Bergamo vista da Gualtiero Marchesi. Peccato che i formaggi siano camuni

marchesi mazzola
Un fermo immagine del video che racconta l’itinerario di Gulatiero Marchesi a Bergamo

Ci sono anche Bergamo e le Valli tra i sette itinerari firmati da Gualtiero Marchesi per mostrare il “Bello e il Buono della Lombardia” nell’ambito del progetto #SaporeinLombardia promosso da Explora e presentato nei giorni scorsi.

L’obiettivo è promuovere l’attrattività turistica ed enogastronomica con percorsi tra tradizione, cultura e storia locali. I racconti vengono sintetizzati in video, racconti, ricette, un libro e un sito web e oltre a quello su Bergamo ci sono i capitoli “Milano”, “Cremona e Mantova”, “Valtellina”, “Franciacorta e Lago di Garda”, “Brianza e Pavia”, “Lago di Como e Varese”.

I confini territoriali però non sono proprio così rigidi. La sezione dedicata alla nostra provincia ha infatti come sottotitolo “Dove nasce la Rosa Camuna” e nel video, mentre si fa rifermento ai nove formaggi Dop del Bergamasco, si citano invece le specialità della Valle Camonica come il Silter e la Rosa Camuna, appunto, oltre al Grassina Val d’Angolo e al Casolet, che ha origini trentine ma è preposto anche in terra bresciana.

Non mancano comunque i riferimenti più schiettamente nostrani, come il pastore Danilo Agostini che richiama le sue pecore, in apertura del video, la sosta del maestro Marchesi da Alessia Mazzola, chef di Al Gigianca che prepara i casoncelli ed un suo piatto di carne di pecora gigante bergamasca con crema di patate e chutney di barbabietola, passando per il monastero di Astino, luogo del cuore di Gino Veronelli, per la Fondazione Donizetti, Lovere e l’Accademia Tadini, la cucina della famiglia Cerea.

È vero che quando si parla di turismo e attrattività le frontiere è meglio abbatterle, ma forse un po’ più di precisione non sarebbe guastata.




Erg, sapori bergamaschi tra le vie di Brescia

brescia-con-gusto-01Anche Slow Food partecipa a ERG 2017, il programma che ha assegnato alla Lombardia Orientale – ossia le province di Bergamo, Brescia, Mantova e Cremona – il titolo di Regione Europea della Gastronomia per il prossimo anno. Le Condotte coinvolte nel progetto stanno alimentando una rete di produttori e ristoratori legati ai territori, con l’obiettivo di valorizzare e promuovere le tradizioni culinarie ed i prodotti locali.

La prima occasione per riunire le diverse realtà coinvolte nel progetto è il 24 giugno con la manifestazione Brescia con Gusto, giunta alle 16esima edizione. Si tratta di un percorso nei sapori e nella cultura, una vera e propria cena itinerante che si svolge nei luoghi più suggestivi della città. L’edizione di quest’anno coinvolge non solo i rappresentanti del bresciano, ma anche alcune realtà del distretto Lombardia Orientale e delle città Estere Gemellate con Brescia: Logroño, Betlemme, Darmstadt, Troyes.

Il via alla manifestazione sarà dato giovedì 23 da Carlo Petrini che incontrerà la cittadinanza nell’auditorium San Barnaba alle ore 21, per celebrare il 30° compleanno di Slow Food Italia all’insegna del cibo ‎buono, ‪pulito e ‎giusto.

Bergamo porterà in città le sue tradizioni culinarie con la Trattoria “Visconti” di Ambivere e il Ristorante “Da Mimmo” di Città alta. I due locali hanno aderito all’Alleanza Slow Food, un progetto che prevede l’impegno per la tutela della biodiversità agroalimentare, per la salvaguardia dei saperi gastronomici e delle culture locali. I cuochi che partecipano al progetto utilizzano solo materie prime di qualità: i prodotti dei Presìdi e gli ortaggi, i frutti e i formaggi prodotti localmente. I Presìdi Slow Food sostengono le piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione, salvano dall’estinzione razze autoctone e varietà di ortaggi e frutta.

La Trattoria “Visconti” proporrà per l’evento una sfoglia di pasta cracker con caprino alle erbe aromatiche e fiori eduli, mentre “Mimmo” cucinerà un crostone di polenta di mais spinato con sardina del lago d’Iseo essiccata e ripiena.

Cremona sarà invece rappresentata da la Cascina “Lago Scuro” e dall’Agriturismo “Le Garzide”, che prepareranno rispettivamente farro tiepido tra le erbette dell’orto e scamorza del caseificio e battuta al coltello di manzo di pura razza piemontese. Per il territorio mantovano ci sarà l’Agriturismo “Le Caselle”, con le mostarde tradizionali realizzate con metodi artigianali, lavorando a mano solo frutta di stagione appena raccolta, secondo una ricetta di famiglia.

Complessivamente Brescia con Gusto propone cinque itinerari di degustazione attraverso il centro storico della città e 50 postazioni di degustazione allestite in siti storici e di interesse. Coinvolge 80 tra ristoratori e produttori vitivinicoli, che condividono l’idea di Slow Food che biodiversità, territorialità, proprietà della materia prima, accanto alla professionalità, siano fondamentali nella elaborazione di un cibo di qualità, e circa 50 produttori di materie prime di prossimità, i quali non solo forniscono i prodotti base per i piatti preparati dai ristoratori, ma possono anche utilizzare la manifestazione come “vetrina” per promuovere la propria attività.

www.slowfoodbrescia.it




Franciacorta, Festival d’estate con street food d’autore

festival franciacorta

Calici di bollicine e un parterre di chef d’eccezione per il Festival d’estate in Franciacorta. La manifestazione, che un tempo si chiamava Franciacortando, è la tradizionale festa gourmet tra vigne, borghi e palazzi storici che ogni anno richiama centinaia di visitatori. Chi desidera concedersi un po’ di relax all’insegna del buon cibo in abbinamento alle bollicine deve solo consultare il calendario di iniziative stilato dagli organizzatori della manifestazione.

Le cantine, le aziende di prodotti tipici e le distillerie che hanno aderito all’iniziativa sveleranno al pubblico i segreti della produzione e ospiteranno spettacoli, concerti, tour in vigna e visite guidate in mountain bike, ma anche passeggiate in nordic walking nella campagna franciacortina e, ovvio, degustazioni guidate di vini e specialità locali.

Sabato sera i ristoranti, le trattorie e gli agriturismi associati alla Strada del Franciacorta (dal Vistalago bistrò, all’Albereta alle Due Colombe, a Dispensa Pani e Vini) proporranno un menù dedicato alla cultura enogastronomica locale.

Domenica, invece, dalle 11 alle 17, ci sarà una festa dedicata allo street food d’autore nello storico Palazzo Monti della Corte di Nigoline. Qui, tra il parco e l’antico brolo, saranno allestiti gli stand con prodotti franciacortini ed eccellenze italiane. In abbinamento 60 cantine del territorio proporranno le migliori etichette. Come ogni anno anche la pattuglia dei cuochi sarà nutrita: al pic nic parteciperanno Stefano Cerveni, Lorenzo Cogo, Fabio Abbattista, Ennio Zanoletti, Simone Gaibina, Alberto Bittu, Matteo Cocchetti, Andrea Martinelli, Fabrizio Albini, Alessandro Cappotto, Vittorio Fusari, Corrado Scaglione e Piercarlo Zanotti.

Tra i piatti in assaggio il Tacoq del giovane cuoco di Marano Vicentino, le pizze classiche e gourmet del maestro Scaglione dall’Enosteria Lipen, lo spiedo di tinca al forno da passeggio di Stefano Cerveni, il crostone di pane con lavarello e bergamotto dello chef di LeoneFelice all’Albereta, pesci e panelle di Vittorio Fusari e molte altre proposte che valorizzano gli ingredienti del territorio, tra pescato di lago e prodotti dell’orto.

Dalle 18 il palazzo ospiterà l’aperitivo, con musica, dj set, barbecue e degustazioni.

www.franciacorta.net




Birra artigianale, a San Pellegrino la vetrina dei produttori bergamaschi

Crescono i birrifici artigianali della Bergamasca e cresce BeerGhèm, la rassegna che per prima ha scelto, sei anni fa, di portare i riflettori sulla produzione provinciale. L’appuntamento, organizzato dal birrificio Via Priula di San Pellegrino e dalla Compagnia del Luppolo, torna da venerdì 27 a domenica 29 maggio nel centro della cittadina termale. A disposizione ben 60 birre alla spina per un autentico tour tra le diverse espressioni dell’arte brassicola orobica.

Saranno presenti i birrifici Endorama di Grassobbio, Elav di Comun Nuovo, Della Ghironda di Brusaporto, Del Lago di Sarnico, Adda di Brembate, Hopskin di Curno, Birra Orobia di Gorle, Birrificio Lemine di Almenno San Salvatore, Otus di Seriate, ARBrewing di Albino, Hammer di Villa d’Adda, Kaos di Grumello, oltre ai padroni di casa del Via Priula.

Per accedere alle degustazioni basta munirsi del bicchiere e acquistare i gettoni da spendere alle spine preferite. È attivo anche un servizio di ristorazione, curato da Pier Milesi del ristorante Bigio, mentre al beershop si potranno comprare le birre in bottiglia dei birrifici presenti. Una giuria di esperti selezionerà la birra migliore della rassegna, che verrà premiata nel pomeriggio di sabato 28 maggio.

BeerGhèm è aperta dalle 18 alle 24 il venerdì e dalle 11 alle 24 il sabato e la domenica e può contare su un curato programma di concerti ed eventi.




Formaggi, il prezzo (alto) è quello giusto

A volte il prezzo è caro, ma può essere quello giusto. Nel senso che, per molti addetti ai lavori, l’unica speranza di sopravvivenza per alcune produzioni casearie di qualità sarà adeguare certi prezzi alla media europea. Con una fascia sempre più estesa di consumatori che, pur di avere l’eccellenza sulle proprie tavole, è disposta a pagare anche qualcosa in più. Ne è un convinto assertore Roberto Rubino, dirigente e ricercatore presso l’Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva di Bella (Potenza), grande conoscitore di tutto il patrimonio caseario italiano e presidente di Anfosc, l’Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo, nata nel 1995 per tutelare e valorizzare i formaggi prodotti esclusivamente con il latte di animali allevati al pascolo. Un purista dei grandi Cru, quindi, Rubino, la cui opinione è molto ascoltata sia dagli addetti ai lavori che dai consumatori, perché disinteressata e non legata a singoli interessi di bottega.

Roberto Rubino - presidente AnfoscPresidente Rubino, a volte i consumatori restano sorpresi per il prezzo molto elevato di alcuni formaggi d’eccellenza: ma forse questa è l’unica arma che ha la filiera per poter sopravvivere, viste le soglie minime pagate per il prezzo del latte….

«Salvo rarissime eccezioni, i prezzi dei formaggi sono tutti livellati verso il basso. Possiamo trovare bottiglie di vino da un euro e da 4.000 euro. Invece nei banchi dei supermercati i prezzi dei formaggi sono quasi identici, molto vicini uno all’altro. E, secondo me, questo è il vero problema del settore….».

A volte però dei prezzi anche alti, o forse è meglio dire giusti, vista la qualità, si avvantaggia solo l’ultimo tratto della filiera casearia, quella della distribuzione: c’è un modo per riequilibrare l’intero sistema?

«Con i prezzi bassi non si avvantaggia nessuno. Anzi è proprio la distribuzione a risentirne perché non è in grado di offrire un’ampia gamma di prodotti a prezzi differenti».

Lei conosce benissimo tutti i formaggi italiani, a livello di prezzi, ma anche sul fronte della qualità. Ci può fare qualche esempio di formaggio sottovalutato, che meriterebbe più attenzione da parte dei consumatori e del mercato? E ci sono invece formaggi sopravvalutati?

«Gran parte dei formaggi al pascolo sono sottovalutati. A volte in maniera vergognosa. Esempio classico è il Ragusano: pascolo obbligatorio, latte crudo, siero-innesto, tini di legno, locali di stagionatura naturale. Eppure gli allevatori prendono solo due centesimi in più rispetto al latte industriale. E che dire del Montasio d’alpeggio, dei Nostrani trentini o della Fresa sarda. Non credo invece che vi siano formaggi sopravvalutati, perché c’è troppo appiattimento verso il basso».

In riferimento ai formaggi, lei ha anche creato un suo modello di classi di qualità: può dirci brevemente in cosa consiste?

«Sappiamo che il latte non è tutto uguale e sappiamo anche che la grande differenza la fa il pascolo e i concentrati. La qualità aromatica e nutrizionale del latte dipende essenzialmente dalla quantità di erba che l’animale mangia e soprattutto dal numero di erbe diverse contenute nella razione. Perché ogni erba apporta un patrimonio di molecole diverse. I concentrati hanno lo stesso effetto dell’acqua nel vino. Ne aumentano il volume ma ne diluiscono sapore e aroma. Il settore si salva se riusciamo a dare “a ciascuno il suo” prezzo».

Già, ma come?

«L’ideale sarebbe utilizzare lo stesso metodo in uso nel mondo del vino: ogni bottiglia ha il suo prezzo a prescindere dal nome del vino e anche se è una Doc. Però il mondo del vino è troppo distante. Ecco perché ho pensato alle classi di qualità, un po’ come si fa con gli elettrodomestici o il baccalà. Le classi sono sei (tre per i sistemi al pascolo e tre per quelli alla stalla) e si basano essenzialmente sulla razione alimentare e sul ruolo dei concentrati. Insomma, meglio mangia l’animale è più il latte e il formaggio saranno “di classe superiore”».

Lei si è sempre battuto contro l’omologazione del latte, che non può essere tutto uguale, ma va valorizzato, specie se italiano di qualità: le recenti misure varate dal ministro bergamasco Martina vanno in questa direzione o c’è ancora molto da fare?

«Non mi risulta che vi siano ancora misure che vanno nella direzione da me auspicata. Noi dobbiamo uscire dalla logica che il latte è tutto uguale, che il prezzo deve essere unico, che dobbiamo mangiare italiano. Noi produciamo molto meno di quello che consumiamo. E non tutto il latte italiano è uguale. Quindi il prezzo deve essere diverso, altrimenti chiude l’azienda che produce il miglior latte».

Secondo lei quale sarà il futuro del formaggio italiano? Riuscirà a contrastare adeguatamente il mercato mondiale delle imitazioni che, a forza di tonnellate di Parmesan e affini, sta minando la nostra credibilità?

«Il problema non sono le imitazioni o le importazioni di latte. Insisto, il problema è l’omologazione, il prezzo unico. Fra poco compreremo formaggi a prezzi stracciati perché la produzione di latte è in eccesso e perché non si tiene conto della qualità. Dobbiamo legare il prezzo alla qualità reale, non quella che ci raccontano (grasso, proteine, cellule somatiche e carica batterica)».

Formai de Mut dell'Alta Valle BrembanaFra i formaggi bergamaschi quale apprezza di più? Ci sono secondo lei, prospettive per allargare il mercato dei formaggi orobici anche all’estero in futuro?

«Il Formai de Mut è il mio preferito. A volta esprime una complessità delicata e fine che raramente si ritrova in altri formaggi. Per i formaggi bergamaschi ci potrebbero essere grandi prospettive. Dovremmo diversificare, ampliare l’offerta e esaltare al massimo la qualità con una cura maniacale dei dettagli. Ripeto: se si vendono vini a 4.000 euro, prosciutti a 1.000 euro, perché non si può vendere un formaggio a 1.000 euro? Questo è lo sforzo che dobbiamo fare: allargare la forbice fra il formaggio meno caro e quello più caro per permettere a tutti di gustare e ritrovare il proprio prodotto».




Polpenazze, un weekend di festa con i sapori del Garda

È partito il conto alla rovescia per uno dei più popolari eventi enogastronomici del lago di Garda: dal 27 al 30 maggio torna la Fiera del vino Valtènesi-Garda Classico Doc di Polpenazze del Garda, nel Bresciano, storica manifestazione nata nell’immediato Dopoguerra che taglia quest’anno il traguardo della 67esima edizione.

Dopo il record del 2015, quando si sono conteggiati oltre 30mila visitatori nel ponte del 2 giugno, la Fiera torna in scena mantenendosi fedele ad una formula di successo, legata alle finalità originarie di promozione del territorio attraverso i suoi vini ed i suoi sapori.

In primo piano, come sempre, il concorso enologico ufficiale istituito nel 2006 dal ministero per le Politiche Agricole per le Doc Garda Classico e Valtènesi: le commissioni di assaggio assegneranno la qualifica di Vino Eccellente ai vini che abbiano raggiunto almeno il punteggio di 85/100. Saranno inoltre assegnati dei premi speciali al miglior Valtènesi e Valtènesi Chiaretto, attribuiti dall’amministrazione comunale, ed al miglior Garda Classico, istituiti con il contributo della Banca di Credito Cooperativo del Garda.

A far da cornice alla fiera sarà il centro storico medievale di Polpenazze, dalla cui piazza si gode di una delle più spettacolari visuali sul lago di Garda e la Valtènesi: qui saranno ospitati gli stand delle 22 cantine ospiti, oltre al Borgo Bio, l’angolo dedicato alle aziende che praticano l’agricoltura biologica. I visitatori potranno degustare i vini del territorio muniti di sacca e bicchiere acquistati all’ingresso. Non mancherà la Corte degli Assaggi, dove sarà possibile effettuare degustazioni guidate e comparate di tutti i vini premiati al concorso abbinati ai migliori formaggi della zona. Alla Dispensa del Gusto infine si servirà l’immancabile spiedo gardesano, da sempre un must della Fiera di Polpenazze: ad arricchire la quattro giorni sono previsti inoltre spettacoli, mostre, musica dal vivo tutte le sere e, in chiusura, un grande spettacolo pirotecnico.




Tutte le forme del caprino

caprini Via Lattea

Ci sono caprini al naturale che conquistano per la loro semplicità; aromatizzati alle spezie che attirano per i loro colori vivaci; grana stagionati e blu di capra che colpiscono per l’odore pungente e il gusto deciso. E poi c’è la ricotta, delicata e pastosa al palato; la robiola, fresca e spalmabile; lo yogurt, dolce e digeribile. Insomma, elencarli tutti non è facile. Già, perché di prodotti realizzati con il latte di capra ne esistono almeno una trentina. Da sempre punta di diamante dei piemontesi e dei nostri cugini d’Oltralpe, anche nel massiccio delle Orobie i formaggi di capra vantano oggi una consolidata cultura casearia.

I nuovi allevamenti realizzati con le più moderne tecnologie garantiscono un alimento sicuro nel rispetto della tradizione. Inoltre, abitudini e stili di vita sempre più sani stanno orientando il mercato verso cibi di qualità a scapito della quantità. In Bergamasca non sono soltanto il Branzi o il Taleggio a farla da padrone ma anche stracchini, erborinati, formaggelle a pasta molle, tutti rigorosamente di capra. Per non parlare della Roviöla della Valle Brembana realizzata con latte di capra Orobica, una specie protetta che tuttavia continua a mantenere viva una produzione autoctona di formaggi. Merito di una quarantina di allevatori di Valsassina, Valtellina e Bergamasca che da anni lavora alacremente per tutelare questa biodiversità alimentare di qualità che dal 2015 è presidio Slow Food. In generale i più gettonati, soprattutto da bambini e anziani, restano i classici caprini freschi al naturale. Le nuove tendenze in fatto di cibo spingono molto anche sugli aperitivi finger food a base di chèvre, magari aromatizzati con erbe, spezie, frutta secca e persino petali di fiori. Ecco qualche consiglio su come orientarsi tra le ormai numerose tipologie di caprini presenti sul mercato.

FRESCHI E COLORATI

Per attirare la clientela molti produttori puntano su formaggi aromatizzati, gradevoli all’occhio oltre che al palato. E così sempre più spesso nelle piccole botteghe sotto casa spunta qualche caprino variopinto, con colori che vanno dal rosso al verde, passando attraverso un più sobrio nero carbone. Merito delle diverse spezie, dal peperoncino all’origano, con cui i produttori si dilettano a vestire i loro caprini freschi. Tra i più richiesti spiccano i finger food da aperitivo, gli aromatizzati con semi stagionati al carbone vegetale, oppure all’anice, alla paprika, allo zafferano o all’erba cipollina. «Il caprino è il più semplice da produrre – spiega Lorenzo Facchetti, cotitolare dell’azienda familiare Via Lattea di Brignano Gera d’Adda –, è un formaggio da spalmare sul pane, un companatico che molti accompagnano al prosciutto. Spesso però in passato era fatto con il latte di mucca. Nel boom economico era più comodo perché le mucche rendevano di più producendo una maggiore quantità di latte rispetto alla capra. Così, la produzione di formaggi caprini avveniva solo in aree altrimenti non sfruttabili. Solo quando gli allevatori di capre si sono resi conto che il mercato si era appropriato di un nome che non gli competeva si è cominciato a produrre veri e propri caprini con latte di capra».

«Al momento vanno molto i formaggi di capra freschi, colorati, raffinati e trasformati – evidenzia -. Prima mangiavamo per nutrirci, ora le persone sono più attente all’alimentazione, sono più sedentarie, necessitano di meno calorie ma di più qualità. Quindi anche un mercato di nicchia come quello della capra negli ultimi vent’anni è aumentato. Il Piemonte e la Francia hanno fatto da apripista, ma non è stato semplice. I bergamaschi sono un po’ chiusi, abitudinari, per loro il must è il Taleggio. Piano piano i palati orobici si sono raffinati. Certo è ancora difficile convincerli a provare formaggi di capra decisamente puzzolenti, magari meno appaganti dal punto di vista visivo ma più gustosi, come una chèvre semi stagionata o il blu di capra. Gli aromatizzati, invece, vanno per la maggiore perché il colore delle spezie aromatiche rende i caprini invitanti spingendo anche il cliente più scettico al primo assaggio».

I SAPORITI

Chiara Cazzaniga - Cascina Ombria - formaggi di capra
Chiara Cazzaniga e i prodotti di Cascina Ombria

Gusto pungente con punte piccanti, l’erborinato o blu di capra viene prodotto con lo stesso procedimento del gorgonzola. Tuttavia non è cremoso come il classico zola ma è più saporito. È ottimo accompagnato a miele di robinia o con un passito dolce e corposo. Un unico difetto: l’odore. Un dettaglio non da poco per uno zoccolo duro di bergamaschi che a questo tipo di formaggio proprio non riesce ad avvicinarsi: «La barriera più difficile da superare è il pregiudizio – spiega Chiara Cazzaniga che insieme al marito Alberto Gargani gestisce la Cascina Ombria di Caprino Bergamasco –. Tutti sono abituati al formaggio classico di mucca e quando sentono parlare di capra storcono il naso a prescindere. Si fanno influenzare anche dall’odore talvolta sgradevole che hanno questi prodotti. Quando si parla di formaggi genuini c’è ancora chi ha in mente la stalle puzzolenti di una volta. Oggi invece non è più così. Tutto viene prodotto con maggior attenzione alle regole sanitarie, ci sono più controlli e un’adeguata preparazione da parte dei produttori che si mantengono costantemente aggiornati attraverso i corsi. I bergamaschi dovrebbero quindi dimenticare i luoghi comuni anche perché ho notato che quando si decidono ad assaggiare il formaggio di capra ne rimangono piacevolmente colpiti e si ricredono». Molto saporito è anche il grana di capra. È un prodotto per estimatori sottoposto a una lunga stagionatura e per questo viene distribuito soprattutto nei periodi natalizi.

MISTO CAPRA-MUCCA

Formaggio orobico realizzato in modo artigianale nei pascoli d’alta quota, il Bitto storico è un presidio Slow Food. È prodotto con latte di vacca appena munto a cui va aggiunta una percentuale di latte caprino (dal 10 al 20%) ottenuto dalla capra Orobica. «Oggi le capre si alimentano nelle stalle con il fieno – racconta Marco Del Bono dell’azienda agricola Prat di Büs di Ardesio –, una volta invece pascolavano nei boschi e mangiavano foglie e germogli in montagna. Così il formaggio di capra aveva un gusto troppo intenso. Per questa ragione non si facevano formaggi di capra puri, si mischiava il latte vaccino. È il caso del Bitto la cui ricetta originale prevede un misto di latte di capra Orobica e mucca. Una nicchia apprezza e stima il formaggio di capra più saporito anche se in passato era considerato di seconda scelta. Oggi, invece, è molto ricercato anche perché non è un mercato saturo come quello della mucca. Gli allevatori di capre producono formaggi per sé o per qualche negozietto, difficilmente per la grande distribuzione. Questo perché la resa di un ovino è di gran lunga inferiore rispetto a quella di una mucca».

I PRESÍDI

Presidì -Formaggi capra orobica
I tre formaggi con latte di Capra Orobica, Presidio Slow Food

I formaggi prodotti con latte di capra Orobica intero e crudo vengono suddivisi in: pasta cruda, semicotta, molle e semidura; formaggi grassi a stagionatura breve (freschi tre giorni e stracchini 15 giorni) e grassi a stagionatura medio-lunga (minimo 30 giorni per le formaggelle). Oltre al Bitto storico, che prevede l’utilizzo di latte di mucca con una percentuale di latte di capra Orobica, ci sono altri tre formaggi tipici ricavati dal latte crudo di questo animale. C’è il Formagìn della Valsassina, un caprino fresco presente anche nella variante a crosta fiorita detto “Fiorone” il cui sapore, molto più intenso e piccante, richiama l’aroma dei funghi freschi. La formaggella di capra Orobica, invece, è chiamata Matüscin ed è prodotta solo nelle province di Bergamo, Sondrio e Lecco. Si distingue dai caprini della Bergamasca realizzati con il latte di qualsiasi tipologia di capra ed è tutelata dal marchio di garanzia della Camera di Commercio “Bergamo Città dei Mille sapori”. Infine c’è la Roviöla della Valle Brembana, uno stracchino che ha forma di parallelepipedo con faccia quadrata.

I ritrovamenti archeologici dimostrano che l’allevamento di capre era già praticato sulle Orobie intorno al 7000 a.C. Alla fine del Settecento, però, con lo sviluppo industriale si creò un conflitto tra l’allevamento di ovini e l’utilizzo di boschi per fare legna da carbonella per le aziende. Ma la capra Orobica a pelo folto e corna lunghe riuscì a sopravvivere alla cosiddetta “guerra delle capre”. Oggi di questi esemplari in via di estinzione ne sono rimasti poco più di 2.000. E proprio per tutelare questa specie, nel 2015 è nata l’associazione capra Orobica composta da una quarantina di allevatori di Valsassina, Valtellina e Bergamasca: «L’abbandono del territorio montano e la scarsa produzione di latte hanno contribuito a rendere la capra Orobica una razza in via d’estinzione – spiega il presidente Ferdinando Quarteroni, titolare dell’Agriturismo Ferdy di Lenna –. Lo scorso anno abbiamo quindi cercato di riunire all’interno di un’unica associazione i pochi produttori di capra Orobica che fanno parte del massiccio delle Orobie. La nostra speranza è quella di far conoscere questo animale e motivare i giovani ad allevarla in modo professionale. È una produzione di nicchia che tuttavia deve destare interesse anche in un mondo globalizzato. La capra pascola, mangia l’erba in zone non contaminate, fa formaggi sani ricchi di Omega 3. La sopravvivenza di questa razza è fondamentale per le aree montane con pendii molto impervi. La sua grande capacità di pascolare nelle zone più difficili da raggiungere permette di mantenere e sfruttare ettari di pascolo tutt’oggi inutilizzati».

IL LATO DOLCE

Paola Peracchi (azienda agricola Il Faggio)
Paola Peracchi (azienda agricola Il Faggio)

Se trasformato in formaggio stagionato ha un gusto deciso, ma sotto forma di yogurt o gelato il latte di capra assume un’inedita dolcezza adatta anche a chi è intollerante al lattosio o è attento alla linea. «Il latte di capra è più digeribile ed è quindi un prodotto ideale per chi soffre di intolleranze – ricorda Paola Peracchi dell’azienda agricola a gestione familiare Il Faggio di Albino –. Il gelato di capra non è più magro di quello di mucca, ha solo un tasso di colesterolo più contenuto e quindi risulta migliore dal punto di vista dietetico. La base è la stessa del gelato tradizionale. Gli ingredienti principali sono latte e panna di capra a cui si aggiungono i gusti più svariati lasciando libero spazio alla fantasia: lamponi, more, cioccolato, nocciola, insomma tutto. Il gelato di capra in generale è apprezzato. È molto richiesto nelle fiere soprattutto quella di Sant’Alessandro che si tiene a settembre a Bergamo oppure alla mostra zootecnica di Clusone».

IN TAVOLA

I caprini freschi si possono utilizzare come ingredienti per mousse, ripieni per ravioli, torte salate, gnocchi, crespelle e salse per carni bianche o rosse. La chèvre è ottima scaldata nel forno su un crostino di pane e una spolverata di rosmarino. C’è anche chi, con il caprino fresco, realizza salse aromatiche da accostare al pesce d’acqua dolce. Se invece preferite gustare appieno il sapore rotondo e appagante di questi formaggi è bene accompagnarli con miele e confetture, come spiega Sante Roberto Tessarolo, titolare dell’azienda agricola Al Maso di Camerata Cornello: «Tanti sono gli accostamenti che si possono ipotizzare. Il caprino, per esempio, è ottimo con un confettura di cipolla oppure di lamponi. Una marmellata mora e menta oppure una salvia e limone sono più sgrassanti quindi meglio con prodotti leggermente più grassi. Sui formaggi più saporiti sta bene una giardiniera, oppure consiglierei confetture agrodolci come la mela passata in grappa e miele. Una confettura di pera e cannella o quella di prugna e zenzero sono invece perfette con la robiola. Infine il miele, è ottimo con il blu di capra, un formaggio molto saporito simile al gorgonzola, che però ha un odore più intenso ed è solo per estimatori. In questo caso consiglio il tarassaco oppure il miele aromatizzato con mele o castagne affumicate».

GLI ESTROSI

Si chiama “Formaggio della sposa” e al suo interno contiene una moneta dorata fatta di zafferano. È l’ultima trovata in fatto di formaggi di capra partorita dal caseificio Via Lattea e che verrà messa in vendita proprio a partire dal mese di maggio. L’idea si ispira a un’antica tradizione che, attraverso l’uso di una moneta d’oro, augurava ricchezza e prosperità alla sposa. L’allevamento di Brignano Gera d’Adda sa come stupire i propri clienti. Già a San Valentino aveva infatti dedicato a tutti gli innamorati un formaggio a pasta molle a forma di cuore con un ripieno di caprino fresco ai frutti di bosco. Per non parlare delle perle di formaggio in crosta di cioccolato bianco. Anche Paola Peracchi, nel suo agriturismo Il Faggio di Albino, ogni giorno cerca di creare nuovi combinazioni, dai caprini con noci, erba cipollina e paprika al fagottino con fontanella di capra e asparagi. Particolari anche i caprini stagionati di Cascina Ombria soprattutto quelli avvolti nelle foglie di castagno, di radicchio e di porri, oppure aromatizzati alla birra, al sale e pepe o alle nocciole e uvetta.

Capre




Il bocconiano dice addio all’Alta finanza, «meglio “La Polenteria”»

Gabriele Vitali, a destra, con il socio Silvio Vangelisti
Gabriele Vitali, a destra, con il socio Silvio Vangelisti

Da un paio di anni, chi capita nelle strade affollate del quartiere di Soho, a Londra, può vivere l’esperienza di ritrovare i sapori di casa e il gusto tipico bergamasco in un piccolo ristorante chiamato La Polenteria, che, come dice bene il nome, mette in primo piano (e perfino in vetrina) proprio la polenta e in particolar modo quella tutta orobica di Nicoli.

L’idea è venuta a Gabriele Vitali, originario di Pizzino in Val Taleggio, laurea alla Bocconi, il quale, dopo diversi anni trascorsi nella capitale britannica occupandosi di investimenti finanziari in un grande gruppo bancario, insieme all’amico (bresciano) Silvio Vangelisti, che invece era odontotecnico, ha deciso di fare il grande salto nella ristorazione. Ed è subito stato un gran successo. Prima di tutto per la filosofia totalmente “gluten-free” del menù (ed è stato il primo ristorante italiano a proporlo a Londra), poi per l’ambiente raccolto e intimo, da trattoria moderna, e infine per la cucina generosa e ricca, che mette in campo anche altri classici regionali italiani e non solo la polenta. Anche se quest’ultima rimane la vera protagonista, visto che viene proposta negli antipasti con asparagi, scamorza e uova, o nella versione più esotica con una vellutata di menta e la crema di soia. E poi nei piatti principali, con gli Gnocchi di polenta, tartufo e formaggio, e in preparazioni decisamente più azzardate come nel caso degli Gnocchi di polenta con salmone affumicato e crema di avocado o nel Filetto di maiale con salsa di liquerizia e polenta grigliata. E c’è perfino, a fianco della Panna cotta e del Tiramisù, una “Polenta cheesecake” per chi vuole completare il pasto tematico con un dolce.

piatto - la Polenteria - LondraLa polenta rappresenta il 50% del menù, ma non mancano pasta e ravioli fatti in casa con sapori che virano spesso verso un gusto internazionale, anche perché a La Polenteria la clientela italiana rappresenta solo un quinto degli ospiti che si siedono nei 32 coperti del ristorante. I vini in carta sono esclusivamente italiani, con un’attenzione particolare per quelli bresciani (Benaco e Lugana), ma la filosofia vegana e gluten-free che ispira tutta la proposta consiglia anche di sperimentare in accompagnamento i succhi di frutta freschi o, come sembra essere di tendenza negli ultimi tempi, qualche cocktail.

«La scommessa della Polenteria è stata vinta – racconta Gabriele Vitali -, e siamo molto soddisfatti di come sta andando il ristorante. Al punto che potremmo quasi decidere di aprirne un altro in futuro. Gli inglesi, quando siamo arrivati, non conoscevano la polenta ma hanno iniziato ad apprezzarla e ora la richiedono con continuità. All’inizio avevamo solo quella in carta, con pochi riferimenti, ma abbiamo deciso strada facendo di offrire una scelta un po’ più ampia alla nostra clientela, così sono arrivati altri piatti come le Lasagne vegane, la Burrata con rucola, la parmigiana e le Tagliatelle al pesto rosso. Per dare anche qualche tocco della cucina italiana mantenendo fede alla scelta di soddisfare vegani, vegetariani e amanti del senza-glutine».

La Polenteria esterni - Londra




“Street Casoncello”, ad ogni tappa una ricetta diversa

Le incertezze del meteo non fermano “Street Casoncello” in Città alta, momento finale della manifestazione “De Casoncello. Storie di Bergamo e di Casoncelli” con il quale Bergamo celebra i 630 anni del documento che attesterebbe la paternità della tradizionale pasta ripiena, raccontando di una grande festa tenuta proprio il 13 maggio, del 1386.

Al convegno di venerdì mattina, a partire dalle 10 all’ex Borsa Merci, il programma fa infatti seguire un evento goloso che imbandirà la Corsarola di postazioni ristoro a partire dalle 19, che l’organizzazione ha deciso di confermare anche se le condizioni del tempo non fossero le migliori. La formula prevede l’allestimento di 6/7 isole food dalla funicolare a piazza Mascheroni, nelle quali i ristoranti e i locali lavoreranno insieme integrando la propria offerta.

Protagonista, ovviamente, sarà il casoncello, che ogni locale però proporrà in una forma diversa, quella messa a punto dalla propria cucina e offerta normalmente in carta oppure una rivisitazione realizzata appositamente per l’occasione, che potrà riguardare il ripieno o il condimento. Le direttive dell’organizzazione, curata dalla Comunità delle Botteghe di Città alta, sono state infatti semplicemente queste, così da favorire la creatività e permettere di assaggiare lo stile gastronomico di ogni insegna e le tante varianti alle quali si presta il piatto. Ciò che sarà uguale per tutti è invece il costo: 4 euro per ogni porzione di casoncelli, che diventano 5 se viene accompagnata da un bicchiere di vino, così da permettere più assaggi lungo il percorso. Nel menù della serata si potranno poi trovare altri prodotti e piatti della  tradizione bergamasca come polenta con mais autoctoni, formaggi Dop e Principi delle Orobie, vino, carni di bruna alpina originale.

Condivisione è la parola d’ordine anche nella gestione degli spazi dove fermarsi a mangiare, si potrà infatti scegliere tra le diverse postazioni e tavoli.

Sotto il porticato della biblioteca toccherà poi alle massaie – su tutte Giusy Guerinoni, sfoglina degli Spiazzi di Gromo famosa per la velocità con cui prepara i casoncelli – preparare le ricette più classiche, quella riportata nel documento storico, quella consolidata dalla tradizione e gli altrettanto tipici scarpinòcc.

La serata sarà accompagnata da rappresentazioni storiche con musici, ballerini e attori che faranno rivivere la festa del 13 maggio 1386 in onore dei soldati di Gian Galeazzo Visconti.

Nell’evento sono coinvolte tutte le attività commerciali di Città alta. Oltre a quelle del settore food direttamente impegnate nel festival anche gli altri negozi saranno infatti aperti e pronti ad animare la serata.

Per l’occasione, alcuni musei storici di Città Alta resteranno aperti anche la sera:

  • Campanone, Torre civica
    apertura prolungata fino alle 23 – ingresso 3 euro
  • “Quando l’Italia disegnava il mondo. Tesori cartografici del Rinascimento”
    Palazzo del Podestà – Museo del ‘500
    apertura prolungata fino alle 23 – ingresso 6 euro (gratuito fino a 18 anni)
    biglietto unico valido anche per la mostra “Nel segno del Rinascimento – Pietro Bussolo, scultore a Bergamo”

Durante tutto il week-end sarà inoltre possibile partecipare a visite guidate gratuite organizzate da AGIAT e Guide Turistiche Città di Bergamo:

  • venerdì 13 maggio || “Pane (… e companatico) quotidiano”
    visita guidata sul tema dell’alimentazione nella storia e nell’arte di Bergamo Alta.
    partenza da largo Colle Aperto ore 18 – info e prenotazioni entro le ore 12 del 13 maggio alla mail info@visitbergamo.info o al 346-8122006.
  • sabato 14 maggio || “Il casoncello bergamasco: Sogni di Abbondanza e Storie di Fame”
    partenza da piazza Mercato delle Scarpe ore 18 (durata 1h 30).
  • domenica 15 maggio || “Casoncello Tour: storie di bergamaschi tra abbuffate e …digiuni”
    partenza da piazza Mercato delle Scarpe ore 18 (durata 1h 30) – partecipazione gratuita sino a 50 partecipanti con iscrizione obbligatoria e risposta email a: info@gruppoarcheologicobergamasco.org.



Aromatiche, quel tocco in più per ogni piatto

orto botanico valle della biodiversità
La Valle della Biodiversità ad Astino

Una foglia di melissa esalta l’asprezza di una limonata, quella di menta dà vigore a un tè freddo, mentre i fiori di monarda impreziosiscono un anonimo aperitivo. Il rosmarino è adatto a patate e arrosti oppure tritato si può unire all’impasto di soffici focacce e filoncini profumati. L’origano si abbina alla pizza, ma sta bene anche con carne di agnello e di maiale. Il basilico, invece, è da sempre l’ingrediente principe del pesto o della classica pasta al pomodoro. E poi c’è la salvia, inseparabile compagna di burro e pancetta nel condimento dei tradizionali casoncelli alla bergamasca. Insomma, le erbe aromatiche, anche quelle più comuni, conferiscono ai piatti di ogni giorno una nota di gusto.

Ma per condire le loro prelibatezze i veri amanti della cucina casalinga non possono certo rassegnarsi al sapore artificiale di spezie liofilizzate. Così negli ultimi tempi sta crescendo il numero di bergamaschi che preferiscono coltivare sul balcone di casa piantine aromatiche pronte all’uso. Grazie ai loro molteplici principi nutritivi, sono adatte a una dieta sana e rappresentano un valido sostituto del sale. «A Bergamo abbiamo una situazione favorevole e ottimale per la coltura delle erbe aromatiche – spiega Gabriele Rinaldi, direttore dell’Orto Botanico Lorenzo Rota di Bergamo Alta –. Aprile e maggio sono mesi ideali per trovare vivai ben forniti di piante di sicuro interesse per insaporire i nostri piatti. Sul nostro territorio sono attive alcune realtà che producono ortaggi biologici e piante aromatiche, ma questo non vieta al singolo di dotarsi di prodotti a chilometro zero direttamente a casa propria».

orto botanico 3Per trovare la giusta ispirazione per la creazione di un terrazzo profumato potrebbe rivelarsi di indubbia utilità una visita alla Valle della Biodiversità ad Astino. La sezione distaccata dell’Orto Botanico è infatti un piccolo angolo di paradiso dove vengono ospitate circa 300 specie differenti di piante e le loro 1.500 varietà in un terreno che si estende per 9.000 metri quadri di superficie. Unica realtà italiana dedicata interamente alle piante alimentari, la Valle della Biodiversità è stata protagonista lo scorso marzo a Milano dell’area dedicata agli orti botanici della Lombardia nell’ambito di “Fa’ la cosa giusta”, fiera del consumo critico e del vivere sostenibile. Un’occasione unica che ha dato ai visitatori la possibilità di scoprire il mondo dal punto di vista delle piante, attraverso storie, immagini, esperienze sensoriali e semplici esperimenti scientifici. «Ad Astino – racconta Rinaldi – abbiamo parecchie erbe aromatiche, soprattutto della famiglia della lamiaceae. Abbiamo specie declinate in più varietà con sapori particolari come la monarda, le cui foglie hanno un aroma simile al bergamotto e, essiccate, vengono usate nelle bibite, nel tè e nei sacchetti profumati. Ogni anno coltiviamo circa 150 piante con proprietà aromatiche. Le perenni sono visibili già ad aprile, le annuali crescono più avanti».

Per avere sapori sempre a portata di mano anche sul terrazzo di casa, non serve una particolare propensione. Bastano buona volontà, contenitori adeguati e un piccolo spazio: «Coltivazioni in vaso, fioriera, cassone o in un piccolo giardino danno grandi soddisfazioni – conferma Rinaldi –. Ci sono però alcuni elementi imprescindibili: tutte le piantine hanno bisogno di sole, un po’ di acqua e di terriccio di ottima qualità, possibilmente biologico senza residui chimici dannosi. I produttori di piante aromatiche in Bergamasca non sono moltissimi, le colture biologiche, poi, si contano sulle dita di una mano. I consumatori e i ristoratori, invece, dovrebbero essere più esigenti nel preferire le piante biologiche perché garantiscono più sicurezza alimentare e rispetto dell’ambiente».

Tra le piante più gettonate per gli orti casalinghi, spicca la salvia che è presente in natura con una decina di varietà differenti: «Il nome salvia significa salute e, non a caso, ha molte proprietà officinali. Aiuta la digestione dei grassi e ha parecchie qualità dal punto di vista culinario – prosegue il direttore –. Le varietà più eccentriche si possono trovare nelle mostre mercato. Alcuni tipi di salvia hanno sapore di ananas. Altra pianta facile da coltivare è la menta, perfetta nelle tisane o in un’insalata, con le sue varietà: la piperita con foglie appuntite, la menta comune, più opaca e rugosa, la tondifoglie, la marocchina… C’è poi il rosmarino che, lasciato in terra piena, diventa anche di due o tre metri di altezza con un bell’arbusto; il timo che cresce in vasi piccoli; la melissa che è infestante e quindi semplice da far sviluppare sul balcone di casa. E non dimentichiamo l’origano. Il finocchio si coltiva in un vaso da 18 ai 24 centimetri: i semi si usano per la tisana, per il pesce, per il riso, per il pane oppure consiglio di masticarli a fine pasto per una buona digestione».

Seppur ben curato, un orto casalingo non può durare per sempre: «Non illudetevi che le erbe aromatiche siano eterne – conclude Rinaldi –. Pur essendo perenni, dopo qualche anno tendono ad assumere un aspetto dimesso. Eventualmente, per mantenere vivo il nostro orto, si possono fare delle talee. Basta tagliare un rametto da una nostra piantina e farla radicare in un vaso con terreno umido oppure potrebbe essere divertente scambiarsi rametti tra amici per ottenere più varietà».

L’ESPERTO

Calliari: «Ecco come coltivarle in casa»

Gino Calliari
Gino Calliari

La moda di creare orti casalinghi sul balcone ha origini molto lontane. Già ai tempi degli assiri e babilonesi il sovrano Nabucodonosor aveva nel suo giardino pensile un angolo dedicato alle erbe aromatiche. Con la crescente disponibilità del sale, nel corso dei secoli le erbe sono state piano piano confinate a un utilizzo sporadico. Complici le loro proprietà salutari oggi sono però tornate a rivestire un ruolo di primo piano nella nostra cucina. E così, con l’arrivo della primavera, sono parecchi i bergamaschi che con vasi, semi e paletta alla mano si dilettano a far crescere pianticelle aromatiche- sul terrazzo di casa. Gino Calliari ex vivaista esperto in floricoltura e giardinaggio, ci spiega quali accorgimenti seguire e gli errori da evitare per avere erbe saporite e rigogliose.

Quali sono le erbe aromatiche più diffuse?

«La varietà di piante aromatiche è molto vasta. Le essenze più in uso sono salvia, rosmarino, basilico, timo, maggiorana, origano, prezzemolo, erba cipollina, alloro, erba di San Pietro».

Quali sono le condizioni più favorevoli per la coltivazione?

«Quasi tutte amano il pieno sole, più sono esposte, più sono aromatiche».

Come si sceglie il vaso giusto?

«Si coltivano sia in terrazzo, in cassettine oppure in fioriere a ciotola o a cassette, sia in pieno campo, lungo il perimetro dell’orto. Queste erbe aromatiche, quando sono in fioritura, vengono visitate da insetti pronubi che sono utilissimi per l’impollinazione degli ortaggi da frutto come esempio i pomodori, le melanzane, i peperoni, ecc».

Come possiamo proteggere le nostre piantine da insetti e parassiti dannosi?

«Per infestazioni da insetti meglio ricorrere a prodotti a base di piretro oppure di Neemazal, insetticida estratto dalla corteccia della pianta di Neem. Qualora si formassero delle infezioni da funghi tipo oidio, detto anche mal bianco, o maculature sulle foglie, consiglio di utilizzare prodotti bio a base di rame e zolfo».

Con quale frequenza vanno innaffiate le erbe aromatiche?

«L’innaffiatura per le piante in contenitore deve essere abbondante. Poi bisogna lasciare che il terriccio si asciughi quasi totalmente e poi bagnarle di nuovo».

Come si sceglie il terriccio?

«Il terriccio da usare per le fioriere deve essere di buona qualità, invece per le piante dimorate a cielo aperto è sufficiente un terreno di medio impasto con l’aggiunta di concime biologico».

Con che frequenza vanno concimate?

«Durante la stagione vegetativa le piante da contenitore vanno concimate ogni due mesi con concime biologico. Per le piante in piena terra la concimazione va effettuata alla fine dell’inverno e nel mese di maggio».

E quando arriva l’inverno?

«In inverno bisogna tagliare le aromatiche quasi a filo del terreno. Buona norma sarebbe quella di proteggerle al piede con foglie secche, torba, trucioli di legno, corteccia di pino o coprirle con un tessuto non tessuto, preferibilmente bianco. Prima della fioritura è bene togliere il fiore dalla erbe aromatiche in quanto la pianta migliora il suo aroma».

 

Per chi non ha il pollice verde

Produzioni biologiche made in Bergamo

Esiste anche una produzione locale e biologica di erbe aromatiche. A Esamate, frazione di Solto Collina, l’Azienda agricola “L’Asino del Lago”, coltiva una sessantina di varietà di erbe, tra aromatiche e officinali. Sono raccolte a mano esclusivamente nel periodo balsamico specifico per ogni specie e vengono essiccate con un metodo delicato che preserva i principi attivi. Diventano tisane e miscele aromatiche, che vengono confezionate in sacchetti, bustine e barattoli. Si possono trovare i classici salvia, rosmarino, origano, prezzemolo e timo, ma anche piante meno note, come il levistico montano, una sorta di sedano, o i mix di erbe e fiori per grigliate, arrosti, formaggi e minestre.

Anche sui Colli di Bergamo, nell’azienda agricola “Le Sorgenti”, è partita una coltivazione biologica di erbe e piante aromatiche con annesso laboratorio autorizzato per essiccarle, estrarre tinture madri e oli essenziali. L’iniziativa è di Fabrizio Gelmini e Cristian Testa, rispettivamente tossicologo e medico naturopata, con un approccio rivolto ad esaltare le virtù salutistiche delle aromatiche (e sono davvero tante), ma anche a dare la possibilità di utilizzare in cucina aromi biologici e a chilometro zero, come alloro, salvia, timo, menta e melissa. Da non sottovalutare nemmeno il loro l’utilizzo sotto forma di olio essenziale, come aromatizzante e pure per conservare meglio cibi e bevande, grazie al potere antimicrobico e antiossidante.

Acquisti sfusi per assaggiarne di più

Sara Crema
Sara Crema

Chi non ha una particolare propensione per gli orti fai-da-te potrà trovare una lunga serie di spezie, erbe e aromi pronti da mettere in tavola nel Negozio Leggero di via Don Luigi Palazzolo 11 a Bergamo. In questa bottega dedicata all’ambiente, al risparmio e alla buona alimentazione Sara Crema e Claudia Carissoni vendono oltre 1.500 prodotti sfusi dalla pasta alle tisane, dal detersivo al deodorante naturale e una buona selezione di erbe aromatiche. Qui è possibile fare la spesa comprando solo il contenuto e questo permette al cliente di acquistare le quantità necessarie, di provare articoli nuovi e di sperimentare in cucina con spezie, cereali, legumi della tradizione o prodotti etnici e vegan. «La definizione di pianta aromatica viene spesso interpretata in modi diversi – spiegano le responsabili della bottega Sara e Claudia – c’è infatti chi considera anche le spezie delle piante aromatiche. Quelle che noi intendiamo per erbe aromatiche e che si possono trovare nei nostri scaffali sono: origano siciliano da agricoltura biologica, timo, rosmarino italiano, erbe di Provenza (un mix di erbette molto profumato), alloro, maggiorana, melissa, erba cipollina, prezzemolo, dragoncello, menta italiana e da agricoltura biologica. Sono tutti prodotti selezionati Ecologos, un ente di ricerca ambientale applicata che ha fatto della riduzione dei rifiuti alla fonte il suo obiettivo e che svolge attività di ricerca scientifica dal basso coinvolgendo cittadini, amministrazioni pubbliche e realtà private con proposte concrete per un futuro sostenibile. Inoltre vendiamo tutto sfuso. L’assenza di imballaggi permette la riduzione dei rifiuti oltre che la possibilità di acquistare a prezzi accessibili una quantità minima di prodotto se lo si vuole solo provare, così da ridurre anche gli scarti alimentari». Negozio Leggero fa parte di una rete di negozi nata a Torino nel 2009 e oggi è presente in Italia con 12 punti vendita e uno in Svizzera, nel Canton Ticino.