Il piatto perfetto? Sta tutto in una “box”

My cooking box Chiara RotaAccade spesso. Dopo aver fatto la spesa per preparare un piatto speciale, ci si rende conto al momento di mettersi ai fornelli che manca ancora quell’ingrediente! A risolvere l’inconveniente ci ha pensato Chiara Rota con “My Cooking Box”, speciali confezioni che contengono tutti – ma proprio tutti – i prodotti, compresi olio e sale, necessari a realizzare la ricetta, nel giusto dosaggio, in modo da evitare sprechi e avere l’ulteriore garanzia di rispettare l’apporto calorico e nutrizionale specificato.

Trent’anni, laureata in ingegneria gestionale, impegnata nell’azienda di famiglia, la Omr di Torre Boldone attiva nel settore della metalmeccanico e plastico, Chiara Rota ha unito l’attitudine professionale ad ottimizzare i processi produttivi con la passione per la cucina e soprattutto per la ricerca di prodotti enogastronomici artigianali d’eccellenza lungo la Penisola. Quelli che ora sta inserendo nelle sue box, progetto imprenditoriale che ha anche vinto la selezione per accedere all’incubatore Speed Mi Up (di Università Bocconi, Comune e Camera di commercio di Milano), dove è presente da febbraio.

«Stiamo ultimando i prototipi delle confezioni, che non vogliono essere semplici scatole – racconta -. Contiamo di essere pronti per maggio, quando Expo aprirà le porte». Pensata per i turisti che si vogliono portare a casa la reale possibilità di realizzare una ricetta tipica, My Cooking Box si rivela un valido aiuto per tutti. «Capitava – ricorda Chiara – che alcuni rappresentanti stranieri della ditta di famiglia mi chiedessero di tradurre loro le ricette di alcuni piatti italiani, ma mi sono resa conto che non bastava che portassero con sé in patria uno o due ingredienti, come una confezione di spaghetti o di salsa di pomodoro, per avere la certezza di riproporre la vera cucina italiana. Anche dettagli come la qualità dell’olio o la giusta quantità di sale nell’acqua della pasta, infatti, possono fare la differenza ed è così che è nata l’idea di racchiudere tutto l’occorrente in un unico “pacchetto”». Che si propone come “kit di pronto soccorso” anche per chi straniero non è, ma non ha molto tempo per fare la spesa e rincasando sa di poter avere già tutto a disposizione per un pranzo o una cena coi fiocchi o per gestire senza sprechi il soggiorno nelle seconde case.

Al momento le ricette finite nelle box sono cinque e si tratta di primi piatti. «Siamo partiti con prodotti non deperibili, come pasta, riso e sughi – spiega Rota -, anche perché è necessario che tutti gli ingredienti abbiano le medesime modalità di conservazione. Sono tutte specialità selezionate: pasta di Gragnano Igp, salsa di pomodori Pachino, filetti di tonno, pesto alla genovese, pinoli di San Rossore e ancora Vialone Nano e Carnaroli da abbinare rispettivamente ai funghi secchi di Borgotaro e ai pistilli di zafferano. Le ricette sono tutte testate da uno chef e da un nutrizionista e sono descritte passo dopo passo. Nel box sono inserite anche informazioni sui singoli ingredienti, sulle aziende che li realizzano e le caratteristiche peculiari di ciascuno, un modo anche questo per valorizzare il vero made in Italy». Il costo? «Sono tutti prodotti di alto livello – precisa l’ideatrice -, possiamo però dire che la spesa per il box è inferiore a quella che si sosterrebbe acquistando separatamente i medesimi ingredienti».

Per la distribuzione Chiara Rota punta in primis su negozi in località turistiche, aeroporti, tour operator, hotel, dove My Cooking Box si propone come un’evoluzione del souvenir gastronomico. Un prossimo passo è “inscatolare” anche una ricetta bergamasca: «È la mia terra – conclude -, mi piacerebbe far conoscere i produttori locali».

Intanto sarà presente nello stand di Speed Mi Up a Seeds&Chips, primo salone internazionale dedicato alle aziende e startup digitali che stanno innovando nella filiera agroalimentare ed enogastronomica, in programma dal 26 al 29 marzo prossimi al MiCo Centro congressi di Milano.




Il mais Spinato tra i campioni del rilancio del territorio

copertina libro - Cibo e identita localeUno studio approfondito e articolato per segnalare i processi virtuosi innescati in sei distretti lombardi grazie alla riscoperta dei prodotti tipici dell’enogastronomia. Viene presentato giovedì 19 marzo alle 20.45 a Gandino, nella Sala conferenze della Biblioteca Civica Brignone, il volume “Cibo e identità locale – sistemi agroalimentari e rigenerazione di comunità” di Michele Corti, Sergio De la Pierre e Stella Agostini, edito dal Centro Studi Valle Imagna.

Il libro (oltre 500 pagine) ricostruisce alcuni “modelli” esemplari di sviluppo locale in cui la difesa e la valorizzazione del patrimonio legato ai sistemi agroalimentari locali tradizionali ha innescato processi virtuosi di rigenerazione comunitaria. All’insegna di proposte autosostenibili.

«Il Comune di Gandino – sottolinea il delegato al turismo Antonio Rottigni, presidente della commissione De.C.O. – segue con attenzione le ultime fasi di avvicinamento a Expo Milano 2015 e più in generale le tematiche legate a sviluppo sostenibile, biodiversità e cooperazione. Il progetto Mais Spinato di Gandino, che in questi anni ha dato alla comunità tante soddisfazioni, ne è la chiara conferma. Un progetto che mette al centro coltura e cultura del Mais, quale leva importante di rilancio economico e di promozione della nostra terra. Ne abbiamo avuto la riprova alcune settimane fa con l’ennesima partecipazione a “Gusto in Scena” a Venezia, dove unanimi sono stati gli apprezzamenti degli chef dell’alta cucina».

Il volume “Cibo e identità locale” mette in relazione l’esperienza di Gandino con altri cinque sistemi agroalimentari lombardi di eccellenza: il grano saraceno di Teglio, il vitigno urbano Pusterla di Brescia, l’asparago di Mezzago, lo stracchino all’antica di Corna Imagna e il bitto della Val Gerola.

Protagonista della seconda parte della serata sarà il libro “Chicco Spinato e il mondo del Mais” (ed. Sahel) nato dalla fantasia di Nadia Fornoni, con le illustrazioni di Nicoletta Cabrini e la collaborazione di Angela Sabella e Giulia Pasini. «Attraverso le brillanti lezioni alla Scuola Alimentare del maestro Melgotto – spiega Nadia Fornoni – Chicco Spinato racconta la storia del Mais Spinato e pone a portata di bambino i temi di Expo 2015». Durante la serata verrà presentato il nuovo sito didattico e interattivo www.chiccospinato.it




A San Pellegrino l’artista dei dolci “autoctoni”

Franscesco Zurolo con la novità Arlecchino lightÈ solo questione di tempo: state certi che prima o poi arriva una nuova idea golosa. Per Francesco Zurolo l’arte della pasticceria è strettamente legata alla prossima invenzione dolce o salata. Così, ad esempio, è nato il panettone a base di mele rigorosamente brembane, quello a base di castagne e noci o la colomba al melone retato di Calvenzano, che ora esporta anche all’estero: da Madrid alla Svizzera, fino alla Russia. Intuizioni che, sposando il prodotto bergamasco, diventano ricette ambasciatrici del territorio.

San Pellegrino è la culla di questo chef 39enne che attinge dalle sue origini campane (è sorrentino di nascita), ma poi sviluppa il suo iter del gusto nella nostra provincia, realizzando un mix di pasticceria nord-sud che non si arrende mai all’abitudine, senza trascurare la tradizione della sua terra d’origine: Francesco crea infatti quotidianamente dalla pastiera ai babà, dagli strufoli alle cassate, al limoncello.

Giambattista Gherardi, giornalista bergamasco tra gli ambasciatori del mais spinato, ha definito Zurolo “il talent scout della tipicità”. Effettivamente, in questi anni l’uomo non si è mai risparmiato ospitando nel suo laboratorio dal melone alle castagne, alle mele, “cucendo” loro addosso la ricetta giusta, capace di valorizzare un prodotto magari fino a quel momento trascurato. Ma l’aspetto più interessante è che Zurolo, con la sua passione, è riuscito a contagiare decine di giovani aspiranti pasticceri della Val Brembana. «Da anni sono docente all’Alberghiero di San Pellegrino – spiega -. Insegno cucina, ma soprattutto pasticceria e devo dire che i ragazzi mi seguono moltissimo. Rispetto a qualche anno fa sono più curiosi, hanno il gusto del particolare, si applicano con grande attenzione. Peccato che la tv deformi la professione di chef e pasticciere, creando un’immagine fasulla, tutta lustrini e paillettes, che li vorrebbe tutti star del piccolo-grande schermo, mentre chi fa questo mestiere conosce gli enormi sacrifici, gli anni trascorsi senza poter far ferie a Natale o Capodanno, lavorando giorno e notte, senza poter mai guardare l’orologio». Emblematica a questo proposito è la giornata tipo di Francesco durante le recenti festività natalizie: «Mi alzo attorno alle 3 del mattino per creare dolci e infornare – racconta – e non mi fermo più fino alle 9 di sera, perché poi ho i miei affezionati clienti del negozio (si chiama Gusto Dolce & Salato, ndr.), senza contare i pacchi regalo da confezionare e il servizio catering, che mi porta a proporre le mie specialità anche a molti chilometri da San Pellegrino».

Francesco Zurolo - pasticciere San PellegrinoSi diceva dei giovani: molti, i più promettenti, attraverso stage con l’istituto alberghiero, finiscono per un periodo direttamente nella bottega del loro docente: «Hanno grande entusiasmo – evidenzia – e non vedono l’ora di cimentarsi in nuove ricette. La pratica in negozio mette anche i ragazzi a contatto con la clientela, dosandone gli umori, i rilievi, i suggerimenti: è una grande palestra di vita, che, oltre ai miei suggerimenti, serve a loro per migliorare il lato tecnico e umano». Poi naturalmente Zurolo consiglia a tutti di «viaggiare, per arricchire il proprio bagaglio di esperienze, proprio come ho fatto io prima di mettere le tende in Val Brembana. Sono stato da grandi maestri dal Giappone alla Germania, ho imparato l’arte del cioccolato a Vienna, nella terra della Sacher: per fare questo mestiere ci vuole una grande dose di umiltà e tanta curiosità, che ti permette di rubare tanti segreti, per poi cominciare a sperimentare anche in maniera autonoma». Da allora Zurolo ha iniziato a creare i suoi panettoni con prodotti autoctoni, che hanno subito raccolto consensi in valle, come l’ultima “creatura” dello scorso Natale, l’Arlecchino Light, composto da lievito madre, mele della Val Brembana e una miscela di farine di cereali. «L’ho chiamato Arlecchino in onore della maschera originaria proprio di questa terra e light – spiega -, perché ho usato zucchero integrale e miele. Le mele vengono candite nel loro sciroppo, con glassatura croccante e cottura nel legno». Ma il pasticcere campano-bergamasco guarda già alle prossime sfide: nel mirino ci sono dei biscotti con base zafferano. «Sto prendendo contatti con la Comunità montana, perché so che è nata una produzione in Valle molto incoraggiante», dice, e poi rivela un altro sogno che sta per avverarsi: «Grazie alla collaborazione con Aspan, l’azienda di Olmo al Brembo Mondo Asino e alla società Emozioni Orobie, sto mettendo a punto un’altra novità che credo risulterà interessante: i biscotti a base di latte d’asina, che risultano molto più leggeri e digeribili anche per chi ha intolleranze. È una sfida ambiziosa, visto anche l’alto costo delle materie prime, ma sono certo che alla fine, come è sempre accaduto, i consumatori apprezzeranno i miei sforzi».