Ospitalità in appartamento, mappatura dell’Università: in città 548 strutture

Chi a Bergamo è alla ricerca di una sistemazione alternativa a quella alberghiera, consultando le tre principali piattaforme social potrà trovare 548 offerte.

Ha preso in considerazione gli annunci su Wimdu, Airbnb e Homeholidays – i maggiori siti che permettono a chi possiede stanze o un appartamenti di metterli a disposizione dei viaggiatori e a questi ultimi di trovare un alloggio famigliare – la mappatura effettuata tra ottobre 2015 e gennaio 2016 da Elisa Bonacina, neolaureata dell’Università degli Studi di Bergamo, presentata al convegno “L’ospitalità in appartamento a Bergamo” organizzato dal Cestit, Centro studi per il turismo e l’interpretazione del territorio, per approfondire uno dei temi cruciali di questi anni.

A prevalere in città è l’offerta di stanze private (65%) sugli appartamenti (35%). E se c’è una buona parte delle proposte degli intermediatori on line già inquadrate nelle definizioni e nelle statistiche tenute dalla Provincia (il 67%), il restante 33% al momento sfugge ai numeri ufficiali. In particolare, sono ufficiali 229 appartamenti (il 41,8% del totale) e 139 stanze private (25,4%), ai quali si aggiungono 62 appartamenti non ufficiali (11,35), 31 stanze non ufficiali (5,7%) e 87 strutture non confrontabili con le definizioni in vigore (15,8%).

La maggiore concentrazione dell’offerta è in centro (si trova qui il 42,4% delle strutture ufficiali e il 29% di quelle non ufficiali) e nella zona che comprende Città alta e Longuelo (23,4% delle strutture ufficiali, 14% di quelle non ufficiali). L’exploit delle strutture non ufficiali è nell’area Malpensata e Celadina (18,3%).

Il prezzo medio promosso sui portali per un appartamento intero in una struttura ufficiale è di 70,7 euro al giorno, in una struttura non ufficiale o non regolamentata di 81,7 euro. Per una stanza si spende invece meno in una struttura non ufficiale (62 euro) che in una ufficiale (66 euro). La tassa di soggiorno, secondo quanto pubblicato dagli annunci, è richiesta dal 33,7% delle strutture ufficiali e solo dal 2,2% di quelle non ufficiali.

I giudizi degli utenti vanno da un punteggio di 4,4 su 5 per Windu al 4,7 per Airbnb al 4,9 di Homeholidays. La differenza nei giudizi medi è minima tra strutture ufficiali (4,4) e non (4,5).

L’indagine ha anche analizzato il profilo di chi mette a disposizione gli alloggi. Sono in prevalenza donne. Per l’affitto di appartamenti interi la maggior parte non ha a disposizione un altro alloggio (il 94% di chi pubblica di Homeholidays, il 58% di chi sceglie Airbnb e il 50% degli inserzionisti Wimdu), così come per le stanze (il 100% di Homeholidays, il 45% di Airbnb e il 70% di Wimdu).




Ospitalità, «dieci regole per fermare il far west»

Gli imprenditori del settore alberghiero e della ristorazione serrano le fila nei confronti dei servizi scambiati tra privati – dall’alloggio alle cene – ed elaborano una posizione comune a livello europeo che individua dieci misure per rendere sostenibile e responsabile la “sharing economy” nella ricettività turistica.

Il dossier, elaborato dall’Hotrec – la Confederazione europea degli imprenditori del settore alberghiero e della ristorazione -, evidenzia che le lacune dell’attuale regolamentazione mettono a rischio la protezione della salute e della sicurezza dei consumatori e generano un’area grigia in cui prosperano i fenomeni di concorrenza sleale. Tra le questioni chiave che devono essere affrontate dalle autorità pubbliche e dalla società, spiccano la tutela della salute e della sicurezza dei consumatori, la registrazione degli alloggiati e la rilevazione delle presenze, il rispetto degli obblighi fiscali, la tutela dei diritti dei lavoratori e la qualità della vita dei cittadini.

«Spetta ora alle autorità di rendere la sharing economy un modello integrato, garantendo la salute e la sicurezza dei consumatori e il gettito fiscale, al pari di quanto fanno le imprese dell’ospitalità, che danno lavoro a 10 milioni di persone e insieme con il turismo rappresentano la terza attività economica in Europa» sottolinea Christian de Barrin, segretario generale di Hotrec.

«Stesso mercato e stesse regole, è questo il nostro slogan – afferma Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi – e la lodevole iniziativa dell’Hotrec, che abbiamo contribuito ad elaborare, va nella direzione giusta di sconfiggere il sommerso e l’abusivismo». «Insieme alle organizzazioni dei lavoratori, Federalberghi ha chiesto alle istituzioni italiane di porre un argine al far west dell’ospitalità, che genera abusi, lavoro nero, evasione fiscale e insicurezza per i clienti e per i cittadini».

«L’aumento dello spirito di iniziativa, la cosiddetta sharing economy e il ruolo di guida dei consumatori hanno occupato il centro della scena – dice Taleb Rifai, segretario generale dell’Unwto, l’Organizzazione Mondiale del Turismo -. Mentre siamo favorevoli all’innovazione e all’iniziativa privata, dobbiamo anche sottolineare la necessità di trovare soluzioni avanzate per salvaguardare i diritti dei consumatori e gli standard di qualità, garantendo nel contempo parità di condizioni per tutte le aziende».

LE DIECI MISURE PROMOSSE DALL’HOTREC

  1. istituire un registro ufficiale degli alloggi turistici offerti da privati
  2. definire procedure per l’autorizzazione all’esercizio di tali attività
  3. censire il movimento dei turisti nelle private abitazioni
  4. garantire requisiti minimi a tutela della salute e della sicurezza dei clienti
  5. rispettare la legislazione fiscale
  6. identificare i viaggiatori, nel rispetto della convenzione di Schengen
  7. tutelare i diritti dei lavoratori
  8. proteggere la qualità della vita dei vicini di casa
  9. monitorare e controllare il rispetto delle regole e l’impatto del fenomeno
  10. sanzionare la violazione delle regole