Franciacorta, Festival d’estate con street food d’autore

festival franciacorta

Calici di bollicine e un parterre di chef d’eccezione per il Festival d’estate in Franciacorta. La manifestazione, che un tempo si chiamava Franciacortando, è la tradizionale festa gourmet tra vigne, borghi e palazzi storici che ogni anno richiama centinaia di visitatori. Chi desidera concedersi un po’ di relax all’insegna del buon cibo in abbinamento alle bollicine deve solo consultare il calendario di iniziative stilato dagli organizzatori della manifestazione.

Le cantine, le aziende di prodotti tipici e le distillerie che hanno aderito all’iniziativa sveleranno al pubblico i segreti della produzione e ospiteranno spettacoli, concerti, tour in vigna e visite guidate in mountain bike, ma anche passeggiate in nordic walking nella campagna franciacortina e, ovvio, degustazioni guidate di vini e specialità locali.

Sabato sera i ristoranti, le trattorie e gli agriturismi associati alla Strada del Franciacorta (dal Vistalago bistrò, all’Albereta alle Due Colombe, a Dispensa Pani e Vini) proporranno un menù dedicato alla cultura enogastronomica locale.

Domenica, invece, dalle 11 alle 17, ci sarà una festa dedicata allo street food d’autore nello storico Palazzo Monti della Corte di Nigoline. Qui, tra il parco e l’antico brolo, saranno allestiti gli stand con prodotti franciacortini ed eccellenze italiane. In abbinamento 60 cantine del territorio proporranno le migliori etichette. Come ogni anno anche la pattuglia dei cuochi sarà nutrita: al pic nic parteciperanno Stefano Cerveni, Lorenzo Cogo, Fabio Abbattista, Ennio Zanoletti, Simone Gaibina, Alberto Bittu, Matteo Cocchetti, Andrea Martinelli, Fabrizio Albini, Alessandro Cappotto, Vittorio Fusari, Corrado Scaglione e Piercarlo Zanotti.

Tra i piatti in assaggio il Tacoq del giovane cuoco di Marano Vicentino, le pizze classiche e gourmet del maestro Scaglione dall’Enosteria Lipen, lo spiedo di tinca al forno da passeggio di Stefano Cerveni, il crostone di pane con lavarello e bergamotto dello chef di LeoneFelice all’Albereta, pesci e panelle di Vittorio Fusari e molte altre proposte che valorizzano gli ingredienti del territorio, tra pescato di lago e prodotti dell’orto.

Dalle 18 il palazzo ospiterà l’aperitivo, con musica, dj set, barbecue e degustazioni.

www.franciacorta.net




“Pioniere” del Valcalepio, a Falconi di Villongo l’onorificenza di Cavaliere

Angelo Falconi con il vicesindaco di Villongo Danilo Bellini
Angelo Falconi con il vicesindaco di Villongo Danilo Bellini in occasione della cerimonia di consegna dei riconoscimenti

«Con orgoglio posso asserire di aver iniziato a 7 anni a pigiare con i piedi l’uva nei tini e di aver portato sulle spalle la famosa “brentina” e la “barile”». Parole di Angelo Falconi, titolare dell’Azienda Vinicola Valcalepio dei Fratelli Falconi di Villongo, che in occasione della Festa della 2 giugno è salito sul palco di piazzale Alpini a Bergamo per ricevere dalle mani del prefetto Francesca Ferrandino il diploma dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”, concessa dal presidente Sergio Mattarella, su proposta della presidenza del Consiglio dei Ministri, e assegnata quest’anno in totale a 9 bergamaschi, ai quali si aggiunge un’onorificenza di Ufficiale.

Falconi è originario della frazione Collepiano del comune di Adrara San Martino, località già vocata per la coltivazione della vite, da dove proviene la sua famiglia. “Colplano”, in latino, è citata in un testamento redatto dal notaio Flaccadori e depositato presso l’Archivio notarile di Stato, che documenta di un lascito ai poveri di Adrara di due carri di vino da parte di un certo Bernardo Falconi nel 1533. La tradizione di operosità della famiglia Falconi come viticoltori sulle colline di Collepiano ha dunque radici lontane.

Nel 1948 la famiglia al completo si trasferisce nel capoluogo, ad Adrara, e più avanti a Villongo. Nel 1952 i Falconi sono obbligati a fare la licenza di commercio pur continuando a coltivare la vite e a produrre vino con iscrizione all’Associazione Coltivatori Diretti.

È nel 1952 che nasce l’Azienda Vinicola Valcalepio. Ricorda Angelo Falconi: «Ritiravamo il mosto di vino dai viticoltori della zona Valcalepio, essendo la nostra produzione, nonostante fosse cospicua, insufficiente ad accontentare la nostra affezionata clientela. È per questo che è nata l’idea di chiamare la nostra Azienda Vinicola Valcalepio. Fino alla nascita, nel 1974, del disciplinare della Denominazione di origine controllata abbiamo sempre venduto il vino con la dicitura Rubino di Valcalepio per il rosso e Fior di Valcalepio per il bianco». Precoce quindi l’intuizione della famiglia, che ha creduto nella vocazione vinicola della valle dalla quale provenivano le uve utilizzate per la vinificazione.

Cav.Angelo FalconiL’Azienda ha potuto continuare a tenere in etichetta la denominazione di Azienda Vinicola Valcalepio dei F.lli Falconi ricevendo tramite decreto l’autorizzazione del Ministero dell’Agricoltura e Foreste di Roma.

Angelo Falconi, 74 anni con oltre 50 di lavoro in azienda, è ancora impegnato in prima persona nell’attività, che ha sede sulla strada provinciale per i Colli di San Fermo e si dedica all’imbottigliamento e alla commercializzazione, forte di una consolidata clientela.

Associata al “Consorzio Tutela Valcalepio”, è un’impresa storica e una delle prime vinicole bergamasche, premiata anche nel 2012 dalla Camera di Commercio di Bergamo con il Riconoscimento del lavoro e del progresso economico.




Una domenica tra le Cantine Aperte. Ecco chi partecipa in Lombardia

cantine aperteDal 1993, l’ultima domenica di maggio è quella di Cantine Aperte, la manifestazione con la quale le cantine socie del Movimento Turismo del Vino aprono le loro porte al pubblico, favorendo un contatto diretto con gli appassionati di vino.

L’appuntamento è diventato nel tempo una filosofia, uno stile di viaggio e di scoperta dei territori del vino italiano, che vede, di anno in anno, sempre più turisti, curiosi ed enoappassionati avvicinarsi alle cantine, desiderosi di fare un’esperienza diversa. Oltre alla possibilità di assaggiare i vini e di acquistarli direttamente in azienda, c’è quella di entrare nelle cantine per scoprire i segreti della vinificazione e dell’affinamento. Attorno all’evento, poi, ciascuna aziende organizza iniziative varie, di cultura gastronomica, intrattenimento, arte, che vanno ad arricchire la giornata e le visite.

Il Lombardia la manifestazione ha anche un fine solidale. Con “un bicchiere per la ricerca” sostiene infatti l’Associazione per la ricerca sul cancro. Le aziende della Valcalepio che partecipano sono sette. Le trovate qui insieme a quelle delle altre aree vinicole della Lombardia, per un fuoriporta tutto da degustare.




Polpenazze, un weekend di festa con i sapori del Garda

È partito il conto alla rovescia per uno dei più popolari eventi enogastronomici del lago di Garda: dal 27 al 30 maggio torna la Fiera del vino Valtènesi-Garda Classico Doc di Polpenazze del Garda, nel Bresciano, storica manifestazione nata nell’immediato Dopoguerra che taglia quest’anno il traguardo della 67esima edizione.

Dopo il record del 2015, quando si sono conteggiati oltre 30mila visitatori nel ponte del 2 giugno, la Fiera torna in scena mantenendosi fedele ad una formula di successo, legata alle finalità originarie di promozione del territorio attraverso i suoi vini ed i suoi sapori.

In primo piano, come sempre, il concorso enologico ufficiale istituito nel 2006 dal ministero per le Politiche Agricole per le Doc Garda Classico e Valtènesi: le commissioni di assaggio assegneranno la qualifica di Vino Eccellente ai vini che abbiano raggiunto almeno il punteggio di 85/100. Saranno inoltre assegnati dei premi speciali al miglior Valtènesi e Valtènesi Chiaretto, attribuiti dall’amministrazione comunale, ed al miglior Garda Classico, istituiti con il contributo della Banca di Credito Cooperativo del Garda.

A far da cornice alla fiera sarà il centro storico medievale di Polpenazze, dalla cui piazza si gode di una delle più spettacolari visuali sul lago di Garda e la Valtènesi: qui saranno ospitati gli stand delle 22 cantine ospiti, oltre al Borgo Bio, l’angolo dedicato alle aziende che praticano l’agricoltura biologica. I visitatori potranno degustare i vini del territorio muniti di sacca e bicchiere acquistati all’ingresso. Non mancherà la Corte degli Assaggi, dove sarà possibile effettuare degustazioni guidate e comparate di tutti i vini premiati al concorso abbinati ai migliori formaggi della zona. Alla Dispensa del Gusto infine si servirà l’immancabile spiedo gardesano, da sempre un must della Fiera di Polpenazze: ad arricchire la quattro giorni sono previsti inoltre spettacoli, mostre, musica dal vivo tutte le sere e, in chiusura, un grande spettacolo pirotecnico.




“Un lago diVino”, a Sarnico fine settimana con le cantine del territorio

Sono ben 35 le cantine che prenderanno posto negli stand in piazza Umberto I e Besenzoni a Sarnico per “Un lago diVino”, la manifestazione che porta in primo piano le produzioni enologiche del territorio, organizzata dall’Associazione Commercianti di Sarnico.

La kermesse si svolgerà sabato 7 (dalle ore 15 alle 22) e domenica 8 maggio (dalle 10 alle 20) e darà la possibilità di conoscere da vicino le aziende della Valcalepio e della Franciacorta, ma anche numerosi ospiti da fuori territorio, dall’Oltrepò Pavese alla Valpolicella, dalle Langhe fino al Salento, alla Sicilia e alla Champagne. Ci sarà spazio anche per distillati, sigari e bere miscelato e per una buona selezione di aziende olivicole, del Sebino, del Veneto, del Salento e siciliane nella sezione della mostra mercato dedicata all’olio di oliva.

Gli assaggi potranno essere effettuati acquistando un ticket al costo di 12 euro, compresi calice e sacchetto portabicchiere. Con la collaborazione della scuola alberghiera dell’Istituto Riva di Sarnico le cantine proporranno degustazioni guidate, mentre Slow Food curerà i laboratori sull’olio extravergine, sui formaggi Castellaccio di Barrique e Gran Tonale in abbinamento al Moscato di Scanzo e su due piatti a base di pesce siluro, ravioli degustati con tre “bollicine” e pasta al ragù di siluro nel migliore abbinamento con Valcalepio bianco (il costo è di 10 euro).

Dalle 16 di domenica andrà in scena il concorso di gelateria artigianale “Gelato diVino”.

Entrambe le giornate saranno animate dai truccabimbi e dal “più divertente gioco a quiz dal vivo”.

Info: Sarnicom 377 9008793

sarnico divino

 




Divieto ai minori e ticket d’ingresso a 80 euro. Quando il Vinitaly ci spiazza

Vinitaly rappresenta da 50 anni a questa parte l’appuntamento più importante per l’enologia nazionale ed internazionale. Anche quest’anno il Consorzio Tutela Valcalepio sarà presente al Pala Expo Lombardia quale unico rappresentante dell’enologia bergamasca, con il suo stand collettivo dal 10 al 13 aprile. Nello spazio dedicato a Bergamo non mancheranno poi gli appuntamenti con la gastronomia tipica, organizzati anche quest’anno in collaborazione con la Camera di Commercio. Numerosi anche gli aggiornamenti social, appositamente pensati per far vivere la frizzante atmosfera della fiera anche a chi non potrà essere fisicamente presente a Vinitaly.

A tale proposito, due sono le riflessioni che sorgono spontanee nel momento in cui si sceglie di informarsi meglio sul 50° Vinitaly: il costo del biglietto e un particolare divieto di accesso.

L’Ente Fiera ha scelto di posizionare il costo del biglietto giornaliero ad un livello davvero alto: 80 euro. Una cifra elevata che, nelle speranze degli organizzatori, dovrebbe decurtare il numero di avventori “non desiderati”. Una delle conseguenze sarà l’allontanamento di una parte del pubblico appassionato e non solo. Vero è che la manifestazione nasce come momento d’incontro a livello professionale ma, a mio parere, dovrebbe comunque mantenere il suo aspetto di importante appuntamento anche per le persone desiderose di apprendere e conoscere. Non vorremmo mai che il pubblico iniziasse a considerare il vino un bene di lusso, qualcosa di riservato ad un elite, errore già commesso in passato e da cui dovremmo trarre opportuno insegnamento. Non solo, se il fine fosse quello di elevare la “qualità” dei visitatori, la domanda che mi pongo è perché mai l’operatore professionale debba pagare questa cifra.

Nella stessa direzione va anche la seconda informazione che si apprende dal sito della manifestazione. Si legge esplicitamente che “Per il mantenimento dello standard professionale, Vinitaly è aperto esclusivamente agli operatori specializzati, maggiorenni: non è permesso l’ingresso ai minori di 18 anni anche se accompagnati”. Ancora una volta si sceglie la strada della demonizzazione di un settore, quello enologico, che, non va mai dimenticato, vive e cresce grazie all’apporto del pubblico consumatore. Importante, quindi, mantenere professionale la manifestazione ma fondamentale, a mio parere, è non perdere di vista la cultura e la tradizione che questo comparto rappresenta per noi. Da produttore (vale anche per i ristoratori) mi chiedo perché mai non possa portare con me i miei figli minorenni, per far vivere a loro una esperienza concreta

del lavoro che ci permette di vivere. Come recita il motto della fiera “Da un grande passato nasce un grande futuro”, mi chiedo, perciò, come possiamo trasmettere certi valori senza avere a fianco i nostri giovani. Non ci resta che aspettare Vinitaly e solo ad aprile potremmo trarre le dovute conclusioni.




Franciacorta, i produttori si danno al cinema

 

https://www.youtube.com/watch?v=Ffjyk0YfhSU
Venti minuti di immagini di forte impatto, con i colori delle viti, del lago e il mondo del Franciacorta raccontato dai suoi produttori: Maurizio Zanella, Silvano Brescianini, Giulia Cavalleri, Riccardo Ricci Curbastro, Antonio Moretti; e ancora, Andrea Arici, Lucia Barzanò, Daniele Gentile, Gigi Nembrini.

C’è voluto un anno e mezzo di lavoro, ma la terra delle bollicine ora ha un film documentario che la celebra. Si chiama “F for Franciacorta” e racconta il lavoro dell’uomo nei vigneti durante lo scorrere delle stagioni,  le origini storiche, il metodo di produzione e il miracolo delle bollicine, ma anche la bellezza del territorio.

Il film è la realizzazione di un progetto voluto da tutti i produttori del Consorzio Franciacorta, è scritto e diretto da Massimo Zanichelli, affermato regista ed esperto di enologia, e avrà versioni in inglese, tedesco e giapponese. Per realizzarlo sono stati impiegati sistemi di ripresa e tecnologie di ultima generazione: droni con otto motori per riprese aeree, camera 4k raw per riprese video con lenti cinema e steady-cam stabilizzate elettronicamente di ultima concezione.

Il documentario, che ha richiesto tempo e investimenti, sarà un importante strumento di promozione del territorio.Dal girato del film sono stati realizzati anche altri prodotti video, come il backstage, il teaser e il trailer. http://film.franciacorta.net

film franciacorta

 

 




Con i sommelier alla scoperta dei vini rossi dal mondo

Il nuovo mondo enologico è una realtà con grandi potenzialità. È il chiaro concetto emerso dal primo incontro-degustazione dell’anno “Vini rossi dal mondo”, organizzato dalla delegazione di Bergamo dell’Associazione Italiana Sommelier. L’evento si è tenuto a Villa Patrizia di Petosino, il ristorante gestito da un sommelier “storico” come Antonio Lecchi.

Introdotto dalla delegata provinciale dell’Ais, Roberta Agnelli, Guido Invernizzi, docente Ais – alle spalle numerosi viaggi nel mondo per visitare i territori vinicoli – ha presentato i nuovi vini, le loro sensazioni olfattive e gustative.

Le produzioni servite sono state spiegate con il supporto video per far meglio comprendere anche il contesto geografico visto che le 6 cantine selezionate sono sparse in mezzo mondo. La degustazione ha confermato la qualità, anche a prezzi interessanti, di molte di queste nuove realtà, oltre alla tipicità unica di alcuni vitigni.

Abbinati ai piatti preparati dalla brigata di Villa Patrizia, sono stati serviti: Malbec Norton Barrel (Argentina), Karasi Areni (Armenia), Jura “L’ami  Karl” Domaine de la Pinte (Francia), Syrah Sula (India), St. Clair Pinot noir (Nuova Zelanda) e Diemersfontein Pinotage (Sudafrica).

 




Sommelier Ais, il tesserato numero uno si racconta

jean valenti - ritA Jean Valenti sono servite 76 pagine di un elegante libretto per scrivere l’autobiografia. Difficile quindi condensare la fitta serie di aneddoti, episodi, avventure persino, oltre che l’intensa storia professionale. Ma ci si può provare, cominciando dalla presentazione, che può sembrare ad effetto e invece altro non è che la semplice realtà: Jean Valenti è il numero uno dei sommelier. Sua infatti è la tessera numero uno dell’Ais, l’Associazione Italiana Sommelier, di cui è stato cofondatore a Milano insieme a Giancarlo Botti, al commercialista Leonardo Gerra ed al sommelier Ernesto Rossi. «Era il 7 luglio del 1965 – racconta Valenti con estrema lucidità dall’alto dei suoi 93 anni compiuti – ed avevamo lavorato più di un anno per dare il nome all’associazione. C’era stato chi aveva suggerito coppieri, chi aveva proposto cantinieri e poi il vocabolo sommelier ha finito per convincere di più, per la sua valenza internazionale. Il primo congresso dell’Ais si svolse nel 1967 e fu l’evento che segnò l’affermazione definitiva dell’associazione».

tessera Ais - n.1Ma a livello istituzionale l’attività di Jean Valenti non si è fermata qui. Nel 1969 infatti, raccogliendo l’invito del marchese d’Aulan, rampollo di una nobile famiglia proprietaria dello Champagne Piper-Heidsieck, è stato tra i cofondatori de l’Association de la Sommellerie International (Asi) nata a Reims il 4 giugno. «In quanto segretario generale dell’Ais ero anche delegato ai rapporti internazionali – ricorda – ed ebbi modo di incontrare sommelier francesi, inglesi, portoghesi e belgi. L’Asi si proponeva di consigliare ed aiutare gli altri Paesi di entrare a far parte della sommellerie internazionale fornendo adeguati supporti, soprattutto ai giovani».

La vita e la professione l’hanno portato in giro per il mondo, ma questo pioniere dell’associazionismo enoico, che oggi risiede in Brianza, ha anche un legame speciale con Bergamo. «Sono nato a Casazza per caso, il 25 aprile del 1922, ma la stirpe è bergamasca», precisa. Il papà Francesco, originario di Casazza appunto, era emigrato nell’hinterland parigino e per un lungo periodo aveva avuto un’azienda di coltivazione di funghi champignon che funzionava bene ed aveva una ventina di dipendenti, quasi tutti bergamaschi. La mamma, Josephine Zinetti, anch’ella di origini italo-francesi, quando era in attesa del piccolo Jean era stata consigliata di recarsi a Casazza, dove risiedevano ancora dei parenti, per riposarsi. Ma Jean aveva fretta e nacque prima del previsto.

Un socio acquisito da poco fece poi fallire l’attività paterna e questo cambiò, in senso professionale, il destino di Jean che i genitori vedevano già nelle vesti di avvocato. All’età di 17 anni la necessità di mettersi al lavoro gli offre il primo contatto con il vino. In realtà non si trattava di un lavoro molto qualificato: cavista o cantiniere si potrebbe tradurre. Il ristorante era il Grand Veneur a Barbizon nei pressi della foresta di Fontainebleau, luogo di caccia dei reali francesi. Il compito di Jean era quello di lavare, etichettare di nuovo e tappare le bottiglie che venivano riempite con vino prelevato dalle barrique che provenivano da quasi tutte le regioni francesi. Solo i grandi Borgogna, Bordeaux e Champagne venivano venduti già imbottigliati. Per quanto umile fosse la professione, Jean impara a conservare le bottiglie, a distinguere pregi e difetti del vino e a scegliere i tappi di sughero giusti.

Ed è a questo punto che le vicende della seconda guerra mondiale si intersecano con la sua vita, con elementi di grande drammaticità: la campagna di Russia negli Alpini, il ferimento, la prigionia in un campo di concentramento a Tambov, vicino a monti Urali. Alla fine della guerra Jean ritorna in famiglia e riprende da dove aveva lasciato. Al Grand Veneur viene promosso aiuto sommelier in sala. L’avventura nel mondo del vino stavolta comincia davvero, ma per questioni politiche gli italiani non erano molto ben visti in Francia nel ’47 e quindi, di fatto, è costretto ad emigrare. La meta questa volta è l’Inghilterra: un posto al Savoy Hotel di Londra dove Whiston Churchill aveva il suo angolo per fumare il sigaro, seguono poi Baden Baden (la capitale termale europea per eccellenza) e Saint Moritz, nel ’56, con un posto di sommelier al Palace Hotel e poi ancora in un paio di ristoranti in Europa sempre della medesima proprietà.

I fondatori dell'Ais
I fondatori dell’Ais

Il Savini, in galleria a Milano, rimane il centro nel quale si concretizzano tutta la sua esperienza e meticolosità nel conoscere i vini e sul modo in cui servirli e abbinarli. «Sono arrivato al Savini nel ’56, su richiesta specifica del patron, il commendator Angelo Pozzi, e ci sono rimasto per dodici anni. All’inizio erano i tempi in cui il cliente chiedeva bianco o rosso oppure domandava che cosa era quel posacenere che portavamo appeso al collo (il tastevin, ndr.). Le richieste prevalenti riguardavano vini francesi ma siamo riusciti nel tempo a far apprezzare anche i prodotti italiani. C’era sempre un po’ di magia quando si versava il vino nel decanter e si aspettava riprendesse vita. Clienti famosi? Il Savini aveva una clientela anche internazionale di alto livello. Ho servito da bere a cinque presidenti della Repubblica: Segni, Leone, Saragat, Pertini e Cossiga, al commendator Bialetti, l’inventore della moka, a Edoardo De Filippo, a John Waine, che però beveva solo whisky, a Jacqueline Kennedy, a Maria Callas e all’armatore Onassis del quale ricordo un curioso aneddoto. Una banconota di 100 dollari fatta scivolare discretamente nelle mie mani in occasione del saluto e la raccomandazione che anche agli uomini della sua scorta non mancasse da bere». E chissà quanto è lungo ancora questo elenco.

L’avventura al Savini finisce nel 1972 quando Alberto Alemagna gli propone un’offerta economicamente rilevante per passare al ristorante Gourmet in piazza Duomo. Qui vi rimane fino al ’76 poi il ristorante chiude e si riapre una parentesi internazionale. Quattordici mesi in a Tokio e nel sud Corea per far conoscere e spiegare i vini piemontesi in quella parte di mondo per conto di un consorzio di vini coordinato dalle cantine Bersano e poi, nell’84, tre mesi a Los Angeles in occasione delle Olimpiadi. E proprio in California il figlio Duilio ha aperto un ristorante, vicino a San Francisco, che si chiama Valenti and Co.

Fino all’età di 85 anni ha continuato la sua attività di consulenza in Italia e in Francia cercando di trasmettere nel miglior modo possibile la sua grande esperienza. Ora, con il traguardo dei 94 anni poco distante, segue ancora con attenzione i movimenti delle diverse associazioni di sommelier, poi proliferate, con il cuore chiaramente legato alla sua creatura e cioè l’Ais. Accento francese, grande presenza ed eleganza, occhio vigile e massima attenzione, non ha di certo perso la sua professionalità, al punto di esprimere un giudizio tecnico calibrato quando in occasione del nostro incontro avvenuto all’Enoteca al Ponte di Ponte San Pietro il patron Luca Castelletti ha voluto aprire in suo onore una bottiglia di Rioja del 1922, l’anno appunto di nascita di Jean Valenti.




Vino, la 4R diventa produttrice e recupera un vigneto nel centro di Rosciate

La 4R-Villa Domizia  di Torre de’ Roveri ha siglato un’alleanza con la Cantina Sociale Bergamasca di San Paolo d’Argon per ristrutturare e rilanciare 10 ettari di vigneto nel centro di Rosciate.

Un nuovo e interessante progetto si aggiunge quindi alle attività dell’azienda commerciale – tra le più vivaci nel settore della distribuzione di bevande e di vino, in primis per la zona orobica -, che da tempo ha sposato la causa del vino del territorio, diventando protagonista anche nella produzione, ormai prossima alla soglia delle 70mila bottiglie all’anno. Dal 1995, infatti, la 4R ha iniziato a dar vita a una gamma di vini in bottiglia in grado di rivalutare il territorio secondo un preciso disegno strategico e progettuale. Il tutto nella consapevolezza delle grandi opportunità offerte dai vini a denominazione di origine e con la voglia di offrire un concreto contributo alla tutela e alla promozione, tanto che il 7 marzo del 2002 la 4R è entrata a far parte del Consorzio Tutela Valcalepio, che tra l’altro uno dei quattro fratelli Rota, Enrico, presiederà dal 2011 al 2014.

«Da allora – spiega Giampietro Rota, presidente della 4R – la nostra passione e ricerca non ha più avuto tregua. E il percorso avviato ci ha portato a concludere anche un accordo storico con il maggior produttore di uve e di vino di Bergamo: la Cantina Sociale Bergamasca. La scelta sulla Cooperativa di San Paolo d’Argon, quale partner di riferimento, è assai facile da spiegare. La Cantina Sociale Bergamasca da sempre rappresenta il fulcro dell’innovazione in Valcalepio e da tempo desiderava intraprendere la strada della produzione biologica. Se a questo sommiamo il fatto che con la dirigenza della Cantina stessa è in atto una forte e motivata collaborazione da ormai 15 anni, diventa scontato comprendere i presupposti della scelta».

«Assieme a loro – annuncia Rota – abbiamo dato vita a un progetto ventennale che comprende la ristrutturazione e la lavorazione in comune di un vigneto di quasi 10 ettari nel comune di Scanzo, proprio nel centro di Rosciate. La novità, però, riguarda la filosofia che abbiamo scelto di seguire: il vigneto sarà coltivato allo scopo di ottenere una produzione biologica, nel pieno rispetto di quello che, ad ogni effetto, può essere considerato un vero e proprio giardino in mezzo al centro abitato. Strategie chiare, quindi, sempre con una visione lungimirante per anticipare le evoluzioni del mercato, soprattutto quello estero. L’esportazione è diventata per noi parte integrante della nostra missione. I mercati in cui operiamo, dal Lussemburgo al Brasile, dalla Corea del Sud al Belgio, come d’altro canto anche gli altri, sono assai sensibili alla produzione biologica».

L’intenzione è quella di produrre vini quali Valcalepio Bianco Doc, Valcalepio Rosso Doc, Terre del Colleoni Incrocio Manzoni 6.0.13 Doc e Terre del Colleoni Incrocio Terzi Doc. Proprio questi ultimi due vitigni sono oggi ancora poco coltivati a Bergamo e il problema dell’approvvigionamento di queste uve sta diventando assai serio, motivo in più per scegliere di gestire direttamente la produzione di uva. «Senza contare un altro aspetto che ci ha spinti a questa scelta – conclude Rota -, ovvero il contributo alla riqualificazione del territorio: abbiamo sempre insistito sull’importanza del rispetto di quella che è una grande peculiarità dell’enologia in Bergamasca, quella vicinanza ai centri abitati che fa della Valcalepio il “Giardino di Bergamo”. Quella del biologico è una sfida che in pochi hanno accettato nella nostra provincia e noi, assieme alla Cantina Sociale, siamo lieti di fungere ancora una volta da volano per quello che riteniamo essere un plus produttivo importante da presentare sul mercato».