa in media meno di un euro, il prezzo più basso in Lombardia. Ma per un barista il guadagno è 0,08 centesimi

 

Quanto costa un caffè a Bergamo? In media meno di un euro. Il prezzo più basso di tutte le province lombarde e tra i più economici a livello nazionale. È questo il dato che emerge dal Rapporto annuale della ristorazione, edito da Fipe Confcommercio, secondo cui a dicembre 2020 il prezzo di una tazzina di caffè al banco a Bergamo si attestava a 0,98 euro. Un valore inferiore a quello registrato in diverse città del Nord e del Centro Italia, e ben al di sotto della rilevazione massima che vede, ad esempio, Trento con 1,21 e Bolzano 1,19. Bergamo si piazza addirittura al primo posto in Lombardia dove a Milano il prezzo medio è di 1,03 euro e a Brescia di 1,12.

In vent’anni l’incremento è stato troppo basso per ripagare i costi di gestione e l’aumento delle materie prime. “Fino all’entrata in vigore dell’euro il prezzo della tazzina è sempre rimasto ancorato al costo del quotidiano – sottolinea Giorgio Beltrami, presidente gruppo Caffè Bar e Gelaterie Ascom Confcommercio Bergamo e consigliere Fipe nazionale -. Poi il prezzo del caffè si è ‘congelato’, mentre i costi nel frattempo sono raddoppiati. Il risultato è che una giornata di espressi al banco risulta davvero poco remunerativa per gli esercenti”.

A ciò si aggiunge un secondo rischio: quello di minimizzare l’importanza del servizio e della qualità del prodotto. “Bisogna sfatare il luogo comune secondo cui il prezzo di una tazzina di caffè dovrebbe essere uguale in tutti i bar – aggiunge Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Il caffè non è un prodotto ma un servizio e il suo prezzo è la risultante di moltissimi fattori che giustificano appunto la differenza di costo tra un bar e l’altro. Per non proporre un caffè sotto costo si rischia di penalizzare il servizio e la qualità del prodotto. Occorre, invece migliorare entrambe, come già avviene per il pane e il gelato artigianale, perché il consumatore è oggi più attento ed esigente e la qualità paga, sempre e comunque”.

 

Il guadagno per una tazzina di caffè inferiore a 10 centesimi

Secondo uno studio di Ascom Confcommercio Bergamo che prende in considerazione il prezzo più alto di un caffè al bar (1,10 euro) emerge che il rapporto tra costi e ricavi è sbilanciato. Al netto dell’Iva e dei costi (costo del caffè, costo dello zucchero/dolcificante/latte, costo del personale, spese per affitto/corrente/acqua), il barista guadagna infatti 0,08 centesimi a tazzina. E ponendo l’esempio di un bar che consuma un chilogrammo di caffè al giorno, pari a circa 130 tazzine, il profitto giornaliero è di 10,40 euro. Se pensiamo, infine, che una miscela di media qualità costa 18 euro (+Iva) al chilo – ma può arrivare fino a 25 euro e oltre – emerge che un barista è destinato ad andare in perdita.




Caffè e arte, sulle bustine di zucchero le opere del trevigliese Mombrini

bustine zucchero mombrini

Da oggi una tela di Battista Mombrini può addolcire non solo lo spirito, ma anche il caffé.

In tutti i bar d’Italia stanno entrando le bustine di zucchero – ben 12 milioni di pezzi – con raffigurati i quadri del pittore trevigliese, che Sgarbi ha definito “Giotto contemporaneo”, dipinti nella sua bottega in via Sangalli, aperta dal 1963.

I soggetti sono figure femminili, eteree, dai volti impalpabili, espressione di un surrealismo romantico neorinascimentale dai colori nebbiosi e pastellati oppure caldi e accesi.

Battista Mombrini
Battista Mombrini

A promuovere l’idea è la ditta Colombo group, con sede a Grezzago, nel Milanese, che da oltre mezzo secolo si occupa del confezionamento dello zucchero in bustine. «Avevano progettato di usare le opere di Van Gogh, ma poi hanno avuto problemi con il diritto d’immagine – spiega Mombrini -. A me è bastato firmare una liberatoria, ne sono onorato ed entusiasta».

Complici i social, si sono già allertati i collezionisti che fanno a gara per accaparrarsi ogni bustina. Il retro riporta l’indirizzo dell’artista che in questo modo sarà conosciuto su tutto il territorio nazionale. E presto ci saranno anche le confezioni regalo.




In tazza o nel piatto, in concorso le idee al caffè

espressoUn chicco, mille possibilità. Il caffè non è, infatti, solo il “cuore” della bevanda più amata dagli italiani ma può essere ingrediente e “tocco” di molte altre preparazioni.

Per valorizzarne appieno la versatilità Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, in collaborazione con Host e Ica (Italian Coffee Association) promuove un concorso dedicato non solo ai baristi, ma anche ai pasticceri e, soprattutto, ai ristoratori più estrosi del Bel Paese che potranno cimentarsi in originali creazioni per essere premiati in occasione di Host 2017, la fiera internazionale dedicata al settore dell’ospitalità in programma a Milano dal 20 al 24 ottobre.

La presenza della Fipe alla manifestazione è ispirata proprio la volontà di promuovere, attraverso il caffè, la qualità del servizio e delle proposte lungo tutta la filiera. «Con il concorso “Fantasie al caffè” la nostra Federazione – ricorda il presidente Lino Enrico Stoppani – rafforza la propria collaborazione con Ica e lavora per promuovere l’attività di quei gestori e operatori che puntano alla cura del dettaglio ed alla valorizzazione del rapporto con la clientela, con proposte sempre nuove che abbiano come fil rouge l’attenzione alla qualità, dalla selezione degli ingredienti alla preparazione fino ad arrivare alle modalità di servizio. La nostra presenza a Host intende valorizzare i pubblici esercizi come parte fondamentale di una filiera complessa per la quale è stringente un ripensamento dei rapporti a favore di una sempre maggiore attenzione alla clientela e alle sue esigenze di qualità nel prodotto e nel servizio».

Il concorso “Fantasie al caffè”, aperto a tutti gli operatori dei pubblici esercizi e agli studenti degli istituti per l’enogastronomia, vuole premiare le idee di coloro che ogni giorno esprimono la loro creatività per sorprendere il cliente con proposte capaci di suscitare curiosità, con nuovi aromi ottenuti dalla combinazione delle spezie con il caffè, utilizzato non solo come bevanda ma anche come ingrediente per creare nuove ricette, dolci o salate, al bar come in cucina.

Il contest si svolgerà on line fino al prossimo 8 ottobre. Le foto delle proposte inviate saranno valutate da una giuria di esperti che esprimeranno il loro giudizio sulla base di tre criteri: originalità della proposta, replicabilità della ricetta, efficacia della didascalia di accompagnamento.

La premiazione avverrà martedì 24 ottobre nello stand di Fipe in Host e al primo classificato sarà riservata la partecipazione gratuita ad un corso di alta formazione.

Qui il regolamento completo e il modulo per l’iscrizione.




Bar, occhio ai conti!

Vuoi avere un locale di successo? La prima regola è saper fare bene i conti. È il mantra di Giorgio Beltrami, presidente del Gruppo caffè bar dell’Ascom di Bergamo dal 2009 e titolare del bar Centrale a Lovere, insegna sempre sulla cresta dell’onda. L’abbiamo intervistato per capire quali sono oggi le difficoltà e le opportunità nel mercato dei pubblici esercizi.

Giorgio Beltrami
Giorgio Beltrami

«Sul mercato ci sono troppe attività, quindi la concorrenza è terribilmente elevata – esordisce -. In molti casi, direi nella stragrande maggioranza, ci sono gestori che applicano prezzi che non sono remunerativi. Ma scendere sotto certe soglie porta inevitabilmente alla chiusura. Proporre, come ho visto fare, un pranzo di lavoro a 6,70 euro per un primo, secondo, acqua, un quarto di vino e caffè significa vendere sotto costo. È un’offerta impossibile da sostenere. Bisogna saper fare i conti e capire i costi, sennò l’attività non ha futuro».

Un tempo nella nostra provincia c’era il listino dei prezzi, meglio allora?

«Fino al 2002 all’interno del Gruppo caffè bar Ascom c’era una commissione che decideva i prezzi da applicare ed entro un mese i locali si adeguavano ai valori indicati. Poi il Governo ha vietato di stilare il listino prezzi sostenendo che in quel modo si faceva cartello. I gestori hanno cominciato a farsi concorrenza abbassando il prezzo. È una strategia senza futuro: non è sostenibile nel tempo e rovina il mercato e l’immagine della categoria».

Ci sta dicendo che molti baristi non fanno bene i conti?

«Le faccio un esempio classico: una macchina del caffè di buon livello a tre gruppi costa circa 7mila euro. Per ripagare le macchine in comodato d’uso, di abitudine i torrefattori caricano il caffè di 8/10 euro al chilo. Considerato che una macchina del caffè ha una vita di circa cinque anni, se si fanno i conti, si capisce facilmente che la si paga almeno tre volte e che è più economico comprarla, eppure molti scelgono di non farlo. Se si hanno problemi di liquidità, basta rivolgersi ai canali che favoriscono la concessione del credito come Fogalco. Si può prendere un appuntamento agli uffici di Bergamo e insieme si determina il tasso di interesse. Per stare sul mercato non basta fare un buon caffè o un buon cappuccino, bisogna avere una gestione attenta».

bar-generico -aperitivoC’è un modo per calcolare i pezzi giusti?

«è indispensabile avere nozioni di contabilità. L’assistenza del commercialista non è sufficiente. All’Accademia del Gusto di Osio Sotto si possono frequentare corsi di alto livello che danno una preparazione manageriale e insegnano a gestire in modo corretto l’attività. Io ho una mia formula personale. Faccio la somma di tutte le spese generali del locale, senza gli acquisti. Poi faccio la somma delle spese degli acquisti. Quindi divido la spesa acquisti per le spese generali e ottengo un coefficiente. Dalla fattura verifico il costo di acquisto della bottiglia. Moltiplico questo costo per il coefficiente e ottengo il mio costo reale della bottiglia. Se risulta ad esempio 29 euro, significa che se la vendo a 30 euro, guadagno 1 euro».

Quanto conta la formazione?

«Continua ad essere la maggiore arma per restare sul mercato. Non ci si può improvvisare in questo mestiere. È importante che chi si affaccia al settore sappia esattamente cosa deve affrontare in ogni aspetto gestionale, dai rapporti con i fornitori alla selezione dei prodotti, dal servizio all’amministrazione contabile. Allo stesso tempo farlo da vent’anni non è un buon motivo per non aggiornarsi. C’è sempre spazio per migliorare e crescere»

Qual è l’errore più frequente tra i baristi?

«Molti sono convinti che basta aprire un bar per guadagnare. Nell’arco di un paio d’anni chiudono. Bisogna fidelizzare la clientela e per farlo non basta offrire la coca cola, occorre dare un prodotto proprio, che può essere un tipo di panino, di farcitura, oppure un cocktail, un gelato. Proporre qualcosa di speciale che porti il cliente a venire nel nostro bar».

Il suo locale non solo ha saputo resistere alla crisi ma negli ultimi anni è addirittura cresciuto. Quali doti bisogna avere per fare questo mestiere?

«Non può mancare la capacità lavorativa. Io ho 71 anni e sono al bar 13-14 ore tutti i giorni. Nella categoria vedo che manca la costanza. Molti partono entusiasti e poi quando si presentano le difficoltà non lottano, mollano».

I contratti di affitto di azienda in questo senso non aiutano…

«Purtroppo negli ultimi anni si è diffuso questo tipo di contratto: ha il vantaggio che quando si entra non si paga ma quando si esce non si prende niente. Chi sceglie questo tipo di soluzione di solito appena non quadra qualcosa rinuncia. Se invece si investe nella licenza d’azienda prima di mollare si lotta. In genere, poi, il proprietario dei muri e degli arredi difficilmente investe nell’attività quindi nel tempo il locale invecchia. Oggi invece è estremamente importante rinnovare gli ambienti, in questo modo si fidelizza la clientela».

Che consiglio darebbe ai baristi che si trovano in difficoltà?

«Di tenere duro. Se non lavoro devo chiedermi perché, andare dai colleghi che lavorano, vedere cosa fanno e riproporlo. La professionalità paga sempre».

espresso-caffèIl costo del caffè è giusto? C’è spazio per rivedere le politiche di prezzo nei bar?

«Gli autogrill sanno fare bene i conti. Già da anni hanno abbattuto la barriera dell’euro. Il caffè è sempre stato equiparato al giornale. Oggi il quotidiano costa 1,30 e il caffè ancora un euro: abbiamo perso il 30% degli utili».

Crede che i clienti capirebbero l’aumento?

«Io vendo il caffè a 1,10 euro da tempo e quando sono passato al nuovo prezzo non ho avuto un calo dei consumi, anzi le vendite sono addirittura leggermente aumentate. Forse i clienti hanno notato la differenza tra un caffè e l’altro».

Quindi aumento sì, ma solo se il caffè è molto buono?

«Alcuni gestori vanno negli ipermercati ad acquistare caffè da 7/8 euro al chilo. È una follia. Bisogna puntare alla qualità, al di là della congiuntura economica. C’è ancora gente disposta a spendere per averla. Si pensa che ridurre il prezzo ti porti più clienti ma non è assolutamente vero. Conosco un barista che ha proposto la colazione a 1,30 euro quando tutti sanno che il prezzo è di 2,30/2,40 euro. La sua fortuna è stata che l’offerta non ha funzionato! Bisogna capire che più si applicano prezzi stracciati e più si perde, così come bisogna comprendere che i soldi che ogni sera si trovano nel cassetto vanno accantonati per spese e tasse».

Cosa pensa dell’arrivo di Starbucks?

«Non credo che porterà alcun tipo di problemi. L’Italia è legata al caffè espresso. C’è spazio per tutti. L’importante è fare un buon caffè».

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I 10 consigli di Ascom per chi vuole aprire un bar

Per chi vuole avviare un bar ci sono alcune regole che si rivelano preziose per non sbagliare. Per Ascom Bergamo Confcommercio sono dieci. Eccole.

1. AVERE UN’IDEA PRECISA

Chiedersi che tipo di bar si vuole aprire. Avere, cioè, un progetto ben chiaro in testa.

2. CAPIRE SE È SOSTENIBILE

Creare un business plan facendo una precisa valutazione dei costi necessari per avviare e gestire l’attività (affitto, acqua, luce, gas, dipendenti, acquisto delle merci, imposte Tasi e Tari) e dei volumi di fatturato che si dovranno realizzare per ricavare uno stipendio. Attenzione: se il locale non è pronto, o bisogna pagare l’attività al proprietario, l’investimento iniziale può aumentare in modo considerevole.

3. SCEGLIERE LA LOCATION GIUSTA

Valutare bene il proprio business e analizzare con attenzione la zona dove si vuole aprire. Fondamentale che ci sia passaggio e nelle vicinanze ci siano negozi o uffici (meglio entrambi) e comunque luoghi di interesse. Se si sceglie un luogo super trafficato, la possibilità di fare incassi è più alta, ma anche le spese da sostenere lo saranno; se si opta per aprire in un piccolo paese i ricavi potenziali si riducono, ma si riducono anche la concorrenza e i costi fissi.

4. DIFFERENZIARSI DALLA CONCORRENZA

Aprire un bar originale, diverso dalle altre attività esistenti e in grado di rivolgersi a una clientela specifica. Bisogna conoscere l’offerta dei concorrenti e il loro giro d’affari, quindi chiedersi cosa si possa offrire in più ai clienti. Attenzione: sono da considerare concorrenti anche supermercati, panetterie e pizzerie al taglio, take away.

5. TARGET E OFFERTA SU MISURA

Impostare l’attività pensando a una specifica categoria di clienti e offrire una soluzione mirata ai loro bisogni.

6. CURARE LA COLAZIONE

Proporre caffè e brioche di qualità. I costi sono più alti, ma chi ha ottime colazioni di solito lavora e il passaparola vola.

7. OCCHIO A VETRINA E INSEGNA

Il cliente che passa deve capire all’istante che lì c’è un bar e che tipo di bar è.

8. FARE DELL’ACCOGLIENZA UN’ARTE

Selezionare con attenzione i collaboratori, anche in base al modo in cui interagiscono con i clienti. Il cliente non vuole solo il caffè, si aspetta di lasciare fuori i problemi e di avere cinque minuti di relax. Se si rende piacevole questa pausa, il cliente con molte probabilità tornerà. È l’Abc della fidelizzazione.

9. AVERE UNA GESTIONE ATTENTA

Fare massima attenzione alle spese e accantonare parte del cassetto per pagare i costi dell’attività e le tasse. Controllare il numero di scontrini emessi, i flussi di cassa, quali prodotti si vendono di più, su quali c’è più margine e in quale momento della giornata ci sono più clienti così da gestire il personale in modo flessibile e mirato.

10. FARSI CONOSCERE ATTRAVERSO I SOCIAL NETWORK

Scegliere il social più usato (Facebook) o quello che, sulla carta, risulta il più utilizzato dal target di clientela a cui ci si rivolge. Attenzione: la pagina va tenuta aggiornata e questo richiede tempo. Regola fondamentale: alle eventuali critiche virtuali si risponde sempre e in modo educato.

Per un espresso perfetto c’è la regola delle 5 M

È dimostrato, offrire una buona colazione, e in primis un ottimo il caffè, è il passepartout per conquistare una clientela fidelizzata. Ma quali segreti stanno dietro a un grande espresso? Giorgio Beltrami lo spiega in ogni dettaglio nei corsi per baristi proposti dall’Accademia del Gusto con la “regola delle 5 M”: miscela, macinatura, macchina del caffè, manutenzione, mano.

La partenza è utilizzare una miscela di qualità. Il secondo passaggio importante è fare una macinatura corretta che rispetti e segua il clima: in una giornata di pioggia, ad esempio, deve essere più sottile. Anche la scelta della macchina conta, ma ancora di più conta la sua manutenzione: ogni sera bisogna investire una ventina di minuti nella pulizia. È imprescindibile poi l’uso del depuratore per scacciare il nemico principale di un buon caffè: il calcare. La macchina non va mai spenta: si accende quando si compra e si spegne a fine carriera. La mano del barman, infine, conta moltissimo, almeno quanto la sua passione e sensibilità.




Mille modi di servire il caffè. Scatta il concorso on line

espressoÈ il biglietto da visita di ogni locale. Il caffè, la bevanda più amata dagli italiani e uno dei simboli della nostra tradizione nel mondo. Farlo bene però è un’arte così come servirlo e renderlo unico.

Per raccontare i diversi modi in cui bar, pasticcerie e ristoranti danno un tocco in più al proprio espresso, la Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi, insieme ad Ica (Associazione Italiana Caffè) con la  collaborazione di Triestespresso, promuove il concorso riservato agli operatori: “Come personalizzi il tuo caffè?”.

È un contest on line gratuito al via da oggi, primo agosto, fino al 9 ottobre 2016. L’evento di premiazione si svolgerà sabato 22 ottobre durante la manifestazione fieristica “Triestespresso” nello stand Fipe – Ica.

Il concorso è aperto a tutti gli operatori di pubblici esercizi che entro il 9 ottobre 2016 compileranno in tutte le sue parti  il form di iscrizione presente sul sito Fipe, allegando una foto in formato JPG, al massimo di 5Mb (non verranno ammessi altri formati), accompagnata da una breve frase che illustri il messaggio dello scatto inviato. Potrebbe essere, ad esempio, un espresso con una tazzina particolare, magari contrassegnata da un logo e accompagnata da un dolce/cioccolatino o altro, con una frase che spieghi il messaggio legato all’immagine.

Il concorso ha un’unica sezione digitale e le foto inviate devono essere strettamente inerenti al tema “Come personalizzi il tuo caffè?”, non devono contenere immagini riconoscibili di persone ed ogni autore è personalmente responsabile di quanto è oggetto delle immagini.

 

La giuria sarà composta da tre componenti. Ogni giurato assegna un punteggio da 1 a 10 ad ognuno dei seguenti criteri: Cortesia (es. un dolcetto o un cioccolatino), Creatività (es. tazzina decorata), Originalità della didascalia (es. “la siesta del caffè”).

Durante Triestespresso, sabato 22 ottobre, si svolgerà la premiazione e tutti i partecipanti al concorso potranno ritirare il loro attestato di partecipazione. I primi cinque classificati vedranno le loro foto, con la relativa frase e l’indicazione del loro locale, esposte nello stand di Fipe-Ica, oltre che pubblicate sui siti degli organizzatori. Al primo classificato sarà, inoltre, riservata la partecipazione gratuita al corso “Sommelier dell’Espresso”.

Il regolamento

Il modulo di iscrizione




Caffè al bar, «serve un rilancio di prodotti e servizio»

 

Un bar italiano serve in media 175 tra caffè e cappuccini al giorno per un incasso quotidiano di 184 euro. «Cifre che fanno ben comprendere quanto sarà complicato per colossi come Starbucks fare breccia nel mercato italiano» dichiara Luciano Sbraga, direttore dell’Ufficio Studi della Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi che ha fatto il punto su come si evolve il mondo del caffè in un recente convegno organizzato in collaborazione con l’Associazione Italiana Torrefattori.

«La caffetteria è il prodotto di punta del bar italiano e costituisce circa un terzo del relativo volume d’affari – dichiara Luciano Sbraga -. Si tratta di un bene dal consumo estremamente ampio su tutto il territorio italiano, ma che ha bisogno di un rilancio in termini di qualità, sia del prodotto stesso che del servizio. Questi attori sono spesso pregiudicati da una competitività serrata e dalla presenza di realtà poco qualificate lungo tutta la filiera produttiva e distributiva. Serve una svolta anche per quanto riguarda il rapporto con i fornitori che deve essere improntato ad una maggiore qualità degli approvvigionamenti, insieme all’esigenza di rinnovare il parco attrezzature, come ad esempio il bancone, l’attrezzatura più importante di un locale: secondo la ricerca Fipe “Il bar – I rapporti di filiera” infatti, nel 94% dei casi l’acquisto risale ad oltre 6 anni fa, e in 8 casi su 10 ad oltre 10 anni».

Entrando nel dettaglio delle vendite di caffè per tipologia di pubblico esercizio, le 175 tazzine di caffè e cappuccino sono così ripartite: una media di 220 è venduta nei lunch bar, seguita da 202 dei morning bar e 200 nei bar non specializzati. Chiudono la classifica con 170 tazze i bar multipurpose e solo 85 gli evening bar.

Dal punto di vista occupazionale, nel mondo del bar sono impiegate 363mila persone, di cui 206mila dipendenti (media annua 2014). Nel corso del 2014 il 18% delle richieste di personale espresse dalle imprese ha riguardato la professione del barista. In diversi casi le imprese hanno lamentato la difficoltà di reperimento del personale per l’inadeguatezza dei candidati.

I dati della Fipe toccano anche la questione dei rapporti di filiera, che registrano un elevato tasso di fidelizzazione: nell’80% dei casi infatti i fornitori sono gli stessi da oltre sei anni e nel 60% dei casi (più nel beverage che nel food) da oltre 10 anni. La fiducia è la parola a cui più ricorrono gli esercenti per descrivere i criteri sulla base dei quali seleziona i fornitori. Seguono professionalità e qualità dei prodotti; solo nel 16% dei casi i gestori fanno riferimento al prezzo che il fornitore pratica.

La multicanalità è un requisito a cui gli operatori non rinunciano alla ricerca della migliore opzione: il 60% infatti effettua confronti tra fornitori prima di acquistare la merce. Non manca tuttavia uno zoccolo di esercenti per i quali la ricerca di fornitori alternativi non ha motivo di essere, grazie alla piena fiducia nei confronti dei fornitori abituali.

Per quanto riguarda infine le attrezzature, le macchine del caffè nella maggior parte dei casi vengono prese in comodato d’uso dai torrefattori; in ogni caso per il futuro le intenzioni di investimento per rinnovare o arricchire la propria dotazione di attrezzature riguarda un buon numero di imprese. In particolare nel biennio 2015 – 2016 il 14% delle imprese ritiene di dover acquistare nuove attrezzature e nel triennio successivo la percentuale sale al 25%. In definitiva il 40% circa degli intervistati acquisterà nuove attrezzature nell’arco dei prossimi cinque anni.

Per quanto riguarda la catena del valore, infine, i dati di Fipe mettono in luce come il prezzo del caffè subisce un incremento di 9 volte nel passaggio dai crudisti ai torrefattori fino agli esercenti.




Espresso, gli errori più frequenti dei baristi

Bere un buon caffè, come segnalato da diversi lettori di Affari di Gola, ha ormai quasi il sapore dell’impresa. Dietro al servizio della tazzina italiana dal gusto e dall’aroma che non trova ancora eguali al mondo, c’è un lungo lavoro di filiera che parte dalle piantagioni e, passando dalla tostatura e torrefazione, arriva in chicchi selezionati sul mercato e poi nei locali. Ma qualcosa in uno di questi passaggi, dalla torrefazione al servizio nei pubblici esercizi, deve pur andare storto se l’espresso non è spesso all’altezza delle aspettative.

Luigi OdelloLuigi Odello, docente di Analisi Sensoriale presso università italiane e straniere, presidente dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (oltre che  segretario generale dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano e dell’International Academy of Sensory Analysis) ci aiuta a mettere in luce difetti ed errori nella filiera del caffè.

Professore, il problema della qualità del caffè sta alla radice, nelle piantagioni?

«L’Arabica vuole il freddo (anche se non troppo) e il cambiamento climatico vorrebbe che la coltivazione salisse di quota, ma questo non è possibile. Così, per evitare l’azione nefasta dei patogeni che distruggono le piantagioni si fa ricorso a ibridi resistenti. In effetti, in tempi non lunghi potremmo trovarci ad avere caffè molto diversi dagli attuali con cambio di personalità sensoriale delle miscele alle quali siamo abituati. Non solo, ma nuovi ibridi brasiliani, in questo caso di Robusta, potrebbero essere coltivati in Amazzonia. Il caffè troverebbe quindi nuovi territori di enorme estensione nel paese più progredito in fatto di meccanizzazione. Oltretutto il caffè cresce all’ombra di altre piante e questo consentirebbe di evitare disboscamenti. Se questo è ottimo per il pianeta lo potrebbe essere un po’ meno per la qualità dell’Espresso Italiano, la preparazione che più di ogni altra al mondo necessita di una materia prima eccellente».

Quanto incide la torrefazione sul gusto? Quanto la mano del barista?

«La qualità sensoriale è determinata dal valore di tutti gli step di filiera ed è sufficiente che uno di essi sia pari a zero perché il risultato finale sia nullo. La torrefazione ha indubbiamente il suo peso. Oggi ci troviamo di fronte a tendenze estreme che tendono, per motivi diversi, a tostare velocemente. È come cogliere un frutto acerbo: se non abbiamo la fornitura della giusta quantità di energia in un determinato tempo otteniamo miscele che originano espresso deformi in cui gli aromi non sono sviluppati e l’acidità è elevata. Caffè che possono avere un senso per filtro e altre preparazioni, ma non per la tazzina nazionale. Ovviamente il barista deve fare la sua parte: più una miscela è elegante, complessa ed evoluta e più difficile è il suo trattamento in macchina».

Come si riconosce un buon caffè?

«Non serve essere esperti per riconoscere odori di muffa, medicinale, bruciato, fumo, e simili…  La qualità inizia dall’assenza dei difetti. Quando vi servono una tazzina di caffè non lasciatevi ingannare dalla vista: avvicinate la tazzina al naso e abbandonatevi alle sensazioni che vi procura. Cogliete sentori di fiori, frutta fresca, frutta secca ed essiccata, cacao e vaniglia, pepe e qualche altra spezia, o almeno alcune di queste? Al gusto è equilibrato (non molto acido e non molto amaro), sciropposo e setoso, senza un briciolo di astringenza? Perfetto, ora affondate la vostra mente nel piacere e aprite pure gli occhi. La crema è color nocciola con riflessi fulvi di trama finissima? Ci avrei scommesso».

Quali sono le regole per prepararlo al meglio?

«Per l’Espresso Italiano il barista è guidato da una formula inderogabile: 25 millilitri in 25 secondi usando 7 grammi di caffè per tazza. Quando la soddisfa ha buone possibilità di dare al cliente il caffè che desidera, sempre che abbia operato con attrezzature pulite e abbia scelto una buona miscela. Questa regola sembra una sciocchezza, ma se metteste alla prova il vostro barista come facciamo alla competizione “Espresso Italiano Champion” con un macinadosatore starato (che quindi fa granellini troppo piccoli o troppo grandi) vi rendereste conto che non è poi così facile. L’Espresso Italiano necessita sempre di un professionista per la sua preparazione».

Quali sono gli errori più frequenti che fanno i baristi?

«Ne commettono una quindicina almeno: scarsa pulizia delle attrezzature, mancanza di controllo della temperatura della macchina e del tempo di estrazione, pressatura del caffè nel filtro insufficiente, particelle di caffè sul bordo del filtro, abbandono dell’espresso sulla macchina per fare altre cose, servizio maldestro….  Il peggiore errore negli ultimi tempi  riguarda la scelta della miscela. Spesso il barista non giudica il caffè in base alle sue caratteristiche sensoriali, ma per la facilità di ottenere un risultato che soddisfi la vista, dalla crema alla struttura. Ecco perché invitiamo tutti a non guardare la tazzina quando ci viene servita. E tantomeno a valutare il tempo che impiega lo zucchero ad affondare: una delle peggiori indicazioni che sia mai stata data per confondere il consumatore».

Qual è il futuro dell’espresso italiano?

«Nei giorni scorsi è stato rinnovato il consiglio dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano che certamente rappresenta l’organismo più operoso, determinato e coeso nella promozione e nella tutela della tazzina made in Italy. Il progetto di quest’anno ha come claim “Nel mondo, a fianco del barista”. Questo significa che si continuerà con la consueta fermezza a valutare la qualità delle attrezzature e delle miscele e ad abilitare baristi, per i quali sono previsti due concorsi: l’Espresso Italiano Champion e il Best Coffee Taster (il migliore assaggiatore). Ma parallelamente verrà aperta una finestra sui paesi produttori alla ricerca di caffè di alta qualità, una porta verso l’internazionalizzazione trasferendo la nostra cultura e un bacino di innovazione che non riguarderà solo la tecnologia, ma anche nuovi strumenti di marketing».

Siamo arrivati al paradosso di dover imparare dall’estero a servire un caffè perfetto?

«Direi proprio di no. Almeno per quanto riguarda l’Espresso Italiano che, quando fatto bene, vince. Alcune statistiche affermano che il canale dei caffè speciali rappresenta l’11% del mercato: l’Espresso Italiano si colloca in questo segmento. Sta a noi mantenerlo nella sua veste tradizionale che racchiude il perfezionamento di oltre un secolo prodotto da costruttori di attrezzature (macchine e macinadosatori) e di torrefattori che hanno saputo creare miscele in grado di sopportare forti rapporti tra polvere a acqua (7 grammi su 25 millilitri, contro 5 grammi su 100 o su 200 millilitri) e forti pressioni (9 bar) a temperature contenute».