Biligòcc, a Casale di Albino torna la sagra delle castagne affumicate

biligocc - casalePrelibatezza del passato, oggi i biligòcc – castagne affumicate e bollite preparate secondo un procedimento tradizionale – si possono trovare solo in occasioni speciali. Una di queste è la sagra di Casale di Albino, una delle patrie bergamasche, con l’intera Valle del Lujo, delle castagne e del prodotto.

L’appuntamento con la 28esima edizione è domenica 5 febbraio per la regia del Gruppo culturale Amici di Casale. L’apertura è alle 8.30 con la messa, mentre alle 10.30 è prevista una visita guidata al Museo etnografico. Durante la giornata è possibile gustare la castagna in tutte le sue lavorazioni e pranzare con piatti tipici, il tutto accompagnato da musica, ballo e animazione per i bambini.

I biligòcc nascono dalla selezione dei frutti migliori delle varietà più adatte – “ostane” e “careàne” – preparati in uno spazio e con un sistema tradizionali. L’affumicatoio è un ampio locale dove, all’altezza di tre metri, è collocata una graticola sulla quale vengono distribuite le castagne. Sotto il graticcio si apre la stanza del fumo, un secondo locale dove si espande un fumo denso e profumato, proveniente da un fuoco che brucia nella sottostante “stanza del camino”.

Le castagne vengono rimestate due volte al giorno con i rastrelli. Non si devono bruciare, infatti. E così si va avanti per circa 40 giorni. Dopo l’affumicatura, siamo ormai a dicembre, le castagne vengono riposte in sacchi di juta, in attesa di essere bollite soltanto qualche giorno prima della sagra. Su un fuoco all’aperto (“foghèra”) viene sistemato un pentolone, dove in 150 litri circa di acqua si fanno bollire dagli 80 ai 100 kg di castagne. Alla fine di ogni cottura, si gettano nella caldaia alcuni secchi di acqua fredda, che danno alle castagne la caratteristica grinzosità. Tolti dall’acqua, ecco pronti i biligòcc.

Per informazioni e prenotazioni www.valledellujo.it – info@valledellujo.it – tel. 035 770727




Birre artigianali, a Pisogne debutta un nuovo festival

camunia-beer-festival-300x200Un nuovo evento dedicato alla birra artigianale debutta a Pisogne, alto lago d’Iseo, sponda bresciana. Si chiama Camunia beer Festival e oltre a numerose tipologie di birra propone street food ed eventi per adulti e bambini.

È in programma da venerdì 27 a domenica 29 gennaio nelle sale del Seicento di Villa Damioli, sulla piazza principale. Per tre giorni si potranno incontrare birrifici artigianali di qualità e degustare le loro produzioni, accompagnate da cibo di strada nei cortili della villa. Come in un ricevimento esclusivo, ci si potrà spostare di sala in sala e assaggiare birre differenti: bionde, rosse, le nere stout, le amarissime (e molto alla moda) Ipa ed altro ancora.

L’ingresso è gratuito. Per degustare la birra si devono acquistare i gettoni (con un euro si ha un gettone che vale 10 cl di birra). Sono previsti un’area bimbi e iniziative legate al tema birra.

villa damioli pisogneLa partecipazione al Festival può essere l’occasione anche per visitare la chiesa di Santa Maria della Neve (XV secolo) che ospita un magnifico ciclo di affreschi di Girolamo Romanino. La manifestazione è organizzata da Vitamina C e ha il patrocinio del Comune e della Proloco di Pisogne.

Venerdì 27 e sabato 28 l’apertura è dalle 11 alle 24, domenica dalle 11 alle 22. 

 




Mantova, scoprire i piatti tipici in otto weekend

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Il riso alla pilota

Prende il via sabato 21 gennaio, al Palazzetto dello Sport di Mantova (via Melchiorre Gioia 3 – area Polivalente), la quinta edizione del “Festival della cucina mantovana”, ampia rassegna dei gusti e delle tradizioni locali.

Per otto settimane (con una pausa dal 20 febbraio al 10 marzo) tutti i week end – sabato a cena e domenica a pranzo e cena – Associazioni gastronomiche del territorio mantovano si cimenteranno nella preparazione di primi piatti tipici della zona che rappresentano. Alle specialità si affiancano secondi (stinco, costine, stracotto, luccio in salsa, polenta e funghi, grana e mostarda, spalla, formaggi e molto altro ancora), dolci e vini tipici mantovani accuratamente selezionati dall’organizzazione.

Inoltre, in uno spazio allestito ad hoc, saranno in esposizione eccellenze gastronomiche delle Associazioni ospitate e si potranno avere informazioni sui prodotti, le specialità, le tradizioni e le feste.

Al Festival non mancano gonfiabili e baby dance (tutti i sabati alle ore 20), mentre gli adulti, sempre il sabato, dalle 22.30, possono, gratuitamente, recarsi nella sala “Gusto” e ascoltare i grandi DJ Afro, funky e disco che si alterneranno alla consolle. Passeranno infatti per il Festival: Baldelli, Mozart, Rubens, Lodola, Ebreo e Spranga. Tutte le domeniche inoltre a pranzo e a cena sono in programma eventi, animazioni e balli. Tra le iniziative collaterali un torneo di calcetto, un concorso di disegno per i più piccoli, esibizioni di associazioni sportive mantovane, balli di gruppo, animazione e musica.

Il sabato la manifestazione apre alle 19, la domenica a pranzo alle ore 11.30 (con il cocktail di benvenuto) e alle 19 la sera. L’ingresso e il parcheggio sono gratuiti.

IL PROGRAMMA

SABATO 21 E DOMENICA 22 GENNAIO
RISOTTI DI RISAIA – Associazione ASC di Castelbelforte

Risotti di ogni tipo: saltarei, pesciolino, pesce gatto, rane e ovviamente riso alla Pilota. Un incontro per mettere insieme diversi gusti e sapori.

SABATO 28 E DOMENICA 29 GENNAIO
FUJADI E BIGUI CON LI SARDELI – Associazione Nuova Unione sportiva di Villanova De Bellis

Un incontro per gustare un tipico piatto di pasta preparata secondo i canoni della tradizione popolare. Si potrà degustare, oltre a fujadi e bigui, un ottimo riso alla pilota.

SABATO 4 E DOMENICA 5 FEBBRAIO

I tortelli amari di Castelgoffredo
I tortelli amari di Castel Goffredo

TORTELLO AMARO E CAPUNSEL – Pro Loco Castel Goffredo e Confraternita del Capunsel Solferino

Spazio ai due piatti riconosciti a livello Europeo come prodotto tipico dell’Alto Mantovano. I capunsei sono cucinati con una piccola percentuale di amaretto come nella tradizione dei Gonzaga.

SABATO 11 E DOMENICA 12 FEBBRAIO
MACARUN COL STRACOT E RISO COI SALTAREI – Comitato Manifestazioni Barbassolo

I macarun col stracot: una particolarità culinaria che si propone di mantenere la tipicità e la tradizione della cucina di Barbassolo, quella delle vecchie osterie. Sarà inoltre servito riso con saltarei e riso alla pilota.

SABATO 18 E DOMENICA 19 FEBBRAIO
RISO ALLA VILLIMPENTESE E AGNOLI – Comitato Manifestazioni Villimpentesi e Polisportiva Borgo Virgilio

“La Festa del Risotto” a Villimpenta è una delle manifestazioni più popolari della zona, un’occasione per rivivere e tramandare un’antica tradizione. Oltre al risotto, l’associazione Borgo Virgilio ripropone gli agnoli, uno dei capisaldi della cucina mantovana, conditi con burro fuso e con pomodoro e salsiccia.

SABATO 11 E DOMENICA 12 MARZO
TORTELLI DI ZUCCA ALLA CESOLANA E RISOTTO LAMBRUSCO E SALSICCIA – Avis Cesole e Vere Terre

L’Avis di Cesole propone i tortelli di zucca alla Cesolana con solo salsiccia di suino e pomodoro, rigorosamente De.Co (Denominazione Comunale d’Origine). Mentre Terre Vere cucinerà un ottimo risotto lambrusco e salsiccia.

SABATO 18 E DOMENICA 19 MARZO
Riso alla pilota De. Co. e Risotto di zucca e salsiccia – Pro Loco Castel d’Ario e Vere Terre

La Pro Loco di Castel d’Ario proporrà un riso alla pilota rigorosamente De. Co. Terre Vere proporrà il risotto zucca e salsiccia simbolo della tradizione del territorio. La zucca infatti è il simbolo di Vere Terre.

SABATO 25 E DOMENICA 26 MARZO
Gran galà del Riso

Nell’ultimo fine settimana grande sfida dei risotti con il Gran Galà del riso in cui verrà decretato il miglior risotto della quinta edizione del “Festival della cucina Mantovana”.

Il Festival è organizzato da Palamantova e ha il patrocinio del Comune di Mantova.




Piani dell’Avaro, niente ciaspole ma l’escursione resta golosa

ciaspolando con gustoNeve o meno, ai Piani dell’Avaro, nel Comune di Cusio, in Alta Val Brembana, tornano le passeggiate golose.

Anche senza sentieri imbiancati è infatti confermato per domenica 22 gennaio l’appuntamento di apertura di Ciaspolando con Gusto, l’iniziativa giunta alla settima edizione organizzata da Kairos Brembo Emotion che unisce al piacere dell’escursione in quota quello di degustare i prodotti della Valle e la possibilità di acquistarli direttamente dai produttori.

Viste le bizze del meteo niente ciaspole, ma il gusto, secondo ingrediente della formula, c’è tutto.

Dalle 10 alle ore 13 sarà infatti possibile incamminarsi sul percorso (di circa 4 km, adatto anche ai bambini) alla scoperta delle baite che durante la stagione estiva sono dedicate all’alpeggio e che per l’occasione accoglieranno invece alcuni produttori locali e le loro specialità.

Si potranno assaggiare, nell’ordine, marmellate e miele dell’Apicoltrice Busi di Piazza Brembana, un aperitivo con un vino bianco bergamasco accompagnato da stuzzichini salati del Panificio Non Solo Pane di Santa Brigida, salumi nostrani della Macelleria Paganoni di Santa Brigida, birra artigianale del Birrificio Endorama. Proseguendo si troveranno la zuppa di cereali del Ristorante La Pineta di Piazza Brembana, polenta e ragù e formaggi dell’Azienda Agricola Salvini di Santa Brigida. Non mancherà la tappa rilassante e corroborante per il vin brulè per poi passare a quella dei dolci del Ristorobie e concludere con un digestivo l’insolito giro tra i sapori, le tradizioni e, naturalmente, gli incantevoli paesaggi orobici.

All’InfoPoint nei pressi del locale “Al Ciàr”, il centro di valorizzazione dell’alpeggio e dei prodotti locali, è possibile acquistare i pass per accedere alle degustazioni e ricevere tutte le informazioni necessarie per effettuare il percorso in completa autonomia.

Il costo è di 20 euro. I ragazzi dai 7 ai 15 anni pagano 15 euro, mentre fino ai 6 anni la partecipazione è gratuita. È necessaria la prenotazione (www.kairosemotion.it
kairos.emotion@gmail.com – tel. 333 2858655).

I successivi appuntamenti di Ciaspolando con Gusto sono in programma il 18 e il 19 febbraio e il 12 marzo.




Enrico Bertolino: «Se v’invito a cena non chiedetemi cosa si mangia»

Enrico Bertolino è comico, conduttore televisivo, cabarettista ed esperto di comunicazione (è laureato in Economia alla Bocconi ed è manager nelle risorse umane). Da 30 anni è uno dei protagonisti dell’umorismo italiano. Il 31 dicembre si esibirà al Teatro Creberg di Bergamo nello spettacolo “Buon 2042! La festa di Capodanno”, un monologo sul meglio e il peggio dell’anno appena trascorso. Qui ci racconta il suo amore per il cibo fatto a mano, la sua curiosità per le cucine etniche e la sua amicizia con gli chef Berton e Oldani.

Che rapporto ha con il cibo?

«Di sudditanza psicologica, sono sempre in lotta con i regimi alimentari. Mi piace mangiare bene, le cose buone, anche sperimentare le cucine etniche».

Trattoria o ristorante stellato?

«Entrambi. Non amo il ristorante stellato perché è stellato ma quando ha una cucina curiosa. Come quella di Oldani e Berton, che sono amici e con i quali facciamo anche iniziative di solidarietà. In queste occasioni faccio l’assistente di cucina. E a Bergamo mi piace molto Da Vittorio anche perché lo conoscevo, non sono mai rimasto deluso dai suoi ravioli. Ma non disdegno la trattoria. Nella zona dove abito a Milano ne stanno aprendo diverse. Quando posso, le sperimento».

Dolce o salato?

«Adesso salato. Prima molto dolce».

Cosa non può mancare nella sua dispensa?

«L’amore per come si fanno le cose, le pietanze fatte a mano. Ora limito il sale e mi piace mettere lo zenzero, lo scalogno, i condimenti nuovi. Con l’età si diventa saggi».

Ai fornelli, cuoco esperto o piccolo disastro?

«Ai fornelli sono più bravi i ragazzi della scuola di Oldani. Ma a casa quando posso cucino. La nostra è una famiglia italo-brasiliana, mia figlia ama i piatti brasiliani».

Qual è il suo piatto preferito?

«Il vitello tonnato, è una combinazione irresistibile per me ed è un piatto che cucinava mia mamma. Ora che non cucina più glielo prepariamo noi. In generale mi piacciono i piatti tradizionali ma anche la cucina etnica. Ad esempio il churrasco. Deluderò qualcuno, ma sono tutto tranne che vegano».

Cosa mangia dopo uno spettacolo?

«Un primo o un secondo e poi chiudo con la sambuca. Sono entrato nel tunnel della sambuca. Prima di uno spettacolo invece non mangio mai, devo stare leggero. Un tempo si mangiava molto. Addirittura si facevano le tournée per poter andare a mangiare, nelle Marche ricordo dei ristoranti molto buoni. Adesso dopo cena è molto difficile trovare una cucina aperta, c’è poca cultura del dopo spettacolo. Possiamo contare su qualche ristoratore disponibile che tiene aperto, sono serate che non dimentichiamo».

La sua cena più bizzarra.

«È quella che non ho ancora fatto. Anche se Oldani mi ha stimolato molto con la sua cipolla caramellata. Sono rimasto dieci minuti a guardarla. Da allora non rifiuto più gli abbinamenti insoliti. Per me bizzarro è mangiare i prodotti del posto, la filiera corta, l’amatriciana ad Amatrice, in Sicilia i piatti siciliani. Credo che bisogna adattarsi».

Chi inviterebbe a cena a casa sua e perché?

«Persone accomodanti, come il sindaco di Milano Sala, che è un amico. Non apprezzo quelli che chiedono “cosa c’è da mangiare stasera?”. Mangi quel che c’è e apri la tua testa all’innovazione».

Vino o birra?

«In Brasile la birra, il vino non è competitivo ed è molto caro. Altrimenti vino. Sono stato di recente in un paesino in Francia a un mercatino. Abbiamo comprato olive farcite in tutti i modi e vino francese. Di più non si poteva chiedere».




Sulle tracce della trippa

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È una delle zuppe più tipiche e succulente della tradizione orobica. In brodo, in umido, con una spolverata di parmigiano o accompagnata da una fetta di polenta, la trippa è un gustoso misto di frattaglie, verdure e spezie che di recente sta tornando in voga sulle tavole di molti ristoranti. Piatto unico per eccellenza fin dai primi del Novecento, questa pietanza nel corso degli anni ha vissuto alterne fortune. Già, perché l’idea di mettere sotto i denti le viscere di un bovino di certo non piace a tutti. Se da un lato le vecchie generazioni non hanno mai smesso di apprezzarla, dall’altro c’è anche una folta schiera di giovani pronti a storcere il naso appena ne sentono pronunciare il nome.

Eppure, superato lo scetticismo iniziale, anche i più schizzinosi dopo il primo cucchiaio si convertono irreversibilmente al gusto tondo e confortante della trippa. Negli anni del boom economico questa minestra del quinto quarto è stata accantonata dai ristoratori orobici che la ritenevano troppo povera e di non facile preparazione nell’era frenetica del benessere. Da qualche tempo, però, la trippa è tornata timidamente a farsi viva, soprattutto in quei locali che hanno scelto di rispolverare le radici attraverso i piatti tipici della tradizione. Osterie valligiane, trattorie di città ma anche ristoranti stellati la propongono sempre più spesso, nel menù del giorno o da asporto, nei periodi più freddi dell’anno. Persino rinomati chef internazionali, come il britannico Gordon Ramsay e il suo omologo in “Cucine da incubo” Antonino Cannavacciuolo stanno cavalcando la crociata della trippa servita nelle sue molteplici varianti, da un ruspante panino fino a una più raffinata trippa di agnello con tempura di gamberi rossi. E così da piatto nazional-popolare di sagre e feste di paese, questa specialità d’altri tempi si è tramutata in un piatto intrigante, che mette d’accordo tutti, o quasi.

LA TRADIZIONE

trippa-la-ciotolaAll’inizio del Novecento erano soprattutto gli uomini che frequentavano le osterie di paese con cucina casalinga a richiedere la trippa. Nelle trattorie della Bergamasca erano ammessi solo clienti maschi e sposati che, dopo le nozze, erano soliti fare un salto al ristorante per ricevere una sorta di investitura assaggiando un cucchiaio di trippa. Le donne invece in osteria entravano soltanto per riempire la pentola e portare a casa il cibo.

Ancora oggi in tante case e ristoranti dell’alta Valle Brembana, la vigilia di Santa Lucia equivale al pentolone di trippa, la cosiddetta büsèca, che bolle sul fuoco dal primo pomeriggio. All’agriturismo Ferdy di Lenna, per esempio, questa specialità non manca mai in inverno. La preparano tagliata a pezzetti con piedino di vitello disossato, fagioli bianchi e pomodoro fresco. Può essere servita come minestra oppure come secondo piatto, accompagnata da un contorno di polenta bergamasca.

O SI AMA O SI ODIA

ol-giopi-e-la-margiLa trippa è una zuppa di verdure miste e frattaglie costituite dall’apparato digerente dei bovini, fra l’esofago e lo stomaco. Per questa ragione la sola descrizione la rende assai poco appetibile ed anche l’autorevolezza di molte buone forchette fatica a convincere ad un assaggio i più restii. Come spiega Alioscha Foglieni, co-titolare del ristorante Ol Giopì e la Margì di via Borgo Palazzo: «Noi serviamo la trippa da oltre vent’anni. Non la toglieremo mai dal menù perché amiamo valorizzare le tipicità bergamasche e la trippa fa parte dei sapori tradizionali della nostra cultura. La prepariamo con sedano, carote, cipolla, pomodoro, patate e fagioli. Per farla conoscere anche ai più scettici abbiamo pensato di proporla come antipasto all’interno di una selezione di cinque assaggini misti del nostro territorio. Così molti clienti dopo averla provata ne rimangono colpiti e ci chiedono di averla come piatto di portata. Anche i turisti la provano e la apprezzano».

BERGAMASCA, MA NON SOLO

Ferdinando Testa
Ferdinando Testa

Veneta, romana, toscana o genovese, quasi ogni regione e provincia ha la sua ricetta per la trippa. Si va dalla trippa di Brescia in brodo di verdure alla “busecca” alla milanese, passando attraverso la trippa calabrese “ara carvunara”, solo per citarne alcune. Paninozzi croccanti con lampredotto o fette di pane sciocco e trippa solleticavano i palati dei fiorentini già ai tempi di Lorenzo de’ Medici. In provincia di Torino c’è persino la Confraternita della trippa che vanta origini trecentesche. La versione originale della trippa alla Bergamasca è in brodo. Tuttavia ogni cuoco ha la sua ricetta. «Per una trippa perfetta – spiega Ferdinando Testa, titolare con la sorella Antonella del ristorante La Ciotola di viale Papa Giovanni – consiglio di utilizzare interiora di qualità e un mix di verdure di stagione e spezie. La cottura dev’essere lunga e lenta: servono circa tre ore. In generale più la trippa cuoce e meglio è. I nostri nonni dicevano che il giorno dopo è ancora più buona».

UN GUSTO INTERNAZIONALE

In antichità i greci cucinavano la trippa alla brace, i romani invece la utilizzavano per preparare salsicce. Ma anche oggi questa pietanza è presente nelle cucine tradizionali di tutto il mondo. Al nord della Francia, in Normandia, si fanno la Tripes à la mode de Caen o la Tripes en brochette de la Ferté-Macé mentre al sud c’è il Pieds et paquets, una gustosa specialità marsigliese. La trippa si trova anche in Romania, sia in umido (Chkémbè tchorba) che in brodo (Ciorba de burta), e in Medio Oriente (İşkembe). C’è poi il ristoratore bergamasco Venanzio Poloni che è riuscito a portare la trippa alla bergamasca fino a Medjugorie: apprezzatissima dai pellegrini, è diventata una delle pietanze di punta del suo Hotel Stella Maris insieme al capù di verze. Anche Ferdinando Testa conferma la propensione degli stranieri per questo piatto tipico: «Per molti anni la trippa era scomparsa dal nostro menù – evidenzia -. Il nostro è un locale di grande passaggio turistico e ci si era convinti che un piatto così non avrebbe funzionato. Di solito era più ricercato nelle trattorie tipiche bergamasche. Tuttavia da un anno a questa parte abbiamo deciso di rivoluzionare il nostro menù andando alla scoperta delle pietanze della tradizione, trippa compresa. È stato un successo – rivela -. A ordinarla sono soprattutto i clienti dai cinquant’anni in su che vanno alla ricerca dei sapori della loro infanzia, mentre i giovani restano molto scettici. La trippa è molto amata anche dagli stranieri, soprattutto da chi proviene dai Paesi nordici, inglesi ma anche dai francesi, che in fatto di zuppe la sanno lunga».

IN CUCINA

Ai fornelli ogni chef ha il suo stile nel preparare la trippa. Celebre è per esempio il foiolo del ristorante Lio Pellegrini di via San Tomaso accompagnato da una fetta di polenta grigliata. Rispetto ad altre preparazioni tradizionali, la ricetta di Giuliano Pellegrini è più leggera. Per iniziare niente aglio, pancetta o lardo ma solo olio d’oliva e due piccole cipolle anziché il mezzo chilo di un tempo. Anche la cottura cambia: due ore anziché quattro. Vincenzina Salvi, cuoca dell’albergo Centrale di Fino del Monte punta invece sul gusto delle verdure e degli aromi. Per quanto riguarda la carne, oltre allo stomaco della mucca, la cuoca mette il ginocchio di maiale per dare più sapore: «Una buona trippa dev’essere fresca. La carne va fatta bollire bene con una spruzzata di acqua e aceto. Poi metto in pentola a freddo tutti gli ingredienti. Con gli ortaggi di stagione e le erbe ci si può sbizzarrire. Personalmente metto di tutto tranne i piselli o le carote perché sono troppo dolci. Nella mia trippa c’è anche il ginocchio di maiale, un’aggiunta che nella ricetta originale non è prevista. Infine metto la passata di pomodoro, salvia, rosmarino, prezzemolo e alla fine regolo con il sale, ma senza esagerare perché più la zuppa bolle più diventa saporita. A tavola c’è chi la aggiusta la trippa con il pepe, il peperoncino, i crostini di pane o il parmigiano. Io consiglio di consumarla al naturale, senza formaggio perché rende la trippa più acida falsandone il sapore».

IL PIATTO DEL GIORNO

Susi Assolari e Walter Brembilla
Susi Assolari e Walter Brembilla

Per lo chef Walter Brembilla della trattoria “Come una volta” di Desenzano Albino preparare la trippa per i clienti è una gioia, come conferma la titolare Susi Assolari: «Da sei anni a questa parte abbiamo scelto ottobre come il mese della trippa. È un piatto molto particolare, non piace a tutti, quindi non lo teniamo nel menù tutto l’anno ma solo per un periodo limitato, sia a tavola che da asporto, in concomitanza con la festa della Beata Vergine del Miracolo della Gamba. Quando c’è, però, la ordinano in molti. Grazie al passaparola arrivano da noi parecchi clienti soltanto per assaggiare la trippa. Se qualcuno ce lo chiede con anticipo al momento della prenotazione, gli possiamo preparare la trippa su richiesta. Il nostro chef adora cucinarla anche se il procedimento è lento e lungo». All’albergo Centrale di Fino del Monte la trippa non manca mai, nemmeno nei mesi caldi: «Preparo trippa in umido tutti i giorni, estate e inverno – conferma la cuoca Vincenzina Salvi –. Qui da noi è sempre disponibile nel buffet e la si può mangiare a volontà. Piace moltissimo».

FRESCA O PRECOTTA

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Fabio Magri

In lattine, tetrapak o bustone surgelate, tra gli scaffali del supermercato o nel banco frigo spuntano parecchie confezioni di trippa adatte a chi non ha tempo di mettersi ai fornelli. Bastano pochi minuti al microonde per ottenere una zuppa fumante come al ristorante. Metodi culinari rapidi che tuttavia piacciono poco a Fabio Magri, titolare della macelleria Magri di Chiuduno: «C’è stato un momento storico in Italia in cui abbiamo perso la tradizione delle nostre nonne e abbiamo optato per una cucina veloce. Si è progressivamente affermato un predominio della tecnologia alimentare di stampo industriale sui metodi più tradizionali. Per molti cucinare è diventato soprattutto l’atto di scaldare qualcosa di già pronto e surgelato. Con il cibo in scatola è un altro pianeta, ci sono troppi conservanti. Per fortuna da qualche tempo la gente sta ritornando alle radici, prestando più attenzione agli ingredienti sani».

I nomi e le preparazioni

trippa-per-box-nomiBUSECCA: dal tedesco Butze, è il nome lombardo, perlopiù milanese, usato anche in Bergamasca. Prevede l’utilizzo di tutti i tagli dei prestomaci, dello stomaco e perfino della prima parte dell’intestino (quello che i romani chiamano pajata).

CUFFIA: altro nome del reticolo, di forma globosa.

FOIOLO: (detto anche millefoglie o libro) identifica l’omaso, ovvero la parte che molti ritengono la migliore sia in cottura sia per il gusto delicato. I piatti che ne prevedono l’utilizzo esclusivo ne prendono il nome.

LAMPREDOTTO: nome fiorentino della trippa ricavata dall’abomaso, ovvero lo stomaco. È un tipico cibo da strada, ideale per farcire panini. Prende il nome dalla lampreda, un’anguilla primordiale di cui ricorda la forma e il colore.

RICCIA: è il nome più diffuso della trippa ricavata dalla parte più pregiata dell’abomaso (detto anche gala). È caratterizzata dalla presenza di creste violacee che conferiscono alla trippa un sapore più intenso.

Qualche indirizzo dove gustarla

In città: La Ciotola (viale Papa Giovanni) – tutto l’anno; Ol Giopì e la Margì (via Borgo Palazzo) – tutto l’anno; Trattoria Lozza (via Madonna del Bosco) – da ottobre a febbraio.

In provincia: Trattoria Moro da Gigi (Desenzano di Albino) – da ottobre a maggio nel menù del giorno e da asporto; Trattoria Come una volta (Desenzano di Albino) – nel mese di ottobre in occasione della festa della Madonna della Gamba e su prenotazione durante l’anno; Hosteria del Vapore (Carobbio degli Angeli) – piatto del giorno da settembre a marzo; Antica Locanda (Clusone) – una volta al mese come piatto del giorno; Albergo Centrale (Fino del Monte) – tutti i giorni dell’anno; agriturismo Ferdy (Lenna) – nei periodi freddi e in occasione di Santa Lucia; Al Platano da Gira (Foresto Sparso) – piatto del giorno nei periodi più freddi dell’anno; Polisena “L’altro agriturismo” (Pontida) – nel menù autunnale; Albergo ristorante Da Gianni (Zogno) – serate a tema nel mese di novembre.

Le sagre: Festa della trippa di San Pellegrino (Santa Croce) – settembre; Sagra del Casoncello d’autunno a Strozza, con sfida tra casoncello, trippa e pizzoccheri – metà ottobre.

 




Alla ricerca del panettone ideale? A Milano assaggi gratuiti nelle pasticcerie

panettone-milaneseVolete trovare il panettone che più vi piace? Giovedì 15 dicembre è la giornata giusta perché a Milano e provincia si tiene la “Giornata del Panettone artigianale milanese”, che propone assaggi gratis quasi cento pasticcerie e panifici che realizzano il panettone milanese tradizionale.

La possibilità di assaggio si vede dalla vetrina: i pasticceri aderenti espongono infatti la vetrofania per invitare i clienti alla prova del panettone artigianale. Oltre che in città, si assaggia anche a Cinisello, Sesto, Segrete, Legnano, Corsico e altre aree del territorio. Qui l’elenco delle insegne che partecipano.

Sempre il 15 dicembre una degustazione di panettone sarà proposta, dalle 14.30 alle 15.30, al Casello Ovest di Porta Venezia, sede dell’Associazione Panificatori di Confcommercio Milano, mentre sabato 17 sarà l’Unione Artigiani ad organizzarla, alle ore 11,30 presso la sede del Sole 24 Ore, in via Monterosa 91.

Ci sono anche dei gadget natalizi: l’albero del panettone tipico da ritagliare e le decorazioni per Natale. Si trovano nelle pasticcerie e si scaricano in internet dal sito: www.mi.camcom.it

Sono invece 150 le pasticcerie che possono fregiarsi del marchio “panettone tipico della tradizione artigianale milanese”, che assicura che si tratta di un prodotto fresco, senza conservanti e artigianale. Il marchio è depositato presso l’Ufficio Brevetti della Camera di commercio di Milano ed è una iniziativa promossa dalla Camera di commercio di Milano, dal Comitato dei Maestri Pasticceri Milanesi, dalle Associazioni dei pasticceri, dei panificatori, degli artigiani e dei consumatori.

Intanto cresce il business del panettone, 2,5 milioni in più rispetto allo scorso anno, +5% e affari per 60 milioni. Emerge da un’indagine della Camera di commercio di Milano su oltre trenta pasticcerie milanesi contattate in questi giorni. Per 9 su 10 va quello tradizionale. Per i pasticceri è il simbolo principale e naturale di Milano (55% moltissimo, 42% molto). Crescono gli stranieri tra la clientela, un cliente su venti, il 5%. Il 32% è favorevole a un panettone in versione estiva per avere un dolce tipico tutto l’anno.i Istat al primo semestre 2016 e 2015.




Invito a cena con i piatti dei rifugiati

Il cibo è una formidabile opportunità per conoscere terre e persone diverse. A Bergamo succede venerdì 16 dicembre – dalle ore 19.30 al condominio solidale Mater in via della Clementina, 34 – quando tutta la cittadinanza è invitata a “Il mondo… in un piatto!”, una divertente sfida tra i piatti delle diverse culture di provenienza degli ospiti del progetto Sprar, di casa Amadei e di casa Mater.

È un evento natalizio che vede coinvolti due progetti del Comune di Bergamo – Servizi Sociali – Area Adulti: Sprar  Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati e Condominio solidale Mater, struttura che accoglie donne sole o con bambini in difficoltà socioeconomica, tra cui quattro donne richiedenti asilo del progetto Sprar. Enti gestori sono Cooperativa Ruah e Caritas Diakonia.

L’ingresso è libero, basta solo prenotarsi all’indirizzo mater@cooperativaruah.it. Si potranno assaggiare diverse specialità dal mondo ed assistere al live show del cantante bergamasco Cato.

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Prodotti locali e un nuovo raviolo, il Convivium celebra la Val Brembana

Più di trenta chicche. Formaggi soprattutto, di cui la Valle è prezioso scrigno, ma anche salumi, verdure, confetture, succhi di frutta, pane, zafferano, tartufi, birra e persino latte d’asina. Prodotti spesso realizzati da piccole aziende che con coraggio resistono nel difficile contesto della montagna.

Li ha riuniti in una serata denominata “Convivium – Eccellenze della Valle Brembana”  lo chef Andrew Regazzoni, che nell’occasione ha anche presentato ufficialmente un nuovo piatto omaggio al territorio, il “Capel de Monega” (Cappello di monaca), un raviolo che nella forma ricorda il copricapo di alcuni ordini religiosi e che nel ripieno raccoglie produzioni locali – patate, barbabietole, formaggio di monte stagionato e burro di malga -.

L’iniziativa, lo scorso venerdì 25 novembre all’albergo Papa di San Pellegrino, realizzata in collaborazione con le aziende e gli chef brembani, ha fatto assaggiare le diverse specialità gastronomiche in versione finger food e poi il piatto forte, il Capel de Monega, seguito da “Sella di coniglio bardata al tartufo con bresaola orobica sfumata alla birra di Via Priula”, polenta “Nostrano orobico”, patate della Ca’ Al del Mans al latte d’asina e Formai de Mut, per chiudere con il panettone alle mele della Val Brembana.

Il Capel de Monega è stato creato nei primi anni novanta da Ludovico Pozzi, l’amico e collega Regazzoni ha scelto di valorizzarlo registrando all’Ufficio brevetti e marchi della Camera di Commercio di Bergamo nome, forma e ingredienti del piatto, corredandolo di tabella nutrizionale, curata dal nutrizionista Vito Traversa, e di un’immagine firmata dall’illustratore Stefano Torriani. L’operazione si è realizzata grazie anche al sostegno della Comunità Montana valle Brembana e degli Operatori turistici di San Pellegrino Terme. «La scelta di tutelarlo con un marchio non è legata a fini commerciali – precisa Regazzoni -, ma alla volontà di fissare in maniera precisa come è fatto e come è nato. Questo progetto serve ad affermare che in Val Brembana ci sono prodotti di eccellenza ma anche idee, professionalità e determinazione per farli apprezzare. Un modo per dare una mano al territorio con ciò che noi cuochi sappiamo fare».

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Clusone, nel fine settimana maxi strudel e casoncelli

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Strudel o casoncelli? E perché non entrambi! Clusone offre due occasioni per vivere il week end con gusto.

Sabato 26 novembre Consulta dei Giovani, Turismo Pro Clusone, Pasticceria Duci, Fondazione Sant’Andrea e comune di Clusone organizzano “lo Strudelone” una maxi merenda con uno strudel di 30 metri e animazione per raccogliere fondi per l’acquisto di un elevatore mobile per anziani e persone disabili, che verrà donato alle piscine di Rovetta. L’appuntamento è in via San Defendente a partire dalle 14.30 con Tom l’artista di strada, truccabimbi, giochi e intrattenimento con la scuola “Tecnico di animazione turistico” di Clusone, e tanta musica con Tiziano. Alle 16 si taglierà il gigantesco dolce di mele realizzato dalla Pasticceria Duci. In caso di maltempo la manifestazione sarà rinviata a sabato 3 dicembre.

Domenica 27 novembre, invece, sono in programma assaggi d’arte e showcooking con i segreti della ricetta dei casoncelli. L’appuntamento, nel programma dei “Percorsi turistici e culturali”, è organizzato dal Dat “La Valle dei Sapori” in collaborazione con Artelier. Il ritrovo è alle ore 15 in piazza della Rocca per un itinerario nel centro storico di Clusone con degustazione finale all’Hotel Ambra, dove Gianni illustrerà la ricetta tipica dei casoncelli alla bergamasca. Il costo di partecipazione è di 7,50 euro. La prenotazione è obbligatoria al numero 342 3897672.