Pos, giù le commissioni interbancarie. «Non basta a far diminuire i costi»

pos carta di creditoUn passo avanti, ma non certo decisivo per la riduzione dei costi degli incassi elettronici da parte degli esercenti. Il decreto legislativo approvato lo scorso 15 settembre in via preliminare dal Consiglio dei ministri ha fissato un tetto alle commissioni interbancarie, allo 0,2% per i pagamenti con carta di debito, allo 0,3% per le carte di credito.

Il provvedimento recepisce la direttiva dell’Unione europea sui servizi di pagamento nel mercato interno (cosiddetta Psd 2 Payment services directive) e adegua la normativa nazionale al regolamento Ue relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta.

Per i pagamenti tramite carta di debito, come pagobancomat, e prepagata la commissione interbancaria per ogni operazione non potrà, quindi, essere superiore allo 0,2% del valore dell’operazione stessa; per gli acquisti tramite carta di credito la commissione interbancaria non potrà essere superiore allo 0,3% del valore dell’operazione.

«Il decreto agisce solo su una componente dei costi a carico degli esercenti – spiega Oscar Fusini, direttore dell’Ascom di Bergamo – quella della commissione interbancaria, ossia la quota che la banca che accetta il pagamento riconosce a quella che ha emesso la carta. È auspicabile che l’introduzione di questo limite porti ad una riduzione dei costi complessivi a carico di commercianti e professionisti, non si può però al momento dire se e quanto inciderà sugli oneri totali del Pos».

L’Ascom ha stimato che le commissioni, in media, vanno dallo 0,5 allo 0,8% per le carte di debito e dallo 0,8 fino al 2% per quelle di credito. «Si tratta di costi troppo elevati per molte tipologie di imprese – ricorda Fusini – soprattutto quelle con bassa marginalità o transazioni con basso importo unitario».

Categorie come tabaccai e benzinai che – di fronte all’annuncio di sanzioni per chi non accetterà la moneta elettronica – hanno ottenuto un incontro con il viceministro dell’Economia Luigi Casero, per presentare le peculiarità delle proprie gestioni, con margini fissi che rendono insostenibili gli attuali costi dei Pos.




Pagamenti elettronici, allarme sanzioni. Fusini (Ascom): «In molti settori i costi del Pos sono insostenibili»

pos - carta di credito

L’annuncio ha messo in allarme il mondo del commercio: il viceministro dell’Economia Luigi Casero ha anticipato alla stampa l’imminente introduzione di sanzioni per esercenti e professionisti che non accettino il pagamento elettronico. Si tratta di una multa di 30 euro per ogni “no”, che – insieme anche a misure “premianti” – dovrebbe essere varata entro settembre, dando così piena attuazione all’obbligo di dotarsi di Pos (gli apparecchi che leggono le carte), in vigore dal giugno 2014, e di accettare pagamenti a partire da 5 euro (secondo la legge di Stabilità del 2016 che ha abbassato la precedente soglia dei 30 euro).

Oscar Fusini

«La notizia preoccupa fortemente alcune categorie del commercio per le quali oggi, di fatto, i costi per la gestione degli incassi con carte di credito e di debito sono insostenibili – evidenzia il direttore di Ascom Confcommercio Bergamo, Oscar Fusini -. Parliamo, su tutti, di edicolanti, tabaccai e benzinai, che hanno margini imposti che vengono irrimediabilmente erosi dai canoni e dalle commissioni previsti per i pagamenti elettronici. Poi ci sono tutte quelle attività che hanno scontrini medi di bassa entità, come i bar e le panetterie, che devono sostenere costi fissi su operazioni “ridicole”».

Ma il Pos è un servizio ai clienti e non offrirlo può penalizzare ugualmente le attività, non crede?

«I nostri commercianti lo sanno bene, tanto è vero che dove esiste un’effettiva richiesta le attività si sono prontamente attrezzate per offrirlo. Francamente ritengo che le spinte del mercato siano un indirizzo sufficiente verso la moneta elettronica, non ha molto senso che venga imposto per legge ciò che non ha reale riscontro e per certi tipi di aziende, lo ripeto, può essere molto penalizzante».

A che punto è la diffusione dei pagamenti elettronici?

«I dati della Banca d’Italia ci dicono che i Pos attivi in Italia sono cresciuti negli ultimi tre anni del 40,5%. A fine 2013 erano un milione e mezzo, a fine 2016 sono saliti a oltre 2.220.000, quasi 650mila apparecchi in più. Crescono anche i numeri delle operazioni, quelle con carta di credito del 20,6%, del 54,3% quelle con carte di debito, e aumentano pure le carte attive (+3,6% le carte di credito, +21,5% di debito). Insomma, se è vero che l’Italia, per tanti motivi, è in ritardo sull’utilizzo della moneta elettronica è altrettanto vero che si sta recuperando terreno».

A Bergamo com’è la situazione?

«L’andamento è in linea con quello nazionale e probabilmente la copertura è anche maggiore. In settori come alberghi, ristoranti, negozi di moda, gioiellerie, arredamento, elettrodomestici e nel commercio all’ingrosso possiamo parlare di una diffusione dei Pos del 90%, se non totale».

Ci sono però, ci diceva, anche settori in difficoltà nell’adeguarsi. Avete delle stime su chi è in ritardo?

«Sono numeri non da poco. In Bergamasca calcoliamo che siano circa 8.600 aziende che non hanno ancora il Pos. Tra queste, tabaccai, edicole, fioristi, bar e negozi alimentari per i motivi illustrati sopra e soprattutto una grande fetta, oltre 3.200 attività, data dagli agenti di commercio e immobiliari che gestiscono i pagamenti con altri strumenti e l’ampia categoria dei servizi vari, pari ad altre 2.800 aziende. Si comprende bene che l’introduzione delle sanzioni annunciata dal viceministro avrebbe, solo nella nostra provincia, un forte impatto».

Quanto costa avere il Pos?

«I fattori che determinano il costo sono numerosi. Le commissioni vanno mediamente dall’1,25 all’1,50% per le carte di credito e dallo 0,5 allo 0,8% per quelle di debito. A queste vanno aggiunte le spese di installazione e il canone mensile per l’utilizzo, talvolta sostituito da un minimo di commissioni che incide più o meno nella stessa misura. Poi ci sono eventuali costi fissi per transazione e le spese telefoniche e bancarie. Un’azienda con un fatturato di 50mila euro spende circa 1.500 euro l’anno per un Pos mobile, 1.200 per uno fisso».

Ci si guadagna però in sicurezza e efficienza gestionale…

«Oggettivamente, oltre al servizio al cliente, l’unico vantaggio, certo non trascurabile, è quello della sicurezza. Il miglioramento dei costi di gestione rispetto al contante invece può valere come impatto generale non certo per negozi e locali che scontano i costi più alti in Europa. Anzi, in certe attività, il Pos può anche appesantire la gestione».

Ci faccia capire…

«Pensiamo ad un bar all’ora di colazione, un conto è ricevere il pagamento in contanti, più lungo e laborioso l’incasso con le carte».

E il contrasto all’evasione fiscale?

«È una motivazione strumentale della politica. L’evasione fiscale presuppone un accordo tra chi vende e chi acquista, qui stiamo parlando semplicemente di modalità di incasso. Oggi, poi, ci sono già tutti gli strumenti per contrastare l’evasione».

Se non fosse per i costi non ci sarebbero, quindi, ostacoli all’utilizzo del Pos. Quali soluzioni individua per abbatterli?

«Potrebbero aiutare delle offerte a pacchetto con un costo fisso oppure l’applicazione di condizioni favorevoli anche alle imprese che hanno minori incassi, come è avvenuto per la telefonia dove le offerte si sono allargate anche a chi non ha un traffico elevato. Molto interessante è anche tutto il versante degli strumenti innovativi e alternativi, a portata di smartphone».




Bergamo città senza contanti? I dubbi e le proposte dell’Ascom

Non tutto ciò che è tecnologico è per forza conveniente per un’impresa. Ci ha tenuto a sottolinearlo il direttore dell’Ascom Oscar Fusini nel corso dell’incontro “Senza contanti Bergamo è avanti!” organizzato a Loreto dal circolo 2 di Bergamo del Pd – con la partecipazione, tra gli altri, dell’assessore all’Innovazione del Comune di Bergamo Giacomo Angeloni e degli onorevoli Antonio Misiani e Sergio Boccadutri – per misurare come sono cambiate le abitudini dei cittadini con il progetto cashless city, volto a diffondere e incrementare l’utilizzo dei pagamenti elettronici tramite ogni tipo di carta e Pos.

Non è aumentando i Pos che crescono le transazioni

Se la propensione a utilizzare la moneta elettronica è più scarsa in Italia che all’estero, intanto, non dipende dalla diffusione dei terminali (Pos). «Il numero dei Pos nel 2014 in Italia era pari a 31 per mille abitanti, la più alta densità in Europa, più di Francia (24) Germania (9) Regno Unito (26) e Spagna (26) con una variazione in aumento dal 2010 al 2014 del + 37%, la più alta nella Ue», ha spiegato Fusini. «La dotazione complessiva di Pos nel nostro Paese risulta in linea rispetto agli altri principali paesi dell’area euro, mentre ci sono evidenti divari relativamente al numero di operazioni effettuate per ogni singolo Pos e per persona (34 operazioni per abitante, solo l’8,8% del Pil)».

Questo è perché il consumatore non possiede carta di credito o debito o perché non la vuole usare per svariati motivi (abitudine alla modalità di spesa, tempo del pagamento, sicurezza del pagamento, plafond carte, monte spesa volontario, scarsa abitudine al controllo bancario, rintracciabilità dell’acquisto). «L’assenza del Pos nel punto vendita è solo una delle motivazioni – ha evidenziato Fusini – mentre è l’unico aspetto sul quale si concentra l’attenzione».

Il nodo dei costi

Tanto è vero che l’obbligo di installare il Pos in Italia è stato esteso in pratica a tutte le attività, comprese quelle in cui la spesa è il più delle volte di piccola entità. «Secondo una ricerca del dicembre 2015 dei nostri colleghi dell’Unione del commercio di Sondrio – ha ricordato il direttore dell’Ascom bergamasca -, l’accettazione del pagamento elettronico per l’acquisto di un giornale quotidiano di € 1,30 (margine lordo € 0,244) con commissione Pagobancomat del 0,686% si riduce a + € 0,005 mentre con commissione carta di credito al 2,20% diventa addirittura negativo a – € 0,015. Allo stesso modo nel caso di un tabaccaio per la vendita di un pacchetto di sigarette di € 5,20 (aggio lordo 10% pari a € 0,52) nel caso di pagamento elettronico con commissione Pagobancomat pari a 0,686 l’aggio lordo scende a € 0,254 e nel caso di carta di credito con commissione al 2,20% scende addirittura a € 0,176».

«Esiste – quindi – un problema evidente di costi per talune merceologie i cui margini commerciali sono troppo bassi (tabaccai, edicolanti, agenzie viaggio, benzinai ecc.) o per i quali la spesa media è troppo bassa (bar panifici ecc.). Infine esistono costi fissi troppo rilevanti per esercizi nei quali l’utilizzo del Pos è limitato da parte della clientela. Nell’attuale contesto, gli oneri ricadono infatti solo ed unicamente sulle imprese, lasciate peraltro sole a cercare di strappare, da una posizione di minorità, condizioni contrattuali dignitose da soggetti che spesso sembrano operare in condizioni di vero e proprio oligopolio». «L’avvio, il mantenimento del servizio e le commissioni sui pagamenti rappresentano – ha evidenziato -, soprattutto per le imprese con margini di redditività e volumi di fatturato molto ridotti, un ulteriore aggravio a carico di settori già pesantemente vessati dalla crisi. I costi di noleggio, le commissioni percentuali le altre spese sono paradossalmente più alte per coloro che incassano poco rispetto a coloro che transano molto con un’incidenza spesso insostenibile».

Le proposte dell’Ascom

Oltre ai costi, anche problemi di affidabilità e inefficienze nel sistema frenano un utilizzo più ampio della moneta elettronica da parte delle piccole aziende commerciali. Se la diffusione in queste realtà è comunque auspicabile, per migliorare la sicurezza e il servizio, ecco allora alcune proposte dell’Associazione per fare in modo che l’aumento delle transazioni con Pos diventi economico anche per loro.

«Promuovere la realizzazione di piattaforme efficienti in grado di superare gli attuali schemi di produzione ed erogazione dei servizi di pagamento, riducendo i livelli di intermediazione finanziaria tra consumatore/cliente ed esercente», ha cominciato Fusini. E poi imporre l’effettivo tetto massimo alle commissioni interbancarie sulla base dei contenuti del Regolamento della Commissione Ue sulle commissioni interbancarie; sviluppare offerte “a pacchetto” particolarmente convenienti, sulla base di quanto è stato già fatto con i conti correnti di base per le fasce più disagiate della popolazione in seguito all’obbligo di dotarsi di un conto corrente; consentire a tutte le imprese di beneficiare delle economie di scala derivanti dall’aumento complessivo dei volumi transati che le nuove normative dovrebbero indurre, creando una relazione diretta, ed inversamente proporzionale, tra l’incremento dei volumi transati e la riduzione delle commissioni bancarie applicate alle imprese su ogni operazione; in ogni caso, in materia di obblighi Pos, introdurre principi di gradualità e sostenibilità, limitando gli obblighi di istallazione a operatori economici con livelli di fatturato al di sopra di predeterminati livelli ed imponendo la non utilizzabilità per talune merceologie».




Moneta elettronica, scatta il tetto alle commissioni. Ma Confcommercio chiede un monitoraggio

È entrata in vigore anche in Italia la normativa europea che impone il tetto unico alle commissioni interbancarie: 0,3% del valore dell’operazione per le transazioni con carta di credito e 0,2% per i pagamenti per le carte di debito (bancomat) e prepagate.

Il regolamento è stato adottato da Bruxelles nella convinzione che le commissioni interbancarie, la componente principale delle commissioni applicate agli esercenti da parte dei gestori di servizi di pagamento, determinano restrizioni della concorrenza in quanto gonfiano i costi di accettazione delle carte da parte dei dettaglianti senza generare benefici per i consumatori.

I limiti massimi, entrati in vigore il 9 dicembre, si applicano esclusivamente alle carte consumer dei circuiti Visa, Mastercard e PagoBancomat (quelle utilizzate da titolari-consumatori, la parte preponderante delle carte in circolazione) e non alle carte commercial (quelle emesse per imprese, enti o liberi professionisti e che sono utilizzate per le spese inerenti l’attività commerciale o professionale). Sono escluse anche le carte American Express e Diners che continueranno ad applicare le proprie commissioni, generalmente più alte.

Sulla questione Confcommercio sottolinea «l’esigenza di monitorare in modo sistematico gli effetti dell’attuazione della nuova norma e di verificarne l’efficacia in termini di effettiva riduzione delle commissioni pagate dagli esercenti» e auspica «l’istituzione di un Tavolo di monitoraggio costituito da ministero dell’Economia e delle finanze, ministero dello Sviluppo economico, Banca d’Italia, Associazione bancaria italiana, associazioni dei prestatori di servizi di pagamento, Poste italiane S.p.a., Consorzio Bancomat, imprese che gestiscono circuiti di pagamento e associazioni delle imprese maggiormente rappresentative a livello nazionale».