Centri storici, «per il rilancio cedolare secca sugli immobili commerciali»

affittasi-negozio rit ritIl rischio della desertificazione commerciale dei centri storici è sotto gli occhi di tutti, recentemente rilanciato dallo studio di Confcommercio che ha analizzato l’evoluzione delle attività nei principali capoluoghi di media dimensione negli ultimi sette anni, tornando ad avanzare, contemporaneamente, una proposta concreta, quella di introdurre la cedolare secca sulle locazioni commerciali per calmierare il prezzo degli affitti.

«Bisogna mettere in condizione i centri storici di produrre ricchezza» la sintesi del presidente Carlo Sangalli, la cui posizione è stata subito sposata da Santino Taverna, presidente della Fimaa, Federazione italiana mediatori agenti d’affari. «Condividiamo in toto la proposta d’introdurre la cedolare secca per le locazioni commerciali per dare nuovo slancio al mercato e calmierare il prezzo degli affitti – ha detto -. Una soluzione propositiva per il mercato immobiliare, che potrebbe giovarsi del recupero edilizio dei tanti locali commerciali in disuso o peggio ancora abbandonati, a vantaggio del decoro delle città. È un modo efficace per combattere la desertificazione aiutando nel contempo la ripresa immobiliare».«Oggi, paradossalmente, proprio a causa della chiusura dei locali commerciali nei centri storici- ha aggiunto -, gli stessi cittadini sono costretti a lunghe maratone in mezzo al traffico per raggiungere i centri commerciali ubicati nelle periferie. Inoltre, la desertificazione dei centri storici riguarda anche il tema della sicurezza. Le vetrine spente e le saracinesche abbassate dei negozi dei centri storici delle piccole e medie città sono spesso l’anticamera della criminalità, che alimenta l’insicurezza dei cittadini. Favorire il recupero attraverso la riqualificazione energetica del già edificato, permetterebbe molteplici vantaggi per la comunità, contribuendo nel contempo alla ripresa del mercato immobiliare».

E pure Confedilizia si è unita alla richiesta. «L’allarme di Confcommercio sulla desertificazione dei centri storici a causa della crisi del commercio coglie nel segno – ha rilanciato il presidente dell’associazione Giorgio Spaziani Testa -, così come la ricetta proposta, quella di estendere agli immobili non abitativi la cedolare secca sugli affitti». «Il fatto che gli operatori del commercio individuino nell’eccesso di tassazione sugli immobili locati la causa della crisi, è illuminante della gravità della situazione. Attendiamo dal Governo un segnale di risposta. La cedolare secca su negozi e uffici affittati sarebbe la mossa giusta per far sì che il 2016 sia, come evocato dal presidente Renzi, l’anno del rilancio dell’immobiliare».

carlo baretti - consigliere Fimaa Bergamo rid
Carlo Baretti

Anche a Bergamo l’intervento è visto con favore. Il direttore dell’Ascom Oscar Fusini lo ha inserito tra i punti del “Patto per la città” per la rigenerazione urbana e pure gli agenti immobiliari valutano positivamente la proposta. «In teoria, l’ostacolo potrebbe essere il fatto che con contratti 6+6 anni i proprietari rinuncerebbero alla rivalutazione dei canoni – afferma il consigliere della Fimaa provinciale Carlo Baretti -, ma con le difficoltà del mercato dei tempi attuali credo che sia una valutazione che passa in secondo piano rispetto alla possibilità di trovare affittuari con più facilità. Una minore tassazione permetterebbe infatti di contenere i prezzi degli affitti, agevolando chi vuole aprire un’attività commerciale e rilanciando il mercato». A confermare la bontà della misura il fatto che «la cedolare secca sugli immobili residenziali funziona», chiude Baretti.




Grumello, niente funerale per i negozi. Il nuovo centro piace anche ai commercianti

grumello del monte nuova viabilità centro - via roma rit

Non ci saranno funerali per i negozi di Grumello del Monte. I disagi per il cantiere che ha bloccato la strada centrale del paese per quattro mesi e la recente introduzione del senso unico non hanno fermato gli affari del commercio cittadino.

Rientrate le preoccupazioni e le polemiche – che avevano portato ad una serrata con vetrine listate a lutto nel maggio scorso -, qualche esercente si lascia addirittura sfuggire parole buone per il nuovo centro. «Le conseguenze sono state meno pesanti di quanto temevamo – dice Pierina Agnelli del negozio calzature Rebussi in piazza Camozzi -. Per i quattro mesi della chiusura della strada, da agosto a ottobre, abbiamo avuto un calo di vendite. Sono stati i mesi più negativi dell’anno. Soprattutto ottobre, che per noi è sempre stato invece un mese molto buono perché le persone fanno il cambio stagione. Con l’apertura della strada a un senso ora va meglio». «Abbiamo perso i clienti di passaggio – spiega Agnelli – per fortuna, abbiamo clienti affezionati che vengono da altri paesi. All’inizio erano confusi e disorientati, ora si stanno abituando. I nuovi parcheggi davanti alla piazza che permettono una sosta massima di 30 minuti vanno benissimo. Certo ora il paese è più bello non c’è niente da dire, ma si sa le persone cercano sempre la comodità. I centri commerciali vivono per questo».

Anche per il Bar Cristal il bilancio è tutto sommato positivo: «Abbiamo avuto un leggero calo per i pranzi di lavoro ma meno di quanto ci aspettavamo». E per la titolare dell’edicola in piazza «è ancora tutto uguale, non cambia niente».

«I quattro mesi di cantiere hanno provocato disagi ma gli affari sono andati abbastanza bene comunque – conferma Roberto Berardi del comitato Vivi Grumello che raggruppa più di 50 commercianti -. La striscia di nuovi parcheggi realizzati sulla strada dà un servizio importante e l’allestimento durante le feste di una pista di pattinaggio in piazza ha portato molte persone. È presto però per fare un bilancio. Stiamo a vedere come andranno i prossimi mesi. Speriamo che l’Amministrazione organizzi altre iniziative per vivacizzare il centro».

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Niente bistrot alla stazione di Paratico, ma potrebbe arrivare un negozio

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Non ci sarà nessun bistrot alla stazione di Paratico. Almeno per il momento. Il bando pubblicato dall’Amministrazione per la gestione dell’ex fabbricato viaggiatori è andato deserto.

Alla gara indetta dal Comune per trasformare la stazione in un piccolo bistrot o una piccola attività commerciale non si è presentato nessun imprenditore, società o associazione. E non è servito posticipare la chiusura della gara dal 23 novembre al 21 dicembre. Le condizioni che il Comune aveva posto erano del resto impegnative: l’eventuale affittuario avrebbe dovuto investire 360.000 euro per riqualificare la struttura (disposta su tre piani, con una superficie di oltre 360 metri quadrati) e pagare un canone di affitto annuo di 6.000 euro per i primi nove anni, con un aumento fino a 36.000 euro a partire dal decimo anno.

Ora l’Amministrazione, che si è data come impegno quello di vivacizzare la zona della stazione, dovrà decidere se riaprire il bando o, in caso sia possibile, assegnare la gestione dello stabile con trattativa privata. Intanto sembra ci sia un interessamento per trasformare il vecchio fabbricato viaggiatori in un negozio di prodotti della Franciacorta.




Sette anni di commercio a Bergamo. Ecco cosa è cambiato

Offerta turistico-ricettiva in crescita e negozi di vicinato stabili. È quanto emerge dall’analisi fatta dall’Ascom su come è cambiata la città di Bergamo e il centro città tra il 2008 e il 2015. L’analisi nasce dall’approfondimento con dati locali di uno studio presentato oggi in conferenza stampa a Roma da Confcommercio Imprese per l’Italia sull’evoluzione dei centri storici di 39 medie città italiane, tra cui è compresa anche Bergamo.

Dai dati analizzati dall’Ascom risulta che Bergamo è una realtà in crescita. Dal 2008 al 2015 il commercio è aumentato del 3,2% (+ 62 unità). Il boom si è registrato nelle attività di somministrazione e nella ricettività con un +9,2% (49 attività in più). Mentre restano stabili il commercio fisso alimentare (+ 1,1%) e il commercio fisso non alimentare (+0,9%).

Il terziario cittadino è composto per il 56,9% da negozi non alimentari, per il 29,4% da pubblici esercizi, ristoranti e alberghi e per il 13,7% da negozi alimentari.

Il rapporto tra densità demografica e attività è di 60 abitanti per esercizio commerciale nel 2015 e 61 nel 2008. I dati relativi al 2015 dicono che c’è un bar o ristorante ogni 204 abitanti, un negozio alimentare ogni 440 abitanti e un negozio non alimentari ogni 106 cittadini.

Oscar Fusini
Oscar Fusini

«Nei sette anni analizzati i numeri sono per lo più invariati – spiega Oscar Fusini, direttore Ascom Bergamo –, questo è dovuto in particolare all’aumento del numero di attività registrato nel 2015, anno in cui si sono colmate quelle perdite avute negli anni precedenti. L’analisi svolta a livello locale conferma i dati nazionali per quanto riguarda la crescita dei pubblici esercizi e la maggiore vocazione turistica di Bergamo, mentre presenta sensibili differenze rispetto ad altre città italiane per quanto riguarda il commercio in sede fissa alimentare e non alimentare».

Secondo lo studio di Confcommercio sui centri storici di 39 medie città italiane emergono sostanzialmente tre elementi: negli ultimi 7 anni, tutti i comuni analizzati, fatta qualche rara eccezione, hanno subito una perdita di esercizi commerciali più o meno significativa; nello stesso periodo, cresce l’offerta turistico-ricettiva; la riduzione dei negozi nei centri storici è quasi doppia rispetto alle periferie. «La differenza con le altre città è dovuta al fatto che a Bergamo l’avvento della grande distribuzione organizzata è iniziato un decennio prima rispetto alle altre realtà provinciali, che si sono trovate ad affrontare l’impatto della gdo solo in questi ultimi anni», spiega Fusini.

I dati

  • Ricettività e somministrazione

Pubblici esercizi e ristoranti sono aumentati in 7 anni del 9,2%, in particolare nel centro città sull’asse piazzale Marconi – porta Nuova e nella zona piazza Pontida – via Sant’Alessandro – Sant’Orsola. La crescita è l’esito delle liberalizzazioni totali che hanno interessato il settore. Fuori dai centri storici sono nati alcuni pubblici esercizi nella periferia cittadina.

  • Commercio fisso alimentare

Nel commercio fisso alimentare c’è stato un piccolissimo incremento di attività, pari all’1,1%. Il settore aveva già pagato pesantemente la perdita di attività nel decennio precedente a tra il          2000 e il 2010. Oggi questa stabilità è dovuta in particolare alla nascita di nuove attività che offrono consumo sul posto.

  • Commercio fisso non alimentare

Anche in questo settore si registra una stabilità. È avvenuta una trasformazione del settore con la riduzione di negozi di abbigliamento e calzature tradizionali, la cui offerta era particolarmente alta negli Anni 80 e si è andata ridimensionando anche per via del cambiamento degli stili di vita e di consumi; il calo dei negozi tradizionali è stato compensato da altre proposte, in particolare negozi etnici.

Le proposte

Confcommercio pone come elemento strategico per la crescita del Paese la rigenerazione dei centri urbani, nei quali confluiscono il maggior numero di abitanti e di imprese attive nel terziario. Nelle maggiori 100 città italiane si concentra il 67% della popolazione, l’80% del Pil e il 75% delle imprese attive. La Confederazione ha sottoscritto nei mesi scorsi un “Patto per le città” insieme al Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Ance e Unioncamere.

Ascom, prendendo spunto da Confcommercio, si propone di stringere un Patto per la città che riunisca i diversi attori presenti in città con l’obiettivo di sostenere e sviluppare il rilancio del territorio urbano. «Serve quindi un piano coordinato di interventi di riqualificazione e di rigenerazione urbana attraverso il quale necessario puntare sull’offerta culturale, turistica e commerciale – spiega Fusini-. Infine è fondamentale integrare le competenze anche di innovazione e di visione digitale della città (smart city e sostenere le reti d’impresa tra cui il nostro Distretto urbano del commercio».




La dura vita dei negozi di vicinato. Rocchi: «Destinati a reinventarci»

Se dopo anni di calo dei consumi si intravedono segnali di ripresa non vuol dire che i problemi del commercio siano finiti. I negozi continuano ad avere difficoltà e sono soprattutto le attività di vicinato, i piccoli market per gli acquisti quotidiani, a farne le spese. Tanto che Mauro Rocchi, presidente dei Gastronomi e Salumieri dell’Ascom di Bergamo, pensa che siano «realtà dal destino segnato se non diventano altro per tornare così ad essere appetibili».

Mauro Rocchi - presidente gastronomi e salumieri AscomCome mai una visione così drastica?

«Sarà perché sto vivendo in prima persona la scelta di modificare l’attività per riuscire, se non altro, ad andare avanti. Ridurre la superficie, 400 metri quadri circa, del punto vendita nel centro di Bonate Sotto, dove la mia famiglia è presente da tre generazioni, e contenere di conseguenza costi e personale. Il mio era il supermercato del paese prima che arrivassero strutture grandi e comode, ora penso debba diventare altro o comunque cambiare per trovare una sua nuova dimensione, più adatta a questi tempi».

Cosa è cambiato?

«Credo che ormai siano cambiate completamente le abitudini, lo stile di vita, e non ci sia verso di tornare indietro. Oggi ad attirare la gente sono i centri commerciali: è lì che si va quando si ha del tempo libero, non si decide certo di fare un giro in paese. Basta vedere questi giorni di vacanza, con i figli a casa da scuola cosa si fa? Si va al centro commerciale, dove si parcheggia facilmente, si sta al caldo, è tutto bello e illuminato, si mangia, poi magari si fa anche la spesa e qualche acquisto, non sono più nemmeno questi, infatti, i principali motivi di richiamo».

Il negozio “di paese”, quindi, da chi è frequentato oggi?

«Offre un servizio di vicinato, ma con un bacino di utenza sempre più ridotto. Sono agli anziani i nostri frequentatori più assidui oppure chi ha bisogno di qualche prodotto, di grandi spese ne sono rimaste ben poche, lo scontrino medio scende sempre più. E non è una questione di prezzi perché quelli degli articoli sui nostri scaffali non sono molto diversi da quelli delle grandi insegne, ma non c’è comodità né interesse a stare in paese. Senza contare che ormai sono rare le volte in cui la famiglia si ritrova attorno alla tavola, si mangia spesso fuori, non c’è più la mamma che prepara il pranzo tutti i giorni per tutti e che perciò deve fare la spesa».

Eppure sembrava in atto un qualche ritorno al negozio di prossimità, a Bergamo, ad esempio, Carrefour Express ha aperto in largo Rezzara, pieno centro…

«Sì, ma quanti sono quelli che hanno chiuso? Lo ha fatto da qualche giorno l’Unes di via Angelo Maj e non mi sembra ci sia stata la corsa a subentrare alle insegne Pellicano, solo per citare due casi».

Delle attività di vicinato si vanta il servizio su misura, il rapporto personale, neanche questo conta?

«Direi proprio di no, basti pensare che anche i salumi oggi si preferisce comprarli in vaschetta piuttosto che al banco affettati al momento».

E della famosa ricerca della qualità cosa ci dice?

«Probabilmente c’è una fetta di mercato attenta a questi aspetti, ma è molto ridotta. Nonostante se ne parli sempre più spesso, anche con clamore per via degli scandali alimentari, dall’olio di oliva alla passata di pomodoro, la maggior parte dei consumatori non ci tiene a verificare l’origine e il contenuto di ciò che acquista. Se c’è l’offerta, va bene tutto».

Recentemente in Lombardia è stata approvata la possibilità per piccoli negozi alimentari, come macellerie e pescherie, di fare spazio alla somministrazione non assistita, ad esempio per la pausa pranzo o l’aperitivo. È una strada interessante?

«Può esserlo, ma occorre valutare bene le condizioni in cui si opera. Deve esserci passaggio, se si lavora in zone desertificate o poco accessibili come molti dei nostri paesi non credo che possa dare grandi frutti. Valutando posizione e mercato, si può anche decidere di puntare sulle selezioni gourmet, sul biologico, sul catering: sono tutte possibilità, la certezza è che per il negozio di alimentari così come lo abbiamo conosciuto negli anni non c’è grande futuro, dovrà diventare altro, cosa dipende da ogni imprenditore».




Supermercati, a Bergamo ha chiuso l’Unes di via Maj

Il nuovo anno si è aperto con un supermercato in meno a Bergamo. Il 31 dicembre ha cessato l’attività l’U2 di via Angelo Maj, all’angolo con via Pinamonte da Brembate, una struttura non da poco conto nel panorama distributivo della città, con i suoi quasi mille metri di superficie, tra alimentare e non, e una presenza consolidata negli anni. Il negozio era gestito direttamente dal marchio Unes (altri punti vendita invece sono in franchising), che fa capo al gruppo Finiper, e nel 2011 aveva assunto l’insegna U2, la formula che ha detto addio alle promozioni e alle carte fedeltà a favore di “prezzi bassi tutto l’anno” e di una spesa veloce.

unes via pinamonteLa nuova veste aveva portato anche una decisa accelerazione sul versante “green” con soluzioni all’avanguardia dal punto di vista del consumo energetico e dell’impatto ambientale, a cominciare dall’illuminazione e dai sistemi di refrigerazione fino all’utilizzo di materiali riciclati, alla proposta di prodotti sfusi e al recupero delle bottiglie di plastica. Sempre nel 2011, di fronte alla crisi economica, il supermercato, come altri della catena, aveva introdotto lo sconto del 10% per gli over 65 sulla spesa effettuata il mercoledì.

La chiusura conferma l’estrema variabilità della geografia commerciale in città come nel resto del territorio, la difficoltà a mantenere posizioni in un panorama sempre più competitivo e con consumi che offrono solo timidi segnali di recupero.




Bergamo, oggi e domani niente targhe alterne

Il Comune di Bergamo fa un passo indietro sulla circolazione a targhe alterne prevista per lunedì 4 e martedì 5 gennaio per contrastare l’alto livello di inquinanti registrato nell’ultimo periodo. Merito delle precipitazioni, compresa una spruzzata di neve, arrivate nella giornata del 2 gennaio e delle previsioni meteorologiche dell’aeronautica militare per le ore successive che hanno indotto la Giunta di revocare il provvedimento.

La decisione di limitare il traffico era stata adottata dopo Natale in seguito a diversi giorni in cui il livello delle pm10 aveva superato il limite di 50 microgrammi al metro cubo e all’assenza di precipitazioni, utili a far depositare a terra le polveri sottili, ed è stata applicata il 29 e 30 dicembre. Con risultati positivi dal punto di vista ambientale (il livello di polveri sottili nell’aria di Bergamo è sceso in entrambe le giornate, dal valore di 96 del 28 dicembre, ai 56 del 29 dicembre, ai 39 del 30 dicembre (prima volta sotto la soglia d’allarme in quasi un mese), ma forti malumori da parte del commercio cittadino che si è visto penalizzato nei flussi per via del provvedimento.

Una situazione che aveva portato l’Ascom a chiedere all’Amministrazione di revocare le targhe alterne per il 4 e 5 gennaio, momento cruciale per le attività commerciali alle prese con l’avvio dei saldi, fissato appunto il 5 gennaio. Pur condividendo la necessità di affrontare il problema dell’inquinamento l’Associazione rilevava la natura estemporanea dell’intervento e il danno collaterale arrecato ai negozi.

Ci ha pensato il meteo a dare una risposta.




Saldi al via, ogni famiglia spenderà 350 euro

Mentre in Basilicata, Campania, Sicilia e Valle d’Aosta la corsa ai saldi è scattata oggi, in tutte le altre regioni il via ufficiale alle vendite di fine stagione sarà martedì 5 gennaio. L’attesa è alta, per i commercianti fiduciosi nella possibilità di confermare i dati positivi registrati durante le vendite natalizie (a Bergamo pari al +6%, superiore rispetto alle aspettative), ma anche per i consumatori, che potranno portarsi a casa il capo che mancava ad un prezzo vantaggioso.

Non a caso l’Ufficio studi di Confcommercio stima che ciascuna famiglia italiana spenderà in media 346 euro per i saldi invernali, il 3% in più rispetto all’anno scorso. «I saldi sono occasioni importanti per i consumatori a caccia dell’affare – commenta Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio -. Per gli operatori commerciali sono fondamentali più per dare continuità a quei piccoli, quasi impercettibili, segnali di ripresa che per le loro casse. Con questo tipo di vendita, aumentano i ricavi, ma diminuiscono i margini – precisa infatti -. Servono ora segnali forti e politiche di sostegno e rilancio dei consumi nei negozi che stanno abbandonando le vie dei nostri centri».

E se il clima è diventato sempre più mite dal punto di vista metereologico, «ma non così clemente è nei confronti degli operatori commerciali che hanno visto ridurre fortemente le vendite di capi più pesanti e di calzature ed accessori di stagione – rileva Borghi -. Anche per questo siamo sempre più determinati a chiedere lo spostamento dei prossimi saldi ad effettiva fine stagione, almeno a fine gennaio, scelta confermata da circa l’80% delle aziende del settore».




Consumi, a Bergamo si conferma la ripresa. Malvestiti: «Attese positive anche per i saldi»

Paolo Malvestiti
Paolo Malvestiti

Dopo sette Natali all’insegna della crisi, i segnali di ripresa sono confermati. «È stato un buon dicembre – afferma Paolo Malvestiti, presidente dell’Ascom di Bergamo -. Dopo diversi anni e mesi di stasi nei consumi, questo mese si chiude con un segno positivo, superiore rispetto alle aspettative. Anche le vendite natalizie sono state buone».

Il dicembre 2015 per il commercio bergamasco si chiude con un 6% in più rispetto alle scorso anno, una crescita che è andata oltre le aspettative e le previsioni fatte sia a livello locale che nazionale da Confcommercio, «è tornato un clima di fiducia, lo si vede sulle facce di chi entra in negozio e ha voglia di spendere, sempre con un’attenzione al rapporto tra qualità e prezzo – continua Malvestiti -. La ripresa c’è stata in molti settori, a partire dall’alimentare, che ha registrato un andamento molto positivo, confermato nell’approssimarsi della Vigilia. Quest’anno a vincere sulle tavole del Natale sono state la qualità e la tradizione del made in Italy». Il settore alimentare è infatti tornato a crescere, con un +2% rispetto allo scorso anno. Segno più anche per l’abbigliamento. «Anche il mondo dell’abbigliamento conferma la sua crescita di qualche punto rispetto allo scorso anno. Complice il clima mite di queste festività natalizie, i bergamaschi si sono indirizzati soprattutto sulla maglieria, sulle calzature, sull’accessorio e sul “piccolo pensiero”», evidenzia il presidente. 

Il bel tempo di questi giorni ha un effetto a doppia faccia: nei centri storici e nell’hinterland le belle giornate hanno invogliato ad uscire a fare acquisti, mentre la mancanza di neve in montagna ha fatto registrare la cancellazione delle prenotazioni degli appassionati dello sci.

Dopo Natale, l’attesa dei commercianti è concentra sul 5 di gennaio, data di avvio dei saldi di fine stagione. «Dal 5 gennaio prendono il via saldi – spiega Malvestiti –. E i dati positivi di dicembre fanno ben sperare i nostri commercianti. Le otto settimane sono occasioni importanti per l’acquisto di articoli più importanti come capospalla, giacconi e abiti da uomo».

Le regole dei saldi

Nei due mesi di saldi cinque sono i principi che i commercianti sono chiamati ad osservare, cinque regole di trasparenza e di correttezza pensate per la tutela della concorrenza e del cliente relative a cambi, prova capi, pagamenti, tipologia dei prodotti in vendita e indicazione dei prezzi.

  1. Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (art. 1519 ter cod. civile introdotto da D.L.vo n. 24/2002). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto.
  2. Prova dei capi: non c’è obbligo. È rimesso alla discrezionalità del negoziante
  3. Pagamenti: le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante qualora sia esposto nel punto vendita l’adesivo che attesta la relativa convenzione. Inoltre è previsto l’obbligo di accettazione dei pagamenti tramite bancomat e carte di credito sopra i 30 euro
  4. Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo. Tuttavia nulla vieta di porre in vendita anche capi appartenenti non alla stagione in corso.
  5. Indicazione del prezzo: è obbligo del negoziante indicare il prezzo iniziale di vendita e lo sconto in percentuale, è facoltà, ma consigliabile, indicare anche il prezzo di vendita ribassato, mentre è vietato indicare qualsiasi altro prezzo.

Le violazioni alla norma sulle vendite straordinarie saranno punite con sanzioni amministrative da 500 a 3.000 euro, secondo la legge regionale 9/2009.




Targhe alterne, «un colpo basso al commercio». L’Ascom chiede al Comune di fare retromarcia

«Flussi di traffico decisamente ridotti e pochi veicoli con targa pari sulle strade», così, in un comunicato stampa, il Comune di Bergamo ha fotografato la prima delle quattro giornate a targhe alterne in città, secondo l’ordinanza emanata il 28 dicembre, che ha introdotto la limitazione nei giorni 29 e 30 dicembre, 4 e 5 gennaio 2016 su tutto il territorio comunale per gli autoveicoli, i motoveicoli e i ciclomotori, dalle 7.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 19.30.

Quello che però per l’Amministrazione è un successo, per i commercianti è un intervento a gamba tesa, senza se e senza ma. Perché in giorni ancora cruciali per le vendite, quelli favoriti dalle vacanze natalizie e dai festeggiamenti per il Capodanno, prima, e dall’avvio dei saldi, poi, fissato il 5 gennaio, la città viene di fatto percepita come off limits. Oggi, infatti, pare che pochi abbiano approfittato della possibilità di avere a disposizione una città mezza vuota – con traffico più che scorrevole ed estrema facilità di parcheggio -, preferendo di gran lunga dirigersi verso i centri commerciali, che non fanno distinzione di targhe e orari.

Al danno si aggiunge la beffa di un provvedimento d’emergenza dall’effetto non precisato sulla concentrazione delle particelle inquinanti, Pm10 (a Milano, ad esempio, i valori sono stati più alti dopo l’entrata in vigore il blocco del traffico). «L’ordinanza fa più danni di quelli che vorrebbe risolvere – commenta il direttore dell’Ascom Oscar Fusini -. Siamo d’accordo sul fatto che il problema della qualità dell’aria sia di importanza fondamentale, ma non è con misure estemporanee e di dubbia efficacia che si può affrontare. Il sacrificio dei negozi cittadini sarebbe stato accettabile a fronte di un qualche risultato certo».

Hanno più senso azioni concordate e da questo punto di vista l’Associazione ricorda la strada intrapresa con l’amministrazione Tentorio con la quale erano state concordate alcune giornate festive di chiusura al traffico ed era nato il progetto Sono Sostenibile, realizzato dalla Camera di Commercio e finalizzato a premiare i comportamenti virtuosi sui temi ambientali da parte dei negozi invece che sulle mere sanzioni (vedi ordinanza del 9 dicembre sul divieto di lasciare aperte le porte). «A più un anno e mezzo dall’insediamento della nuova Giunta – ricorda Fusini – non abbiamo invece avuto ancora il piacere di essere chiamati ad un confronto dall’assessore all’Ambiente Ciagà».

La richiesta dell’Associazione di categoria è chiara quanto l’analisi: «Fare retromarcia sulle targhe alterne del 4 e 5 gennaio, giorni dell’avvio dei saldi e per questo determinanti per il commercio – dichiara il direttore -. I negozi della città non possono rimanere spiazzati da un provvedimento così penalizzante e raffazzonato». C’è anche un’alternativa, «che può sembrare una provocazione, ma non lo è: realizzare una grande isola pedonale per favorire lo shopping, a questo punto potenziando i servizi pubblici e l’accessibilità».